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Autore: Pandora86    07/01/2013    5 recensioni
È in corso il torneo interscolastico. Lo Shohoku ha appena battuto lo Shoyo guadagnandosi l’accesso alle finali. Tutti sappiamo come andranno a finire le partite, ma… come si evolveranno le relazioni tra i giocatori?? Cosa pensa Kaede Rukawa di Hanamichi Sakuragi?? E quali segreti nasconde Hanamichi Sakuragi dietro la sua perenne ilarità??
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il nuovo capitolo della fic.
Scusate il ritardo ma non riuscivo a connettermi.
Grazie a chi ha commentato lo scorso capitolo, e anche a chi continua a inserire la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite.
Ovviamente grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note e le informazioni riguardo alle prossime pubblicazioni.
Mi scuso in anticipo per eventuali errori. Leggo e rileggo ma sapete com’è… qualcosa sfugge sempre!!
Auguro a tutti i lettori una Buona Epifania.
Buona lettura
 
 
Capitolo 48. Il rientro
 
“È stato un piacere! Non vediamo l’ora di giocare con voi” li salutò il capitano dello Josei.

“Sì, ma vedete di non perdere nessuna partita prima!” fu la risposta di Akagi.

“Ci vediamo ai nazionali” avevano poi urlato tutti in coro, augurandosi buona fortuna.

Il ritiro era finito.

Una vittoria, una sconfitta e un pareggio.

Questo era stato il risultato dello Shohoku.

Rukawa camminava alla destra di Akagi rimuginando sugli ultimi giorni.

Avevano battuto una delle otto squadre più forti in Giappone.

Una sola volta, ma li avevano battuti.

Il suo pensiero era a Kanagawa dove, una nota testa rossa lo aspettava.

Se erano riusciti a vincere almeno una delle tre partite e a pareggiarne un’altra con un uomo in meno, allora la possibilità di diventare campioni nazionali diveniva sempre più reale.

Perché, per quanto Kogure s’impegnasse, era noto a tutti quanto Sakuragi gli fosse nettamente superiore.

Era diventato, con il suo incredibile talento, un titolare in pochi mesi mandando definitivamente Kogure in panchina.

Lo Josei avrebbe avuto una brutta sorpresa ai nazionali.

Inoltre Rukawa non sapeva ancora quanto Sakuragi era migliorato e su cosa era basato il suo allenamento.

Avrebbe indagato non appena tornato a Kanagawa.
 

                                                ……………………………….
 

“Che settimana lunga!” esclamò Mito guardando il suo migliore amico stanco morto.

Mancava un ultimo tiro.

Solo un altro tiro, per completare la serie dei ventimila.

Hanamichi aveva compiuto un altro miracolo e sembrava su un altro pianeta.

“Caspita, l’ultimo tiro” lo sentì sussurrare forse più a se stesso che agli altri.

Haruko gli aveva passato la palla e ora erano tutti con il fiato sospeso.

Avevano vissuto quella settimana insieme, facendo loro l’obiettivo di Sakuragi, facendo loro il suo sogno di diventare un grande campione.

Soffrivano, ridevano e scherzavano con lui, tutti ben contenti di aiutare il loro capo. Tutti più che felici di essere parte del sogno di Hanamichi.

Tutti, nessuno escluso.

Anche Haruko ne era stata parte, rifletté Yhoei osservando la palla centrare perfettamente il canestro.

Dopo la sera della festa, non era cambiato quasi nulla se non che Hanamichi era sempre più concentrato.

La ragazza lo aveva incoraggiato genuinamente e poco a poco anche lei aveva inglobato il sogno di Hanamichi in quella settimana.

Ogni tiro in più, ogni giorno che passava Yhoei la vedeva trattenere sempre di più il fiato durante i tiri.

Vedeva la sua ansia crescere, segno che era sempre più partecipe.

A conti fatti erano stati uniti, erano stati legati in quella settimana come non mai e Mito era contento del fatto che, a somme tirate, Hanamichi aveva accettato se stesso non dovendo rinunciare più a nulla.

E ora invece, esultavano tutti con lui;  tutti insieme.

Erano questi i suoi pensieri quando, dopo aver gioito con il numero dieci per il compimento dell’allenamento, la porta della palestra si era spalancata ed era entrato lo Shohoku al completo.

Ora viene il bello! Pensò con un sorriso sghembo vedendo Rukawa e gli altri.

A breve, tutti avrebbero saputo dei miglioramenti di Hanamichi apprezzando ancora di più la sua presenza.

Vide Rukawa accigliarsi e capì immediatamente il perché: bastava, infatti, seguire la direzione dei suoi occhi.

Si spostavano da Haruko a Hanamichi e poi ancora da Hanamichi a Haruko.

Di certo, il numero undici aveva notato anche l’armata anche se in quel momento non sembrava interessargli.

È proprio geloso pensò ancora Yhoei facendo forza su tutto il suo autocontrollo per non scoppiare a ridere.

Anche se poi fu salvato in extremis dal pugno del gorilla che fu rifilato al suo migliore amico poiché, nonostante fosse stanco morto, aveva iniziato a declamare le sue doti di Tensai.

Ne vedrete delle belle pensò sorridendo.

Quando la squadra e un certo numero undici avrebbero visto i miglioramenti di Hanamichi, allora sì che sarebbero rimasti a bocca aperta.
 

                               ………………………………………..
 

Rukawa fissava pensieroso il soffitto.

Era stata una giornata estenuante.

La mattina avevano giocato l’ultima partita contro lo Josei guadagnando un pareggio e nel pomeriggio erano rientrati a Kanagawa.

Arrivati a scuola, ad attenderli c’era nientemeno che il do’hao con la sua armata al completo.

Poi, guardando il suo corpo sudato e il suo sguardo affaticato, Rukawa aveva capito che
Sakuragi non stava aspettando loro ma si stava allenando e anche duramente a giudicare dal suo aspetto.

Nemmeno dopo una partita Rukawa l’aveva visto così stanco.

Sakuragi era il tipo che, agli sgoccioli del secondo tempo, era fresco come una rosa e pimpante come un giocatore che è stato in panchina.

Era quello che avrebbe potuto giocare tranquillamente tre partite di fila e, forse, iniziare a stancarsi un pochino.

La sua resistenza era nota a tutti eppure Rukawa l’aveva visto stanco.

Stanco e sudato.

E, inevitabilmente, il pensiero era corso a quello che c’era stato tra loro.

Non aveva potuto fare a meno di pensare che oramai quel corpo gli apparteneva, come tutto quello che riguardava Sakuragi.

La sua mente, il suo cuore e anche (tuttavia di questo ne avrebbe fatto a meno alcune volte) tutte le sue buffonate.

Ed era stato allora che si era soffermato sulla presenza della babbuina che li aveva accolti con un bentornato caloroso e un sorriso smagliante e si era accigliato.

Che diamine ci faceva lì?

Poteva capire l’armata, ma la sorella del capitano per quale motivo era con Sakuragi in palestra?

Aveva poi notato che Mito lo osservava di sottecchi con un sorriso divertito e il suo fastidio era accresciuto maggiormente.

Si vedeva che aveva intuito i suoi pensieri e questo lo mandava fuori di testa se considerava che il ragazzo si divertisse un mondo.

Inoltre, non aveva neanche saputo in che cosa era consistito l’allenamento di Hanamichi.

Aveva sperato in una serata diversa ma, a quanto pare, doveva accontentarsi.

Il do’hao era rimasto in palestra dopo che lui e la squadra erano andati via e non l’aveva più visto.

Immaginò fosse a casa del suo migliore amico e, per adesso gli stava bene così.

In fondo, gli aveva dato del tempo.

E i campionati nazionali erano alle porte. Lui e Hanamichi si erano ripromessi di concentrarsi solo su quelli.

Chiuse gli occhi sentendo il sonno farsi strada in lui.

Una nota testa rossa lo raggiunse nella sua mente e in quel momento Rukawa si sentì certo di almeno una cosa:

Se anche lui e Sakuragi, per ora, erano concentrati sui campionati nazionali, l’indomani era comunque intenzionato a scoprire in cosa era consistito il suo allenamento.

Non poteva sapere che mai certezza sarebbe stata più vana.
 

                               ……………………………………..
 

Hanamichi osservava Haruko seduta di fronte a lui sentendosi al settimo cielo.

La sera precedente, dopo che lui e la ragazza avevano finito di pulire la palestra, lei, notando lo stato pietoso delle sue scarpe, aveva proposto di andarne a comprare delle altre insieme.

Ovviamente, Hanamichi aveva accettato subito.

Il problema era subentrato nelle ore successive.

Ripensò allo scambio di battute avuto con il suo migliore amico quella mattina.

“Hana, o esci di casa o ti prendo a pedate!” stava dicendo Yhoei spingendolo a forza fuori dalla porta.

“Ma non puoi venire anche tu?” aveva piagnucolato implorante come risposta.

“Non sono stato invitato!” aveva risposto sicuro Yhoei chiudendogli la porta in faccia.

“Neanche l’altra sera eri stato invitato!” aveva urlato allora Hanamichi rivolto alla porta certo che il suo migliore amico avrebbe sentito.

Si era poi avviato a scuola, dove aveva appuntamento con la ragazza.
 

Ora invece, seduti al tavolino di un bar, la osservava sentendo tutti i suoi dubbi svanire.

Nelle ore successive all’aver accettato l’appuntamento strani pensieri avevano cominciato ad affollargli la mente.

Lui era fondamentalmente timido e rapportarsi a una ragazza rappresentava già di per se un problema.

Se poi questa ragazza era sempre gentile con lui e innamorata del suo ragazzo (arrossiva ancora a pensare a Rukawa in quel modo!) allora la faccenda si complicava.

Lui, di conseguenza, non sapeva proprio come comportarsi.

Aveva espresso prontamente i suoi dubbi al suo fidato braccio destro e, in cambio, aveva ricevuto una scrollata di spalle.


“Come diamine vuoi comportarti Hana? Vai a scuola, la saluti e compri le scarpe. Nel frattempo chiacchierate del più e del meno!” aveva risposto pratico come sempre.

“La fai facile tu!” era sbottato Hanamichi.

“E tu la fai difficile!” era stata la pronta risposta di Yhoei.

“Ti è sempre piaciuto conoscere nuove persone e fare amicizia con la gente. Ed è ora che tu lo faccia” aveva poi ribattuto facendosi serio.

“Non puoi sempre stare con l’armata facendo scudo fra te e gli altri. Le vuoi bene e la consideri un’amica sincera, per cui passa del tempo con lei”.


E, ancora una volta, Yhoei aveva avuto ragione.

Prima di andare a comprare le scarpe aveva trovato il coraggio di invitarla a bere.

In fondo, se erano amici, era giusto che si vedessero anche fuori dalla scuola.

Osservandola bere dal suo bicchiere Hanamichi non potette fare a meno di pensare a sua madre.

Aveva la sua stessa dolcezza, anche se era molto meno ingenua di Haruko.

In quel momento, desiderò farsi conoscere di più, essere stimato da lei non solo come
componente della squadra ma soprattutto come amico.

Le ragazze (e anche i ragazzi in verità) l’avevano sempre evitato facendosi ingannare dalle voci che circolavano su di lui e dal suo aspetto losco.

Era stato in prima media che aveva scoperto che in Giappone il rosso è un colore usato dai teppisti.

E allora si era chiuso sempre più rifugiandosi in Mito prima e nell’armata dopo.

Poi alle superiori era arrivata Haruko che non era scappata e con lei Rukawa.

Non aveva mai avuto con lei il desiderio di farsi conoscere meglio e il perché era presto detto: era stato troppo concentrato su Rukawa e il cambiamento che stava avvenendo tra loro.

Ma, ora che con il numero undici filava tutto alla grande, Hanamichi aveva riscoperto una cosa che lo aveva sempre contraddistinto da piccolo e che lui credeva sopita.

Aveva riscoperto il desiderio di stringere amicizia e conoscere gente.

Aveva riscoperto il piacere di chiacchierare allegramente con qualcuno che non fosse parte dell’armata.

Fu per questo che si ripromise che, quando lei avrebbe scoperto di lui e Rukawa, avrebbe fatto di tutto per non perderla.

Quella mattina si era divertito da matti.

Il commesso del negozio gli aveva regalato delle scarpe bellissime, scarpe che richiamavano i suoi colori: rosso e nero.

Aveva poi riso come un deficiente quando gli aveva fatto i complimenti in fatto di ragazze dicendogli che aveva buon gusto.

Certo, il tipo aveva equivocato ma comunque la cosa gli metteva allegria.

Quella mattina era stato facile ridere per le cose più banali.

Finalmente si sentiva allegro e pieno di vita come non mai.

E ora, si avviava in palestra con Haruko.

Tra un po’ avrebbe rivisto la kitsune.

Osservò la ragazza al suo fianco e si domandò come sarebbe stato passeggiare con Rukawa.

Il giorno precedente era ancora troppo preso dal suo allenamento per notare altro, anche se comunque non aveva potuto fare a meno di ricercare con lo sguardo la figura del numero undici.

Non poteva negare che, nonostante fosse stremato per l’allenamento, appena il numero undici era entrato in palestra un brivido gli era corso lungo tutta la schiena.

Aveva resistito alla tentazione di fissarlo e aveva iniziato a fare il deficiente ma, non poteva fare a meno di guardarlo di sottecchi.

Per tutta la settimana il volto di Rukawa era stato nella sua mente.

Però, vederlo da vicino era un’altra cosa.

Vedere quelle fattezze perfette su quel volto quasi perennemente serio gli aveva fatto aumentare il battito cardiaco a dismisura.

Avrebbe potuto immaginarlo quanto voleva; vederlo era sempre tutto un altro effetto.

Poi, quella notte l’aveva sognato.

Inutile dire che i suoi sogni non erano stati propriamente casti.

Però, non c’erano stati solo quelli.

La stra – grande maggioranza dei suoi sogni erano concentrati sul volto del numero undici.

Un volto che lo guardava orgoglioso.

Un volto che lo sfidava perché lo riteneva un avversario degno di lui.

Un volto che lo amava.

Senza rendersene conto, accelerò il passo.

Non vedeva l’ora di arrivare, per dimostrargli quanto aveva imparato.

Non vedeva l’ora di arrivare per potersi nuovamente allenare con Rukawa.

Non avrebbe svelato subito a lui e alla squadra la sostanza del suo allenamento.

Ma era certo che la kitsune, visto quanto lo osservava, avrebbe capito che qualcosa in lui era cambiato.

 

                         …………………………………………….
 
 

Era l’una e mezzo.

Rukawa non aveva resistito e, sebbene gli allenamenti fossero per le due, lui aveva iniziato ad allenarsi con largo anticipo.

E ora, era l’una e mezzo e lui già grondava sudore.

Non era riuscito a resistere.

Non aveva idea di che allenamenti Hanamichi stava facendo con il coach ma, quella mattina, era stato quasi sicuro di trovarlo lì.

E invece, una volta arrivato in palestra, l’aveva trovata vuota.

Cosi, aveva iniziato ad allenarsi e il tempo era volato.

Eppure, quella palestra continuava a rimanere vuota.

Solo il rumore della palla che rimbalzava a ritmo cadenzato.

Come poteva essere che Hanamichi non ci fosse ancora?

Di certo in quei giorni aveva vissuto più in palestra che a casa, di questo era certo.

Non l’aveva mai visto così stanco e provato fisicamente.

Eppure, Rukawa aveva anche notato che il giorno precedente nonostante lo ricercasse con lo sguardo, Sakuragi era con la mente altrove.

Il suo volto, nonostante la stanchezza fisica, appariva sereno.

Doveva essere stata una settimana estenuante che però aveva dato i suoi risultati, altrimenti non avrebbe lasciato quell’impronta sul do’aho.

Perché lui conosceva bene quello sguardo.

Conosceva bene quel comportamento sulle nuvole.

Lo aveva provato quando, per la prima volta aveva centrato un canestro.

Quando, dopo tanti allenamenti,  era riuscito ad imparare questa o quella tecnica.

Strinse il pallone che aveva tra le mani con forza.

Non aveva importanza se ancora non sapeva cosa aveva fatto Sakuragi perché una cosa l’aveva capita:

Il do’hao si era allenato duramente e lui non avrebbe fatto di meno.

Poi, dopo l’allenamento lo avrebbe torchiato fino a fargli dire tutto.

Davanti a lui ora c’era l’immagine di Sendoh.

Questo bastò a dargli nuovamente la carica.

Questo bastò a farlo partire in un’azione impeccabile.

Dopo aver scartato il Sendoh immaginario, comparve Maki davanti a lui.

Scartò anche il capitano del Kainan andando a canestro con una schiacciata fenomenale.

Un solo pensiero nella testa:

Non mi batteranno. Non mi batteranno più!

Non poteva sapere che altre sorprese lo attendevano prima della partenza ai fatidici campionati nazionali.

Non poteva sapere che nei giorni successivi un altro giocatore lo avrebbe sbalordito a tal punto da rientrare nella lista dei suoi rivali.

Quel pomeriggio, infatti, non sarebbe venuto a conoscenza di quello che aveva fatto Hanamichi durante la settimana.

Lo avrebbe saputo solamente alla vigilia dei campionati nazionali per un fortuito quanto inaspettato avvenimento.
 

Continua…
 

Note:

Questo capitolo è ambientato nella puntata 96 dell’anime.

In realtà non succede granchè, mi sono limitata a ripercorrere gli avvenimenti del canone aggiungendoci un’introspezione che si adattasse alla mia storia e soffermandomi sui pensieri della neo coppia che affronta per la prima volta una lontananza.

Mi sono soffermata sull’introspezione per far risaltare la tipologia dei pensieri del protagonista che è totalmente diversa da quella dell’inizio della storia.

Ovviamente, anche tutti gli altri personaggi (Mito soprattutto) sentono questo cambiamento avendo un’introspezione meno cupa e più adatta a dei sedicenni.

Spero che il comunque il capitolo vi sia piaciuto e non sia risultato troppo pesante o troppo noioso.

Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate.

Ci vediamo domenica prossima con il nuovo capitolo.

Pandora86 
  
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