Fanfic su artisti musicali > Conor Maynard
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Autore: Contrast    06/01/2013    4 recensioni
Conor.
Così si chiama la mia fuga estiva.
Che nome buffo, Conor. Forse sarebbe risulato in maniera migliore con una 'N' in più.
Connor.
Molto meglio.
-
E dopo tutto quello che è successo, continuo a pensarti.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE



Quell’anno, il Natale, tardava ad arrivare.
Certo, ammetto che fosse solo luglio, ma l’estate non era proprio fatta per me. Tutto quel caldo, i giorni passati a fare tantissime cose oppure ad andare al mare erano tutto l’opposto di ciò che piaceva a me.
Queste furono le ultime cose che potetti pensare fino a che non venni interrotta da un rumore meccanico di sottofondo.
«E’ suonata bella addormentata, puoi uscire dal mondo della scuola ormai» un James a caso mi si piazzò davanti al banco, sorridendomi.
Ricambiai il sorriso e preparai lo zaino per uscire.
«Non ce la facevo davvero più; la voce della prof di matematica è sconcertante» gli dissi mentre attraversavamo il corridoio della scuola.
«Pensa per chi, come me, la stava ascoltando davvero che incubo possa essere!» rispose sarcastico.
Feci una faccia abbozzando un sorriso falso. «Lasciamo perdere… che fai oggi?»
«E’ il 18, non ricordi?» mi fece notare.
Al suono di quelle parole ricordai cosa accadesse quel giorno.
Il 18 luglio equivale alla festa più importante che ci possa essere per la nostra città.
L’intera giornata è dedicata alla festa poiché viene solo una volta l’anno.
Di mattina si va in processione per mare, ma non tutti – come noi bloccati a scuola – possono andarci oppure ci vogliono andare.
La sera, invece, non c’è anima viva che non festeggi. Si scende e si va al lago, dove si cena all’aperto con le prime cose che capitano sotto mano e si balla sotto le stelle.
Ma, la parte più bella, viene a mezzanotte. Proprio in quell’ora, dall’altro lato del lago, sparano i fuochi d’artificio, ed il bello di questo spettacolo sta nel guardarli in acqua.
 «E’ vero! Oggi c’è la festa… te lo farai il bagno quest’anno?»
«Non lo so… - rispose un po’ deluso – c’è anche Conor con noi e non so se lui se lo faccia. Insomma, alla fine non è di queste parti, lo capisco e non posso lasciarlo da solo» continuò la sua auto consolazione.
«Ma lascialo perdere! Se non se lo fa significa che è sfigato, semplicemente; e da quando tu frequenti sfigati? Senti, sei il mio migliore amico, stiamo sempre insieme e ho anch’io una reputazione da difendere. Viviamo affianco ad un lago da quando siamo nati, cosa credi che possano pensare gli altri se ti rifiuti di fare la cosa più bella che si fa d’estate? Quindi se non se lo vuoi fare, problema suo! E poi stiamo facendo i conti senza l’oste…» conclusi sottolineando l’ovvio.
Poco prima che finissi la frase, avevamo varcato il cancello dell’uscita. Proprio lì davanti, un ragazzo con le Air Max stava aspettando.
«Come mai quell’aria accigliata?» chiese quest’ultimo, tenendo le braccia conserte.
«Oggi c’è una festa e lei ha paura per la sua reputazione» rispose Jamie al posto mio.
Roteai gli occhi.
«Reputazione?» chiese confuso il ragazzo.
«E’ semplice: oggi c’è la festa più importante dell’anno e se tu, caro Conor, provi a metterti in mezzo a tuo cugino e alla sua voglia di fare festa, sei finito.» risposi senza mai prendere aria.
Conor, che intanto mi guardava interessato, fece una faccia dubbiosa.
Jamie intervenne: «Lascia perdere, vuole semplicemente che non tu non rimanga come un fesso a non farti il bagno».
Non essendo state le nostre descrizione particolarmente chiare, era ancora un po’ confuso.
«Dai andiamo, ti spiego a casa!» cocluse il biondo spingendo via il cugino.
Li salutai con un cenno della mano e mi avviai anch’io verso casa.
 
Da almeno un’ora stavo sopportando un via vai di vestiti.
«Allora, vado bene così?» chiese per la trentesima volta Ellie.
Era da quando eravamo tornate dal bar che andava avanti così: io da un lato, sprecando la batteria del mio telefono giocando ad uno di quei giochini stupidi, e lei, la mia migliore amica, davanti a me, che continuava a provare, togliere e scegliere tutti i vestiti che avesse nell’armadio.
Mi chiedevo perché lo fosse ancora.
Ogni tanto mi arrivava qualche messaggio da parte di Rice, con cui ci stavamo organizzando per il mangiare.
L’anno precedente avevamo fatto un pic-nik, ma quella sera saremo stati dimeno del dovuto, per cui non avevamo deciso nulla.
Probabilmente la maggior parte avrebbe mangiato a casa, sicuramente. Difatti Rice ed io stavamo discutendo proprio su questo fatto.
«Oh, Rice ha detto che ci saranno un bel po’ di ragazzi al nostro lido» istigai Ellie.
Ovviamente il perché si stava cambiando così tante volte, con lei, appariva chiaro; nel suo vocabolario povero di parole, solo una cosa risultava ai suoi occhi: ragazzi.
Carini, possibilmente, ma si faceva la gatta morta con chiunque. Non aveva alcun secondo scopo, ma le piaceva tantissimo avere attenzioni su di lei.
Come previsto, si girò verso di me strabuzzando gli occhi e urlò «oddio, devo cambiarmi assolutamente!».
La guardai con un’espressione di disapprovazione mista a consapevolezza della sua reazione, poi tornai al telefono.
 
Scendemmo, finalmente, in spiaggia verso le dieci di sera.
Ellie era davvero bella. Aveva messo un velo molto leggero di matita e aveva lasciato i capelli, nero mogano, sciolti sulle spalle, eppure quella sera sembrava essere la più bella fra tutte,
Sicuramente le sopracciglia perfette la aiutavano molto, ma il portamento elegante e la grazia sono due cose che l’estetista non può curare, e lei era provvista di tutte e due.
Tornando alla festa, il movimento era già cominciato.
Ci catapultammo a trovare qualcosa da mangiare; lo spuntino delle sette non aveva tenuto a lungo, e le nostre pance brontolavano come non mai.
L’odore della carne alla brace ci guidò fino a dei panini con la salsiccia che, affiancati da un paio di birre, erano i compagni perfetti.
Alla fine della nostra cena, molto sostanziosa, ci riunimmo con gli altri.
C’erano Rice, Ethan, Ginny, Jamie, Ian e Matt. Ma non ebbi il tempo di salutarli che iniziò lo spettacolo.
Una valanga di gente ci travolse, pronta ad andare verso la spiaggia.
Non ci facemmo perdere l'occasione. Un minuto dopo eravamo già in acqua.
Mi abbandonai all'acqua salata del mare.
Un altro sparo.
Quello sarebbe stato l'ultimo prima del vero e grande spettacolo.
Improvvisamente il cielo si colorò di fucsia, poi di verde e ancora di fucisa, blu e bianco.
Che spettacolo che era da guardare.
E poi arrivarono i miei preferiti, somiglianti a spighe di grano bianche.
Feci caso alla gente sulla spiaggia. Per lo più c'erano famiglie, coppie innamorate o compagnie di amici, tutte con lo sguardo puntato verso l'alto.
Noi certamente eravamo i più fighi, o almeno quelli che si stavano divertendo di più; ma all'appello mancava qualcuno.
Rice stava prendendo sulle spalle la ragazza che aveva appena abbordato; stava schizzando d'acqua Eathen; e Jemie… a sì, lui era quello che mi aveva appena presa in braccio.
Se prima non ero bagnata completamente, beh… dopo quel tuffo potevo dire di esserlo da capo a piedi.
La maglietta bianca che indossavo - pessima scelta - era diventata trasparente, nel *vero e proprio* senso della parola.
Mi sentivo completamente appiccicosa.
Il venticello che tirava iniziava a darmi freddo.
Mi girai per un'ultima volta verso quella banda di scapestrati che chiamavo "amici" e poi decisi che per me era arrivato il tempo di ritirarmi. Presto, purtroppo, ma iniziavo a non farcela più.
Camminai verso la riva e, una volta arrivata sulla spiaggia, mi sgrollai l'acqua di dosso.
«Attenta, rischi di bagnarci tutti!» esclamò sorridendo un ragazzo difianco a me.
Conor!
 Ecco chi mancava!
«Scusa… - sorrisi a mia volta - non ci avevo fatto caso».
«Come mai sei uscita?» chiese.
«Avevo freddo» dissi stringendomi nelle spalle.
«Aw, poverina. – Cercò di fare del sarcasmo – E’ proprio per questo che non mi sono fatto il bagno.» affermò sicuro.
«O perché hai paura del mare di notte?» chiesi alzando un sopracciglio e girandomi verso di lui per la prima volta da quando ero arrivata.
La mia domanda retorica lasciò un silenzio gelido. Che fosse davvero così? Aveva paura del mare di notte? O semplicemente del buio? In ogni caso tutte paure infantili, che non lo giustificavano.
Temporeggio un po’ prima di rispondere, «Ovvio che non ho paura, solo che mi piace più stare a riva e vedere i fuochi da asciutto…» abbassò lo sguardo.
Come avevo detto, aveva paura; ma non dissi niente, probabilmente era già a disagio di suo.
Calò di nuovo il silenzio.
Mi misi a guardare gli spari. Dovevano essere verso la fine.
Con la punta dell’occhio notai che Conor si stava guardando intorno; ed, effettivamente, anche io iniziavo a sentirmi un po’ a disagio. Forse il fatto di non avere argomenti di cui parlare ci faceva sentire un po’ come due estranei, eppure c’era qualcos’altro… certo, il freddo! Durante quel mini dialogo avuto con Conor, mi ero scordato del motivo per cui ero uscita dall’acqua.
Inizia a tremare. Mi strinsi ancora una volta nelle spalle, strofinandomi le braccia con le mani. Cercai di asciugarmi in tutti i modi possibili, ma il freddo si faceva ancora sentire.
Non ci dovevo pensare. Cambiai subito visuale e mi concentrai sui miei amici ancora in acqua.
Sembrava funzionare; il freddo stava svanendo piano piano. Ma uno spiffero di vento fece saltare tutti i miei piani.
«Nim?» mi richiamò Conor.
Mi girai verso di lui e feci finta di niente. «S - sì?» la bocca non era dalla mia parte… e fu proprio questo a tradirmi.
«Ma stai tremando!» affermò. Sul suo volto si dipinse un’espressione interessata e allo stesso tempo preoccupata, tutto questo mentre continuava a guardarmi.
Mi dava fastidio che l’avesse notato, non volevo la comprensione di nessuno.
«Vieni qui…» disse facendomi un cenno. La cosa si iniziava a fare preoccupante.
Con le ciglia corrugate mi avvicinai a lui. Tutt’a un tratto si levò la maglietta.
Moltopreoccupante.
Lo guardai totalmente stranita. Sulla mia faccia si leggeva benissimo “che cosa stai facendo?”, in risposta a Conor.
Mi alzò entrambe le braccia e mi infilò la sua maglietta senza neanche chiedere.
Rimasi stupita.
Io, Nim, con la maglia di Conor addosso.
Sapeva del suo profumo.
 
 


E' passato TROPPO tempo da che non aggiorno. Me ne rendo ogni responsabilità! Per cui se volete me ne potete dire di tutti i colori, me lo merito :|
Ecco, vi devo fare una confessione… devo ammettere che il posto in cui vivo io non è proprio un piccolo paesino - io la chiamo caput mundi, ma potete chiamarla anche Roma hahah - per cui capite come deve essere per me scrivere di una storia ambientata in un paese situato sulle montagne… in ogni caso passo TUTTE le vacanze da mia cugina( appunto), che vive in un paese a cui mi ispiro tantissimo per la storia.
Grazie mille per le DIECI recensioni allo scorso capitolo, siete stati pazzeschi!
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo. e non vi abituate ai capitoli lunghi, di solito i miei sono abbastanza corti.
Un bacio,
Annie x
 
P.S.: c’è qualcuno di voi che ha letto i promessi sposi e mi vuole dire di che parlano il terzo, il quarto e il quinto capitolo? *sono disperata*

  
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