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Autore: Volleydork    05/01/2013    6 recensioni
Avevo sempre cercato di avere tre certezze nella vita, tutte irrimediabilmente distrutte.
La prima era che le fette di pane imburrato cadono, sui vestiti, dalla parte del burro. Abigail mi aveva dimostrato il contrario. Forse aveva a che fare con l'essere figlia della dea dell'amore.
La seconda era che nessuno dormiva con tanto gusto con quanto lo facevano i gatti. Tristan si era dato da fare a disilludermi anche su questo, addormentandosi sotto i miei occhi durante una lezione di traduzione.
La terza era che non c'erano altri campi per semidei oltre al mio. Ma, stando alle parole di Elliott, mio padre e compagnia non erano gli unici a essersi impegnati sotto questo aspetto.
Perché, va bene tutto, va bene che arriva la fine del mondo e tutto il resto, ma preferirei che non dovessimo chiedere aiuto a quei fricchettoni degli dei greci...
Ah, scusate! Non mi sono presentata: io sono Selina Potter, figlia di Odino.
***
E io non ho ancora finito di ammorbarvi con le mie long su Percy Jackson.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Io che scopro di avere tendenze suicide




Mi svegliai qualche ora dopo, la nuca ancora dolente. Ero sdraiata sul mio letto, nella reggia di Asgard. Alzai una mano per tastarmi la testa e controllare se ci fosse un bernoccolo, e qualcuno mi mise nel palmo un sacchetto di ghiaccio che fino a un attimo prima aveva premuto contro la nuca. Aprii gli occhi e mi trovai davanti Tristan.
"Perché – mugolai mentre prendevo il sacchetto si ghiaccio – da qualche giorno, ogni volta che mi sveglio ci sei tu che mi fissi?"
"È solo un caso, te lo assicuro." Il suo tono era serio e nervoso. I ricordi della sera prima mi colpirono come una doccia fredda.
"Balder è..."
Tristan annuì. Mi morsi la lingua, abbattuta.
"Che idiota," commentai acidamente. Mi guardai intorno. "Dove sono gli altri?"
"Nella sala del consiglio. Immagino stiano discutendo se cercare di riportare l'anima di Balder indietro dagli inferi."
"Non ti va di assistere? Sarebbe potuta rimanere Abigail, o Luna."
Lui scosse la testa.
"La situazione non è delle migliori di là, e in quanto figlio del precedente assassino non penso sia per me una buona idea partecipare alla discussione. E non mi piacevano gli sguardi che mi lanciavano alcuni dei."
Sbuffai.
"Ancora questa storia? Son dei bei testoni!"
Lui si strinse nelle spalle.
"Piuttosto, dove eravate tutti mentre io inseguivo Balder?"
Tristan si alzò in piedi e mi fece cenno di seguirlo. Mi portò nella reggia di Heimdall. Il dio era in piedi in mezzo alla sala e faceva la guardia a una gabbia coperta da un panno, nella quale si agitava un essere.
"Tristan – disse Heimdall quando ci vide entrare – non è sicuro per lei."
"Cosa non è sicuro?" chiesi.
Tristan indicò la gabbia.
"Lì dentro c'è il tuo doppelganger."
Osservai la gabbia che aveva smesso di agitarsi, come se la nostra presenza avesse calmato la creatura. Era una dei primi mostri che studiavamo al campo, i doppioni malvagi di ogni essere umano. Se un uomo avesse visto il suo doppelganger, la visione della propria controparte malvagia l'avrebbe perseguitato per il resto della sua vita. Prima che potessi dire qualcosa, il doppelganger parlò.
"Tristan? Sei tu?" Per poco non mi venne un colpo: la voce era identica alla mia.
"Ti prego, Tristan, liberami! Sono io, Selina," piagnucolò l'essere.
Se non avessi trattenuto il ragazzo, probabilmente sarebbe andato a prendere a calci la gabbia, vista la rabbia che l'aveva pervaso. Lo afferrai per un braccio.
"Stai calmo," intimai. Sembra strano, ma mi venne quasi da ridere.
"Cosa c'è di tanto divertente?" chiese Tristan confuso e irritato.
"Niente, – spiegai soffocando una risata, – ma è la prima volta che sei tu a perdere il controllo e io a dirti di stare tranquillo. Di solito sono io quella che da di matto." Ripensai imbarazzata al mio sfogo di due giorni prima di fronte alla luna. Tristan mi fissò con aria vacua.
"Tristan, chi c'è con te?" Il doppelganger non demordeva.
"Nessuno," rispose lui, recuperata la calma.
"Ah, bene! Mi sembrava di aver sentito qualcuno che aveva la mia stessa voce. Che strano, eh?"
"Già. Davvero strano."
Sentii il bisogno di uscire da quella sala. Ero inquietata da quel mostro, dal modo in cui parlava e di come sembrasse sicuro di essere me. Avevo l'impressione che se avessi passato troppo tempo ad ascoltarlo avrei cominciato ad avere dubbi sulla mia identità. Tristan a quel punto mi mise una mano sulla spalla e mi guidò fuori dalla sala.
“Inquietante, eh?” commentò quando fummo fuori.
“Il motto di quei mostri deve essere mentire, sempre e comunque. Un po' come te,” conclusi.
“Dai, non sono così terribile.”
“No – gli diedi una spinta amichevole – sei anche peggio.”
In risposta lui mi diede un pizzicotto su un fianco.
“Parla quella che cercava di convincermi di non aver dipinto di rosa i miei vestiti con indosso i pantaloni sporchi di vernice.”
“Avevo otto anni! – mi passai una mano tra i capelli – Tornando al doppelganger, è a causa sua che non siete riusciti a raggiungermi? Vi ha guidati da qualche altra parte?”
Tristan annuì.
“Dopo aver recuperato le armi, siamo usciti di corsa e abbiamo visto te, o meglio, il tuo doppione che correva dalla parte opposta al punto dove ti abbiamo trovata.”
“Lo stavate inseguendo come una mandria di pecore?”
“No, non lo stavamo inseguendo come una mandria di pecore, ma abbiamo seguito più o meno la direzione in cui l'abbiamo visto scappare. Non avevamo altri riferimenti.”
“E poi come avete fatto a trovarmi, allora? E ad essere certi che io fossi... l'originale?”
“Il secondo urlo di Nanna. Ti abbiamo trovata svenuta poco lontana dal corpo di Balder. A quel punto era abbastanza ovvio che l'altra fosse il doppelganger. Inoltre..." Si interruppe imbarazzato.
"Inoltre cosa?" Cercai di guardarlo negli occhi, ma evitava il mio sguardo, come de fossi una gorgone.
"Ti ricordi quando ti ho fatto sedere su delle puntine, una volta?"
"Sì." Mi feci circospetta.
"E ti sono rimasti i segni."
Corrugai la fronte mentre cercavo di capire cosa significasse quello che mi aveva appena detto, poi sgranai gli occhi.
"Hai detto di controllare che..."
Lui spostò il peso da un piede all'altro, palesemente in imbarazzo, e annuì. Abbandonai le braccia lungo i fianchi.
"Non potevi inventarti qualcos'altro?" sussurrai.
"Non mi è venuto in mente niente che potesse darci la certezza che fossi davvero tu."
Mi appoggiai al muro e infilai le mani in tasca.
"A chi hai detto di controllare?" In realtà non morivo dalla voglia di saperlo, ma ne sentivo il bisogno.
"Ho chiesto che lo facessero o Luna o Abigail."
"E?"
"Luna."
Sospirai.
"Il doppelganger non aveva quei segni?"
"No, hanno controllato."
“E Heimdall? – chiesi – Non ha visto niente?”
“C'era qualche magia che gli ha impedito di vedere quello che stava succedendo. Stanno cercando di capire quale possa essere.”
Feci per andare nella sala del consiglio, ma mi bloccai.
"Tristan."
"Sì?"
"Tutto questo era una trappola," riflettei.
"Sì."
"Ma come facevano a sapere che proprio io sarei corsa a inseguire Balder? Dovevano esserne certi per andare a prendere il mio doppelganger."
Lui si morse il labbro inferiore, assorto.
"Non ne ho idea. Avranno consultato le Norne?" suggerì.
Annuii.
"Probabile. E per Nanna? Sapevano anche che sarebbe andata via dal banchetto prima degli altri?"
Tristan scosse la testa.
“Abbiamo controllato il suo boccale. Qualcuno aveva messo del sonnifero nel suo bicchiere prima di cena.”
“Porca puttana! Ma è possibile che non se ne sia accorto nessuno!?”
Lui si strinse nelle spalle.
“Evidentemente sì.”

La sala del consiglio era un inferno. Gli dei si urlavano gli uni contro gli altri cosa avrebbero dovuto fare, mentre mio padre cercava di riportare il silenzio. I miei compagni erano in un angolo che si guardavano sconsolati. Mi guardai in giro, pensai a Tristan in corridoio che non partecipava al consiglio per timore delle loro reazioni, vidi Nanna in un angolo con gli occhi rossi e una benda stretta attorno a un avambraccio, forse dove l'avevano ferita per farla urlare, e mi sentii all'improvviso arrabbiata e frustrata. Non avevamo impedito che Balder si facesse uccidere, non avevamo prove per capire se Loki era davvero innocente o no – non smettevo di ripetermi che ero stata un'idiota a non dirgli di venire ad Asgard –, Fenrir mi voleva morta, e Tristan per colpa di suo padre non assisteva al consiglio.
Presi un profondo respiro, mi misi le mani a coppa attorno alla bocca e urlai.
“EHI!”
Qualcuno tra gli dei più vicini mi guardò con aria interrogativa, ma gli altri andarono avanti a gridarsi contro. Urlai di nuovo, stavolta fino a che non mi fece male la gola e tutti furono in silenzio a guardarmi, nella maggior parte dei casi allibiti. Battei le mani.
“Allora – incominciai facendo qualche passo verso il centro della sala – visto che tutta questa situazione è un bel casino, direi che prima cosa smettiamo di fare casino anche qua dentro. Mi ricordo che la prima cosa che mi hanno insegnato a scuola è che si parla a turno, alzando la mano. Non è così difficile. Poi – mi piazzai in mezzo alla sala e feci lentamente un giro su me stessa – c'è un ragazzo qua fuori che non partecipa al consiglio, perché è figlio di Loki, e teme le vostre reazioni se dovesse mettere piede in questa sala. Vogliamo smettere con questa storia? Lui non ha colpa, e non sappiamo neanche con certezza se Loki è, di fatto, l'assassino. Vediamo invece di fare proposte serie per riportare tra noi Balder. Ci son proposte serie? Non voglio sentire cose tipo: prendiamo uno a caso e lo distruggiamo. Allora?”
In fondo alla sala vidi che i miei compagni. La gamma di espressioni era alquanto variegata: Luna sembrava sul punto di svenire, Abigail aveva una mano premuta sulla bocca e mi guardava ammirata, Adam alzò un pollice un segno di approvazione, Talia aveva la faccia da “perché non ci ho pensato io a fare così?”, Annabeth e Percy sembravano confusi, come se si stessero chiedendo se avevo il permesso di comportarmi in quel modo. Nico sembrava intimorito, non capii se dal mio sfogo o dalle occhiate che mi stavano mandando gli dei.
“Quindi – dissi guardando mio padre – mi sembra che nessuno abbia niente da dire.” Si erano tutti rifiutati di alzare la mano per parlare e si erano chiusi in un mutismo ostile.
“Io direi che possiamo provare a fare come l'ultima volta. Andremo a prendere l'anima di Balder da Hel.”
“L'ultima volta non ha funzionato.”
Aveva parlato Tyr, il padre di Luna. Si alzò in piedi, i capelli castani sciolti sulle spalle e i penetranti occhi azzurri fissi su di me. Mi passai la lingua sulle labbra.
“Ed era, per di più, quello di cui stavamo discutendo, prima che tu interrompessi il consiglio."
“Be', mi sembrava che non si stesse arrivando da nessuna parte con quel consiglio. Quindi siete d'accordo? Possiamo provare a riportare l'anima di Balder dal regno dei morti?”
Tyr gettò un'occhiata a Odino, che si alzò in piedi a sua volta.
“Possiamo provare. Se c'è qualcuno-”
“Noi! – esclamai – Io e miei compagni possiamo farlo.”
Odino rifletté qualche secondo e annuì.
“Va bene, andrete da Hel.”
“Aspetta, Odino!”
Mi girai verso il dio che aveva parlato: Njord, il dio del mare.
“Cosa c'è, Njord?”
“Questa ragazza non può parlarci in questo modo e passarla liscia! Siamo dei e tu sei suo padre! Dovresti punirla!”
Qualche altro dio appoggiò Njord. Io li fissai a testa alta, mascherando la tensione. Fortunatamente mio padre era troppo affezionato a me per volermi vedere spappolata sul pavimento della sala del consiglio, così intervenne a pararmi il culo. Batté con forza la lancia per terra.
“Se qualcuno osa toccare mia figlia lo sbatterò fuori da Asgard e lo manderò a Jotunheim!” gridò.
Controvoglia gli altri dei tacquero.
“Adesso andate a dormire. Domani mattina, o meglio, tra qualche ora, Heimdall vi farà andare negli Inferi.”

La riunione non si concluse con il mio sbudellamento, e questo fu un successo. Quando io e i miei amici ci trovammo fuori dalla sala, Luna mi afferrò per le spalle.
“Sei completamente pazza!? – sbraitò scuotendomi con violenza – Ti avrebbero potuta uccidere!”
“Se avessi provato qualcosa del genere sull'Olimpo, mi avrebbero polverizzato seduta stante,” disse Percy.
“No, Testa d'Alghe, saresti sopravvissuto anche a quello.”
“Hai il fondo schiena talmente grande che mi chiedo come facciano a starti quei pantaloni,” commentò Talia. Nico ridacchiò.
Io intanto continuavo a sorbirmi la ramanzina di Luna, su come fossi stata scriteriata, sulla saggezza e su quella cosa che si chiama riflettere prima di agire, di cui mi ero allegramente infischiata. Quando ebbe finito barcollai lungo il corridoio, improvvisamente esausta. A metà strada sentii i miei amici seguirmi e mi appoggiai al muro. Da una nicchia saltò fuori Tristan.
“Senti – incrociò le braccia sul petto – devo fare l'abitudine a queste crisi di nervi o è solo una cosa temporanea?”
“Mmh, lasciami in pace...”
Mi aggrappai alla sua spalla, sul punto di addormentarmi.
“Qualcuno mi deve avermi somministrato un sonnifero.”
“È stata una lunga giornata.”
Prima che potessi fermarlo, mi fece mettere un braccio sulle sue spalle e si chinò per prendermi le gambe. Mi trovai tra le sue braccia, inerte e paurosamente poco desiderosa che mi lasciasse andare.
“Porca vacca, Sel, sei una falsa magra,” sbuffò Tristan mentre mi portava in camera.
“Va' a quel paese, sono tutti muscoli.”
Dopo ebbi solo la vaga sensazione di essere scaricata (non mi aspettavo che Tristan fosse delicato) su un letto molto morbido.
Partimmo poi quella mattina, gli zaini riforniti di cibo asgardiano. Andammo nel Heimdall e, col suo permesso, mettemmo piede per la prima volta sul vero ponte Bifrost. Ci aspettava Hel.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***


Angolo dell'autrice:

Sono in tremendissimo ritardo, ma sono stata via, mi dispiace. Che bella Copenaghen... Scusate, bando alle ciance. Stiamo per arrivare da Hel. Non succede molto in questo capitolo, ma ho spiegato bene come si è svolto l'assassinio di Balder (qualcuno aveva già espresso perplessità sull'ubicazione degli altri, mentre Selina inseguiva Balder). Scusate se non è lungo quanto gli altri, ma essendo un capitolo di transizione non mi dilungo più di tanto. Per adesso ricalco le orme del mito, ma già nel prossimo capitolo c'è una variazione, che io reputo abbastanza interessante...
Selina non poteva fare la scenata agli dei e passarla troppo liscia, ringraziate il paparino che è, forse, un po' troppo indulgente a volte con la figlia.
Mi piace tanto scrivere le scene tra Selina e Tristan! Quindi spero piaccia a voi leggerle quanto a me piace scriverle!
Adesso vado a combattere la tristezza di tornare a scuola con una tavoletta di cioccolato.

Al prossimo capitolo!

  
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