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Autore: Para_muse    06/01/2013    4 recensioni
Elisabeth è una ragazza che sogna e poi realizza quello che vuole: va in America, lavora sul set di un telefilm abbastanza famoso e fa la fotografa. Quello che più ama fare nella sua vita è racchiudere in un click più soggetti. I soggetti che l'attirano. Uno in particolare lo ammira...sia con i suoi occhi che con il suo obbiettivo...una storia d'amore, d'amicizia, e di insicurezza che Elisabeth riuscirà, forse, a liberarsene.
*storia per metà betata*
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '"The Second Chance" - Racchiusi in un...bookstory.'
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Da leggere fino alla fine ;D BUON EPIFANIA A TUTTI

La FanFiction fa parte della serie: "The Second Chance" - Racchiusi in un... bookstory.
Della serie è tratta una Missing Moment dal capitolo 8 (importate per la FF): The Real Vacancy of Year
Della serie è tratta anche una Missing Moment Rossa dal capitolo 21: Fire in the Water



Capitolo 22
“I don't care, just marry me okay?”
 
 
Everything Has Changed
Taylor Swift feat Ed Sheeran
 
Vancouver – Canada, Gennaio 2008
 
- Stop! Jensen suvvia non  fare lo schizzo frenico della situazione! – gridò scherzosamente Mr. Robert al mio ragazzo, che faceva delle smorfie disgustose alla camera per la puntata che stava girando.
- Mio Dio Robert, è schifoso, io odio i vermi sul cibo, woah! Soprattutto i ragni! – diede segni di vomito e il mio stomaco sulla sua sedia da regista si scompose.
- Per favore Jen, mi stai facendo salire il vomito anche a me… - borbottai fissando la tavolozza del ciak, dove c’era scritto il nome della puntata:
 
Supernatural 3°Stagione
Puntata: 3x09
Titolo: Malleus Maleficarum
Diretto da: Robert Singer
Scritto da: Ben Edlund
 
Non poteva che essere perfetto quel tipo di nome a quella orrenda puntata malefica…bleah. Mi alzai di corsa e correndo in bagno mi infilai due dita in bocca vomitando il panino che aveva mangiato a metà mattinata. Quando mi sciacquai il viso, invece di dirigermi verso il set, feci cambio di marcia e andai alla reception, magari avrei trovato disponibile Jessica. Ma la fortuna non fu dalla mia parte, perciò decisi che per quel giorno potevo benissimo tornare a casa. Lasciai un messaggio sul cellulare di Jensen e prendendo il sub, ingranai la prima, e percorsi la strada verso la nuova abitazione.
Non più casa affittata o imprestata da una cortese amica. Da quando io e Jensen quel 5 gennaio eravamo tornati a Vancouver, con qualche lacrima di un arrivederci verso i miei familiari, avevamo deciso di stare insieme e lasciando quindi la mia migliore amica in balia della casa e di Jared, che lasciato a sua volta la casa presa in affitto insieme a Jensen, aveva deciso anche lui insieme alla mia migliore amica di condividere qualcosa, come una casa e una vita.
Si, perché il primo gennaio quando io e Jensen fummo di ritorno nella nostra camera, dopo una lunga e consumata vasca fatta di baci e carezze ardenti, ci siamo ritrovati davanti una bella scenetta d’amore con tanto di diamante al dito di Jessica e un sorriso ebete da parte del nostro migliore amico in comune.
Non mi stupii più di tanto di quella proposta…si volevano da sempre, e il loro legame era indissolubile rispetto a quello mio e di Jensen un po’ tentennante.
Scossi la testa e cercai di concentrarmi sulla strada da fare dagli studios alla nostra nuova casa, visto che di nuovo appunto non c’era la casa, ma anche le strade di Vancouver, diverse da quelle della mia città, con tanti incroci e semafori da rispettare.
Fissai il rosso del secondo e ultimo semaforo prima di svoltare a destra, e pensai che se avessi preso alla mia sinistra, forse sarei potuta passare dal centro estetico di Kelly, che finalmente aveva aperto con i soldi che Jessica aveva ricavato dalle macchina fotografiche a cui avevo chiesto di vendere.
Felice di avere ancora un po’ di tempo prima che Jensen fosse tornato, appena scattò il verde, mi accertai che non ci fosse nessuno e svoltai diretta dalla piccola Elena, che invece di aiutare la mamma a fare i capelli, lei era brava a tirarli e a rovinarli tutti.
 
- Ciao piccolina! – dissi, afferrandola per il busto, girando su me stessa.
- Aaah! Aeleplano!Ancola, ancola! – per avere solo due anni ormai, le parole non le mancavano. Chissà se avrebbe imparato ben presto l’alfabeto.
- Oh grazie a Dio una faccia conosciuta che può tenerla un po’ a bada. Ci pensi tu un attimo Beth? Mi devo occupare delle ultime due clienti… - borbottò Kelly correndo dall’altra parte del salone, piccolo ma accessoriato alla perfezione.
- Allora, fai arrabbiare ancora la mamma? Non si fa Elena… - dissi, strofinando il naso contro il suo. 
La bambina emise un gridolino di divertimento, e stringendomi le mani contro il viso, lo fece di nuovo, con la forza di una piccola peste.
Risi divertita però da quella cosa, e rimettendola di nuovo a terra, corse verso i suoi giocattoli e mi fece vedere qualcosa di nuovo.
- Nuova Balbie! Ti piace? – domandò mostrandomela e lisciandole i capelli, me la porse, afferrando un orsacchiotto che strinse al petto, baciandogli il capo. Mio Dio com’era bella e dolce verso i suoi beni più preziosi.
Sorrisi e mi addolcii a quella scena, avvicinandola a me, e facendo quello che lei aveva fatto all’orsacchiotto, le baciai il capo come una mamma verso una figlia.
- Fame, fame – borbottò toccandosi il pancino d’un tratto nervosa. Si voltò a fissarmi e con la faccia corrugata prego di darle da mangiare. La presi tra le braccia insieme all’orsacchiotto e avvicinandomi a Kelly, le chiesi se avesse qualcosa da mangiare: - Di solito a quest’ora siamo già a casa, per lei è ormai passato l’ora di pranzo! – esclamò continuando a sfregare i capelli con dello shampoo, a una signora di mezza età.
- Tesoro ora che la mamma finisce di lavorare, ti trova qualcosa, e ti promette che non succede più piccola! – disse Kelly fissando la bambina dispiaciuta.
Voltai lo sguardo verso la bambina a cui iniziò a tremare il labbro, poi grosse lacrime le caddero dagli occhietti e iniziò a singhiozzare, nascondendo il viso tra i miei capelli e il collo caldo per la sciarpa ormai sciolta.
Non potetti che rattristarmi e prima che potessi solo pensarci due volte, proposi una brillante idea a Kelly che accettò subito, senza che anche lei ci pensasse per una seconda volta. Ed ero felice che si fidasse così tanto di me.
- Io devo tornare a casa, Jensen fra un po’ stacca dal lavoro. Visto che io ormai ho preso una pausa per quest’anno, e sono libera, la mattina puoi venirla a lasciare da me, e posso badarle tutto il giorno quando tu sei qui… se posso permettermi di portarla a pranzo a casa mia oggi? Ti va Elena? Così la mamma quando finisce, mangia tranquillamente anche lei e poi ti viene a prendere quando è libera mmh? – dissi, accarezzando i capelli bruni alla piccolina che si era raddrizzata fissando la mamma ansiosa.
- Sarebbe una grandioso idea Beth! Mi faresti un enorme favore! Amore sentito? Vuoi andare dalla zia Beth per un po’ di tempo? Fino a quanto mamma non finisce qui… - disse, mente continuava a fare il lavaggio ai capelli della signora che curiosa osservava la scena.
- Ti – sussurrò Elena, fissandomi mentre iniziava a rotolarsi i capelli intorno al dito. Come se fosse stanca. Di solito i bambini facevano così, o meglio quand’ero io piccina come lei, avevo quel vizio così confortante.
- Allora andiamo, c’è la pastina al formaggino che ti aspetta! – esclamai sorridendole. La poggiai a terra e mi rizzai con la schiena, sedendo i primi dolore alla gamba tesa. Avrei dovuto prendere la stampella per camminare, come mi aveva suggerito il nuovo fisioterapista.
- Sicura di non avere nessun problema? – domandò preoccupata Kelly, sporgendosi a guardarci afferrare i giocattoli con cui Elena avrebbe ferito giocare quel pomeriggio.
- Sicura! Tranquilla…senti ti dispiace se prendo dalla tua auto il seggiolino? – domandai, ma prima che potessi avere la conferma Elena iniziò a protestare per la fame, e rifiutandosi di aspettare un altro secondo in più, la presi per mano e ci dirigemmo in auto, dove la sistemai  con due cinture incastrate alla bel e meglio nel sedile posteriore.
- Mi raccomando ferma! – le ordinai dal sedile davanti, mentre iniziammo il cammino lentamente per dirigerci a casa.
 
- Allora, fai questa paginetta della lettera A, come ad esempio Ariel, la sirenetta. La conosci Elena? – domandai sorridendole, vedendole impugnare la matita con la manina sinistra e correre a ascrivere un enorme lettera A sulla prima parte alta del foglio bianco.
Risi divertita di quella scompostezza e mi alzai a prendere un altro foglio dalla stampante vicino al computer, accorgendomi che Jensen si era svegliato e ci fissava dal divano di pelle ricoperto da una coperta più calda rispetto alla pelle fredda del divano stesso.
- Hai bisogno di qualcosa? Vuoi che ti faccia una tazza di te? – domandai afferrando da terra la stampella, iniziando a camminare con qualche piccolo dolorino verso di lui.
- No, ho solo bisogno di una cosa… - sussurrò allungando una mano verso il mio braccio stretto alla presa della stampella.
- Cosa? – chiesi curiosa, sedendosi nel poco spazio che la posizione di Jensen aveva lasciato sul divano.
- Un bacio – mormorò a bassa voce, non facendosi sentire di Elena, a cui lanciò un veloce sguardo, notando quando fosse presa dal lavoro di disegnare la lettera in diversi modi sul foglio ormai scarabocchiato a cui lanciai uno sguardo divertito.
Prima che potessi spostare lo sguardo di nuovo sull’unico scarabocchio della mia vita, le sue labbra avevano rubato un lungo bacio alle mie, e i miei occhi si spostarono sul viso dai lineamenti rilassati del mio ragazzo o ormai compagno di avventure e disavventura soprattutto.
Prima che potessi lasciarmi trasportare, mi tirai indietro e sorridendogli gli indicai la piccola che, anche presa dal lavoro di scrivere, avrebbe potuto cercarmi e restare un po’ scioccata da quell’effusione strana tra adulti.
- Le prendo un altro foglio… - borbottai alzandomi, ma Jensen fu più veloce, e spostandomi per alzarsi, si diresse al posto mio verso la stampante e prese un mucchietto di fogli portandoli alla piccola Elena che ormai stanca di scrivere le lettere sul foglio, abbandono la matita e fissando da terra l’altezza di Jensen, si alzò per farsi prendere in braccio da lui. Jensen non rifiutò, e con delicatezza la prese tra le braccia fissando lo sguardo della bambina puntare su di lui.
Quella cosa mi stupii e anche quella seguente. Prima che potessi capire, il viso di Elena si nascose tra la spalla e il collo caldo di Jensen. Dopo di che sospirò stanca, e chiudendo lentamente gli occhietti, iniziò a giocare con una mano ad attorcigliarsi i  suoi capelli, con l’altra a attorcigliare quelli corti sulla nuca di Jensen, che anch’io trovavo stimolanti per rilassarsi. Soprattutto perché soffici e profumati.
Quelle scena mi fece così rattristare ma allo stesso tempo sorridere, che senza rendermene conto, mi portai le braccia al petto e alla pancia, pensando a quello che poteva benissimo essere evitato. Se non avessi litigato quel giorno.
I flash dell’incidente sembravano forzare la mia mente a farmeli rivivere, ma le parole di Jensen mi risvegliarono da quel limbo maledetto.
- Dovrei poggiarla sul divano finché è caldo… - sussurrò piano, avvicinandosi  a me con Elena tra le braccia, che poco dopo depose piano tra le coperte, e la ricoprii fino alle spalle tra il calore e il suo stesso profumo.
 
 
- Stasera la mamma verrà un po’ più tardi del solito, magari possiamo iniziare a vedere un bel cartone animato…ti va Cenerentola? – domandai, fissandola giocare con la nuova Barbie, facendole fare le spaccate e le capriole.
- Va bene – disse, posando per bene la Barbie tra gli altri giocattoli che aveva messo a tipo esposizione, davanti al mobiletto della tv, coprendo i cassetti dove di solito tenevo tutti i dvd delle mie serie tv.
- Eccolo qua – presi il dvd dalla mensola alta dove tenevamo i cartoni, sia quelli che preferivo io che quelli di Jensen, e aprendo la custodia, afferrai il dvd, infilandolo dentro il lettore. Il cartone partii e afferrando Elena, la poggiai sul divano, coprendola con la copertina calda che Kelly nelle settimane passate mi aveva lasciato insieme ad altre cose che Elena avrebbe preferito di più.
Elena appoggiò la testa alla mia spalla, e sospirando iniziò a guardare il cartone insieme a me.
Poco dopo sentii la porta aprirsi, segno che Jensen era tornato. 
- Sono a casa – urlò dalla porta d’ingresso. Mi voltai a fissare che spuntasse dal piccolo corridoietto prima che potesse entrare nel largo soggiorno collegato alla cucina e al lato ufficio.
- Ciao – sussurrai piano, sperando di non distrarre Elena dalle scene.
- Ciao, c’è Elena? – domandò fissando l’animazione alla tv di Cinderella o Cenerentola.
- Si, e … - prima che potessi dire altro, la sentii muovere, e la vidi alzarsi sul divano, voltandosi a fissare Jensen.
- Braccio, braccio – borbottò strofinandosi gli occhi con i pugni piccoli per la stanchezza.
Jensen le sorrise dolcemente, e avvicinandosi la prese in braccio e fece il giro sul divano per sedersi accanto a me.
- Dov’è la mamma tesoro? – domandò Jensen curioso, coprendola con la copertina sulle spalle.
- Lavoro, domani festa d’amole! Mamma ancola lavoro – singhiozzò un po’ e poi si acquietò.
Si era addormentata. Poverina. Elena capiva ormai che sua madre più il tempo passava e più lavoro aumentava. Ormai era più di un mese che  Elena stava a casa nostra. Febbraio stava passando lentamente, e le giornata di Elena anche se erano piene da lavoretti, disegnini e cartoni animati, capiva che anche quelle di sua madre erano piene, ma solo di lavoro e tanto. Soprattutto quel tredici febbraio. Il giorno pre – San Valentino, le ragazze si erano affrettate dalla nuova estetista per farsi fare la ricostruzione delle unghie o magari un nuovo taglio di capelli.
Elena inizia a soffrirne, e a Kelly dovevo farglielo notare.
- La porto nella stanza da letto? – domandò Jensen, voltandosi a fissarmi per lasciarmi un bacio sulla fronte una frazione di secondo dopo. 
Mi strinsi verso di lui, e alla piccolina che sospirando nel sonno, riprese a respirare ritmicamente.
- No, resta qui… - sussurrai, chiudendo gli occhi anch’io.
 
- Ehi, piccola. Elena è andata via… Ehi, tesoro? – sussurrò Jensen smuovendomi un braccio. Aprii gli occhi di scatto e mi guardai attorno, notando l’assenza di Elena sulle braccia vuote di Jensen che iniziò ad armeggiare con i telecomandi per spegnere tv e lettore. La scena della scarpetta di cristallo persa si fermò a metà, oscurandosi di colpo e Jensen si voltò di nuovo verso di me, stanco.
- Andiamo a letto…vieni – disse, abbassandosi a prendermi tra le braccia. Mi scossi un po’ ma stanca anch’io, mi appoggiai ad una sua spalla, cercando di pesare poco.
- Sei così fragile… - mormorò sulla mia tempia, baciandola più volte, prima di appoggiarmi sul lenzuolo morbido e felpato, che iniziò a riscaldarmi grazie al mio stesso calore.
 Jensen fece il giro e prima che potessi nascondermi sotto le coperte, mi tirai via gli jeans e le maglia con il reggiseno, infilando subito la mano sotto il cuscino dove ponevo la mattina la lunga maglia del pigiama.
Solo dopo mi voltai a fissare Jensen togliere anche lui la maglia e i pantaloni, lasciandosi addosso la canotta di lana, e infilandosi subito sotto le coperte per il leggero freddo che poi si stemperò sotto la pesante coltre.
Mi strinsi al suo petto, facendomi abbracciare, e chiusi nuovamente gli occhi, senza però un poco di sonno.
- Com’è andata a lavoro oggi? Mi sei mancato… - sussurrai, alzando un poco lo sguardo, fissandogli il mento nella luce delle lampade sul comodino.
- Bene, a parte le lenti a contatto che davano un po’ fastidio, tutto bene… - sussurrò strofinandosi gli occhi per la stanchezza con una mano, liberandomi dall’abbraccio.
Mi voltai appena per mettermi in posizione supina e fissare il tetto decorato con disegni floreali. Involontariamente mi portai le mani sulla pancia, iniziando a giocare come sempre con la maglia di cotone lunga fino alle ginocchia.
- Ehi – mormorò poggiando la fronte sulla mia tempia, baciandomi l’attaccatura dei capelli.
- Mmh? -.
- Tutto bene con Elena? – domandò con voce tesa, puntellandosi con un braccio per fissarmi meglio.
Abbassai lo sguardo, mettendo a fuoco il suo viso anche esso teso. Allungai una mano da sotto le coperte e gli sfiorai la guancia con appena un accenno di barba, che morbida si strofinò sul mio palmo tenero.
Annuii semplicemente e cercando di appianare quelle valli e solchi tra gli occhi, mi avvicinai per lasciargli un bacio.
- Sai, è che ti vedo con lei… e spesse volte ti vedo sfiorarti la pancia, come se…senti io non sto a dirti che non vedo quello che-che tu provi, solo che… - non sapeva quali parole usare e notandolo in difficoltà, cercai comunque di tranquillizzarlo, scuotendo più volte la testa, attirando così la sua attenzione.
- E’ tutto okay, sul serio Jensen. E’ solo un vizio toccarmi la pancia, sul serio…io non. Ne. Ho. Bisogno…tranquillo. – sussurrai, accarezzandogli più volte il viso con la mano libera, mentre l’altra continuava a tormentare la maglia sotto la coperta.
- Okay, solo che…se vuoi, ci sono gli orfanotrofi per dei bambini che non hanno ne una mamma ne un papà, e io sono pronto a… - gli chiusi le labbra in un dolce bacio, e cercando di farlo rilassare, l’invitai a distendersi così che potessi appoggiare il viso sul suo petto, facendomi cullare dal suo respiro e dal suo cuore.
- E’ tutto okay Jensen, io sto bene così… - sussurrai, chiudendo gli occhi, chiedendogli che spegnesse la luce, così forse avrei pianto le lacrime di forte dolore, senza che lui non riuscisse a vedere nulla.
- ‘Notte piccola.-.
- ‘Notte.-.
 
- Posso entrare? – domandò Jensen, dalla saracinesca mezza abbassata del negozio di Kelly, dove mi stavo preparando per uscire, mentre tra le braccia tenevo un’impegnata Elena che scribacchiava sulla toilette.
- Si, vieni Jen – dissi, voltandomi a guardarlo, mentre Kelly seguiva i miei movimenti con il capo, mentre mi sistemava i capelli un po’ scompigliati e un po’ in ordine.
Prima che potessi alzarmi per abbraccialo e augurargli a tutti gli effetti un “Buon San Valentino”, qualcuna più veloce e furbetta di me, andò incontro a Jensen che non ci penso due volte, afferrandola  per il busto, facendole fare una giravolta in aria.
- Ciao piccola! – esclamò Jensen, fissando prima Elena e poi me, che squadrandomi dalla testa ai piedi, mi lanciò uno sguardo d’approvazione, schiacciandomi l’occhio destro.
Sorrisi timidamente, e voltandomi a guardare Kelly, la ringraziai con un sorriso. Subito dopo, perentoria, richiamò Elena sull’attenti.
- Su piccola, lasciamo andare zia Beth e zio Jensen alla loro serata! – esclamò, aprendo le braccia per accogliere la propria figliola, che felice di stare un po’ con sua madre, non la lasciò andare nel suo stretto abbraccio da bambina mammona.
- Andiamo in incognito in realtà… -borbottai, voltandomi a fissare Jensen, che alzando le spalle non mi disse per l’ennesima volta dove stessimo andando.
- Vuole farti una sorpresa…suvvia! – Kelly ci spinse fuori dal negozio, e afferrando le sue cose, anche lui ve ne uscii, chiudendo la saracinesca.
- A domani bellezze! – dichiarò Jensen, lasciando un bacino alla manina di Elena che subito l’acchiappò sorridendo divertita.
- Tao Plincipe Azzullo! – esultò dall’abbraccio della mamma, facendomi ridere. Che tenera!
Io e Jensen mano nella mano ci dirigemmo all’auto che stranamente non era guidata da lui ma da un uomo pienotto e enorme. Chi era?
Quest’ultimo scese dall’auto e in giacca di pelle e stivali si presentò come Cliff, il bodyguard.
Ne restai stupita, fina ad allora eravamo sempre usciti da soli, perché adesso dovevamo bisogno di un uomo che ci avrebbe accompagnati da un posto all’altro? Preoccupandosi di essere puntuale e magari…adesso ci ero arrivata. I paparazzi; e quando durante il cammino lessi i cartelli “Italy’s Village” capii dove stavamo andando. 
E Jensen non voleva che tutto finisse come l’ultima volta che c’eravamo stati. Ecco il nostro San Valentino dove lo stavamo per festeggiare… dove piaceva mangiare di più a Lui. Dall’italiano Carlo’s Restaurant.
 
- Mio Dio, quella pasta alla matriciana era veramente buona! – dissi toccandomi la pancia piena, quando dopo aver mangiato il secondo – cotoletta di pollo in crosta di pane e pistacchio -, stava iniziando a scoppiarmi. E ancora non era arrivato il dolce. 
Avevamo deciso di prendere un a torta al cioccolato ovviamente. 
Quella sera era sempre più perfetta. Io e Jensen ci eravamo rilassati e quei momenti così brutti a cui  ogni tanto ci capitava di pensare, come l’incidente, erano un brutto ricordo messo nell’apposito cassetto, mentre quei momenti li avrei ricordarti per sempre come tutti quelli trascorsi insieme a lui. 
Quel cassetto si chiamava “Life with Jensen: the best your life”. Ed era vero, erano i momenti più belli della mia vita quelli trascorsi insieme a lui.
- Tu non sei pieno? – domandai curiosa, fissandolo un attimino serio e teso, soprattutto. Eppure durante la serata non mi sembrava fosse stato così rigido sulla sedia, mentre Francis passava come sempre con il suo violino tra i tavoli di ogni diversa coppia – il ristorante era pieno solo di quelle – e dispensando la sua musica a tutti i tavoli, si era fermato più del dovuto sul nostro, fissandoci sorridente, dedicandoci quel sonetto d’amore solo a noi, dentro quella nostra bolla fatta per ascoltare la musica dedicataci.
- Abbastanza – borbottò Jensen, facendosi più rigido sulla sedia quando arrivò un piatto direttamente dalla cucina ma con sopra una scatola di cioccolati. E portato da Micheal il portiere, e non da uno dei camerieri in smoking.
- Cos’è? – domandai stupita e un po’ delusa che la scatola a cuore non fosse una torta a cioccolato ma una scatola con dentro dei cioccolati.
- E il dessert? – domandai con voce triste, e misi il muso, anche se i cioccolatini andava più che bene, visto il mio stato, ormai più che scoppiante per tutto il cibo ingerito. 
Non ci ero abituata, forse per il troppo digiuno che facevo continuamente. E la depressione… ma scossi subito la testa, cercando di pensare a qualcos’altro: tipo quello che stava succedendo in quel momento.
Francis si era avvicinato un poco al nostro tavolo, e credetti che fosse tutto favoritismo, visto come si era attorniato al nostro tavolo per quasi la maggior parte della serata.
Micheal si era avvicinato con le braccia dietro la schiena sorridendomi e sorridendoci contento.
Ma cosa gli prendeva a tutti? Il troppo colesterolo per la cioccolata? Bha!
- Volevo dirti che non lo sto facendo perché costretto, o solo per accelerare le cose visto la situazione di Jared e Jessica… - borbottò Jensen corrugando la fronte un paio di volte, fissando un punto indefinito sul tavolo rotondo, dove allungò poco dopo le braccia, per afferrarmi le mani, che allungai a mia volta verso di lui.
- Quale situazione? Non capisco… - domandai preoccupata, fissandolo frustrata.
- Davvero… - iniziò, tossendo un attimo verso la sua spalla, quindi fermandosi, facendomi preoccupare ancora di più. - ... m’importa quando la notte piangi per quello che ci è, e soprattutto ti è successo in Italia, ma non ha importanza che tu non riesca a portare un bambino in grembo mio, oppure che venga dall’orfanotrofio… -; quelle parole mi stupirono, facendomi spalancare la bocca un poco. 
Ma cosa stava dicendo? Iniziai a sudare freddo e lui se ne accorse, perché la presa sulle mani divenne più ferrea. Alzò lo sguardo dal punto incognito e mi fissò per il resto della sua strana discussione:
- Non c’è bisogno che tu stia a casa ad aspettarmi, o a prenderti cura di altre persone, pensando che non ci siano persona a prendersi cura di te, perché puoi fidarti di me, e adesso avrai la certezza che  mi prenderò cura io di te, e sul serio: o con un bambino o no, io ho solo bisogno di te. Io voglio te. Così. Come. Sei, con i difetti al tuo corpo comunque bello e morbido, caldo e confortevole, fatto per un mio abbraccio e il mio fatto per uno tuo. Perché qui… - si portò una mano al cuore, sciogliendo la presa con la mano destra – qui, troverai sempre conforto e amore. Ti Amo, e se per te comunque non abbia importanza nemmeno questa cosa o questo discorso, ti prego aprii la scatola… - borbottò, fermandosi ad abbassare lo sguardo verso la scatola di cioccolati in mezzo alle nostre braccia.
Stupita e stordita da quelle parole, sciolsi la presa con le sue dita, e aprii tirando via il coperchio che poggiai al fianco del piatto. 
Vidi i cioccolati e non restai stupita, perché era una semplice scatola, con tutti i tipi di cioccolati. Compresi uno, che mi fece salire le lacrime agli occhi e mi fece spalancare un altro po’ di più la bocca.
-  … non hanno nemmeno importanza i cioccolatini, perciò mi basta che mi sposi okay? E poi potremmo o potrai mangiare tutti i cioccolatini che vorrai… - sussurrò, stringendomi nuovamente le mani, che mi erano cadute a pesi morti sul tavolo.
Sbattei più di una volta le palpebre cercando di trattenere le lacrime. Pensai a cosa potessi dire. Pensai a cosa Jensen avesse appena detto.
Aspettate mi aveva fatto una proposta di matrimonio? Mio Dio. Mi voltai scombussolata quando sentii il silenzio di tutte le altre persone, e solo il rumore del violino che suonava piano un sonetto, mi risvegliò, ricordandomi che forse l’uomo di cui mi ero innamorata, di cui mi ero perdutamente innamorata, di cui volevo crearne una famiglia, fidandomi e prendendomene cura, aspettasse una mia risposta.
- Io… - balbettai appena, tornando a fissare il cioccolatino centrale, dove sopra vi era appoggiato un bell’anello, con tre diamanti che luccicavano sotto le luci delle candele. Uno centrale e più grande e due più piccoli che facevano da contorno. Semplice ma perfetto. Come quel momento.
Sorrisi felice e voltandomi verso Micheal che non mi nascose un sorriso da ragazzino, sorrisi più coinvolta a mia volta, e alzandomi dal tavolo, mi lasciai andare tre le braccia di Jensen, a cui annuii con forza, avvicinandolo  al mio volto per un bacio di gratitudine. Come gli ero conoscente per quel gesto da pazzo, perché sposare una come me, non era una roba facile. Con il caratteraccio che portavo.
Sorrisi tra le sue labbra per il dopo lungo bacio tra uno scrosciante battito di mani e un Francis che aveva alzato le note della dolce melodia, stordendomi quasi nella bolla dell’amore perfetta.
Jensen afferrandomi per i fianchi mi fece alzare, e alzandosi a sua volta, si avvicinò al tavolo e afferrando quel piccolo cerchio perfetto, sorridendomi felice, si inginocchiò e afferrandomi teneramente la mano sinistra, fece in modo che stendessi il braccio tra di noi; mentre io non aspettai nemmeno un secondo a stendere le dita, lui mi infilò il dito all’anulare sinistro, e mentre lo fece sentii perdermi un battito al cuore, come se fosse collegato. 
Forse mia madre in fondo aveva ragione. Quel gesto sarebbe stato marchiato al cuore, perché una delle vene del cuore era collegata proprio al quel dito, sennò perché si sarebbe dovuta mettere proprio li?
Prima che l’emozioni potessero solo scemare, Micheal si presentò con l’ultimo piatto da portata: la torta al cioccolato che avevo desiderato tanto.
- Ma anche no, sono piena di dolcezze! – esclamai, afferrando il viso di Jensen tra le mani, regalandogli uno dei baci più dolci che  potessi permettermi, o meglio, che potessi mostrare in pubblico.
- E’ perfetto – sussurrai, fissando prima i suoi occhi e poi l’anello che portavo al dito.
- Tu sei perfetta – mormorò tra le mie labbra per un fugace bacio.
- Lo è questo momento amore, e ti amo da morire anch’io, unico compagno della mia vita, e padre della famiglia che saremo… - sussurrai, facendomi scappare una lacrima di gioia.
- Lo saremo, compagna e madre della famiglia che saremo… I lov…- rise divertito e fermandosi a fissarmi solo un secondo, pronunciò quelle parole così perfette sulle sue labbra anche in una lingua a lui sconosciuta e diversa:
- …ti amo Elisabetta! -.
 
 
*spazio autrice*
 
Salve :D
Come iniziare un anno nuovo se non con un nuovo capitolo?
Posso dire che questa storia è finita! E altro che ringraziarvi non mi resta :3 Grazie di cuore a starfragola per i suoi preziosi consigli, victoria e soprattutto a Ofelia per tutte le recensione che mi hanno fatto e che faranno al prossimo capitolo! xD Perché….. sto scherzando ahahaha xD
Allora questa capitolo avete notato come è piano di balzi temporali e soprattutto di umori e sorprese :) Spero almeno che vi siano piaciute :3 e voglio sapere se fino alla fine vi aspettavate una cosa del genere u.u 
Per la cronaca, spero che abbiate passato delle ottime feste tra i vostri familiari e vi ringrazio ancora per le visite al capitolo scorso, visto il tema che era, si addiceva alla data di pubblicazione :)
Non mi resta che lasciarvi al gennaio invernale e ad un prossimo capitolo con le foto riguardanti il capitolo.

Vestito da sera per Elisabeth:
(click nella foto per vederlo più grande)


Jensen e il suo abto da sera (cliccate nella foto per vederlo) u.u


La casa che i ragazzi hanno comprato (la foto è piccola già di suo)


 
 
Xoxo Para_muse
 
 
 
 
 
   
 
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