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Autore: slyfox18    06/01/2013    2 recensioni
Silvana Vinci porta gli occhiali altrimenti non vede la lavagna. Si dipinge le unghie con smalti di mille colori. Si fa la riga nera sugli occhi più spessa del dovuto.
Silviana Vinci ha una passione smisurata per la lettura. Vorrebbe diventare una mangaka. Adora Inuyasha e vorrebbe visitare il Giappone.
Silvana Vinci non vive senza il suo iPod e disegna su qualsiasi superficie e in ogni momento.
Silvana Vinci sembra una ragazza come tante, ma la sua vita non è sempre stata rose e fiori. Quando arriva all'Istituto d'Arte spera di concludere gli studi in santa pace.
Non sa ancora che, tra le stramberie dei prof., le compagne antipatiche e le amiche scalmanate, avrà inizio la sua nuova vita!
Stralci di vita, scuola e quotidianità di una ragazza come tante, insomma...un po' speciale!
Mi sono accorta di aver impostato male la raccolta, soprattutto l'introduzione. Ho provveduto a correggere gli errori e a revisionarla. Per chi cercasse " Il Karma esiste", lo trova ancora qui!
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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MERCOLEDI’= 10……ORE DI LEZIONE.
POVERA ME!
 
Il mercoledì è il giorno del mio piccolo calvario scolastico settimanale: il rientro pomeridiano.
Due ore di geometria descrittiva, aula 6.
Un’ora di arte e una di chimica, aula U.
Ricreazione super striminzita, in cui ti trovi a dover mangiare alla velocità della luce per riuscire, nel poco tempo che ti resta, ad arrivare in classe, prenderti un posto decente e anche ad andare in bagno. Perché credetemi, mangiare in bagno è un’esperienza per cui direi volentieri passo.
Due ore di matematica, aula 3.
Pausa pranzo, circa mezz’ora durante la quale riesci a mangiare a stento un panino, portato da casa per risparmiare tempo, e a berti un the mentre fai due chiacchiere con i tuoi compagni.
Due ore di laboratorio, aula C.
Due ore di progettazione, aula M.
Se ci aggiungiamo poi un compito in classe le prime due ore e un controllo cartelline le ultime due, diventa senza dubbio la giornata perfetta. Spero si noti il sarcasmo.
Come ogni mattina, da praticamente un’eternità di anni, me ne stavo seduta comodamente, si fa per dire, sul mio sedile preferito del tram, quello accanto alla porta d’uscita. Arrivo in anticipo e scatto giù dalla macchina come un velocista, praticamente tutte le mattine, solo per quel posto. Se vi chiedete la ragione di questa mia pazzia mattutina, evidentemente non avete mai preso il tram alle 7:10, vi basti sapere che si starebbe più comodi dentro una scatola di sardine. E con questo credo di aver detto tutto.
Dopo nemmeno cinque minuti di viaggio, il ripasso che avevo tentato di fare era già finito,dato che mi era quasi impossibile tenere il quaderno aperto senza che la vecchietta davanti a me mi lanciasse sguardi di fuoco.
«Signorina, scusi, potrebbe spostarsi un po’?»
«Si certo» dentro di me avrei tanto voluto chiederle dove sperava che mi potessi spostare visto che il suo carrellino della spesa occupava tutto il posto, anche quello dei miei piedi incastrati tra le ruote. Oh si certo, sarei sempre potuta salire sul sedile e magari con un piede solo. Tentai uno spostamento di un millimetro e mezzo e la signora mi guardò ancora male, risposi allo sguardo e decisi di ignorarla, alzando ancora di più il volume, fin quasi a perforarmi i timpani. Avevo rinunciato allo studio, ma guai a chi mi faceva rinunciare alla musica, primo perché è una delle poche cose che mi tiene sveglia e secondo perché placa i miei nervi, e chi prende il tram può capire a cosa mi riferisco.
Stavo ascoltando un nuovo album passatomi da un’amica, quando mi ritrovai sbalzata in avanti e poi improvvisamente indietro.
«No, no, maledizione no! Non questa mattina maledetto trabiccolo!» mi trovai a pensare, corredando il tutto di improperi irrepetibili. Quello che era successo voleva dire solo una cosa…
«Si avvisano i signori passeggeri che, a causa di un incidente, non sarà possibile proseguire la corsa» ci comunicò l’autista attraverso l’altoparlante. E ti pareva?!
Eravamo fermi all’incirca a metà strada ed erano le 7:40. Mi rimanevano due soluzioni: arrendermi all’evidenza che sarei arrivata in ritardo e quindi entrare alla seconda ora oppure correre come una disperata per cercare di arrivare in orario. Dovetti optare per la seconda, non potevo saltare il compito con il rischio di essere interrogata la settimana dopo. Cercare di disegnare alla lavagna senza squadre o compasso non era il massimo ed era una cosa che avrei evitato volentieri.          
Scesi dal tram e mi diressi a passo svelto verso la scuola. Mi rimproverai un centinaio di volte per aver deciso di mettere gli stivali con la zeppa invece delle solite sneakers, prevedendo che sarei arrivata  con un male ai piedi di proporzioni bibliche. Camminare così veloce in quelle condizioni era tutto tranne che facile, senza contare il fatto che lo zaino era piuttosto pesante e il tubo con le tavole di disegno e progettazione mi cadeva dalla spalla ogni tre passi.
Mi fermai accanto alla libreria, guardai l’ora e tirai fuori dalla tasca il cellulare per scrivere un sms a Lalla, l’unica che sapevo essere arrivata.
“Ciao! Il tram è fermo, ma arrivo a piedi il più in fretta possibile! Avvisi tu il prof che non mi metta assente? Potresti tenermi un posto vicino a te? Grazie! J
Mi rispose subito.
“ Non preoccuparti, il posto te l’avevo già preso e il prof lo avviso io”
Fortuna che c’era lei. Misi via il telefono e ripartii.
Poco più avanti imboccai una laterale ed entrai nella zona pedonale, da lì mi mancava davvero poco e se avessi avuto fortuna agli attraversamenti pedonali, sarei anche potuta arrivare in orario.
Qualcuno ai piani alti, probabilmente mosso a pietà, ascoltò le mie preghiere. Finalmente ero arrivata a scuola.
Superai velocemente la porta a vetri ed il portone di legno che mi separavano dal grande atrio circolare che chiamavamo Rotonda. Mi diressi velocemente verso l’aula 6, l’ultima in fondo al corridoio. La porta era già chiusa segno che il professore era arrivato e che probabilmente il compito era cominciato. Accelerai il passo per quanto i piedi doloranti mi lo concedessero e spalancai la porta.
«Vinci! Alla buon’ora!» esclamò Brancati vedendomi entrare trafelata, esibendosi nel suo migliore sorrisino beffardo. Con la faccia che si ritrova gli riesce alla perfezione.
« Scusi il ritardo prof…»
Non aveva ancora consegnato le fotocopie perché anche lui era arrivato in ritardo, non che fosse una novità. Più di una volta ci è successo di sperare in due ore di supplenza per poi vedercelo sbucare davanti tutto felice con in mano un caffè.
Ne approfittai per sedermi e cominciare l’inventario mentale di quello che mi serviva per svolgere al meglio il mio lavoro.
« Allora, allora…vediamo un po’ se sono riuscita a non dimenticare niente – pensai cominciando a tirare fuori le mie cose dallo zaino che, in quel momento, assomigliava alla borsa di Mary Poppins - Foglio già completo di nome, cognome e intestazioni varie…c’è!
Squadre pulite, stecca da 60 cm e righello…ci sono!
Compasso…c’è! E gli ho pure fatto la punta.
Matita 4H per le costruzioni…c’è! Ed è talmente appuntita che più che una matita è un cutter.
Micromina morbida, per ripassare i tratti più importanti…c’è!
Gomma, che sicuramente servirà parecchio…c’è!
Un paio di penne colorate per ripassare le figure e rifinire il lavoro…ci sono!
Bene! È tutto pronto» terminai i miei ragionamenti nel momento esatto in cui il professore mi presentò davanti le due fotocopie con gli esercizi del compito.
Gli esercizi erano solo cinque e l’unico che mi avrebbe portato via parecchio tempo era l’ultimo, che sapevo essere quello su cui avrei dovuto sviluppare la tavolo pratica.
Mi apprestai a leggerlo.
“ Assonometria Trimetrica della figura data, con il metodo Diretto. Angoli a piacere”.
« Oh porca vacca! E questa che roba è?!» pensai sconvolta. Mi voltai e incrociai lo sguardo sorridente di Elisa, almeno lei aveva capito di cosa si trattava. Io, forse complice la stanchezza per la corsa, brancolavo nel buio.
« L’abbiamo fatto la settimana scorsa…è anche lo stesso disegno!» bisbigliò facendomi cenno di girare pagina. Guardai la proiezione ortogonale, gentilmente preparataci dal professore, e mi si accese la lampadina.
« Ma certo, ma certo! Allora adesso preparo il piano..si si preparo il piano! Poi…poi..oh si si adesso ricordo!» il mio cervello era partito per la tangente e la mia mano si muoveva da sola.
Non me ne accorsi nemmeno, ma nel giro della prima ora la tavola era quasi completamente finita, mancavano solo le ultime rifiniture, ma ci avrei pensato in un altro momento. Prima volevo dedicarmi agli altri quattro esercizi. Non ci misi molto, alla fine mi accorsi che erano veramente facili e che passare le lezioni a prendere appunti alla velocità della luce dava davvero i suoi frutti.
Stavo ricontrollando le mie risposte quando Brancati cominciò il suo solito giro di ispezione. Lo faceva sempre. Evidentemente, dopo aver finito di leggere il giornale, non gli restava altro che mettere ansia a noi poveri studenti.
« Mh » borbottò, una volta davanti al mio banco, con il suo solito sorrisino poi si allontanò verso l’altro lato della classe, dove impazzava l’ennesimo tentativo di compito collettivo. Dopo quattro anni avevo imparato che quando si limitava a dire “mh” voleva dire che non c’erano errori. Sollevata continuai la mia opera.
« Allora, andiamo a ritroso. – pensai con i miei tre fogli davanti – Assonometria ortogonale: fatta! Fondamenti e casistica assonometria obliqua: scritti e ricontrollati! Stessa cosa per assonometria ortogonale: fatto anche quello! Piano individuato da due rette parallele e da due rette incidenti: fatti tutti e due! – appoggiai i fogli e ricontrollai i dati – Finito!»
Mi alzai e con passo spedito mi diressi alla cattedra, dove abbandonai soddisfatta i miei fogli tenuti insieme da una clip colorata, oggi era gialla. In quattro anni erano tornate indietro solo quando mettevo quelle rosa, si vede che al prof non piacevano. Sorrisi al pensiero di Brancati che collezionava le mie clips e tornai al mio posto.
Mancava poco al cambio dell’ora, così mi preparai per il trasloco verso l’aula U.
« Dopo una corsa come quella di questa mattina e due ore di compito, il primo che mi ruba il “mio” banco fa una brutta fine» mi dissi, pronta allo scatto verso la porta. Mi guardai attorno e notai che i miei compagni erano ancora in alto mare.
« Forse questa volta posso fare a meno di correre…»
Dopo un paio di minuti e qualche rampa di scale, mi sedetti con tutta tranquillità al mio posto e mi preparai ad affrontare una noiosissima lezione di storia dell’arte. Non che non mi piacesse la materia, anzi, ma a volte era proprio una noia. Cercate di capirmi, non potevo essere sempre una secchiona, ogni tanto anche io avevo diritto ad annoiarmi. Tirai fuori un libro, che nel mio zaino non mancava mai, e cominciai a leggere assaporando quella pace così poco tipica della mia classe.
« Slyyyy! Quadernooo!» la pace era finita, ma tutto sommato non mi dispiaceva. Sorrisi divertita. Ancora sulle scale Francesca aveva urlato la sua richiesta d’aiuto e pochi secondi dopo si era catapultata in classe facendo ondeggiare pericolosamente il suo cespuglio di capelli.
«Quaderno! Quaderno, Sly!» mi ripeté sorridendo e io tirai fuori il mio fidato quaderno degli appunti. Lo trattavo come una reliquia, tanto ci ero affezionata. Quel piccolo quaderno a ganci giallo racchiudeva gli appunti di tutte le materie fin dal primo giorno di quell’anno. Ci avevo messo un po’ ma alla fine avevo trovato il modo perfetto per raccogliere i miei appunti, così li avevo sempre con me, pronta a ripassi improvvisi o controlli dell’ultimo minuto.
Mentre Francesca sfogliava la sezione di disegno geometrico, ci raggiunsero anche Elisa, Lalla, Vittoria e Cinzia che si sistemarono nei banchi attorno al mio.
« Oh il quaderno della Sly! Vedere! » esclamò Elisa sedendosi accanto a Francesca.
« Do un’occhiatina anche io se non ti dispiace…»
« Si anch’io…anche se sono sicura di aver fatto un disastro…» mi dissero poco dopo anche Cinzia e Vittoria.
« Ma dai Vic! Sono sicura che ti è andata bene!» cercai di rassicurarla. Geometria descrittiva non era certo una delle sue materie preferite, ma si impegnava così tanto.
Le lasciai a consultare i miei appunti mentre io chiacchieravo con Lalla, mi sarei accertata di aver risposto correttamente solo una volta arrivata a casa. Per le otto ore successive volevo pensare a quel compito il meno possibile. Il solo pensiero di quanto fossi stata costretta a correre mi faceva venire male ai piedi e, siccome quello che già avevo mi bastava, non volevo aggiungerne altro. Proprio mentre le quattro dell’Ave Maria si litigavano i miei appunti entrò Fonzirati, per comodità detto Fonzy, e in classe calò il silenzio. Quell’uomo incuteva un certo…come posso dire…terrore. Si direi che terrore è la parola giusta. Non era cattivo, ma essendo un tipo piuttosto imponente e un po’ burbero, ne dava l’impressione. Certo su di lui ne giravano di tutti i colori, ma si sa com’è a scuola, da una stupidaggine esce fuori un romanzo. Tutti aggiungono la propria e non se ne esce più. Io personalmente non ho mai creduto a niente, anzi mi stava pure simpatico.
Storia dell’arte passò veloce e fu molto meno noiosa di quello che credevo e anche chimica riuscì a tenermi sveglia e attenta, d’altronde con Quasimodi era quasi impossibile addormentarsi. Non riuscii a scampare una delle sue solite domande nemmeno quella mattina, ma fortunatamente risposi bene.
Al suono della ricreazione, scapicollai per le scale e i corridoi e mi accaparrai un bel posticino tranquillo in aula 3, dove mangiai con soddisfazione il mio sacchettino di Cipster. Mi aspettavano due ore di matematica durante le quali mi sarei sicuramente annoiata a morte, soprattutto perché quello era il giorno dedicato al ripasso alla lavagna. La matematica però, mi piaceva molto e, lo ammetto, me la cavavo piuttosto bene, anche senza studiare.
« Che palle!» pensai dopo meno di un’ora di lezione, durante la quale io avevo fatto tutti e sei gli esercizi scritti alla lavagna, mentre i miei compagni stavano facendo ancora il terzo. Sperando che nessuno se ne accorgesse, soprattutto la prof, chiusi il quaderno e mi dedicai ad uno dei miei disegni a cui lavoravo da giorni nei momenti di pausa. Nel frattempo attorno a me si passava al quarto esercizio e la professoressa Berti si stava guardando intorno per decidere chi chiamare alla lavagna. Quello era sicuramente il più lungo e già lo sapevo…
« Silvana? Vieni tu dai» sospirai sconfitta. Gli esercizi più lunghi toccavano sempre a me. Mi trascinai alla lavagna armata dello specchietto delle formule e di tanta pazienza.
Dieci minuti e tremila domande dopo me ne tornai al mio posto intascando un bell’8 e gongolando dentro di me perché anche quell’arpia di Nadia si era trovata in difficoltà ed era stata costretta a farmi una domanda. Avrei tanto voluto non risponderle ma, per sua fortuna, sono una persona educata. Tanto per rendere l’idea io e Nadia siamo come Harry Potter e Voldemort, come Inuyasha e Naraku, come Guelfi e Ghibellini, come cane e gatto, e potrei continuare all’infinito. Il resto della lezione trascorse con calma. Mancava poco alla pausa pranzo, finalmente un po’ di tranquillità.
« Mmm bresaola e grana!» pensai seduta in aula 5, mentre annusavo il mio bel paninozzo e mi sentivo molto Homer Simpson alle prese con una delle sue ciambelle. Quando ci raggiunsero le altre, io e Lalla, che come me si era portata un panino da casa, eravamo intente in una discussione sui massimi sistemi. Traducendo, stavamo parlando male di Nadia e ci stavamo anche divertendo parecchio, lo ammetto. Non ero mai stata una pettegola, ma quella ragazza aveva la capacità di tirare fuori il peggio di me.
« Ma l’hai vista prima?» esclamò Elisa intromettendosi nella discussione e sedendosi sul banco vicino a me. Annuimmo tutte contemporaneamente.
« Cara, tu sei anche troppo buona. Qualche volta potresti anche risponderle a tono!» mi disse Vittoria, tra un morso e l’altro della sua pizzetta.
« Secondo me non ne vale la pena - disse Cinzia, la voce della saggezza – è vero che è insopportabile, ma alla fine non ne ricaveresti niente»
« Non oso immaginare dopo in laboratorio…»
« Sarà una iena» Francesca concluse la frase di Lalla e tutte insieme scoppiammo a ridere. Potevamo sembrare cattive, ma anche Nadia con le sue amiche parlava alle nostre spalle, così sostanzialmente noi restituivamo il favore. Ogni tanto mi sentivo un po’ in colpa, ma quando lei mi   guardava con quella sua aria di superiorità, tutti i miei sensi di colpa se ne andavano.
Come sempre l’inizio delle lezioni suonò troppo presto e così, con Elisa e Vittoria, salutai le altre e mi diressi verso l’aula C. Quelle erano di sicuro le mie due ore preferite, sarei stata in laboratorio tutto il giorno se avessi potuto, immersa tra le stoffe e le polverine di colorante, tra i fili e i vasetti di colore. Certo qualche vasetto era lì più o meno da un secolo e aveva un odore terribile, ma bastava evitarlo e la giornata procedeva tranquilla. Avevamo detto al professor Zanon, detto Zazà, di farli buttare via a quelli di prima che non avevano un bel niente da fare ma, alla fine, in un modo o nell’altro, quei barattoli tornavano sempre nell’armadio. Ogni volta che li vedevo mi veniva in mente “Bar Sport” di Benni e la sua Luisona.
Passai la prima mezz’ora ad armeggiare con un paio di quadri serigrafici e un pezzo di seta che non ne voleva sapere di stare dritto e fermo sul tavolo da stampa. Era diventata una battaglia tra me e il tessuto e, alla fine, vinsi io.
« Tiè!» pensai una volta sistemato anche l’ultimo spillo e posizionato il quadro serigrafico ben allineato al bordo. Recuperai una racla, un bastoncino e un paio di colori decenti e cominciai la mia opera. Mi ero sistemata vicino a Vittoria, davanti a noi stava Elisa e poi, un po’ sparpagliate le altre nostre compagne. In quattro anni ci eravamo sempre trovate disposte così, ormai avevamo dei posti fissi.
« Che bello Eli! Ti è venuta proprio bene questa stampa…» dissi passandole il phon per asciugare il colore. Elisa sorrise e guardò con soddisfazione la sua prima stampa.
« Si! È venuta proprio bene! Non è bella Vic?»
« Bellissima cara» le rispose.
« Sempre la solita modesta Eli!» le dissi dandole una pacchetta sulla spalla e tornando al mio posto. Ci mettemmo a ridere tutte e tre. Facevamo sempre così, ci prendevamo un po’ in giro e poi scoppiavamo a ridere.
Per quanto stampa mi piacesse, alle 14:40 ero sempre stanca morta e facevo uno sforzo immane per seguire anche le ultime due ore, che spesso erano le più impegnative.
« Bambine!» la professoressa De Micheli, detta Miche, forse poco conscia del fatto che avevamo  quasi diciotto anni, alcune anche qualcuno di più, ci chiamava sempre così e noi facevamo sempre finta che ci facesse piacere.
« Aprite l’aula e preparatevi, io intanto faccio delle fotocopie…» ci disse sganciando le chiavi ad Elisa e andandosi a rintanare in segreteria, patria di Franco e della sua inseparabile fotocopiatrice.
Arrivammo in aula M sbuffando come delle caffettiere e ci sedemmo di mala voglia al grande tavolo al centro della sala. Anche lì avevamo i posti fissi: da che ricordo io sono sempre stata davanti a Vittoria e accanto a Elisa. La professoressa ci raggiunse all’incirca dieci minuti dopo con in mano un plico di fotocopie non indifferente. Noi tre ci guardammo preoccupate, perché quando la De Micheli faceva tutte quelle fotocopie voleva dire solo una cosa.
« Oggi cominciamo il nuovo tema, bambine. Sarà un lavoro piuttosto lungo e complicato ma tra poco avete gli esami…» e da qui cominciava tutta una filippica sugli esami di maturità che, immancabilmente, nessuno ascoltava e che ci faceva sempre perdere un sacco di tempo. Ormai erano discorsi all’ordine del giorno, per questo avevamo imparato a non prestare più molta attenzione, dato che tendevano ad essere ripetitivi.
« Ma prima controlliamo le vostre tavole…le avete finite a casa?»
« Come se non fosse stato un obbligo» mi ritrovai a pensare mentre sistemavo i vari fogli nell’ordine corretto, assicurandomi di aver finito tutto. Di solito lasciavo le varie diciture a matita per ripassarle solo dopo il controllo e l’approvazione della prof, salvo per le scritte standard.
« Oggi cominciamo dalla fine…» disse la prof aprendo il registro e la sua agenda.
« Come dalla fine? Cosa vorrebbe dire? Quando mai abbiamo seguito un ordine?!» pensai sconvolta, ma capii subito dopo cosa intendeva.
« Vinci! Cominciamo da te» esclamò entusiasta mentre io, più che alla cattedra, sembravo diretta al patibolo.
« Se rinasco voglio un cognome che comincia per A…No! Decisamente no! Lo voglio che comincia…che ne so…con L. Si con L! Nel mezzo dove nessuno ti rompe le palle! – i miei pensieri erano sempre parecchio confusionari quando facevo il tragitto dal banco alla cattedra – che poi adesso mi rovinerà tutto il lavoro di un mese con un paio di segni del suo Trattopen nero…fortuna che ho fatto le foto a tutto! Questo è in assoluto il mio risultato migliore…se non mi da 8…boh…cosa potrei fare? Strozzarla? Si forse potrei…ma tanto è inutile fare progetti omicidi, finirò con l’accettare il voto e chi si è visto si è visto» persa nei miei ragionamenti totalmente assurdi, non mi accorsi che la prof aveva cominciato a sfogliare le tavole con attenzione e, stranamente, non aveva ancora sentito la necessità di modificarle a suo piacimento.
Poco dopo, con il mio bell’ 8, mi ripresi le tavole e feci per tornare al posto, ma venni richiamata alla cattedra dove la prof mi diede le fotocopie del nuovo tema.
« Comincia a pensarci…»
« Come se alle tre passate del pomeriggio il mio cervello fosse in grado di formulare un pensiero coerente…impossibile! Figuriamoci chiedergli uno sforzo come quello di ragionare sul nuovo tema…» borbottai nella mia mente, la Miche aveva orecchie ovunque, meglio non dire certe cose ad alta voce.
Lessi e rilessi tutto per tre volte e ogni volta ne capivo sempre meno. Fortunatamente la correzione degli elaborati delle mie compagne andò per le lunghe così ci trovammo ad avere solo un quarto d’ora prima del suono della campanella. Fu così che la prof decise di rimandare la spiegazione alle prime ore del giorno dopo, quando ci saremmo riviste, regalandoci ben dieci minuti per sistemarci con calma e riordinare le nostre cose. Scendemmo in Rotonda e ci riunimmo all’altra metà della classe.
« Mamma mia, non ne potevo più!» esclamò Francesca raggiungendoci a passo di marcia, già con le cuffie del suo lettore Mp3 alle orecchie.
« Come vi è andata? L’arpia?» chiesi curiosa.
« Bene bene, abbiamo preso tutte 8» mi rispose Cinzia.
« L’arpia ha preso 7 e, ovviamente, ha avuto da ridire…» mi disse Lalla con un’espressione che era tutto un programma e che mi fece ridere.
«Ovviamente!» esclamammo in coro io, Elisa e Vittoria, scoppiando a ridere con le altre e facendo voltare Nadia e le sue amiche. Piccolo scambio di occhiatacce e alzatina di spalle.
DRIIIIIN! Anche quella giornata era finita.
« Ti ha fulminata…» mi bisbigliò Lalla schermandosi con la mano, mentre uscivamo.
« Avrà capito che ho preso di nuovo più di lei…secondo me ha un radar»
« Si ben nascosto all’estremità della sua lingua biforcuta» mi disse facendomi l’occhiolino.
Ci salutammo, lei pronta a sfrecciare con il suo motorino, io pronta ad aspettare altri dieci minuti il 25, che mi avrebbe portata a casa.
Con le cuffie ben piantate nelle orecchie e la musica spropositatamente alta, mi ritrovai in fermata a fare il punto della giornata.
I piedi mi facevano ancora un male cane e decisi che non avrei messo quegli stivali almeno per venti giorni. Il compito ero ormai sicura che fosse andato bene, anche se un controllino alla fine l’avrei fatto comunque. Avevo guadagnato un bel voto anche quel giorno e la stampa stava venendo benissimo.
La giornata era cominciata da schifo, ma poi era migliorata, altrimenti sarei impazzita.
« Fortuna che non tutti i mercoledì sono così» pensai sorridendo guardando fuori dal finestrino dell’autobus che, una volta tanto, era vuoto.
 
 
 
 
 
NOTE:
Ciao a tutti!
Dopo quasi due mesi eccomi qui con la seconda one-shot di questa raccolta.
Ammetto di averci messo davvero tanto e, anche se non avevo fissato termini per l’aggiornamento, mi dispiace.
Cercherò di metterci meno la prossima volta^^
Come sempre, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate:)
Alla prossima,
Slyfox18
   
 
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