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Autore: Meli_Nymeriah    05/01/2013    1 recensioni
WARBLERS WEEK!
Gli Usignoli si ritrovano insieme in un vecchio chalet di montagna; tra bufere di neve, termometri per cioccolate, cadute (piacevoli) sui pattini, palle di neve, baci con caschè, vecchie lettere, biscotti e miracoli di Natale.
[Niff, Wevid, Thadastian, Hunter/Mr Pussy, Richard/Trent, Klaine]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Hunter Clarington, Jeff Sterling, Sebastian Smythe, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Kurt, Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mezzanotte
(Lunedì 24 Dicembre)

 


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  Appoggiò il piatto di biscotti di fronte al camino con un movimento secco, forse troppo rapido, tanto che lo spostamento d’aria colpì un mucchietto di cenere e la sollevò con grazia a qualche centimetro da terra. Thad ritrasse la mano e scoprì di avere il dorso leggermente annerito; lanciò un’occhiata assassina al piatto di biscotti, quasi volesse incenerire anche quelli e proruppe un “Lo odio” pronunciato a denti stretti.
 
Jeff sospirò, stiracchiandosi sul divano e sciogliendo i muscoli in una delle sue posizioni improponibili, per riuscire a grattarsi la schiena. “Sì, l’hai già detto. Più o meno una quarantina di volte.”
 
  “È uno stronzo.”
 
  “Abbiamo concordato anche su questo, sì.”
 
  “Non se ne può andare via incazzato la sera della Vigilia, sparendo per tutta la cena cheio ho preparato per lu… cioè, per voi. Semplicemente non lo può fare. Stronzo!”
 
Jeff alzò gli occhi al soffitto, con un’aria vagamente disperata. Thad era piuttosto noioso quando litigava con Sebastian; reagiva sempre con un iniziale disprezzo incommensurabile e poi improvvisamente, come se una pallina da baseball l’avesse appena colpito sul cervelletto, drizzava la schiena, inarcava le sopracciglia e…
 
  “Lo amo” soffiò, girandosi verso l’amico con due occhi enormi e lucidi di pianto imminente.
 
Jeff sbuffò. “Chissà se stasera c’è la partita o...”
 
  “Quando torna? Fuori fa freddo… e se viene a nevicare? E se è lontano dalla strada principale?”

  “Thad! Ti prego!” implorò il biondo, soffocando poi un lamento contro il cuscino del divano.
 
Ma l’altro era già scattato in piedi avvicinandosi alla finestra e, sbirciando tra le fessure dell’imposta, lanciava occhiate preoccupate al limitare del bosco. “Un vecchietto al villaggio mi ha detto che qui vicino vive un branco di lupi!”
 
  “Smythe non lo mangerebbero, è indigesto pure a loro.”
 
Thad si voltò di nuovo, cambiando totalmente espressione per la terza volta in cinque minuti: “Sai che ti dico? Hai ragione, non si merita che io stia in pensiero per lui!”
 
  “Tu soffri di qualche disturbo bipolare, sai?” sbadigliò Jeff, accucciandosi e stropicciandosi gli occhi con il pugno chiuso.
 
  “No, non ti azzardare a dormire! È una questione di principio; dobbiamo rimanere svegli fino a mezzanotte e farci fotografare con Babbo Natale. Proverò a Sebastian che esiste e lui dovrà chiedermi scusa!”
 
  “Non voglio sapere come ti chiederà scusa.”
 
Thad ignorò quell’ultimo commento – non poté comunque impedire alle sue guance di accendersi d’imbarazzo – e si sedette sulla sua metà di divano, prendendo in mano il cellulare per assicurarsi che fosse tutto pronto per scattare la foto, anche se mancavano ancora più di due ore a mezzanotte.
 
  “Come mai Nick non è qui a lanciarti messaggi in codice con lo sguardo per convincerti a seguirlo in camera da letto?”
 
Jeff sembrò risvegliarsi di colpo; si rimise a sedere e mosse la testa da un lato per scostare un ciuffo di capelli dagli occhi. “Non lo so, è sparito dopo cena dicendo che andava a prendere le sigarette.”
 
Thad sbatté le palpebre un paio di volte, aggrottando la fronte e obiettando: “Ma Nick non fuma.”
 
  “Già…”
 
  “Quindi che diavolo…?”
 
  “Perché voi due, principesse sul pisello, siete ancora alzate?”
 
Il suono della porta che si richiudeva con un tonfo sordo li fece sussultare entrambi e la voce di Sebastian giunse forte ma leggermente tremante, forse a causa del freddo. Jeff lesse nello sguardo di Thad la volontà di dare fuoco a Sebastian in quel preciso istante e ringraziò mentalmente che il camino fosse spento da ore. Non avrebbe saputo come mandare via dai vestiti l’odore di carne umana bruciata.
 
  “Dove accidenti sei stato?” Non suonava come una domanda, ma piuttosto come una promessa di morte a sangue freddo.
 
Un angolo delle labbra si piegò verso l’alto con una lentezza esasperante, e il sopracciglio sinistro si inarcò accompagnandolo: Sebastian stava ghignando. Ed era sempre un presagio di qualcosa di profondamente orribile. “Hai presente il ragazzo carino del chiosco delle bibite?”
 
Esattamente, pensò Jeff tendendo i muscoli per scattare non appena ce ne fosse stato bisogno. Presto - si disse - tra poco mi toccherà impedire un omicidio.
 
Thad chiuse le mani a pugno, fino a che le nocche non sbiancarono totalmente e le unghie non lasciarono il segno sulla pelle."No, mi spiace, non ricordo nessun ragazzo" replicò meccanicamente, con la voce talmente bassa da non sembrare la sua.
 
  “Ma come no? Quello alto, con quella folta chioma di capelli scuri e morbidi, con quegli occhi grandi di uno splendido celeste.”
 
  “Smythe…” lo chiamò Jeff con voce timorosa. “Cerca di non esagerare.”
 
Thad scosse la testa in modo quasi spasmodico, serrando gli occhi con forza, e il suo petto prese ad alzarsi e abbassarsi in modo troppo evidente, dettato dal ritmo anormale del suo respiro.
 
  “Proprio non li hai notati?” continuò ancora il ragazzo. “Forse io li ho visti perché li puntava dritti nei miei?”
 
Adesso, pensò Jeff lanciandosi in avanti per afferrare le braccia dell’amico in una presa sicura e fare forza contraria, tirandolo indietro, prima che saltasse al collo di Sebastian.
 
  “HIJO DE PUTA!” esplose Thad, cambiando completamente intonazione della voce.Yo estoy aquí a preocuparme y tu te marchas con otra!”
 
Il francese incrociò le braccia al petto e sorrise soddisfatto del suo operato, mentre Thad continuava ad urlargli contro una quantità innumerabile di epiteti tutt’altro che positivi nella sua lingua madre e Jeff cominciava a sentire dolore alle braccia. Alla fine Thad dovette zittirsi per mancanza di fiato e, pur continuando a fucilare Smythe solo con lo sguardo, lasciò che i suoi insulti si perdessero tra gli ansiti.
 
  “Ora che ti sei sfogato andiamo a letto?” domandò infine Sebastian con una faccia tosta da premio Oscar.
 
  “No” rispose lui semplicemente, e poi andò a sedersi sul tappeto, proprio davanti al piatto di biscotti, e ammutolì del tutto.
 
  “Ma cosa…?”
 
  “Aspettiamo Babbo Natale” spiegò Jeff, sfidandolo con lo sguardo ad aggiungere altro.
 
Sebastian aprì la bocca per replicare, ma non ne uscì nulla; rimase impalato a boccheggiare per un istante, poi sbuffò e scrollò le spalle: “Fate come vi pare, io vado a letto.”
 
Solo quando la schiena di Sebastian fu scomparsa completamente nella penombra in cima alle scale, Jeff riportò l’attenzione sul suo migliore amico: Thad era ancora seduto, con le spalle rigide e la testa china. “Lo odio” proruppe all’improvviso.
 
Il biondo alzò gli occhi al soffitto, lasciandosi cadere a peso morto sul divano. “Ci risiamo.”
 

***

 

  Nick stringeva la scatola al petto con accortezza, come se fosse un tesoro prezioso. E in effetti per lui lo era, perché da quella scatola dipendevano i sogni di Jeff. E lui voleva tenerseli cari quei sogni, cullarli come fossero suoi. Sorrise tra sé, mentre infilava le chiavi nella serratura e apriva la porta tentando di fare il minimo rumore possibile. Trascinò gli scarponcini sul tappeto d’ingresso per pulirli frettolosamente dalla neve, prima di entrare nel salotto e bloccarsi alla vista del suo angelico ragazzo addormentato sul divano; era in una posizione scomposta, con un braccio che penzolava, una gamba piegata sotto l’altra e la guancia schiacciata contro il cuscino, su cui stava anche lievemente sbavando. Nick pensò che non era normale che lui trovasse quella vista eccitante, ma in effetti normale non era un termine che si addiceva al loro rapporto in generale. Avanzando nella stanza notò anche la presenza di Thad, che dormiva profondamente rannicchiato sul tappeto e ogni tanto digrignava i denti e aggrottava la fronte nel sonno. Sembrava stesse facendo sogni agitati, e Nick era abbastanza sicuro di sapere di chi fosse la colpa.
 
  “Cosa c’è in quella scatola?”
 
Nick sobbalzò, indietreggiando e quasi perdendo l’equilibrio, poi riconobbe la familiarità di una figura slanciata, seduta ai piedi delle scale.
 
  “Non posso dirlo.”
 
Sebastian si alzò in piedi e avanzò verso di lui, finché non furono a mezzo metro di distanza e Nick poté scorgere l’espressione sfinita dell’altro, i suoi capelli arruffati e gli occhi segnati dalle occhiaie.
 
  “Non riesci a dormire? Come mai?” domandò candidamente, anche se aveva già intuito il motivo.
 
  “Non posso dirlo” gli fece il verso lui, sfoderando un sorrisetto borioso.
 
Nick scrollò le spalle incurante, e indicò Thad e Jeff con un braccio: “Aspettavano Babbo Natale?”
 
Sebastian storse il naso, come se una mosca lo stesse infastidendo, e annuì.
  
  “Non hanno resistito fino a mezzanotte” osservò Nick, sciogliendosi in un’espressione intenerita. “Sono due bambini.”
 
  “Sterling parla nel sonno, ha detto che gli piace una cosa che fai con la lingua… sul suo ombelico, credo.”
 
Nick avvampò, sgranando gli occhi e per poco non fece cadere la scatola mentre si agitava sul posto. “Smythe!”
 
  Sebastian rise, senza preoccuparsi di fare piano, perché sapeva che entrambi i ragazzi avevano il sonno a prova di esplosione atomica, poi sospirò e si chinò per afferrare Thad sotto le braccia e caricarselo in spalla.
 
  “Che stai facendo?”
 
  “Porto mon nounours a fare la nanna, nel nostro letto. Se lo lascio dormire per terra domani avrà dolori ovunque e si lamenterà nelle mie orecchie per ore.”
 
Nick tese i muscoli del viso per la sorpresa, era un gesto fin troppo gentile per venire da parte sua. “Non sarebbe più semplice spostarlo qui, sul divano?”
 
Sebastian si irrigidì e si morse il labbro, aggiustando la presa sul corpo di Thad. “Non riesco a dormire se non c’è questo maledetto burritos che mi si attacca come una sanguisuga ed emana calore dall’altro lato del letto.”
 
Attese per qualche istante la reazione di Duval, aspettandosi qualche commento sarcastico, perché sentiva di essere piuttosto patetico in quel momento, ma Nick si limitò ad aprirsi in un sorriso sincero e asserì: “Ti capisco, anche io non riesco a dormire senza Jeff che mi si aggrappa al pigiama e blatera nel sonno.”
 
  “Duval, te l’ho detto, non puoi paragonare le nostre relazioni, io e Harwood siamo…” Sebastian si bloccò, con il resto della frase sospeso a mezz’aria.
 
  “Cosa siete? Se lo dici a voce alta sarà più semplice accettarlo” lo incoraggiò Nick, facendo un altro passo verso di lui.
 
  “Be’, diciamo solo che questa è la notte di Natale e ho passato troppo tempo lontano da Thad.” Fece una breve pausa, mentre il ragazzo sulle sue spalle si agitava appena, pur rimanendo profondamente addormentato. “Gli ho anche mentito e, non so… forse è colpa della convivenza con Sterling che perde zucchero da ogni poro, ma il punto è che… mi dispiace.”
 
Nick annuì, cercando di celare la sorpresa e l’entusiasmo che provava per lo spettacolo a cui stava assistendo. Sebastian Smythe stava chiedendo scusa. Non alla persona giusta  in effetti, ma era comunque un gran passo avanti. “Queste cose dovresti dirle a lui, sai?”
 
Il ragazzo annuì velocemente e, serrando la presa sui fianchi di Thad, si avviò verso le scale per porre fine a quel momento di confessioni imbarazzanti.
 
Nick riportò gli occhi su Jeff e una familiare sensazione di calore gli invase lo stomaco; appoggiò la scatola sul pavimento, proprio davanti al biondo, e la accarezzò con cura bisbigliando parole appena accennate. Poi si stese di fianco a Jeff, incrociando le gambe alle sue e agganciandogli le braccia in vita.
 
  “Buon Natale, amore mio” soffiò sul suo orecchio, prima di chiudere gli occhi e aspettare che il sonno intorpidisse la sua mente.
 

***
 

 

  È mezzanotte.
Le tenebre sono calate anche su queste terre nemiche; ma i miei occhi penetrano l’oscurità senza difficoltà alcuna, e i miei passi si posano sul terreno con un’eleganza vellutata, fondendosi con la quiete della notte e perdendosi nel silenzio.
L’Ufficiale Pussy non si tira indietro nemmeno di fronte al pericolo notturno.
 
Miao.
 
No, scusate… volevo dire obbiettivo avvistato: i biscotti si trovano su un piattino di ceramica, esattamente di fronte al camino. Le uniche due sentinelle, che sono state lasciate a proteggere il bottino, si sono addormentate negligentemente sul divano.
 
Tzé, umani…
 
Mi avvicino comunque tenendomi acquattato sul terreno, per nascondermi da eventuali cecchini celati nelle vicinanze. Il gioco è fin troppo facile, sono ormai a mezzo metro dal mio bottino quando… 
 
Oh, gomitolo! 
 
Maledizione! È una trappola! N-non resisto alla tentazione… n-non devo… vabbe’, ci gioco due minuti e poi riprendo la missione.
 
Com’è morbidooooo!
 
Con uno sforzo di concentrazione estrema, che solo un soldato del mio rango potrebbe riuscire a sostenere, riesco ad allontanare il gomitolo e tornare al mio scopo primario.
Mi lancio sui biscotti e comincio a divorarli, facendomi beffe del nemico.
 
Mission completed.
 

***

 
 

  Richard stava ridendo ininterrottamente da più di mezz’ora. Era talmente tanto scosso dalla ridarella da non riuscire nemmeno a centrare il buco della serratura con le chiavi; Trent gliele rubò di mano e le infilò nella toppa, muovendo il polso rapidamente. Lanciò un’occhiata esasperata a Richard, massaggiandosi il bernoccolo che gli stava spuntando sulla fronte. “Una padella! Ci ha tirato addosso una padella!”
 
  “Adesso sai che fare una serenata all’una, la notte di Natale, sotto casa della ragazza che ti piace, non è gradito.”
 
  “Io che ne sapevo, pensavo di fare una cosa romantica!” si giustificò lui, poi notò qualcuno sul divano e si zittì all’istante.
 
Richard posò il mento sulla sua spalla per sbirciare davanti a sé: “È il cadavere di qualcuno? Forse Sebastian è finalmente riuscito ad avvelenare Clarington!”
 
Trent con un movimento della mano gli fece segno di tacere, mimandogli con le labbra le parole “Nick e Jeff”. Richard sollevò gli angoli della bocca, producendo un ghigno in direzione della giovane coppia di innamorati, ma quando posò nuovamente lo sguardo su Trent, sgranò gli occhi e pronunciò un tardivo: “Attent...”
 
  “MEEEEOOOOW!”
 
Il piede di Trent era finito con poca grazia sulla coda di Mr Pussy, il quale ora non faceva altro che lamentarsi a gran voce. Richard fece partire mentalmente il conto alla rovescia.
 
Tre, due, uno...
 
  “MR PUSSY! Stai bene?!”
 
Hunter si era precipitato giù dalle scale, richiamato dai miagolii del felino, che ora giaceva a terra come un soldato morto in trincea. Il Capitaine si abbassò subito al suo fianco; sul volto un’espressione a metà tra la paura di perdere un commilitone e la ferrea volontà di fare giustizia. “Chi è stato? Dimmelo, e gliela farò pagare!”
 
Trent era sbiancato di colpo, terrorizzato dalla prospettiva di ciò che sarebbe potuto accadere nel momento in cui Hunter avesse scoperto il colpevole. Guardò implorante il gatto, sapendo che la sua vita dipendeva da quella palla di pelo, ma per tutta risposta quello cominciò a soffiare in sua direzione; pochi istanti e gli occhi glaciali di Hunter si
piantorono nei suoi.

  “NIXON.”
 
  “È-è stato un i-incidente…”
 
Hunter si lanciò sul povero Trent, che squittì terrorizzato e si nascose dietro la possente figura di Richard.
 
  “Hunter, abbi pietà di me!”
 
  “Tu ne hai forse avuta, mentre ferivi a morte il soldato e…”
 
  “Che sta succedendo?” La voce di Jeff, ancora impastata dal sonno, li colse tutti di sorpresa facendoli sobbalzare. Nick era ancora profondamente addormentato, ma la presa sulla parte superiore del pigiama di Jeff era ben salda e limitava i movimenti del biondo.
 
Richard gli sorrise, rassicurante: “Nulla, Jeffie, puoi tornare a dormire.”
 
Il ragazzo tuttavia non gli diede ascolto e scrutò con attenzione l’orologio a cucù appeso di fianco al camino. “Sono le due di notte, questo vuol dire che…” I suoi occhi si illuminarono di un’intensa luce viva, riflettendo la sua anima che ardeva di una gioia teneramente infantile. Riuscì a districarsi dal groviglio di coperte e si liberò dalla presa di Nick, per poi correre fino alle scale e iniziare ad urlare: “THAD, SCENDI! È PASSATA LA MEZZANOTTE! THAAAD!”
 
Si sentì un leggero trambusto al piano di sopra, prima che la testa di Thad facesse capolino dal muro adiacente le scale. “L’hai visto, Jeff?!”
 
Il biondo scosse vigorosamente la testa. “Purtroppo no, mi sono addormentato!”
 
Un’espressione delusa apparve sul volto di Thad, finché il ricordo dei biscotti, preparati con cura poche ore prima, non gli fece tornare la speranza. “I biscotti sono ancora lì?”
 
Jeff si voltò verso il camino per controllare il contenuto del piatto, ma quando si accorse che era vuoto, espresse il suo entusiasmo cacciando un urletto isterico e assolutamente poco virile. “Non ci sono, Thad! Non ci sono più!”
 
Thad raggiunse l’amico ed insieme cominciarono a cantare e a girare in tondo, sotto lo sguardo perplesso ma soprattutto assonnato dei loro compagni.
 
  “Si può sapere cos’è tutta questa confusione?”
 
Anche Wes e David, attirati dalle varie voci provenienti dal salotto, avevano sceso le scale – Wes le aveva scese due a due, come sempre – e ora osservavano incuriositi i due Usignoli, che intovano a gran voce Santa Claus is coming to town.
 
  “Babbo Natale esiste! Abbiamo le prove!”
 
  “E quali sarebbero queste prove? Un piatto vuoto?”
 
La voce era arrivata ovattata al piano di sotto, ma tutti avevano udito perfettamente le parole pronunciate. L’ultimo abitante della casa stava scendendo le scale con estrema grazia e lentezza, rendendo la sua entrata più trionfale e le sue domande più taglienti.
 
  “Continui a negare l’evidenza, Sebastian?”
 
Smythe allargò le braccia, apostrofando Thad con tono di scherno : “Quale evidenza, Tacos? Chiunque avrebbe potuto mangiare i vostri biscotti.”
 
Thad aprì e chiuse la bocca diverse volte, mentre l’orribile consapevolezza del fatto che Sebastian potesse avere ragione invadeva la sua mente. Guardò Jeff, che gli restituì uno sguardo smarrito; prese un grosso respiro e si accinse ad affrontare la questione da uomo.
 
  “Ti dimostrerò il contrario, Smythe.”
 
Sebastian accolse con un ghigno quell’affermazione: “Non vedo l’ora.”
 
Thad resse il suo sguardo per qualche altro secondo, prima di procedere con la fase interrogatorio. Costrinse tutti gli Usignoli a mettersi in cerchio e ad ognuno fece la stessa domanda: “Sei stato tu a mangiare i biscotti?”
 
Tutti, naturalmente, negarono: a quel punto Sebastian pretese che i fatti venissero sostenuti da alibi di ferro.
Trent, con estremo imbarazzo, fu costretto a raccontare il suo fallito tentativo di serenata, suscitando l’ilarità generale; ciò dimostrava che era innocente, perché sia lui che Richard al momento del misfatto si trovavano a diversi chilometri di distanza. Wes sostenne che lui non poteva in alcun modo essere colpevole, perché il suo equilibrio psicofisico gli imponeva di dormire ogni notte sette ore e quarantacinque minuti esatti: nessuno fece fatica a credergli. David domandò quanti biscotti conteneva il piatto, e quando gli fu risposto che erano dieci negò con fermezza ogni coinvolgimento; era sua abitudine, infatti, consumare biscotti solo se essi erano di numero dispari.

Per un breve istante nessuno parlò, finché improvvisamente l’attenzione generale si focalizzò su Hunter: lui osservò i suoi compagni con sguardo interrogativo, e solo quando capì di essere il colpevole designato, si affrettò a scuotere la testa e ad indicare Mr Pussy: “È stato lui, io non c’entro.”
 
  “Clarington, lascia il povero Mr Pussy fuori da questa storia!”
 
  “Ma...” Hunter lanciò uno sguardo di pura incredulità a Thad, ma nel momento in cui si rese conto che nessuno gli credeva, incrociò le braccia al petto e sbuffò: “Ad ogni modo io non sono stato, non consumerei mai il cibo destinato ad un possibile alleato.”
 
Sebastian alzò gli occhi al cielo: pochi secondi e…
 
  “Che ti avevo detto?! Babbo Natale esiste!”
 
Thad era il ritratto della felicità: guance lievemente arrossate, occhi brillanti e soprattutto un sorriso che andava da un orecchio all’altro. Sebastian chiuse gli occhi, sentendo la stanchezza scuoterlo da capo a piedi, e si strinse con la punta delle dita la sella del naso. “Chi ti dice che non li ho mangiatiio i biscotti?”
 
  “Neanche tu riusciresti a fare una cosa del genere, Smythe.”
 
Sebastian trafisse Jeff con un’occhiata di puro odio: era colpa sua se si trovavano in quella situazione, così com’era sua la responsabilità del litigio con Thad.
 
No, non è vero. Quello è solo colpa mia.
 
Uno strano rumore attirò l’attenzione di Jeff, allentando momentaneamente la tensione che aleggiava nell’aria. Il ragazzo si avvicinò al divano e si accorse che davanti ad esso c’era una grossa scatola bianca; il coperchio si sollevava ed abbassava ad intervalli irregolari, segnalando la presenza di qualcosa che si muoveva all’interno.
 
  “C-cosa c’è lì dentro?”
 
Nick, che per tutto quel tempo era rimasto in silenzio, si sciolse in un sorriso. “Devi aprire per saperlo.”
 
Jeff guardò dritto negli occhi Nick, terrorizzato all’idea di scoprire cosa contenesse quel pacco, ma l’espressione tenera del suo ragazzo ebbe su di lui un effetto calmante: prese un grosso respiro e tese le mani in avanti, afferrandolo.
 
  “C’è scritto… c’è scritto che è da parte di Babbo Natale!”
 
  “Cosa?! Ma andiamo!” Sebastian ormai non nascondeva più il fastidio che provava, in quella che per lui era una situazione completamente surreale.
 
  “È UN FURETTO!” Jeff prese il piccolo animale tra le mani, sollevandolo in alto di modo che tutti potessero vederlo. “Babbo Natale lo sapeva!”
 
  “Sterling, falla finita.”
 
  “Sebastian, devi arrenderti: questa è la prova inconfutabile che Babbo Natale esiste!”
 
  “Quel furetto non te l’ha portato Babbo Natale! È stato…” Sebastian si morse la lingua, impedendosi di continuare. Aveva incrociato lo sguardo di Nick; una muta supplica a tacere per impedire a Jeff di conoscere la verità. Non che a lui importasse granché di Sterling, naturalmente: ma sapeva che Thad condivideva quella stessa illusione e, per quanto  gli costasse ammetterlo, non voleva ferirlo ancora.
 
  “È un furetto bellissimo, Jeffie.” Richard, sebbene fosse soprannominato da tutti Mina Vagante per la sua assoluta imprevedibilità, era anche l’unico che riusciva a mantenere il controllo nelle situazioni più delicate, riportando la calma ogni volta che regnavano confusione e tensione. “Hai già in mente un nome per lui?”
 
Il biondo annuì con vigore: “Ovviamente! Si chiamerà Nick II.”
 
Quell’affermazione fu seguita da un silenzio imbarazzante, poi un leggero colpo di tosse segnalò che Nick si stava schiarendo la voce. “…Perché?”
 
Jeff cadde dalle nuvole. “N-non è ovvio?” Guardò intorno a sé, alla ricerca di comprensione da parte degli altri, ma quando lesse nei loro occhi solo sconcerto e smarrimento si affrettò a spiegare: “Ho scelto questo nome perché così, quando tu non ci sei, ho sempre un Nick a farmi compagnia!”
 
  “È un nome orrendo.” Hunter, in quanto capo degli Usignoli, si sentiva in dovere di dare il proprio giudizio su qualsiasi decisione venisse presa, che avesse a che fare o meno con le canzoni da portare alle Provinciali.
 
Un coro di "Tu non puoi parlare” lo costrinse a rivedere questa convinzione. Il fatto che tutti puntassero il dito contro Mr Pussy, invece, gli fece ponderare l’ipotesi di trovare un nuovo nome al proprio gatto.
 
  “Scusate, dov’è finito Thad?” Trent aveva parlato con una nota di preoccupazione nella voce; erano diversi minuti che l’amico era scomparso dalla sua vista.
 
  “Sono qui.” Una mano comparve, seguita da un braccio, dietro lo schienale del divano.
 
Jeff lo raggiunse in pochi istanti, facendo ringhiare sommessamente Sebastian. Non era compito di Sterling occuparsi delle sue cose.
 
  “Qual è il problema, Thaddy?”
 
Gli occhi di Thad erano lucidi, ma si costrinse a mantenere un tono di voce fermo mentre rispondeva al suo migliore amico: “Io… Non ho ricevuto nulla da Babbo Natale.”
 
Jeff si portò una mano alla bocca, esterrefatto. “Com’è possibile?!”
 
  “Credo… credo che si sia dimenticato di me.”
 
Jeff era sul punto di scoppiare in lacrime, ma si fece forza: lo doveva a Thad, per tutte le volte in cui l’amico era stato al suo fianco e l’aveva sostenuto.
 
  “Vedrai, si sarà trattato sicuramente di una svista. E poi posso prestarti Nick II ogni tanto.”
 
Thad fece una leggera smorfia che tentò di dissimulare dietro un sorriso mesto. “Ti ringrazio per l’offerta, Jeff, ma va bene così.”
 
  “Ma gli sei simpatico! Lui vuole giocare con te!”
 
Un musino delicato spuntò improvvisamente in mezzo a loro, facendoli sobbalzare; pochi istanti dopo il furetto stava allegramente girovagando tra i vestiti di Thad, che soffriva il solletico e fu scosso da un eccesso di risa.
 
  “F-fallo smettere, Jeff!” Thad si stava asciugando le lacrime agli occhi con una mano, mentre con l’altra tentava di afferrare il piccolo animale.
 
  “Vieni da paparino, Nick II.” Jeff con gentilezza prese il furetto e lo fece accoccolare tra le sue braccia, per poi cullarlo dolcemente, sotto lo sguardo perplesso ma sempre amorevole di Nick (I).
 
Thad osservò quella scena intenerito, anche se una piccola punta di tristezza minava inevitabilmente il suo umore. Inoltre, sentiva il peso della stanchezza su di sé; sbadigliò sonoramente dopo qualche minuto: “Credo sia ora di andare a dormire.” Non poté fare a meno di aggiungere: “Tanto io non ho nulla da fare.”
 
  “Soldato, non credo che la colpa sia tua. Ritengo piuttosto che l’alleato rosso, non vedendoti, abbia trattenuto il regalo.”
 
Thad fissò Hunter per diversi istanti, cercando di metabolizzare l’informazione ricevuta; all’improvviso spalancò la bocca senza produrre alcun suono; era a corto di parole.
 
  “Thad, penso che abbia ragione!” Jeff squittì felice e, in un slancio d’affetto, abbracciò il suo migliore amico, rischiando di soffocare il furetto che era rimasto suo malgrado coinvolto in quella stretta.
 
  “Però io mi ero addormentato davanti al camino, insieme a te… chi mi ha portato in camera?”
 
Sebastian, in un vano tentativo di fuggire alla furia omicida del proprio ragazzo, tentò di diventare un tutt’uno con la carta di parati, ma purtroppo fallì miseramente.
 
  “TU! Non avevo dubbi! C’era da aspettarsi che anche stavolta la colpa fosse tua!”
 
  “Andiamo, Nachos…” Sebastian deglutì rumorosamente e provò ad esibire un sorriso di circostanza.
 
  “Non chiamarmi così! Sparisci la sera della Vigilia, la passi con uno stronzo che neanche conosci e, non contento, impedisci a Babbo Natale di darmi il regalo!”
 
Sebastian dovette inghiottire un groppo d’amarezza per la rabbia con la quale erano state pronunciate quelle parole: non c’era nulla di vero, ma Thad non poteva saperlo.
 
Non avrei dovuto mentirti… Scusami.
 
Cercò di afferrare Thad per le braccia, ma quello si liberò facilmente dalla sua presa e fece qualche passo indietro; Sebastian poteva scorgere nei suoi occhi la delusione ancora una volta, dopo l'ennesima ferita ricevuta. I loro sguardi rimasero incatenati per qualche altro istante, prima che Thad, con una naturalezza invidiabile, si rivolgesse a Hunter: “Capitaine, ti spiace se dormo in camera tua per stanotte?”
 
Sebastian avvertì il sangue ghiacciarsi nelle vene: era come se avesse smesso di scorrere, a causa del cuore che, fermandosi di colpo, non lo pompava più.
La richiesta di Thad, in realtà, era frutto di un ragionamento puramente razionale: tutti avevano un camera doppia, ma essendo dispari, qualcuno occupava inevitabilmente la propria da solo. La scelta era ricaduta, senza grosse sorprese, su Hunter:  nessuno si era sentito in colpa, perché il fortunato – così amava definirsi Clarington – aveva preteso da subito una singola, sbuffando contrariato quando aveva scoperto che non ce n’erano.
Nonostante ciò, Sebastian non poté fare a meno di sentire la rabbia crescere a dismisura, soprattutto quando l’interpellato, inizialmente colto alla sprovvista, se ne uscì con un candido: “Affatto.”
 
Senza aspettare oltre, Thad iniziò a salire al piano di sopra, seguito da tutti gli altri Usignoli, che si trascinavano assonnati sulle scale – all’eccezione di Jeff, che continuava a giocare con il furetto. A chiudere la fila restò Hunter che, da bravo comandante, si assicurava che tutti i componenti della truppa filassero nei propri letti.
 
  “Clarington.”
 
Hunter si fermò di colpo, avvertendo un familiare brivido percorgliergli tutta la schiena. Conosceva bene quel tono di comando: in accademia i suoi superiori erano soliti apostrofarlo in quel modo, soprattutto quando gli ordini non erano stati eseguiti a dovere.
 
Tuttavia, Smythe è un mio sottoposto.
 
Il soldato francese non poteva quindi in alcun modoosare rivolgersi a lui in quel modo; doveva essere punito per quell’assoluta mancanza di rispetto nei suoi confronti. Fece dietro front, pronto ad affrontarlo, ma finì quasi con il fondoschiena sullo scalino quando andò a sbattere proprio contro la figura di Sebastian. Hunter dovette ammettere che anche se avevano la stessa altezza, in quel momento Smythe sembrava molto più imponente di lui e – segretamente se ne vergognava - lo intimoriva alquanto.
 
  “Stasera dormirai nel mio letto, Clarington. Sono stato chiaro?”
 
Hunter si chiese dove fosse finita la sua virilità, quando un’improvvisa voglia di mettersi a frignare come una ragazzina spaventata lo colse. Guardò implorante il soldato davanti a sé, che era passato al fronte nemico senza un minimo di preavviso. “Smythe, te l’ho già detto, io non sono bi-curioso.”
 
Sebastian gli restituì dapprima un’espressione sorpresa, poi incredula e infine ilare.
 
  “Clarington, pensavi che tu ed io… Santo cielo, questa è davvero comica!”
 
Hunter, ormai abituato ai comportamenti alquanto stravaganti di quel reggimento, attese che le risa che scuotevano Sebastian cessassero, prima di chiedergli spiegazioni. “Sei stato tu a dire che dovevo dormire nel tuo letto.”
 
  “Per quanto mi lusinga il fatto che tu voglia dimostrarmi personalmente che non sei bi-curioso ma assolutamente gay, devo comunicarti che ho un ragazzo e che al momento non sono interessato a tradirlo.”
 
Sebastian si stupì del tono calmo che aveva matenuto per tutto il tempo in cui pronunciava quella frase. Dopotutto, si disse, aveva ragione Nick: “Se lo dici a voce alta sarà più semplice accettarlo.”
 
  “E allora cosa intendev…?”
 
  “Intendevo che tu dormirai nel mio letto, mentre io resterò sul divano.”
  
  “Oh.” Hunter a quelle parole si rilassò immediatamente; stiracchiò le labbra, per produrre quello che aveva tutta l’aria di essere un sorriso. “Nessun problema.”
 
Sebastian annuì soddisfatto. “Allora buonanotte, Capitaine.”
 
Hunter lo salutò con un cenno della mano prima di salire le scale, lasciandolo solo. Sebastian si avvicinò al divano, agguantò la coperta che avevano usato precedentemente Jeff e Nick e si sdraiò, attendendo il sonno che, lo sapeva bene, avrebbe tardato ad arrivare.
Quello era in assoluto il peggior Natale di sempre per lui: non c’era la Tour Eiffel illuminata a fargli compagnia, né tantomeno le vetrine animate delle Galeries Lafayette o le luci colorate lungo gli Champs Elysées. Era in un misero chalet di montagna, insieme ad alcuni esseri umani di sesso maschile di cui non gli interessava più di tanto – a volte doveva ripeterselo, per tenerlo a mente -, e l’unico che suscitasse la sua curiosità probabilmente non gli avrebbe parlato per diversi giorni.
 
Quel maledetto nano ispanico.
 
Sebastian chiuse gli occhi con un sospiro e nella sua mente le immagini di Parigi furono sostituite da altre inerenti alla settimana appena trascorsa: la pista di pattinaggio, i giochi, l’alcol, il centro commerciale...
Gli sfuggì un sorriso e si ritrovò ad ammettere, protetto dal buio e dalla solitudine di quella stanza, che tutto sommato non gli dispiaceva che quel nano ispanico e gli altri Usignoli fossero entrati a far parte della sua vita.
 

 
 
 
 
 
Qualche chiacchiera in più con le autrici:
 
Finalmente siamo tornate!
Domani si festeggia l’Epifania e noi vi proponiamo un’altra shot di Natale, speriamo che per voi non sia un problema ._.
Ad ogni modo abbiamo cercato di farci perdonare l’enorme ritardo con una shot davvero lunga e densa di avvenimenti.
Il prompt era “Mezzanotte” e ce ne siamo occupate insieme, sia del plot che della stesura.
 
Siamo quasi alla fine, sul serio, manca l’ultimissima shot, quella facoltativa. Per un attimo avevamo pensato di non scriverla o unirla a questa, ma poi ci siamo un po’ lasciate andare ed è venuto tutto più lungo del previsto ^^’
Ora Thad e Sebastian hanno un paio di cosette da risolvere, quindi si rende necessaria una piccola aggiunta, dove forse arriverà Babbo Natale anche per Thad! Chissà!

Un bacione :*
   
 
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