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Autore: Black Mariah    06/01/2013    4 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA
Fan Fiction completamente ispirata al film e al telefilm "Le dieci cose che odio di te".
Bianca vuole diventare popolare a tutti i costi. Kat vuole portare avanti battaglie anticonformiste e femministe. Gerard vuol far esplodere il liceo che frequenta. Mikey è follemente innamorato di Bianca. Frank cerca di aiutare disperatamente l'amico a conquistare la ragazza. Ray malgrado gli istinti omicidi di Gerard, avrà la sua dose di popolarità e inizierà una delirante relazione con Paris.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(Allora mi rendo conto che non ho aggiornato per 4 mesi, quindi vi risparmio tutte le mie ipotetiche giustificazioni, perchè sono una merdina e lo so u.u Però tanto per non farvi perdere il filo del discorso vi riassumo brevemente cosa è accaduto fino a questo momento in modo tale che non abbiate difficoltà con la lettura. Bianca crede che Mikey sia gay e lo spiffera ai quattro venti (?) così Mikey cerca aiuto nei suoi amici per mettere su un piano che gli possa far rivendicare la sua eterosessualità. Kat e Gerard sono andati di nascosto al concerto, Frank e Tess si stanno avvicinando come coppia, e nei primi capitoli ho scritto della delirante relazione tra Paris e Ray. Più breve di così si muore xD. Ci vediamo alla fine de capitolo!) 


Couples

 
-Dici che riusciremo ad aiutare Mikey?- chiese Tess, stando al passo di Frank.
I due erano usciti da casa di Gerard quando questi se n’era andato, e in quel momento stavano passeggiando per il parchetto di Belleville.
Frank si stava guardando i piedi. Perché stavano continuando a parlare di Mikey? Lui avrebbe voluto tanto parlare di loro, del bacio che Tess gli aveva dato improvvisamente la sera prima e del fatto che tra di loro qualcosa era cambiato. E invece Tess sembrava evitare l’argomento, sembrava quasi non volesse guardarlo negli occhi. Non poteva comportarsi così: prima prendersela perché lui non aveva capito il suo interesse e poi far finta di niente.
-Sì- disse pensando altrove. In fondo era una trama già vista in centinaia di telefilm adolescenziali. –Ma la questione è un’altra…- aggiunse il ragazzo inchiodando i piedi a terra.
Tess si immobilizzò imitando Frank. La ragazza lo guardò con un misto di imbarazzo. Gli occhi grandi e luminosi di Frank in quel momento la stavano scrutando, erano fissi su di lei e si muovevano lentamente sul suo corpo.
Il ragazzo incrociò le braccia al petto in attesa di qualche reazione.
-Hai da dirmi qualcosa? Cosa vi dicevate tu e Gerard?- continuò il piccoletto.
Tess si sentì le guance avvampare. Corrucciò un po’ le sopracciglia e per un attimo si sentì giudicata.
-Stavamo parlando di Kat…- disse la ragazza, cercando gli occhi di Frank.
 Tess non stava capendo molto di quella situazione. –Sai, cercando di aiutare Mikey, ho perso di vista il motivo per cui ti ho chiamato oggi pomeriggio…Dovremmo parlare di quello che è successo…tra noi - esplicò il giovane, cercando di apparire più maturo di quanto già non fosse.
Tess deglutì, le prudevano le mani e aveva iniziato anche a sudare.
-Non sei tenuto a farlo…- disse lei con un sussurro.
-Sì che sono tenuto!- esclamò Frank. Fece un passo verso di lei. Non era molto bravo con le relazioni personali, lui di solito si divertiva ad aiutare gli amici e ci prendeva anche gusto.
Tess lo guardò qualche secondo mordicchiandosi le labbra, poi iniziò a parlare a raffica.
-Ok, allora, inizialmente credevo che fosse una stupida cottarella che probabilmente mi sarebbe passata, e credevo anche che mi piacevi solo perché avevi i piercing e vestivi in una maniera normale rispetto a tutti quelli di scuola, poi però vedendoti con Jenna, ho iniziato a provare uno strano fastidio, che cresceva sempre più quando tu facevi finta di niente e quando mi trattavi come fossi un ragazzo…Dal momento che tu sembravi non accorgerti di nulla, ho chiesto consiglio a Kat e lei mi ha detto di fare il primo passo e di vedere come sarebbe andata. Eccoti riassunta la storia del mio struggersi per te.- disse sospirando, sentendosi una bambina in trappola, colta con le mani nel barattolo della cioccolata.
Frank alzò un sopracciglio. Era decisamente confuso. –Beh, devo ammettere che il tuo primo passo mi è piaciuto parecchio…- commentò sorridendo, comprendendo l’imbarazzo della ragazza  nel confessare le proprie emozioni e rompendo il ghiaccio.
Tess sembrò rilassarsi improvvisamente e sorrise, inondata da una leggera sensazione di serenità e felicità.
-Questa me la sarei aspettata da Gerard…- commentò sollevando gli angoli delle labbra.
-Come sarebbe da Gerard? Che ho detto di strano?- chiese Frank confuso e divertito allo stesso tempo. Solitamente l’amico faceva sempre battutine spinte quanto si trovava in difficoltà o in imbarazzo come in quel momento.
-Nah, lascia stare- fece Tess facendo un gesto con la mano.
Frank si avvicinò a lei e iniziò a tirarle dei pizzicotti sulla pancia e sui fianchi. Sapeva che Tess non sopportava il solletico, così volle stuzzicarla come quando, qualche anno prima, giocavano a placcarsi sull’erba: la ragazza inevitabilmente veniva sempre buttata a terra sia da lui che da Mikey, e i due ragazzi per non permetterle di rimettersi in piedi e di attuare la sua vendetta, la costringevano a rimanere distesa mentre si contorceva dalle risate.
-Non ti azzardare!- iniziò a fare Tess che cercava di scansarsi velocemente.
Tutto quel movimento terminò qualche decina di secondi dopo, e Frank si ritrovò tra le mani i polsi di Tess. Improvvisamente calò il silenzio e i due ragazzi si guardarono a lungo negli occhi, titubanti sul da farsi e su chi avrebbe fatto tra di loro la prima mossa, di nuovo.
-Adesso sta’ buona- disse Frank chinando leggermente il capo. Tess era poco più bassa di lui e non gli risultò difficile farlo.
Tess inspirò il profumo del ragazzo e si avvicinò a lui, sentendo il suo petto contro il suo.
Frank la baciò e con le labbra si mise a giocare con quelle di lei, stuzzicandola con il piercing.
La ragazza dischiuse le labbra e si abbandonò a quel solletico decisamente più piacevole di quello di prima.
-Questa seconda mossa ti è piaciuta?- commentò lui, dopo essersi allontanato un po’.
-Non staremo mica giocando a scacchi?- gli chiese Tess, ignara del sorrisino ebete che aveva assunto sul viso.
-No, ma fare scacco matto non mi dispiacerebbe- commentò lui.
 
 
Ray guardò il telefono e poi, dopo averlo gettato sul sedile del passeggero, mise in moto, diretto verso il quartiere borghese di Belleville.
Si sentiva un po’ spaesato, solitamente non era abituato a passare da quelle strade, soprattutto con il suo catorcio ambulante che sembrava avere spifferi d’aria ovunque e che ogni volta che avanzava, emetteva degli strani rumori metallici.
Parcheggiò fuori l’area residenziale: non fosse mai che qualche membro della ricca aristocrazia di Belleville lo vedesse!
Era già tanto che Paris aveva accettato di farsi venire a prendere e di mettere piede nella sua macchina…
Aspettò una mezz’ora ascoltando Heavy Metal prima, e poi qualcosa di più tranquillo dopo. Non avrebbe voluto dare molto nell’occhio.
Vide una figura femminile avanzare verso di lui e dopo aver acceso i fari dell’auto, potè distinguere Paris nel buio della stradina. Come sempre era vestita in maniera impeccabile: jeans aderentissimi, tacchi che sembravano dei trampoli, e un giubottino lucido che quasi risplendeva nella nebbia e nel buio.
Ray davvero non si spiegava l’attrazione che li legava: lei era la più popolare della scuola, il capo cheerleader che poteva distruggerti in un attimo e al tempo stesso poteva risollevare la tua situazione sociale con uno schiocco di dita; lui invece era un normale studente, con la passione per la musica e la chitarra, ed era solito essere a capo della gang dei metallari della scuola.
Se qualcuno gli avesse chiesto com’era nata quella “relazione”, lui non avrebbe saputo rispondere. Sapeva solo che durante l’estate, ad una festa a cui Gerard non aveva partecipato, lui e Paris si erano ritrovati chiusi in una dependance di una villetta sul lago a dare sfogo alle reciproche voglie represse, e da allora non erano più riusciti a smettere.
-Facciamo subito per favore? Non voglio che nessuno mi veda qui- disse Paris entrando in macchina e gettandosi dentro, sedendosi anche sul cellulare di Ray.
Il ragazzo rimase titubante per qualche attimo e poi mise in moto. Percorse qualche isolato fino ad uscire fuori città e si fermò in una piazzola in mezzo agli alberi.
Paris non aveva detto praticamente nulla e improvvisamente iniziò a togliersi il giubbotto e a sbottonarsi la camicia.
-Che stai facendo?- le chiese Ray nella penombra. Non era per quello che l’aveva chiamata.
-Cosa credi che stia facendo?- disse lei sfilandosi anche le scarpe.
La ragazza si fermò un attimo, cogliendo la perplessità nello sguardo del riccio. Perché era immobile davanti a lei? E perché la stava guardando in quel modo?
Ray arricciò un po’ le labbra. Non l’aveva chiamata per fare sesso nella sua auto, voleva semplicemente parlarle.
Benchè loro non avessero nessun tipo di relazione, era rimasto un po’ male per il suo spettacolino alla festa di Sullivan e gli era sembrato carino poterne parlare con lei.
-Io…volevo solo parlare…- fece il ragazzo, scrutando attentamente i lineamenti della cheerleader nella penombra.
I suoi capelli neri quella sera erano piastrati al massimo, non erano caratterizzati dai soliti boccoli di permanente, ed anche se non sarebbero dovuti andare da nessuna parte in particolare, il viso della ragazza appariva finemente truccato.
-E da quand’è che parliamo? Non credo sia necessario- rispose Paris.
-Ehi, sei nervosa stasera?- le chiese Ray guardando l’albero fuori la macchina.
La ragazza si rese conto di avergli risposto a tono, però non battè ciglio.
-No- mugolò lei, scivolando sul sedile e rimettendosi le scarpe. –Se non vuoi fare niente, perché mi hai chiamato?- chiese ancora.
-Te l’ho detto. Voglio parlare. Non lo facciamo mai…Insomma, io non conosco niente di te, tu niente di me…forse dovremmo iniziare a farlo.- fece il ragazzo, spostandosi una ciocca riccia davanti agli occhi.
-Non inizierai a fare il sentimentale?- domandò Paris, in preda ad una inaspettata tachicardia.
-Mmm, no…Semplicemente non sono un tipo molto cinico- commentò lui.
-E questo che significa? Che improvvisamente non sei più un ragazzo da una botta e via? Mi stupisci- replicò la mora.
-Se tu vuoi che io lo sia…ok- rispose Ray un po’ deluso. –Solo, ci tenevo al fatto che tu sapessi che, insomma, se la nostra “relazione”- disse soffermandosi sull’ultima parola -…è questa, non è perché io sono uno che usa le ragazze e basta…-
Paris fu colta alla sprovvista e non rispose. Non voleva aver a che fare con un ragazzo senza  scrupoli, ma non voleva nemmeno che Ray si affezionasse a lei. Fin quando quella cosa che stavano vivendo si limitava ad essere solo una storiella di sesso andava bene, lei non voleva qualcosa di più, soprattutto dato il divarico sociale che c’era tra loro.
Una cheerleader era destinata a stare insieme ad un capo quarterback, non ad un chitarrista riccioluto che fumava erba sotto gli spalti del campo da football.
-Di cos’è che volevi parlarmi?- chiese con tono più morbido, quasi a volergli concedere una possibilità.
-Magari dell’altra sera…- fece Ray abbassando il finestrino e accendendosi una sigaretta.
-Non ricordo molto dell’altra sera…- commentò Paris un po’ imbarazzata.
-Appunto- mugolò Ray.
Paris gli lanciò un’intensa occhiata e poi parlò senza pensarci, com’era solita fare.
-Non è che ti starai innamorando di me, eh?- gli chiese a bruciapelo.
Ray tacque qualche secondo. Un leggero dolore allo stomaco lo infastidì, facendogli fare una piccola smorfia.
-Non sia mai…- disse lui –I pon-pon non vanno d’accordo con i giubbotti di pelle-
Paris abbassò leggermente lo sguardo. Si sarebbe aspettata una risposta diversa.
Il fatto che Ray la pensava come lei le andava bene, ma paradossalmente era un po’ dispiaciuta. Chissà come sarebbe stato lanciarsi in una relazione con lui. Avrebbero fatto tutto sicuramente sotto banco e la cosa non le sarebbe dispiaciuta affatto, anzi l’avrebbe eccitata maggiormente.
-Bene- commentò lei allungando una gamba. Ray si sentì percorrere da un brivido. –Perché non credo di essere pronta anche a quello- terminò di dire quando si mise a cavalcioni sul ragazzo.
 
-Papà, posso chiedere ad un mio amico se vuole venire a studiare a casa? Domani ho il compito di Francese e sai che io sono una frana…- iniziò a dire Bianca, spossata dallo studio e annoiata fino alla morte da quella serata a casa.
Il signor Stratford si irrigidì immediatamente nel sentire la parola “amico” e Bianca lo notò, tanto che aggiunse –Non preoccuparti papino, non sono in pericolo…-
Walter la guardò di sbieco.
-Non vorrai che prenda un’insufficienza, vero?- chiese Bianca con occhi vispi.
-La tua reclusione è appena iniziata, signorina…- commentò il papà –E già mi chiedi di portare delle persone a casa…per di più un ragazzo che vorrebbe sicuramente fare tu sai cosa con te- disse, enfatizzando l’ultima parte della frase.
-No, papà ti sbagli. Mikey non vuole fare  tu sai cosa con me! Non gli interesso!- Replicò sorridente Bianca.
-Certo…Non gli interessi per nulla…A tutti i ragazzi piacciono le ragazze bionde e mingherline come te!- disse il signor Stratford incrociando le braccia.
-Uffa, papà! Mikey è gay! Sei contento adesso?- esclamò con voce stridula Bianca.
Il signor Stratford sembrò rilassarsi immediatamente.
-Davvero?- fece incuriosito con un mezzo sorrisino.
-Sì, papà davvero. Ed è il ragazzo più dolce che io abbia mai incontrato. Dai, possiamo studiare insieme?- chiese la ragazza quasi lagnandosi.
-Va bene!- esclamò vinto il dottore. -Ma studierai comunque con la porta della camera aperta. Non si sa mai diventi di nuovo eterosessuale…- aggiunse sbuffando.
Bianca soddisfatta non perse tempo a prendere il telefono e a chiamare il suo nuovo miglior amico il quale rispose alla chiamata quasi emozionato.
La biondina non fece in tempo a chiudere la cornetta, che già Mikey era uscito di casa e si era avviato a piedi verso il viale di casa Stratford.
Cercò di non correre, aveva paura di sudare, così andò ad un’andatura media e in un quarto d’ora si ritrovò dinnanzi la porta di Bianca.
La ragazza lo fece entrare rivolgendogli un gran sorriso e gettandosi al suo collo affettuosamente.
Il piccolo Way pensò a tutte le cose che gli avevano detto suo fratello e i suoi amici durante il pomeriggio, ma quando inspirò il profumo di Bianca  fu come se si dimenticò di ogni cosa e mandò tutti al diavolo, entrando entusiasta in casa Stratford.
Salirono in camera della ragazza immediatamente. Bianca sembrava essersi bevuta una decina di caffè, appariva più vitale del solito e non faceva altro che parlare continuamente.
-Ci pensi, Mikey? Sono stata da sola tutto il giorno a studiare, ho il cervello che mi fuma e non ho ancora fatto Francese. Domani ho il compito e non mi sento affatto preparata, anzi grazie mille di essere venuto. Non so come farei senza di te in questa città!-  disse la ragazza abbracciando di nuovo Mikey che si tirò su gli occhiali.
-Ah…non preoccup…- stava dicendo il ragazzo, ma non fece in tempo a finire che già Bianca ricominciò a parlare.
-Se prendo un’insufficienza mio padre non solo mi spedisce in una scuola cattolica, ma mi taglia anche i viveri! A proposito, vuoi vedere che cosa ho ordinato da internet? E’ arrivato ieri pomeriggio!-
La ragazza si diresse verso il suo armadio e iniziò a buttare cose alla rinfusa sul letto.
Mikey rimase immobile, sentendosi sudare le mani. Bianca si era piegata e lui poteva intravedere le mutandine rosa che indossava.
-Ehi allora? Che te ne pare?- fece la ragazza qualche secondo dopo sventolando per aria un completino minuscolo giallo e rosso.
-E’ la divisa da cheerleader!- aggiunse soddisfatta.
Mikey deglutì e si riprese un attimo.
“Pensa al Francese, pensa al Francese” continuava a ripetersi in mente.
-Mmm…bella!- esclamò con voce stridula.
Bianca emise un gridolino che lo fece sussultare.
-Che c’è?- rispose Mikey scattando e addrizzandosi sulla sedia.
-Sai che non l’ho ancora provato? Ero così depressa per la punizione che mi è uscito di mente…Rimedio subito!- disse contenta.
Mikey sgranò gli occhi quando capì cosa Bianca stesse per fare.
-Non ti vergogni vero? Insomma…posso stare tranquilla- aggiunse poi la ragazza sfilandosi la maglia davanti il moretto di fronte a lei, in preda ad un attacco di panico.
A Mikey si mozzò il respiro. Bianca era praticamente in mutandine e reggiseno di fronte a lui ed era intenta a provarsi la sua aderentissima e sgargiante divisa.
Il piccolo Way sentiva il cuore martellargli nel petto. Bianca era magra ed esile, indossava un reggiseno a pallini rossi e bianchi che la rendeva tanto Barbie.
-Che c’è? Non mi sta bene? Non mi farà sembrare grassa forse?- chiese poi Bianca quando si accorse dello sguardo perso di Mikey.
-Ehm…no affatto…- rispose il ragazzo tra una risatina isterica e l’altra –Stai benissimo…Ma ora è…è meglio se studiamo, si è fatto tardi!- fece.
Voleva mettere fine a quella tortura all’istante. Bianca era fermamente convinta che lui fosse gay e in quel momento non poteva farci niente, tanto valeva reggere la candela.
-Hai ragione!- disse Bianca non molto convinta.
L’ora successiva la passarono tra costruzioni di frasi e declinazioni di verbi, ma la parte più bella e interessante arrivò quando Mikey cercò di far ripetere a Bianca alcune frasi per migliorare la sua pronuncia.
*-Tu est tres gentille- fece Mikey imbambolandosi a guardarla.
-Tu est tres gentille- ripetè Bianca.
Mikey la guardò nuovamente chiudendo il libro di fronte a sé,  e pronunciò un’altra frase.
-Je te trouve tres belle- disse soddisfatto.
-Je te trouve tres belle- ripetè la ragazza poco convinta.
Mikey inspirò profondamente. Al diavolo la sua finta omosessualità! Bianca era bellissima, e lui non era per nulla gay.
-Est ce-que tu veux sortir avec moi?- chiese con occhietti vispi dietro le lenti degli occhiali.
Bianca ripetè anche quella volta e soddisfatta dei suoi progressi fece un grande sorriso al ragazzo.
-Hai capito quello che ho detto?- chiese Mikey quasi emozionato, sperando in un sì.
-E’ questo il mio problema con il Francese, sono brava a ripetere, ma non capisco niente di quello che dico!- rispose Bianca entusiasta come di suo solito, riprendendo a scrivere sul suo quadernetto.
Mikey la guardò sconsolato. Il primo tentativo di abbordaggio era fallito miseramente.
Avrebbe dovuto fingersi gay ancora per un po’.
 
Kat guardò ansiosa l’orologio, era mezzanotte meno venti e lei e Gerard erano ancora nel piazzale dietro il locale. Guardando il quadro del suo cellulare, le salì un po’ di ansia nel pensare che avrebbe dovuto rimettersi da sola in macchina con lui e improvvisamente pensò alla serata appena trascorsa, ai baci che lei e Gerard si erano scambiati e al fatto che lui non era poi così male, anzi, si era rivelato molto più serio del previsto.
Lo vide sbucare fra i cespugli e avvicinarsi verso di lei, il ragazzo le sorrise debolmente e poi la guardò titubante sul da farsi.
Kat sembrò precederlo, il pensiero che suo padre avrebbe potuto scoprire da un momento all’altro che non era andata a vedere un film europeo al cinema la spaventava a morte.
-Ehm, Gerard…potremmo tornare a casa? Non vorrei sembrare una suora, ma ho un padre iperprotettivo che se non mi vede ritornare a casa entro le dodici e mezza mobiliterà tutte le pattuglie di Belleville per venirmi a cercare…- domandò la ragazza con una voce un po’ isterica.
-Ne so qualcosa…- rispose il moro tra sé e sé, spostandosi i capelli davanti agli occhi. Aveva sentito Mikey parlare del signor Stratford quando i fratello gli stava spiegando della punizione di Bianca.
–Comunque andiamo…domani c’è scuola…Non sia mai faccia di nuovo tardi e rischio di investire qualcuno…- concluse a voce più alta, facendo l’occhiolino a Kat.
La ragazza rispose con un sorriso: ci sapeva fare in fondo.
I due si misero in macchina, Gerard si sfilò il giubbotto buttandolo sul sedile di dietro e poi mise le chiavi nel quadro.
La vettura emise un rumore strano, come se non ce la facesse a mettersi in moto.
Quando un solo pensiero iniziò a farsi spazio nella mente di Gerard, il ragazzo deglutì pensando alle conseguenze.
La macchina non partiva e loro erano fermi in mezzo al nulla nella campagna tra Belleville e North Broadley.
Kat rimase immobile a guardare Gerard con gli occhi sgranati.
-E’ tutto sotto controllo…- fece agitato il ragazzo. –Adesso ci riprovo. E’ che fa un po’ freddo!- concluse isterico.
Girò nuovamente la chiave nel quadro ma la macchina non voleva saperne di partire, al che iniziò seriamente a preoccuparsi, non per il fatto di essere in campagna a trenta chilometri da casa sua, ma per il fatto che quando Donald Way sarebbe venuto a conoscenza della cosa, l’avrebbe messo in punizione per il resto della sua vita negandogli l’unico mezzo di indipendenza che aveva a disposizione.
Scese dalla macchina di fretta e furia per controllare il serbatoio dell’acqua e in un attimo si ritrovò a cercare qualcosa di anomalo tra i vari tubi e i vari meccanismi della macchina.
Quella stupida Mustang non poteva abbandonarlo proprio allora: gli stava facendo fare una brutta figura con Kat che aspettava in macchina!
-Andiamo!- disse a denti stretti –Non puoi farmi questo! Maledizione!- aggiunse sbattendo il portellone, quando ebbe capito che non c’era soluzione al problema.
Ritornò sconsolato in macchina.
Kat lo vide sedersi rosso dalla rabbia e forse anche dall’imbarazzo, mentre dentro di lei si faceva strada un pensiero molto più spaventoso.
Deglutì e poi propose al ragazzo di chiamare qualcuno per farsi venire a prendere.
-Non posso chiamare mio padre, altrimenti mi ammazza- pensò ad alta voce il ragazzo. –Anche perché abbiamo solo una macchina, quindi no so come possa venire qui…- concluse spuntando mentalmente l’icona che gli proponeva suo padre come aiuto.
-Mmm…devo chiamare Ray- fece Gerard cercando il numero dell’amico.
-Andiamo rispondi!- esclamò qualche secondo dopo, sentendo il telefono squillare. Sferrò un pugno allo sterzo che fece suonare il clacson. –Va’ al diavolo!- concluse, gettando il cellulare sul cruscotto quando partì la segreteria telefonica.
-Kat, mi dispiace…- disse ancora passandosi una mano tra i capelli.
Non gli era mai capitata una cosa del genere, e la vera ragione per cui si stava agitando tanto era solo perché temeva che il signor Stratford se la prendesse con Kat.
La ragazza respirò piano, si sentiva in trappola, quasi persa. Come diavolo facevano a tornare a casa entro le dodici e mezza?
-Non…non c’è nessuno che puoi chiamare? Oltre a Ray?- chiese piano, sperando con tutta se stessa di non dover chiamare suo padre. –Perché non provi a chiamare  a casa? O a riprovare ad accendere la macchina? Magari adesso parte…-
Gerard spinse di nuovo la frizione, mise la prima e poi accelerò.
-Si sarà scaricata la batteria- commentò il ragazzo quando per l’ennesima volta la macchina non rispose ai suoi doveri. Iniziò a cercare sulla rubrica del telefono qualche numero utile.
Kat guardò l’orario. Erano le dodici e dieci e non ce l’avrebbe mai fatta a tornare in orario a casa.
Immaginò in un attimo quello che sarebbe successo: suo padre l’avrebbe sicuramente chiamata alle dodici e trentuno prima di collegarsi alle varie stazioni radio della polizia, poi le avrebbe chiesto dove si trovava e lei gli avrebbe risposto  che si trovava fuori città, per di più in macchina con un ragazzo che lui, dal suo modo di vestire, avrebbe definito “poco affidabile”. Dopo di che Mr. Stratford avrebbe chiamato la SWAT e si sarebbe lanciato a capofitto nel suo salvataggio.
Avrebbe fatto arrestare Gerard, poi una volta tornato a casa avrebbe sottoposto Kat a qualsiasi test antidroga, non prima però di averle fatto una visita ginecologica per constatare se c’erano stai abusi o varie scelleratezze.
Ritornò a pensare lucidamente: praticamente la sua reputazione di brava ragazza della famiglia sarebbe stata distrutta da una miserabile bugia.
Avrebbe perso la fiducia di suo padre per un ragazzo che probabilmente avrebbe avuto una cattiva influenza su di lei.
Accelerò i tempi, prendendo in mano la situazione.
Prese il cellulare e digitò il numero, aspettando la sua triste morte.
-Katherina!- rispose allegro il signor Stratford qualche secondo dopo.
-Papà…- rispose mugolando Kat.
Gerard si girò di scatto a guardarla, incredulo per quello che la ragazza aveva appena fatto.
-Ehm…è successa una cosa…- aggiunse Kat chiudendo gli occhi e arricciando le labbra. -…però promettimi che starai tranquillo e che non ti arrabbierai…- concluse, temendo per la sua futura libertà.


***
Ebbene questo è il tanto atteso capitolo. Voi mi direte: ci ha messo tre mesi per scrivere questa cacata e avete ragione, quindi frustatemi pure. 
u.u
Devo ringraziare POPstitute per avermi suggerito la scenetta fra Bianca e Mikey, altrimenti questo capitolo non sarebbe mai venuto fuori! Inoltre se avete notato tra le battute in francese di B. e M. ho inserito un asterisco. L'ho fatto per segnalare quelle che sono le frasi prese direttamente dal telefilm, precisamente dal secondo episodio. 
Spero che questo aggiornamente lo reputiate almeno decente e spero che il prossimo non venga postato di nuovo tra quattro mesi u.u
Lov u guys!
Mariah

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