Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: yllel    06/01/2013    9 recensioni
Sherlock e' tornato. Ma dopo due anni, deve affrontare le conseguenze della sua finta morte e del suo ritorno. Per ognuna delle persone a lui care, perderlo ha significato qualcosa... ma anche ritrovarlo e' difficile. Ambientata dopo la seconda serie.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Velocissimo aggiornamento, ma sapevo come avrei scritto questa ultima parte fin dall’inizio.
Grazie, grazie davvero a Lauur, reader_98, sher96 ed Efy, che mi hanno scritto bellissime recensioni con tanti complimenti ma, soprattutto, hanno davvero colto il senso di ogni capitolo.
 

CONSEGUENZE
MOLLY

 
“Mi serve il cadavere di un uomo bianco, circa quarant’anni, fumatore… meglio se biondo, ma questa non e’ una condizione necessaria”
Mentre pronunciava queste parole, Sherlock Holmes entro’ a razzo nell’obitorio dell’ospedale St. Bart’s in una deliziosa mattina di aprile, aprendo la porta con piglio deciso, gli occhi concentrati sul suo cellulare.
“Chiedo scusa?”
Il consulente investigativo si blocco’ di colpo e alzo’ gli occhi di scatto, un’espressione perplessa sul volto.
John Watson fece altrettanto.
C’era un uomo nell’obitorio.
Un uomo di circa cinquant’anni, sposato e padre di due figli, amante del golf e fissato con la dieta macrobiotica, a una prima analisi.
Un uomo con un camice bianco e uno sguardo confuso e guardingo.
“Lei chi e’?” il tono della voce di Sherlock era sceso per lo meno di un’ottava e ne trapelava un misto di irritazione ma anche di... stupore e timore, noto’ John.

Come se si stesse rendendo conto che qualcosa non quadrava.

L’uomo, lo sconosciuto, fece un passo in avanti.
“Credo sia piu’ legittimo che sia io a porre questa domanda, non crede? Dopo tutto, avete appena fatto irruzione nel mio obitorio e non penso che voi siate dei parenti venuti a riconoscere una salma... o mi sbaglio?”

Mio obitorio.

Le parole colpirono Sherlock come una scarica: comincio’ a guardarsi intorno.
Poi, con uno scatto, si diresse verso il piccolo ufficio.
“Ehi, ma dico... chi si crede di essere? Guardi che chiamo la sicurezza!” l’uomo col camice bianco, l’uomo che proclamava il predominio sull’obitorio lo segui’, ma non riusci’ ad impedirgli di spalancare la porta della stanza.
Sherlock rimase sulla soglia, scansionando in un attimo i pochi metri quadri di fronte a lui.
La tazza con la scritta sorridi, sara’ una buona giornata!
Il calendario da scrivania con le melense fotografie dei gattini.
Il diploma di laurea appeso alla parete.
La scatola di biscotti al cioccolato vicino al computer.
Via.
Erano stati tutti portati via.

Erano spariti.

Si volto’ lentamente, uno sguardo confuso sul volto.
“Dov’e’ Molly?”
Il tizio con il camice bianco (no, non poteva nemmeno pensare di qualificarlo in qualsiasi altro modo, sicuramente non...

Il patologo di questo obitorio)

lo osservo’ per un attimo a braccia conserte, valutando probabilmente dentro di se’ il momento migliore per  chiamare la sicurezza.
“Chi?”
Sherlock strinse i pugni e gli ando’ piu’ vicino, gli occhi ridotti a una fessura.
“La dottoressa Hooper, Molly Hooper. Lavora qui.
Questo e’ il suo ufficio. E’ il suo obitorio.”
John fece quasi inconsciamente un passo avanti, pronto a prevenire un qualsiasi scontro fisico:  Sherlock sembrava sul punto di esplodere e l’altro tizio, non sembrava affatto spaventato dalla piega che la conversazione stava prendendo.
Finalmente, sul viso di quest’ultimo passo’ un lampo di comprensione.
“Ah!  La patologa di prima! Beh, se ne e’ andata, naturalmente. Due settimane fa. Sono il suo sostituto, il Dottor Travis. Adesso mi vuole dire per favore chi e’ lei? Non credo proprio sia autorizzato a stare qui, non so se la dottoressa agisse diversamente e non mi interessa, ma certamente non e’ mia abitudine ammettere i non addetti ai lavori all’obitorio o al laboratorio, per cui vi devo pregare di andarvene. Subito”
Del lungo discorso, Sherlock aveva registrato solo una parola.
“Andata?”
L’altro comincio’ a dare segni di impazienza.
“Si, si... andata. Si e’ licenziata. Senta, davvero... non mi costringa”
Sherlock alzo’ una mano per zittirlo, prese il telefono e schiaccio’ un tasto di chiamata rapida, cominciando a passeggiare nervosamente su e giu’ per la sala.
“Ok, adesso e’ davvero il momento che ve ne andiate” ritorno’ a dire Travis.
“Oh, stia zitto!”  sbotto’ John, osservando con preoccupazione l’agitazione di Sherlock.

“Siamo spiacenti, il numero da Lei composto non e’ piu’ attivo”

Sherlock rimase per un attimo a fissare il cellulare, poi usci’ di corsa dalla sala.
John si affretto’ a seguirlo, aumentando il passo per stargli dietro.
“Sherlock? Che diavolo succede? Dove stiamo andando?”
Giro’ l’angolo in tempo per vedere il suo amico irrompere, letteralmente irrompere, nell’ufficio di Mike Stamford.
“Dov’e’?”
Mike era seduto alla scrivania e stava lavorando al computer. Alzo’ lo sguardo su Sherlock e con calma si appoggio’ alla poltrona.
“Buongiorno”
Anche John arrivo’ nella stanza e si fermo’ sulla soglia. Il suo vecchio compagno di studi saluto’ anche lui con un cenno del capo.
“Dimmi. Dov’e’.” ripete’ Sherlock con tono deciso.
Mike lo fisso’ dritto negli occhi.
“Quindi sei stato all’obitorio. Devi aver conosciuto il Dottor Travis... mi spiace, credo sara’ un po’ meno collaborativo, ma purtroppo non ho avuto nessuna voce in capitolo rispetto alla sua nomina.”
Sherlock entro’ ulteriormente nella stanza e si appoggio’ con le mani alla scrivania.
“Mike...”
L’altro scosse la testa.
“Non lo so. Se ne e’ andata, due settimane fa. Ha rassegnato le sue dimissioni e non ha detto a nessuno che programmi avesse. Ho pensato che fosse il suo modo per tagliare definitivamente i ponti con il passato, cosi non ho insistito piu’ di tanto. Ne aveva bisogno, non credi?”
Sherlock chiuse brevemente gli occhi, poi li punto’ di nuovo sul medico.
“Dimmi dove e’ andata” insistette.
Mike Stamford fece un sorrisetto triste.
“Tu sai che io non lo so. Ti ha lasciato questa, pero’”
Estrasse una busta da un cassetto e la lancio’ a Sherlock, che la prese con sollievo.
Gli aveva lasciato una lettera, certo. Una lettera in cui gli diceva addio e gli spiegava la sua partenza.  Sicuramente, gli avrebbe fornito qualche informazione per rintracciarla e riportarla indietro.
Poteva farlo, sicuramente poteva raggiungerla e farle cambiare questa sua stupida idea che

Un badge.

La busta non conteneva altro che un badge che dava l’accesso al laboratorio.
Nessun biglietto, nessun indirizzo.
Mike congiunse la mani sul ventre e fece una smorfia.
“Faro’ finta di non aver visto. Sono sicuro che con il tempo troverai la possibilita’ di accedere in modo lecito a cio’ che ti serve, anche se sicuramente non avrai piu’ la liberta’ di una volta, mi spiace.”
John osservo’ l’espressione di Sherlock farsi sempre piu’ tesa.
“Suppongo che abbia fatto l’unica cosa che poteva, viste le circostanze” aggiunse Mike.
Sherlock sembro’ riscuotersi dal suo stato di trance.
“Le circostanze?” ripete’ confuso.
“Beh, era diventato un po’ difficile per lei lavorare qui, non credi? Tutte quelle voci che giravano dopo il tuo ritorno... per lo meno, quando eri morto, era solo la ragazza strana che aveva collaborato con il detective pazzoide... ma poi lo sai anche tu, quando sei tornato, tutti hanno cominciato ad interrogarsi sul ruolo che aveva giocato nel tuo grande trucco”
“Mycroft ha fatto in modo...” comincio’ a protestare Sherlock.
“Che non ci fosse un’inchiesta ufficiale, si.” Lo interruppe Mike  “Ma la gente parla, lo sai... e puo’ diventare difficile lavorare in un posto dove  nessuno piu’ ti rivolge la parola e ti guarda con sospetto, chiedendosi fino a che punto puoi mentire e passare sopra all’etica professionale, pur di aiutare qualcuno”
Sherlock volse altrove lo sguardo.
John scosse la testa. Una parte di lui sospettava che Molly avesse giocato un ruolo nell’inganno di Sherlock, ma non si era mai voluto davvero chiedere se e quanto fosse vero... si erano comunque persi di vista subito dopo il funerale, quindi lei non aveva mai veramente avuto l’occasione di continuare a mentirgli. Aveva tenuto i contatti con la Signora Hudson e con Lestrade, ma lei era semplicemente sparita dalla sua vita. Quando si era sposato, non gli era neanche passato per la mente di invitarla e non lavorando piu’ con Sherlock, era davvero difficile che potessero vedersi al di fuori del Bart’s.
E non gli era sembrato molto strano, nelle poche settimane in cui avevano ricominciato a vivere e a lavorare insieme, che il suo coinquilino non si fosse mai recato all’ospedale.
C’erano state semplicemente troppe cose a cui pensare.
“Sherlock...” lo chiamo’ piano, appoggiandogli una mano sul braccio.
Per la prima volta da quando era tornato, Sherlock Holmes si ritrovava di fronte non a un cambiamento che poteva e doveva affrontare, ma a una perdita.
Netta e decisa.

Questo potrebbe metterlo a dura prova, forse non riuscira’ a reagire in maniera adeguata.

Sherlock si giro’ a guardare Mike, negli occhi un’espressione irritata.
“Questo e’ inaccettabile.” dichiaro’ “sai bene che ho bisogno di lei, per lavorare. E’ l’unica in grado di soddisfare le mie esigenze. Riportala indietro!”
John sospiro’. Per lo meno, il consulente investigativo (a volte davvero pretenzioso)non si smentiva mai.
Poi, successe una cosa sbalorditiva.
Mike Stamford, il bonario e gentile Mike Stamford, si alzo’ improvvisamente dalla sua scrivania con uno sguardo furioso e sbatte’ le mani sul ripiano.
“Non stai davvero capendo! Puo’ darsi che fosse in difficolta’ ma diciamoci la verita’, non e’ mai stata la persona piu’ popolare dell’ospedale e credo che potesse sopportare di non avere molti amici qui dentro... ma HA scelto di andarsene! E’ una delle persone piu’ in gamba con cui io abbia mai lavorato, credi che sia stato contento di vederla andare via? Ma lei era piu’ che decisa, non le era rimasto nulla qui, capisci?”
Sherlock strinse le labbra e inspiro’ forte, ma l’altro non aveva ancora finito.
“E proprio non ci arrivi, vero genio? Due settimane... e il suo appartamento e’ gia’ affittato a qualcun altro. Il suo telefono e la sua mail sono state disattivate. Per l’accreditamento del suo ultimo stipendio c’e’ un nuovo conto in una banca on line... persino io riesco a fare due piu’ due!”
Nella stanza calo’ il silenzio e John osservo’ il viso di Sherlock cambiare di nuovo espressione.
Questa volta, era pura furia.
Senza aggiungere una parola, usci’ dall’ufficio e si affretto’ a seguirlo.
“Sherlock...” ricomincio’, ma il suo amico non diede segno di voler rispondere.
Quando uscirono sul marcipiede, lui alzo’ una mano per chiamare un taxi e vi si infilarono velocemente.
Poi, Sherlock diede all’autista l’indirizzo del club di Mycroft.

***

Il Diogene’s era un club esclusivo, dove influenti e impegnatissimi e uomini trovavano uno spazio di relax e privacy in cui discutere discretamente di alcune cose, ragionare brillantemente su altre e rimandare le decisioni veramente importanti a momenti successivi, dopo un buon whiskey o un delizioso scotch.
Mycroft Holmes non faceva davvero nessuna eccezione alla regola, in questo senso.
Tranne quando il suo impetuoso fratello irrompeva all’entrata, veniva bloccato dal discreto ma efficiente servizio di sicurezza e pretendeva di parlargli subito.
Non ne era affatto stupito, naturalmente... anzi si aspettava che sarebbe successo prima ma evidentemente, Sherlock era stato davvero impegnato, in quelle ultime settimane.

Ritornare nel mondo dei vivi ha le sue incombenze.

Si reco’ nell’atrio e fece un gesto distratto alle guardie, che si ritirarono subito.
“Velocemente, Sherlock. Ho una fitta agenda di impegni, per oggi”
John si era molto stupito, quando aveva saputo dove stessero andando. Aveva immaginato che Sherlock fosse pronto a chiedere aiuto al fratello, pur di ritrovare Molly e questo gia’ di per se’ era straordinario, anche se un po’ incomprensibile, tuttavia niente poteva competere con la discussione che ebbe inizio subito dopo il benvenuto di Mycroft.
“Ridammela” esclamo’ Sherlock.
Il maggiore dei fratelli Holmes fece una smorfia.
“Ridartela?” esclamo’ con tono beffardo.
Sherlock annui’.
“Si. Ridammela. Subito. Non mi importa dove tu l’abbia mandata o che cosa stia facendo, RIDAMMI SUBITO MOLLY!”
Mycroft sembro’ per un attimo considerare la cosa.
“E’ una strana scelta di parole la tua, fratellino... ridartela indietro presupporrebbe che in qualche momento sia stata tua. E non mi sembra francamente che sia questo il caso, o mi sbaglio?”
Sherlock inspiro’ forte.
“Di tutte le cose che tu” comincio’
“E’ stata lei a chiedermelo” lo interruppe Mycroft “Dopo il suo brillante apporto nella tua morte, le ho piu’ volte proposto di collaborare con me. Sono sempre alla ricerca di gente in gamba, anche se saro’ sincero, avevo timore che non reggesse la tensione e rivelasse a qualcuno che tu eri vivo. Non volevo dargliene l’occasione e invece, e’ stata sorprendentemente brava, lo ammetto... e ha sempre rifiutato la mia offerta.
Ti stava aspettando, naturalmente.
Poi tu sei tornato e sei stato cosi impegnato con i tuoi amici, che probabilmente lei si e’ stancata di aspettare, o piu’ probabilmente si e’ resa conto di non rientrare tra le tue priorita’. In fondo, hai recuperato il Dottor Watson... a proposito, buongiorno John.
Hai riavuto il tuo stupido lavoro.
Hai di nuovo il tuo appartamento.
Onestamente, Sherlock, hai avuto indietro un sacco di cose... tutto quello a cui tenevi, no?”
L’ultimo dei consigli della Signora Hudson, quello che lui aveva ritenuto abbastanza inutile, risuono’ nella testa del consulente investigativo.

“Non permetterle di dimenticarsi che lei E’ importante, Sherlock. Fai in modo che ce l’abbia ben presente, intanto che ricostruisci la tua vita.”

Troppe cose.
Era tornato, e troppe cose erano cambiate... aveva fatto cosi fatica, era stato cosi difficile recuperare i pezzi e rimetterli insieme.

Ma Molly era li.

Lui sapeva che era li, dove l’aveva lasciata quella notte subito dopo la sua caduta da quel tetto.
Con il suo sguardo sincero e preoccupato, che gli raccomandava di stare attento e di avere cura di se’. Che gli diceva che era sicura che sarebbe ritornato, perche’ aveva fiducia in lui.
Lui aveva annuito e l’aveva ringraziata, poi era uscito dall’obitorio e una macchina del fratello lo aveva portato all’aereoporto.
Ed era partito.
Agli occhi di Sherlock, in tutto il tempo che lui aveva impiegato per distruggere la rete di Moriarty, lei era sempre rimasta li.
L’unica costante della sua vita, mentre tutto il resto andava a pezzi.
Lei gli aveva creduto, l’aveva aiutato, senza aspettarsi nulla in cambio.
E quando era ritornato, lui aveva dato semplicemente per scontato che lei ci sarebbe stata.

“Tu conti.
Hai sempre contato e ho sempre avuto fiducia in te.”

L’obitorio.
Il laboratorio.
 E Molly Hooper.
Tutto insieme, perche’ cosi doveva essere.

Perche’ cosi lui aveva bisogno che fosse.

Ma non era lo stesso per Molly. Non piu’, evidentemente.
Volto’ le spalle a suo fratello e si avvio’ verso l’uscita del club.
“Sto ritornando.  Mi mettero’ in contatto non appena sara’ necessario” recito’ Mycroft, facendolo fermare e irrigidire sulla porta.
Strinse i pugni, ma non si volto’.
“Non e’ questo l’sms che le hai inviato? L’unico con cui l’hai contattata da quando sei rientrato?”
Sherlock attese ancora un attimo senza parlare, poi usci’.
John fece una smorfia.
“Era proprio necessario?” domando’ a Mycroft con una punta di insofferenza.
L’altro si sistemo’ la giacca e gli rivolse un sorriso freddo.
“Non credo proprio di essere la persona giusta per dare questa risposta, John. Ma mio fratello non poteva davvero pretendere di avere tutto come prima: ha fatto delle scelte e queste sono le conseguenze. Dovra’ conviverci.”
“O rimediare” lo sfido’ John.
Mycroft fece un’altra smorfia.
“Sherlock ha gia’ sprecato molte delle sue energie in inutili questioni. Confido che d’ora in poi sapra’ indirizzare meglio le sue capacita’ e lascera’ perdere ulteriori e futili aspetti affettivi. In fondo, ha dimostrato di riuscire a gestirne solo una limitata quantita’, non crede? Arrivederci.”
John ripenso’ all’espressione di Sherlock, quando aveva capito che Molly se ne era andata: gli era sembrato... perso.

Non l’aveva previsto. E non gli piaceva affatto, non solo per via dell’accesso al laboratorio o all’obitorio.

Beh, vediamo un po’ se e’ vero,si disse mentre si affrettava a rincorrere di nuovo il suo amico, individuandolo subito poco distante, fermo a fissare il traffico dal marciapiede.
Lo raggiunse.
“La cercherai, vero?”
Sherlock non rispose.
John fece un profondo sospiro.
“Sai, quando Sarah se ne e’ andata...”
“Per favore, John.” Esclamo’ seccamente Sherlock “Non paragonare il mio rapporto con Molly Hooper al tuo inutile e fallimentare matrimonio. Noi non siamo mai stati-”
“Quando Sarah mi ha detto che si sarebbe trasferita in Francia” lo interruppe John, reprimendo una rispostaccia “io ne sono rimasto sollevato. Era liberatorio, non provare piu’ paura all’idea di incontrarla per caso in qualche cinema o ristorante, o al supermercato... all’idea di ricordare a me stesso e a lei quanto male le avessi fatto. E’ cosi che ti senti, ora che Molly se ne e’ andata? Sollevato?”
Sherlock rimase a fissarlo per un lungo istante.
“No. Non e’ cosi che mi sento ora” ammise infine, tornando a guardare lontano.
Poi, si volto’ e se ne ando’.
 
Povero Sherlock non poteva davvero riuscire a gestire tutto... non ancora, per lo meno (e ho dovuto “sacrificare” Molly, per una volta!): inutile dirlo, ho davvero voglia di scrivere un seguito  ma se anche non ci riuscissi, sono molto soddisfatta di come ho raccontato questa storia.
Grazie a tutti!
  
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