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Autore: Emi Nunmul    07/01/2013    1 recensioni
Ed è quando la fenice ed il dragone iniziano a piangere, che il mondo prende a sanguinare.
[KrisYeol] [Accenni BaekYeol]
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Boh, sono le quattro di mattina ed io ho scritto il terzo capitolo di questa storia. Non avevo mai finito così tanti capitoli nel giro di un giorno. Mi pare di star sognando. E non me ne frega se fra due ore dovrei alzarmi per andare al mio schifosissimo liceo e sorbirmi le solite battaglie giornaliere. Sono dannatamente felice. E sono qui ad ascoltare Tablo ed i Jazzyfact, tranquilla, a scrivere in pace, e mi sento bene per la prima volta da mesi. Mi ero scordata cosa la scrittura dovrebbe portarmi realmente.
Comunque, venendo al capitolo, mi spiace di aver lasciato quell’accenno di lime così, come sospeso, ma un po’ perché è davvero tardi, un po’ perché – nonostante sia dello spirito adatto per scriverne una – vorrei evitare di scrivere qualcosa di troppo dettagliato fra questi due, che non sono il mio pairing preferito, se non ve ne foste accorti. LOL
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, come sempre. Un bacio.









3.

 

              «Non capisco per quale motivo tu ti stia scaldando tanto!»

BaekHyun, ora spostatosi insieme al guardiano vicino al lago Ion, stava discutendo con lui.

              «Voglio dire, non è la prima volta che va al Mondo di sotto. Tutti ci siamo andati!»

              «Non è questo il punto!»

SuHo era diventato una pentola a pressione, pronto ad esplodere in qualsiasi momento. Camminava avanti e dietro con passi veloci, ogni tanto portando le mani fra i capelli rossicci, guardando dove capitava con nervosismo, stranamente allarmato. Intanto, BaekHyun continuava a non capire il motivo di così tanta agitazione.

              «E quale sarebbe il punto, SuHo?» chiese, braccia incrociate, aria insofferente come suo solito.

              «Quale sarebbe?» ripeté, fermandosi di fronte a lui, guardandolo arrabbiato, per una volta.

              «Sarebbe che non mi date ascolto mai! E sono altamente stufo. E con darmi ascolto, non dico che dovete fare tutto quello che vi dico…»

              «E ci mancherebbe…» fece l’altro fra i denti, senza guardarlo, determinando solo un’altra stilettata al cuore del guardiano, il quale mandò giù l’ennesimo boccone amaro.

              «Dico che dovete aiutarmi, che dovete informarmi di queste cose. Se sapevi che Kai s’era spostato, avresti dovuto dirmelo, BaekHyun!»

L’altro fece spallucce. «Non vedo per quale motivo. Non sapevo che dovessimo informarti dei nostri spostamenti. Fra l’altro sono affari suoi.»

BaekHyun guardò il dio dell’acqua squadrandolo dalla testa ai piedi. Poi puntò gli occhi nei suoi, assottigliandoli leggermente. L’altro rimase come paralizzato, chiedendosi il perché di quello sguardo apparentemente pieno d’odio.

              «Cos-»

              «Non sei neanche ChanYeol e non vedo per quale motivo dovrei tenere conto di te. Non sei il vero guardiano.»

SuHo ascoltò esterrefatto ciò che l’altro aveva da dire. Pensava che, nel momento in cui sarebbe esploso, avrebbe reagito violentemente ed invece, tutto quello che gli veniva da fare, era lasciare che le lacrime iniziassero a bagnargli gli occhi. Eppure era un uomo, lui. Un uomo, non più un dio. Ed era un uomo estremamente stanco.

              «E’ colpa tua se ChanYeol sta così… E’ sicuramente colpa tua.»

Alle spalle del guardiano, il volume delle acque del lago Ion stava iniziando a crescere, l’azzurro brillante che emanava luce che, presto, sarebbe diventata fastidiosa.

              «Gli hai solo creato problemi. Gli hai fatto fare un passo falso per poter diventare il guardiano di Hestil!»

Avrebbe continuato a parlare, ma si costrinse a serrare la bocca, quando vide le acque sollevarsi in un’onda gigantesca che, però, rimaneva lì dov’era, senza muoversi. Era imponente, incuteva timore, alta almeno una ventina di metri. D’un tratto anche SuHo face paura ed istintivamente BaekHyun indietreggiò di un paio di passi, accovacciandosi, e coprendo la testa con le braccia, nel tentativo di proteggersi dall’onda in caso gliel’avesse scagliata contro, preda della furia e dell’amarezza che aveva fatto crescere in lui senza scrupoli con quelle parole.

Qualche secondo dopo sentì delle gocce leggere bagnarlo. Sollevò lo sguardo, notando che le acque del lago Ion erano tornate allo stesso livello originario, ma continuando ad agitarsi ancora per un po’. Il guardiano era sparito.

 

***

Cantando qualche canzone sentita sulla Terra, il dio dello spazio stava appollaiato su uno degli immensi ed infiniti rami dell’albero Gaerdaer, quello che reggeva la Via Lattea. E si guardava intorno, oscillando le gambe a penzoloni, godendosi un po’ di pace in quel luogo nel quale solo lui poteva arrivare – fatta eccezione per la fenice ed il dragone.

Dopo un po’, decise che poteva finalmente andare a Gweluon e fare visita agli altri dei, andare ad infastidire il dio del tuono, come suo solito, e salutare il guardiano al quale, in vero, era molto affezionato.

Si scostò dal ramo, strofinò le mani per rimuovere la polvere dorata che era rimasta sui palmi, e lo stesso fece con i pantaloni. Teletrasportandosi, iniziò a scendere seguendo il lunghissimo tronco dell’albero. Una volta arrivato in prossimità delle radici, scomparì di nuovo, lasciando un alone per qualche istante, abbandonando così la dimensione dell’albero della vita.

 

              «Mi hai fatto venire un colpo, accidenti!»

Ed il dio del tuono, vedendo quello dello spazio piombare sulla sua scrivania all’improvviso, provocando la caduta istantanea di tutte le sue scartoffie e dei numerosi libri, non fece altro che sollevarsi dalla sedia di almeno un centimetro per lo spavento.

              «Dovrei mandarti una raccomandata la prossima volta che ho intenzione di venire, Chen-Chen?»

              «E non chiamarmi Chen-Chen.» lo rimbeccò il dio del tuono, ora in piedi, puntandogli un dito sul petto.

L’altro lo guardava sorridendo, seduto a gambe incrociate sul tavolo, i capelli scuri e lunghi che gli ricadevano sugli occhi, ma che non si prendeva la briga di spostare.

Chen prese a raccogliere i fogli sparsi sul pavimento, intervallando i suoi movimenti con qualche grugnito di disappunto, che aumentava d’intensità ogni volta che l’altro si ritrovava a ridere.

              «Come stai, Kai?» chiese alla fine, ancora leggermente infastidito, portando alla scrivania alcuni dei fogli che aveva raccolto.

              «Come sempre. Anzi, no…» e assunse un’aria pensosa, per poi riprendere a parlare dopo poco: «Stanotte, cioè, la vostra ieri matti-»

              «Non c’è bisogno che specifichi ogni volta; vieni al dunque.»

L’altro sbuffò, apprestandosi a continuare.

«Ieri notte sono andato a trovare KyungSoo.»

              «Ah. Allora? Come sta?» chiese, adesso interessato a ciò che avrebbe avuto da dirgli.

Kai fece spallucce, abbassando la testa con evidente aria incupita.

              «Sta bene, ma dice che vuole tornare ad Hestil. La Terra non è un bel posto. Gli pare molto più simile a Gweluon. Ogni tanto ci faccio un giro anche io, ma visito i posti che mi consiglia lui e non mi sembrano tanto male, quindi non riesco a capirlo pienamente, ma non ha voluto spiegarmi altro.»

Il dio del tuono, tornando seduto alla sua scrivania, sollevò lo sguardo verso l’altro, appena più addolcito. Gweluon era sicuramente il posto peggiore di tutti. Ogni tanto si vedevano camminare fra le valli deserte alcuni esseri monumentali ed orribili creati da Ekhard per chissà quale motivo, e distruggevano, facevano un gran chiasso e mettevano paura persino a loro dei. A differenza della Terra, però, a Gweluon non c’era mai un attimo di pausa. Tutto doveva essere sempre eternamente terribile, spaventoso ed insopportabile. Loro non vi badavano più di tanto. E Chen non poteva comprendere come KyungSoo potesse trovarsi tanto male sul pianeta degli uomini. Forse qualcosa gli sfuggiva, ma era più propenso a pensare che il dio della terra fosse troppo abituato alla pace di Hestil.

              «Non posso darti una spiegazione, io, al perché KyungSoo si senta così sulla terra. Magari dovresti parlarne con qualcun altro. Qui a Gweluon siamo abituati ad atrocità che penso sulla Terra non si vedano e potrei minimizzare il suo problema.»

Kai sbuffò, scendendo quindi dalla scrivania dell’amico, senza scollargli ancora gli occhi di dosso.

              «Kris è alla torre? Andrò a parlare con lui. E’ da un po’ che non lo vedo.»

Chen si alzò, andando ad avvicinarsi al bordo del pavimento – perché lì non vi erano pareti salde, solo quelle quasi impercettibili di una bolla comunque molto resistente. Guardò in basso, verso la torre del dragone, notando che le fiamme non erano ardenti come al solito.

              «Penso sia ad Hestil.»

              «Ad Hestil?» chiese l’altro, decisamente sorpreso.

              «S’è già spostato cinque volte in questo mese. Non lo sapevi?»

Kai lo fissò per qualche istante e quello bastò al dio del tuono per comprendere che la risposta sarebbe stata negativa.

 

***

«Ti amo. Ti amo tantissimo, lo sai, vero?»

Ogni stanza della torre della fenice era dannatamente confortevole. Il pavimento di legno ogni tanto scricchiolava, ma era piacevole da sentire. Camminando scalzi si poteva sentire quanto fossero morbidi gli enormi tappeti sparsi un po’ ovunque. I mobili antichi ed eleganti arredavano ogni singolo angolo. Le imbottiture delle sedie e dei divani conciliavano il sonno, le pesanti tende bordeaux drappeggiate filtravano quasi totalmente la luce. Tutto ciò di veramente luminoso, lì, erano delle candele e gli innumerevoli camini accesi. Ed il fuoco che ardeva, toccandolo, non bruciava. Guariva.

E BaekHyun si sentiva in pace, lì. Avrebbe voluto passarci il resto della sua vita eterna, se solo avesse potuto. Lui si era sempre rifiutato di avere una fissa dimora, ma lì sarebbe stato diverso.

BaekHyun non era una cattiva persona. E’ vero che nutriva rancore per SuHo – e lui stesso sapeva che era ingiustificato – che, in linea generale, non era troppo simpatico con nessun’altro degli dei, ma, in fondo, sapeva di volere loro bene. Poi, lui era il dio della luce e ciò che maggiormente avrebbe voluto fare, sarebbe stato riuscire ad illuminarli nel profondo del loro essere, permettere a tutt’e dodici di vivere più serenamente, ed invece…

              «Lo so, BaekHyun, lo so…»

Quei baci risultavano roventi, impetuosi, rabbiosi, intanto che ChanYeol, forte, continuava a spingere BaekHyun verso il suo immenso letto. Se non per rispondergli con quelle brevi parole piene di amarezza, non stava accennando a voler far staccare le loro labbra.

E il dio della luce percepiva tutto alla perfezione. Avrebbe voluto permettere a loro dodici di vivere meglio, ma più di ogni altra cosa, avrebbe voluto aiutare la fenice a risorgere dalle ceneri nelle quali s’era ridotta da troppo tempo.

Quasi impercettibili goccioline di sangue iniziarono a venir fuori dal labbro inferiore di BaekHyun, dopo che ChanYeol l’aveva morso forse con troppa forza, ma, in ogni caso, la fenice non vi aveva dato troppo peso. Il dio della luce, comunque, rimaneva immobile, adesso, a guardare di lato, verso le tende pesanti, intanto che l’altro si apprestava a lasciare scie di piccoli baci sul suo collo, fin quando non si fermò all’altezza della clavicola, iniziando a rendere quella porzione di pelle bollente, succhiando, mordendo e leccando, contento solo quando vide comparire un vistoso segno rosso. E BaekHyun si ammaccava ancora un po’, moriva ancora un po’ dentro.

              «Si vede che oggi Kris è ad Hestil…» disse, a voce bassa.

A quella frase, come di riflesso, ChanYeol lo morse sul collo, proprio dove lo fanno i vampiri, e finì con l’aprirgli la camicia bianca strappandola, facendo saltarne i bottoni chissà dove.

              «Sì, si vede. Quanta forza ti dà, mh…?»

ChanYeol spinse col bacino contro quello dell’altro, di scatto, a sentire ancora altre parole provenire dalla bocca di BaekHyun, pervase, in più, da amarezza ed evidente rabbia.

              «Mi ami?» chiese la fenice, guardando l’altro negli occhi, con un’espressione che definirei ermetica.

BaekHyun annuì, senza esitazioni.

              «Allora fai solo la tua parte e sta’ zitto.»

 

BaekHyun era rimasto inerme, di nuovo. Aveva atteso che l’altro lo spogliasse (senza comunque possibilità di sentire freddo, per via della temperatura della torre) e che si fosse sfogato abbastanza sul suo corpo, lasciandogli copiosi graffi sul petto, sulla schiena, altri segni rossi sul collo.

Poi, il dio della luce, era morto ancora un po’, ripensando alle ultime parole che la fenice gli aveva rivolto, quando proprio lui aveva iniziato a prepararlo senza troppa attenzione, non curandosi se, effettivamente, i suoi muscoli potessero finalmente adattarsi alla successiva intrusione senza recargli dolore. E continuò a pensare infinite volte, ancora, a quelle parole. Perché quello era diventato il suo lavoro, appunto: andare di tanto in tanto a fargli visita in modo che ChanYeol potesse sfogarsi e sopperire alla sua parte mancante.

Lasciava che spingesse in lui quanto gli andava, con l’intensità che preferiva, ed apriva solo la bocca, se faceva male; non gridava. Prendeva tutto il dolore, fisico e mentale, e lo chiudeva in una specie di cassaforte che abbandonava da qualche parte in fondo a se stesso.

Non raggiungeva il piacere. O meglio, lo faceva, ma a momenti non se ne accorgeva ed era per semplice reazione delle scariche elettriche del suo corpo.

 

ChanYeol lo lasciò di nuovo in quella stanza enorme che, da essere accogliente, a BaekHyun adesso appariva come delle semplici quattro mura vuote, che non avrebbero potuto trasmettergli più nulla fin quando non avesse mandato giù quell’ennesimo boccone amaro. Si ripulì alla meno peggio e, con su solo i pantaloni e le scarpe, abbandonò la torre della fenice, con la camicia strappata in mano.

Una volta fuori, intanto che camminava, si voltò a guardare verso il lago Ion, sentendosi improvvisamente in colpa per le cose precedentemente dette al guardiano. Notò che le acque erano del loro solito azzurro, ma non splendevano. Ciò poteva solo stare a significare che SuHo si era allontanato da Hestil.

   
 
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