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Autore: Blusshi    06/01/2013    2 recensioni
Estratto dal capitolo 1~
Kate- la fronte inondata di sudore- spingeva e gridava; percepiva i movimenti del bambino che si faceva strada nel canale del parto. Si augurò che andasse tutto bene e che finisse in fretta; si sentiva come una bambina spaventata anche se ormai, a venticinque anni e con due gemelli in arrivo più che imminente, una bambina non era più.
Sapeva che quella nascita stava presentando complicazioni: i dottori le stavano dicendo che il primo dei due bambini non riusciva a uscire e che di conseguenza l’altro stava soffrendo.
Ho fatto una scelta originale, narrando la storia dei due protagonisti a partire da un punto che in genere non viene scelto. Spero, davvero, di non doverla pagare troppo cara questa mia originalità :) ~ Blusshi
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 17, 18, Altri, Dr. Gelo, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi tornata con questo capitolo!!
Mi scuso per il ritardo S P A V E T O S O con cui ho deciso di aggiornare la mia fanfic...
Già che ci sono vorrei dire due parole a:

Kjria91- grazie mille per tutto il supporto che mi stai dando, per il tempo che mi dedichi e per le recensioni
Lady_Charme- tu come sempre mi sostieni e mi incoraggi

**questo capitolo è per voi**
Un grosso bacio a tutti quelli che mi seguono, leggono e recensiscono.
Le vostre opinioni, anche critiche costruttive, mi sono sempre gradite, quindi bando alla timidezza e non abbiate il braccino corto, vi prego! hahah <3
Blusshi*








17 e 18 passavano il loro tempo girando in macchina e cercando di tirarla più lunga possibile: dovevano cercare l’antico avversario del dottore, ma a loro non importava pressoché nulla. Lo facevano per far trascorrere le giornate, per cercarsi un obiettivo in quella nuova vita che appariva così vuota e insignificante. Avevano avuto uno scontro con il gruppo di nemici che li aveva accolti al loro risveglio, ma niente di rilevante, li avevano massacrati senza troppo sforzo.
Uccisi, no; non ci provavano gusto, quelle sottospecie di mosche non ne erano all’altezza .
Si erano congedati, un po’ delusi; c’era uno, il più basso, che stava letteralmente tremando. 18 aveva voluto fare un po’ la cattiva e l’aveva baciato sulla guancia; era così anche prima, le piaceva giocare coi ragazzi.
 
16 li accompagnava, restando quasi sempre in silenzio; parlava solo se interpellato e quando lo faceva  17 lo disdegnava sempre.
“C’è stato qualche cambiamento nella pressione dell’aria…” fermando il furgone, il ragazzo scese a scrutare l’aria attorno a sé, subito raggiunto da 18 “magari l’eruzione di un vulcano…beh, molto lontano da qui, comunque”.
“E’ alla periferia della città che sta a ovest…due grandi potenze si stanno scontrando.” 16 si unì ai ragazzi sul ciglio della strada.
“Ah! Hai un power radar e non ce l’hai manco detto?” fece 17 prepotente, guardandolo con aria seccata.
“Beh, non me l’avete chiesto”.
16 era troppo maturo per arrabbiarsi con i ragazzi. E poi non ne valeva la pena, era questione di carattere: come lui era calmo e gentile, loro erano gasati ma alla fine erano bravi: erano stati loro a toglierlo dal suo sonno artificiale.
17 gli aveva domandato chi fossero i contendenti, ma 16 non aveva saputo rispondere perché non erano inclusi nel suo database: “Posso solo dirvi che uno dei due ha una forza che eguaglia la vostra”.
18 sbarrò gli occhi, in quelli del suo gemello comparve un’espressione innervosita e nello stesso tempo svagata: “Mi sa che lo schifoso ti ha messo un radar difettoso: non so cosa tu abbia capito, ma non me ne frega, perché non c’è nessuno più forte di me a questo mondo”.
Lo schifoso doveva essere per forza il dottor Gelo, concluse 16; non era la prima volta che 17 lo chiamava così, dovevano aver litigato prima che lui venisse riacceso.
E per l’ennesima volta concluse che stare in silenzio era sempre la cosa migliore.
“Stanno combattendo vicino alla città” chiese 18 “ma allora dov’è la gente?”
 
 
 
 
Kate non guardava quasi mai il telegiornale. Non le interessava più.
Aveva ben altri problemi, irrisolti.
Non le fregava niente di quelli altrui, soprattutto quando mancava pochissimo al terzo anniversario della scomparsa di Eric e Alice.
Ormai non riusciva più nemmeno a stare male, non aveva più lacrime. Era questo che la preoccupava, il niente.
Temeva che in un certo senso sarebbe morta, una volta che avesse smesso di provare emozioni, per quanto sgradevoli.
I detective stavano ancora cercando, ma ormai era inutile tentare e pretendere  l’impossibile.
Erano morti, basta; non c’era mica tanto da questionare.
Magari prima li avevano anche portati all’estero.
Quante volte l’aveva sentito dire, di bambini e ragazzi che vengono rapiti e poi venduti in altri paesi?
Venduti o ammazzati.
I detective sospettavano che, per Alice, c’entrasse qualcosa con la tratta delle bianche; per Eric invece…
Ma secondo loro era comunque possibile che una sorte analoga fosse toccata anche a lui.
Kate dunque non aveva il minimo interesse per i problemi altrui, ma quando per caso aveva sentito la notizia di sfuggita, alla radio in macchina, era rimasta amareggiata e, in un certo senso, inquieta.
Aspettò il telegiornale fin quando la notizia le apparve chiara e dettagliata sullo schermo.
Era successo che in una città all’estremo nordovest -dall’altra parte del paese- tutti gli abitanti erano spariti; così, dall’oggi al domani, senza lasciare traccia. Sembrava che l’intera area fosse stata completamente evacuata.
Insomma, le tracce c’erano eccome: in quel momento il cameraman riprendeva in tempo reale le strade deserte della città, su cui erano stesi o ammucchiati tantissimi vestiti.
Esattamente come quando Kate, o al tempo Alice, li metteva sul letto; pantaloni, maglietta, maglione, per abbinarli o semplicemente per riporli.
Erano lì, vuoti e leggermente mossi dal vento, che popolavano le strade silenziose della città come un corteo di lapidi. I giornalisti trovarono alcune finestre aperte e ripresero stanze vuote, abbandonate, ferme per sempre nell’ultimo momento in cui erano state vissute.
A Kate venne un groppo in gola, i vestiti erano mollemente poggiati sulle sedie conservando ancora l’impronta del corpo, attorno a tavoli apparecchiati, adagiati su poltrone, letti, divani. Sembrava che gli ex abitanti avessero abbandonato tutto così com’era lanciandosi in una fuga disperata.
Non dovevano aver avuto successo; Kate ebbe un brivido, c’era qualcosa che non andava. Qualcosa di funesto e di terribile nella calma morta di quel posto. Non avrebbe saputo spiegarlo a parole, ma quelle immagini non le piacevano. Sembrava che fosse successo qualcosa di veramente brutto, non un suono, non un segno di vita, a parte la voce dei coraggiosi giornalisti: “Qui non si vede niente…ci stiamo solo chiedendo come mai sia pieno di vestiti…”
Un maniaco sessuale? Sì come no, un maniaco sessuale che spoglia e sequestra un’intera città!
Kate scacciò quell’ipotesi, mentre raggomitolata sul divano si sorprese nervosa a mangiarsi le unghie.
E si sentì il gelo invaderle il cuore quando il giornalista cacciò un grido e la telecamera cadde per terra interrompendo le riprese.
 
“Se fosse lo stesso motivo? Se anche Eric e Alice fossero scomparsi così?” si chiese Kate quella sera, cercando di prendere sonno. Anche quello, ormai, era pretendere l’impossibile.
Ormai non dormiva quasi più: “E pensare che l’unica occasione in cui ero ridotta a questo stato di insonnia era stato l’ultimo periodo di gravidanza. I bambini si muovevano e io senza tregua mi scocciavo fino a piangere di stizza…e adesso quanto li rivorrei qui con me…”
Anche alla redazione del telegiornale erano preoccupati perché i reporter non erano più tornati e in breve tempo erano stati scoperti anche i loro vestiti, esattamente sul luogo del delitto. Ormai era un caso unico.
Man mano che passavano i giorni, anche altre città delle zone limitrofe avevano subito la stessa sorte.
La velocità era impressionante, le città colpite adesso si trovavano al centro…
La gente della sua città iniziava a preoccuparsi: chissà quando tocca a noi? Chissà se verrà qui?
E poi chi, si chiedeva Kate; ma tanto a lei cosa cambiava? Poteva anche morire, non aveva più nulla da perdere. Le sarebbe solo piaciuto dire addio ai suoi bambini prima che questo fantasmagorico serial killer venisse a prenderla nella sua città.
 
 
17 e 18 erano comodamente arrivati, in macchina, alla casa di colui che in teoria avrebbero dovuto trucidare. Ma era vuota, non c’era nessuno.
“Ci hanno prevenuti…dove possono essere andati?”
16 e 17 aspettavano fuori dalla porta. Il loro uomo doveva avere una moglie, 18 era ancora in casa che ribaltava i suoi armadi e i suoi cassetti, alla ricerca di qualche capo di suo gusto.
“Possibile che si vestano tutte così male? Queste umane…non sanno vestirsi! Sarebbero da ammazzare in massa solo per questo!”
Alla fine si dovette accontentare di un look basic ma tutto sommato non malvagio: jeans blu e maglietta bianca non guastavano mai.
“Era ora!” le sorrise 17, prima di rivolgersi al numero 16 “dove possiamo cercarlo?”
16 disse che dovevano spostarsi più a sud, sulla costa, dove si trovava la casa di un caro amico del loro uomo: poteva essere lì, anzi, doveva essere lì.
“Uffa…ci tocca fare 2700 km in volo verso sud. Poco male, la fine del gioco” sorrise tra sé 17.
Lui e 18 ci erano rimasti un po’ male per aver centrato così presto il loro teorico obiettivo.
Quello che non sapevano è che a volte la vita è davvero imprevedibile.
Non si immaginavano nemmeno che presto la loro avrebbe perso la piattezza che l’aveva caratterizzata a partire dal risveglio. Non avrebbero potuto mai immaginarsi che i loro guai non erano terminati con la morte del dottor Gelo, anzi.
Non sospettavano minimamente di essere braccati dalla Creatura.
 
 
 
“Secondo te…ti ricordi quel coso che ho baciato per finta?”
“Mmhh…bleah. Sì che me lo ricordo”.
I gemelli volavano alla velocità della luce, diretti assieme a 16 verso la costa.
A 18 era venuto in mente il ragazzo piccolo e impaurito che aveva incontrato pochi giorni prima.
“Perché?” le chiese 17 con aria nauseata “perché me lo ricordi…”
18 si lasciò scappare un risolino beato: “Boh, così! Era tenero!”
“Ma che schifo…”
Se ne stette zitto per tutto il tempo; la ragazza era infastidita che lui non interagisse con lei.
“C’è una cosa di cui volevo parlarti…17 mi ascolti?”
Il ragazzo mugugnò senza guardarla.
“Non ho idea se per noi androidi è lecito sognare…non so nemmeno se effettivamente il mio è stato un sogno…”
“Certo che noi possiamo. 16 no
“Beh, che fosse un sogno o una trance, ho avuto un ricordo” volò più veloce in modo da essere vicinissima a lui “una donna. Sentivo la sua voce e la vedevo abbastanza dettagliatamente…la sua voce mi piaceva molto; e lei era bella, aveva i capelli lunghi e scuri, gli occhi tipo i nostri. Assomigliava molto a te, 17”
“A me?” rise lui “ma che cavolo sogni, tu? Sei sicura?”
“Certo! Non sono ritardata” disse lei adirata “non mi ricordo cosa dicesse, non faceva niente a parte parlare. Non so a cosa collegarla”.
17 sospirò: “E io nemmeno, se è questo che volevi sapere”.
 
 
 
“Siamo…siamo stati attaccati…” l’uomo, disteso in un letto d’ospedale, parlava a fatica ai microfoni; gli occhi erano sbarrati, febbricitanti.
Kate era incollata al televisore e guardava. Non avrebbe davvero voluto, ma era come un film dell’orrore dove non si riesce a coprirsi gli occhi per non vedere le scene più brutte.
“Lei dove si trovava al momento?” chiedeva con garbo il giornalista.
“Io-io…in ufficio. Ero lì…mi ha preso e mi…stava…per uccidere.”
Il servizio era in fase di ripresa nell’ospedale di una città del centrosud.
“A poco più di duecento km da qui…” pensò Kate, stringendo la coperta sulle sue gambe.
La città era stata attaccata dal serial killer responsabile delle stragi del nord.
“Una grande… creatura” l’uomo spalancò ancora di più gli occhi enormi “tutti quelli dei piani inferiori… li ha fatti sparire…”
I giornalisti aspettavano che l’uomo riuscisse a raccontare quello a cui aveva assistito; anche Kate attendeva, sudata, con le sopracciglia aggrottate: “Mio Dio, si è salvato…chissà che shock”.
La città era sotto attacco e polizia e giornalisti l’avevano immediatamente raggiunta, constatando che quasi tutti gli abitanti erano stati risparmiati. Solo in un palazzo pieno di uffici erano state mietute delle vittime.
Fino al sesto piano gli agenti avevano trovato i soliti, spettrali vestiti abbandonati; al settimo un gruppo di uomini ancora vivi. Erano stati tutti ricoverati in stato di shock e in quel momento i giornalisti ne stavano intervistando uno.
“Mi aveva a-a-afferrato…e stava per…pugnalarmi…”
“Mio Dio…” Kate stava per piangere; era diventata particolarmente sensibile negli ultimi tre anni.
L’uomo ansimava mentre la sua voce cominciava a cedere.
“E poi cos’è successo?” lo aiutò il reporter “dov’è andata la creatura?”
“L-la Creatura…si è f-fermata di sopras-soprassalto” ansimò l’uomo “mi ha lasciato andare…ha detto qualcosa…che non ho inteso”.
“Ha detto?” chiese il giornalista “quindi la Creatura sa parlare…”
Kate trasalì. Una Creatura…chissà che creatura poteva essere.
“P-parlava, sì, molto b-bene. Come noi. Ha detto qualcosa t-tipo –finalment-te li ho tr-trovati-“.
L’uomo si fermò e prese fiato. Il giornalista gli passò dell’acqua.
“E poi…mi ha lasciato andare ed è v-volata fuori dalla finestra”.
 
Ormai tutti i telegiornali ne parlavano.
Una Creatura assassina che entrava negli edifici volando e faceva misteriosamente scomparire la gente.
Come? Li spoglia e se li porta via?
Li spoglia, se li cuoce e se li mangia?
Li spoglia, getta loro dell’acido addosso così spariscono e se ne lava le mani?
Kate si faceva queste domande, come tutti del resto.
Alla tele dicevano di stare tranquilli perché erano passate alcune ore dal mezzo attacco al centrosud e nessun’altra città era stata coinvolta.
Che senso aveva tutto questo? Cosa diavolo era la Creatura?
Anche alla tele la chiamavano così…Kate credeva che fossero uno o più serial killer, ma a quanto pare no.
Il solo che poteva testimoniare non aveva descritto il suo aspetto, si era limitato a dire che sapeva volare e che probabilmente non era umana.
Gli alieni? Si, certo.
Kate non ci aveva mai creduto, specialmente ora. Non credeva nemmeno alla storia della Creatura, tra un po’.
Adesso i poliziotti osavano anche dirle che magari Eric e Alice si erano volatilizzati per colpa di quella cosa.
Cervelli di gallina…tre anni prima questo essere, questa cosa, non esisteva nemmeno.
“Siete tutti pazzi, giocate tutti a guardia e ladri, a fare gli agnelli predati dal lupo” diceva Kate con amarezza, ogni volta che, addolorata, spegneva la tele.
 
 
Nella casa sulla costa non c’era nessuno.
O meglio, c’era il gruppo di incapaci che i gemelli avevano già steso una volta; 18 notò divertita che il piccoletto non mancava all’appello.
Il gruppetto si rifiutava categoricamente di dire dove fosse fuggito il loro compagno, quello che gli androidi inseguivano.
“Guardate che se non vi decidete smetteremo di essere amichevoli” li avvertì 17.
“Fate pure come volete”  si era fatto avanti il più alto e muscoloso del gruppetto. Il suo sguardo era fiero e accigliato, la sua pelle smeraldina brillava al sole. Il ragazzo se lo ricordava, l’aveva steso con una manata la volta precedente “laggiù c’è un’isola su cui possiamo regolare i conti”.
Cosa c’era da regolare? Voleva prenderne ancora? Come al solito, i gemelli non ebbero bisogno di parlare per capirsi.
Alla fine accettarono e loro tre più il nemico si trasferirono su un isolotto in mezzo all’oceano, al largo dalla costa del paese.
17 era calmo: “Se non parlerai questa volta ti uccideremo per davvero, sei d’accordo?”
Il nemico ridacchiò e si spogliò dell’ampio mantello e del turbante che portava.
“Non lo capisco…il perché voglia combattere pur sapendo che non ce la farà mai; vuole farmi perdere tempo? No, è solo uno stupido” disse 17 tra sé.
Il nemico osservò gli androidi gemelli e il loro compagno e vide con sorpresa che il bestione si era messo in disparte giocando con degli uccellini, mentre la biondissima si era maliziosamente seduta come se fosse stata al cinema. Davanti a lui stava solo il ragazzo, con le maniche rimboccate.
“Combatti da solo, numero 17?”
“Naturalmente! Tanto morirai lo stesso”.
“Benissimo!” il guerriero si sentì profondamente sollevato. Avrebbe potuto farcela contro un solo nemico, forse, ma soprattutto…la Creatura…
 
 
Il nemico e 17 erano praticamente pari…il nemico era migliorato moltissimo in pochissimi giorni e ora riusciva a tenergli testa. Ma la vittoria era un’altra cosa, pensava orgoglioso 17.
Se le suonavano forte ma nessuno dei due riusciva ad avere la meglio, perché quando sembrava che stesse per succedere il rispettivo avversario tirava sempre fuori un asso dalla manica.
“Smettila di giocare, 17! Ancora un po’ e devo venire io a finirla!”
18 si era stancata di guardare suo fratello che giocava con il nemico come il gatto fa col topo.
“Non ci penso nemmeno! Non mi sono mai divertito tanto da quando mi sono svegliato, quindi non rompere e lasciami stare!” le aveva urlato lui di rimando.
Poi sia lui che l’altro ci avevano dato talmente dentro che il nemico, tentando inutilmente di sconfiggerlo, aveva finito per distruggere l’isolotto.
“Gli uccellini…” mormorò 16 sottovoce “se ne sono andati, per colpa di tutto il caos che hanno fatto…”
Il nemico era un grande antipatico. Non aveva ancora intenzione di parlare.
“Come osi darti tante arie davanti a me, il cyborg 17, il più forte della storia?”
Continuarono a menarsi a non finire: 17 era estremamente innervosito dal fatto che quel brutto ceffo riuscisse a tenergli testa anche se sapeva che, mentre la sua energia era infinita, quella del nemico sarebbe presto o tardi scemata.
Il nemico infatti era già stanco e respirava a grandi sorsi, ma smise di colpo e rimase con la bocca semiaperta e gli occhi sbarrati, fissi a guardare qualcosa alla sua destra.
Incuriosito, 17 guardò in quella direzione e quello che vide gli causò un piccolo sussulto.
In cima a una rupe era apparsa una sagoma: un’alta figura sottile e longilinea che si stagliava scura sul sole pomeridiano.
Il cuore del guerriero alto e muscoloso si raggelò.
Era lui. La Creatura.
 
Era da giorni che stavano succedendo delle stragi nelle città: a partire dal nord, le persone scomparivano senza lasciare traccia. E succedeva tutti i giorni, più città al giorno.
La popolazione dello Stato aveva subito un tragico salasso e il guerriero e altri suoi compagni avevano indagato.
Avevano scoperto la Creatura: un demone malvagio, un flagello, che si nutriva della forza vitale –e con essa del loro intero essere-  delle persone per riuscire ad aumentare la sua.
Aveva rivelato che in verità saziarsi della gente non gli interessava granché. Aveva due grandi obiettivi, aveva fatto il loro nome.
Voleva 17 e 18.
 
Ora eccolo, li aveva trovati. Il nemico sapeva tutto, ma di certo i due gemelli non lo conoscevano.
“Chi…ma che roba è quello lì?!” 17 lo osservava, sicuro di non averlo mai visto in vita sua “Diamine, una cosa così brutta me la sarei ricordata.”
Anche 18 lo guardò e si sentì spaventata: fin da bambina le erano sempre piaciute le storie dell’orrore, di mostri, di fantasmi…ma guardando quell’essere si sentiva la pelle d’oca, perché nessuno dei mostri o delle storie di cui avesse mai sentito parlare erano così spaventosi. La realtà in quel caso, era proprio vero, superava la fantasia. Avesse qualcuno inventato la storia più paurosa del mondo, bene, mai e poi mai avrebbe potuto anche solo eguagliare la sensazione di angoscioso panico che effondeva dalla creatura che le stava davanti in quel momento.
Dal canto suo anche la Creatura osservava, pregustando il suo banchetto.
“Non so cosa diavolo tu sia, ma fammi il favore, sei arrivato sul più bello: vattene, ho un nemico da ammazzare, io” gli intimò 17 con tono canzonatorio.
Aveva provato una specie di nodo alla gola alla vista di quel coso, ma non l’avrebbe mai dato a vedere.
Il nemico che doveva ammazzare si risentiva per quello che stava per fare, ma non ebbe scelta: “17! Sta’ attento! La Creatura ti succhierà l’energia vitale e tu morirai. Scappa!”
17 riuscì appena a voltarsi verso la sua vittima, che con la coda dell’occhio vide giusto in tempo una specie di dardo aguzzo che serpeggiava verso di lui: era la coda del mostro, la coda più terribile che avesse mai visto. Una specie di lungo siluro acuminato.
Guizzava di qua e di là sempre tentando di trafiggerlo, ma lui era più veloce, riusciva sempre a scansarla.
No! Aveva sbagliato qualcosa…perché adesso era a terra, col mostro che lo inchiodava al suolo puntandogli la coda addosso?
Un soccorso inaspettato –e non richiesto- gli venne proprio dal guerriero, quello che fino a poco prima era intenzionato a fare fuori.
Il guerriero calciò via il mostro e restò al fianco di 17.
Com’era arrabbiato! Doppia umiliazione: non solo si era fatto colpire da quel coso, ma aveva anche dovuto sopportare che il suo nemico personale lo salvasse, come fosse una damigella in pericolo!
Che schifo, pensò dentro di sé. Che schifo assurdo.
La Creatura era così forte che in breve ruppe la strenua difesa che il guerriero aveva tentato di opporgli: il valoroso guerriero che 17 voleva tanto sconfiggere era finito buttato in mare, con una grave ferita al petto.
Ora non c’era più niente tra la Creatura e 17: erano uno davanti all’altra.
Il ragazzo non riusciva a imporsi di stare calmo e calcolare la situazione e d’altra parte la Creatura non gliene diede il tempo: iniziò a martellarlo di pugni a una velocità assurda, voleva fiaccarlo per poi impadronirsene, gliel’aveva detto non appena 17 aveva iniziato a difendersi.
Sia lui che 18 erano rimasti senza parole: ce l’avevano tutti con loro?
Prima il dottor Gelo, che li aveva rapiti e trasformati.
Adesso questa…Creatura, che intendeva aggredirli per nutrirsi di loro, in modo da diventare la numero uno: anche lei era un progetto del dottore, a cui aveva lavorato per tutta la vita.
I due gemelli non volevano crederci.
“Non deve finire così…io voglio vivere a lungo!” si disse 17 mentre si fiondava contro la Creatura.
Quando finì di nuovo a terra il dolore era sconvolgente. Il ragazzo non riusciva manco a ragionare, sentiva solamente il sapore acido della sconfitta che, rovente come un fuoco, gli riempiva la bocca.
E’ questo che si prova?
E’ così che si sono sentiti quelli, quando siamo stati noi a infliggergli la disfatta?
Fa così male?
Per la prima volta 17 si mise in empatia con i suoi nemici; se avesse potuto si sarebbe messo a ridere di nervosismo: un androide che prova empatia…era molto più umano di quanto avesse potuto e voluto credere.
Proprio lui, che li umani li aveva trovati così inutili.
Si sentiva impotente e umiliato, lui, davanti ai suoi nemici e anche ai suoi alleati.
16 e 18…perché non gli venivano in soccorso…eppure avevano visto tutto.
Anzi, no, 16 che non aveva fatto altro che dirgli di ritirarsi! Ma perché ascoltarlo, dopotutto il suo power radar era rotto…
Beati voi, vi invidio per essere così distaccati. Siete dei veri androidi. Lo schifoso sarebbe fiero di voi.
La Creatura interruppe bruscamente il flusso dei suoi pensieri, afferrandolo per la collottola e tenendolo sollevato da terra, mentre lui scalciava e si scrollava; non voleva guardare quella fisionomia mostruosa, il solo pensiero di finire divorato da quella cosa orribile gli rivoltava lo stomaco.
La Creatura non sopportava che si dimenasse e lo punì con un colpo alla schiena che gli tolse il fiato.
Quello che accadde in seguito fu come un film per lui.
Un buco sopra la sua testa, un buco nero e appena dopo un orrido budello palpitante; lui stesso che lottava con tutte le sue forze; 16 che veniva a proteggerlo; 16 che combatteva contro la Creatura, la Creatura che sembrava sparita e ancora lui stesso, arrabbiato e nuovamente pronto a combattere, che la chiamava: doveva pagarla per l’umiliazione che gli aveva inflitto.
E poi una voce, lontana, una voce che chiamava il suo nome, la voce di uno dei nemici: “17,DIETRO DI TE!”
E poi il nero; il nero, il caldo, il senso di soffocamento.
E poi l’oblio.
 
 
 
Nessuno avrebbe mai potuto capire come si sentiva.
Sapeva solo che tutto quello che avrebbe voluto era lasciarsi sprofondare, ma invece no, doveva lottare per salvare almeno la sua vita.
La morte si sarebbe meritata, si diceva, solo la morte.
Chissà cos’avevano pensato 16, persino i nemici, quando suo fratello era stato preso.
E 17…
Chissà cos’aveva pensato lui.
Sicuramente il perché lei, la sua gemella -il suo essere speciale- fosse rimasta a guardare l’intera trafila della sua sventura senza nemmeno muovere un muscolo per soccorrerlo.
16 ci aveva provato. E anche quando la Creatura aveva tentato immediatamente di prendere anche lei, ancora una volta era sceso sul campo per difenderla ed era rimasto gravemente ferito.
Se non fosse stato per i nemici, loro due non sarebbero mai riusciti a scappare via dall’isola e a nascondersi su un altro arcipelago.
Ma lei? Che razza di mostro ignobile era, lei che aveva sentito i gemiti di suo fratello, che l’aveva visto scomparire nel corpo della Creatura…ed era rimasta lì, al suo posto, pensando solo di voler fuggire.
Probabilmente tutti stavano pensando la stessa cosa, che lei fosse appunto un ingrato e sgradevole personaggio.
Ma lei se ne strafregava, il dolore che aveva realizzato di provare era già abbastanza.
Gli androidi hanno un cuore? Non era un problema in quel momento, ma 18 seppe con certezza che alla fine non era così poco umana come aveva pensato.
Il suo era spremuto, spappolato, a pezzi; non riusciva nemmeno a parlare.
Le urla di 17 le rimbombavano forte nelle orecchie, con violenza inaudita: era suo fratello…e adesso non c’era più.
Sparito. Dissolto. Chissà come.
Chissà se aveva provato dolore? Chissà qual era stato il suo ultimo pensiero?
“Non ti vedrò mai più, in questa vita…” pensava, col respiro strozzato dall’angoscia, dalla tristezza, dalla paura che le faceva tremare le ginocchia “ma presto verrà a prendermi…è quello che mi spetta per non averti aiutato…oh no 17, perché ti ho lasciato morire…faccio schifo come gemella, non sono stata capace di proteggerti”.
18 si disse che si sarebbe meritata una sua maledizione, anche se era già destinata a morire, esattamente com’era successo a lui.
Lei non si era salvata, lei doveva solo morire più tardi. Ecco, c’era anche l’ansia della morte a completare il suo grazioso quadro interiore.
Sapeva solo che, dopo la morte di 17, avrebbe desiderato non essere mai nata.
Adesso la Creatura era sopra l’arcipelago, cercava lei.
“Non devi muoverti assolutamente: sta attaccando tutto quello che si muove sulle isole. Se stai ferma forse ti salverai”.
18 sentiva 16 senza ascoltarlo, tutto quello che voleva era sciogliersi e disperdersi come neve a primavera.
Sentì un rumore secco poco lontano da lei e quando si girò sorprese il piccoletto, quello che le stava tanto simpatico.
“Fantastico. Che cosa ci fa anche lui qui?!”
“Vattene di qui, subito. Se resti, verrai divorata dalla Creatura e allora sarà la fine per tutti”.
Poi rimase zitto, con un’espressione alterata: “E non mi guardare così!”
18 non si sentiva più padrona dei suoi nervi, che senza controllo la facevano muovere a scatti e sussultare. Era totalmente isterica, l’unica cosa che pensava era che non voleva credere di essere arrivata a quel punto: aveva sconfitto il dottor Gelo, aveva riavuto la sua libertà. Non voleva morire, mangiata da un mostro poi! Il massimo del minimo; e lei aveva ancora così tanto shopping da fare!
Ma non riuscì più a pensare quando con un sibilo acuto vide la Creatura dirigersi rapidissimamente verso di lei. Non ci furono parole per descrivere il piccoletto e 16 che vennero immediatamente atterrati, né per l’angoscia che le esplose dal petto, per la luce accecante che a un certo punto le tolse ogni visuale.
In un impeto di rabbia 18 si lanciò contro la Creatura: “Sei un mostro!”
Calci e pugni non servirono a niente.
Non ci furono parole per  la tenebra stretta e umida che ad un certo punto l’avvolse come le spire di un serpente. L’ultima cosa che gli occhi di 18, ancora accecati dalla luce, videro in un’agonia disperata era lei. La donna bella dai lunghi capelli scuri. Il suo sorriso era bello, i suoi occhi ridenti come il resto del viso erano bellissimi. Le tendeva una mano; stringeva due bambini, maschio e femmina. Due gemelli.
   
 
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