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Autore: _blueebird    05/01/2013    9 recensioni
Ci vogliono pochi minuti per leggerla e altrettanti per innamorarti di loro.
Camille, una sedicenne che lotta tutti i giorni per rimanere a galla in una società di pregiudizi, ingiustizie e in continua lotta con la sua timidezza e con i suoi problemi, si innamora. Tra i banchi di scuola, tra gli amici veri e le cattiverie, troverà l'amore che la porterà a crescere, a soffrire e a combattere i suoi demoni.
Una storia che vi prenderà e che vi scalderà il cuore.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Scolastico
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 Lenta e malinconica, la calda voce di Sinatra si espandeva lentamente nell’abitacolo della macchina. Avrei potuto immaginare le mani del chitarrista pizzicare le corde del suo strumento, i calli sul pollice, per averla usate troppe volte senza plettro. Mi voltai verso mamma. Guidava sicura di se, i capelli neri raccolti in una coda, gli occhiali da sole sul viso e quel suo modo di mordersi il bordo delle labbra che le era solito fare quando era pensierosa. Così mi voltai di nuovo verso il finestrino.

Le vie della città erano affollate come sempre. Una signora anziana tenuta sottobraccio dalla sua probabile figlia, attendeva paziente di attraversare la strada. I semafori, la gente ferma sulle panchine a chiacchierare con i caffè take-away in mano. Tutto così familiare, anche se, c’era qualche cosa di diverso. La città non era mai davvero la stessa. Ogni giorno vedevo in lei particolari nuovi che mi erano sfuggiti la volta prima.

“Siamo arrivati” Esortò mamma. Mi allungai dietro verso il sedile posteriore per recuperare il borsone da ginnastica. Mi sporsi un po’ di più perché non ci arrivavo, sentendo così premere la cintura sul mio costato. Recuperato il tutto guardai mamma. Mi fece un sorriso dolce. Questo sorriso era quello di una donna giovane e matura, che riesce a cancellare tutti i suoi problemi con un pizzico di grinta e determinazione. Mi consolava sempre questo sorriso, qualsiasi problema avessi. “Divertiti.” Mi chiese un bacio porgendo la guancia, per evitare di doversi sporcare il rossetto. Glielo diedi e scesi dalla macchina.
Lo spogliatoio era già pieno di ragazze che si cambiavano. Feci altrettanto e poi entrai in campo. Stefano quel giorno era probabilmente di cattivo umore perché ci fece sudare più del solito e ammettiamolo, io odiavo correre. Forse se mi fossi allenata sarei stata anche brava, ma ero incredibilmente impacciata e la mia forza di volontà era praticamente nulla. Era per questo che avevo scelto la pallavolo. Amavo buttarmi a terra, amavo inarcare il corpo per schiacciare, amavo tutto di questo sport.
Due ore volano in fretta quando ti diverti. Infatti ero seduta sulla panchina dell’entrata con Elisa, la mia compagna di squadra, ad attendere mia madre. Mi ero distratta un secondo a guardare la palestra vuota quando mi vibrò il telefono nella tasca dei jeans. Lo estrassi con cautela. Un messaggio. Mamma. ‘Tesoro sono andata un secondo al supermercato. Tarderò 5 o 6 minuti ;)’ Porca puttana. Se c’era una cosa che odiavo era aspettare. Da sola, qui come un idiota in una palestra vuota. Toccai lo schermo nella sezione ‘componi’ ma poi cambiai idea.

“Che c’è, tutto bene?” Mi chiese Elisa sporgendosi un attimo per osservare la mia espressione. No. Non va tutto bene. Odio aspettare cazzo. Sospirai. “Si. Insomma mia madre è al supermercato, ci metterà più del previsto.” Dissi guardando lo schermo del telefono oscurato. “Se vuoi possiamo fare un giro nella palestra accanto. Penso che stiano facendo una partita a basket. Così, giusto per passare il tempo.” Perché no. Tanto che cambiava. Una palestra o l’altra non faceva differenza. “Ma sì. Andiamo.” Dissi. Ci alzammo e uscimmo.
La ghiaia scricchiolava sotto il nostro peso e la borsa con i vestiti, tintinnava ad ogni passo. “Andiamo sulle tribune?” Mi chiese l’Eli, voltatasi verso di me. “Si, prima però vorrei vedere chi c’è dentro.” Dissi dirigendomi verso una finestra. “Ok, ti aspetto dentro allora.” “Certo, vai pure” Le dissi rivolgendole un sorriso.
Dannazione. La finestra è troppo alta. Devo cercare qualche cosa per raggiungerla. Mi girai intorno per cercare qualche cosa sul quale avrei potuto avvicinarla. Guardai dall’altra parte della strada. C’era un cassonetto di quelli piccoli per la raccolta differenziata. Fantastico. Corsi a prenderlo guardando bene che non ci fosse nessuno nei paraggi. Lo posi sotto la finestra e vi salii su con i piedi. Oh, adesso sì che si ragionava. Era vero, c’era una partita in corso. Alcuni ragazzi stavano scherzando al centro campo, mentre uno di loro tirava a canestro. Altri erano seduti. Poi vidi un ragazzo moro, che era appena uscito dallo spogliatoio. Una canotta bianca e sudata gli percorreva il torace e stringeva con le mani l’asciugamano che portava al collo. Avevo visto troppe volte quel profilo, quei capelli, quelle spalle per non riconoscerlo.

Dio Cristo era proprio lui. Cosa ci faceva in palestra? Lui fa nuoto…  probabilmente era li con degli amici, giusto per fare una partita. Il mio cuore cominciò a battere così forte che riuscivo a sentirlo premere contro le costole. Mi sentii le guance bruciare. Non volevo trovarmi lì, su un cassonetto dell’immondizia davanti ad una finestra. Mi sentivo una stupida. Feci per scendere quando un piede perse stabilità, probabilmente per l’umidità sulla plastica. Chiusi gli occhi e in un momento mi ritrovai a terra. Avevo fatto troppo rumore perché nessuno se ne fosse accorto.
Oh.  Merda.
 

*Angolo dell'autore*
Mi scuso se il prologo non l'ho reso "esteticamente" bello, ma sono nuovissima e
davvero non avevo la più pallida idea di come sistemarlo.
Ma sto cercando di rifarmi :D
Ditemi cosa ne pensateeeeee -Sel-


  
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