NdA:
Boh, sono le quattro di mattina ed io ho scritto il terzo capitolo di
questa
storia. Non avevo mai finito così tanti capitoli nel giro di
un giorno. Mi pare
di star sognando. E non me ne frega se fra due ore dovrei alzarmi per
andare al
mio schifosissimo liceo e sorbirmi le solite battaglie giornaliere.
Sono dannatamente
felice. E sono qui ad ascoltare Tablo ed i Jazzyfact, tranquilla, a
scrivere in
pace, e mi sento bene per la prima volta da mesi. Mi ero scordata cosa
la
scrittura dovrebbe portarmi realmente.
Comunque, venendo al capitolo, mi spiace di aver lasciato
quell’accenno di lime
così, come sospeso, ma un po’ perché
è davvero tardi, un po’ perché
– nonostante
sia dello spirito adatto per scriverne una – vorrei evitare
di scrivere
qualcosa di troppo dettagliato fra questi due, che non sono il mio
pairing
preferito, se non ve ne foste accorti. LOL
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, come sempre. Un bacio.
3.
«Non
capisco per quale motivo tu ti stia scaldando tanto!»
BaekHyun, ora
spostatosi insieme al
guardiano vicino al lago Ion, stava discutendo con lui.
«Voglio
dire, non è la prima volta che va al Mondo di sotto. Tutti
ci siamo andati!»
«Non
è questo il punto!»
SuHo era
diventato una pentola a
pressione, pronto ad esplodere in qualsiasi momento. Camminava avanti e
dietro
con passi veloci, ogni tanto portando le mani fra i capelli rossicci,
guardando
dove capitava con nervosismo, stranamente allarmato. Intanto, BaekHyun
continuava a non capire il motivo di così tanta agitazione.
«E
quale sarebbe il punto, SuHo?» chiese, braccia incrociate,
aria insofferente
come suo solito.
«Quale sarebbe?»
ripeté, fermandosi di
fronte a lui, guardandolo arrabbiato, per una volta.
«Sarebbe
che non mi date ascolto mai! E sono
altamente stufo. E con darmi ascolto, non dico che dovete fare tutto
quello che
vi dico…»
«E
ci mancherebbe…» fece l’altro fra i
denti, senza guardarlo, determinando solo
un’altra stilettata al cuore del guardiano, il quale
mandò giù l’ennesimo
boccone amaro.
«Dico
che dovete aiutarmi, che dovete informarmi di queste cose. Se sapevi
che Kai s’era
spostato, avresti dovuto dirmelo, BaekHyun!»
L’altro
fece spallucce. «Non vedo per
quale motivo. Non sapevo che dovessimo informarti dei nostri
spostamenti. Fra l’altro
sono affari suoi.»
BaekHyun
guardò il dio dell’acqua
squadrandolo dalla testa ai piedi. Poi puntò gli occhi nei
suoi,
assottigliandoli leggermente. L’altro rimase come
paralizzato, chiedendosi il perché di quello sguardo apparentemente pieno d’odio.
«Cos-»
«Non
sei neanche ChanYeol e non vedo per quale motivo dovrei tenere conto di
te. Non
sei il vero guardiano.»
SuHo
ascoltò esterrefatto ciò che l’altro
aveva da dire. Pensava che, nel momento in cui sarebbe esploso, avrebbe
reagito
violentemente ed invece, tutto quello che gli veniva da fare, era
lasciare che
le lacrime iniziassero a bagnargli gli occhi. Eppure era un uomo, lui.
Un uomo,
non più un dio. Ed era un uomo estremamente stanco.
«E’
colpa tua se ChanYeol sta così… E’
sicuramente colpa tua.»
Alle spalle del
guardiano, il volume
delle acque del lago Ion stava iniziando a crescere,
l’azzurro brillante che
emanava luce che, presto, sarebbe diventata fastidiosa.
«Gli
hai solo creato problemi. Gli hai fatto fare un passo falso per poter
diventare
il guardiano di Hestil!»
Avrebbe
continuato a parlare, ma si
costrinse a serrare la bocca, quando vide le acque sollevarsi in
un’onda
gigantesca che, però, rimaneva lì
dov’era, senza muoversi. Era imponente,
incuteva timore, alta almeno una ventina di metri. D’un
tratto anche SuHo face
paura ed istintivamente BaekHyun indietreggiò di un paio di
passi,
accovacciandosi, e coprendo la testa con le braccia, nel tentativo di
proteggersi dall’onda in caso gliel’avesse
scagliata contro, preda della furia
e dell’amarezza che aveva fatto crescere in lui senza
scrupoli con quelle
parole.
Qualche secondo
dopo sentì delle gocce
leggere bagnarlo. Sollevò lo sguardo, notando che le acque
del lago Ion erano
tornate allo stesso livello originario, ma continuando ad agitarsi
ancora per
un po’. Il guardiano era sparito.
***
Cantando qualche
canzone sentita sulla
Terra, il dio dello spazio stava appollaiato su uno degli immensi ed
infiniti
rami dell’albero Gaerdaer, quello che reggeva la Via Lattea.
E si guardava
intorno, oscillando le gambe a penzoloni, godendosi un po’ di
pace in quel
luogo nel quale solo lui poteva arrivare – fatta eccezione
per la fenice ed il
dragone.
Dopo un
po’, decise che poteva
finalmente andare a Gweluon e fare visita agli altri dei, andare ad
infastidire
il dio del tuono, come suo solito, e salutare il guardiano al quale, in
vero,
era molto affezionato.
Si
scostò dal ramo, strofinò le mani per
rimuovere la polvere dorata che era rimasta sui palmi, e lo stesso fece
con i
pantaloni. Teletrasportandosi, iniziò a scendere seguendo il
lunghissimo tronco
dell’albero. Una volta arrivato in prossimità
delle radici, scomparì di nuovo,
lasciando un alone per qualche istante, abbandonando così la
dimensione dell’albero
della vita.
«Mi
hai fatto venire un colpo, accidenti!»
Ed il dio del
tuono, vedendo quello
dello spazio piombare sulla sua scrivania all’improvviso,
provocando la caduta
istantanea di tutte le sue scartoffie e dei numerosi libri, non fece
altro che
sollevarsi dalla sedia di almeno un centimetro per lo spavento.
«Dovrei
mandarti una raccomandata la prossima volta che ho intenzione di
venire, Chen-Chen?»
«E
non chiamarmi Chen-Chen.»
lo rimbeccò
il dio del tuono, ora in piedi, puntandogli un dito sul petto.
L’altro
lo guardava sorridendo, seduto a
gambe incrociate sul tavolo, i capelli scuri e lunghi che gli
ricadevano sugli
occhi, ma che non si prendeva la briga di spostare.
Chen prese a
raccogliere i fogli sparsi
sul pavimento, intervallando i suoi movimenti con qualche grugnito di disappunto, che aumentava
d’intensità ogni volta che
l’altro si ritrovava a ridere.
«Come
stai, Kai?» chiese alla fine, ancora leggermente infastidito,
portando alla
scrivania alcuni dei fogli che aveva raccolto.
«Come
sempre. Anzi, no…» e assunse un’aria
pensosa, per poi riprendere a parlare dopo
poco: «Stanotte, cioè, la vostra ieri
matti-»
«Non
c’è bisogno che specifichi ogni volta; vieni al
dunque.»
L’altro
sbuffò, apprestandosi a continuare.
«Ieri
notte sono andato
a trovare KyungSoo.»
«Ah.
Allora? Come sta?» chiese, adesso interessato a
ciò che avrebbe avuto da
dirgli.
Kai fece
spallucce, abbassando la testa
con evidente aria incupita.
«Sta
bene, ma dice che vuole tornare ad Hestil. La Terra non è un
bel posto. Gli pare
molto più simile a Gweluon. Ogni tanto ci faccio un giro
anche io, ma visito i
posti che mi consiglia lui e non mi sembrano tanto male, quindi non
riesco a
capirlo pienamente, ma non ha voluto spiegarmi altro.»
Il dio del
tuono, tornando seduto alla
sua scrivania, sollevò lo sguardo verso l’altro, appena
più addolcito.
Gweluon era sicuramente il posto peggiore di tutti. Ogni tanto si
vedevano camminare
fra le valli deserte alcuni esseri monumentali ed orribili creati da
Ekhard per
chissà quale motivo, e distruggevano, facevano un gran
chiasso e mettevano paura
persino a loro dei. A differenza della Terra, però, a
Gweluon non c’era mai un
attimo di pausa. Tutto doveva essere sempre eternamente terribile,
spaventoso ed insopportabile. Loro non vi badavano più
di tanto. E Chen non poteva comprendere come KyungSoo potesse trovarsi
tanto
male sul pianeta degli uomini. Forse qualcosa gli sfuggiva, ma era
più propenso
a pensare che il dio della terra fosse troppo abituato alla pace di
Hestil.
«Non
posso darti una spiegazione, io, al perché KyungSoo si senta
così sulla terra. Magari
dovresti parlarne con qualcun altro. Qui a Gweluon siamo abituati ad
atrocità
che penso sulla Terra non si vedano e potrei minimizzare il suo
problema.»
Kai
sbuffò, scendendo quindi dalla
scrivania dell’amico, senza scollargli ancora gli occhi di
dosso.
«Kris
è alla torre? Andrò a parlare con lui.
E’ da un po’ che non lo vedo.»
Chen si
alzò, andando ad avvicinarsi al
bordo del pavimento – perché lì non vi
erano pareti salde, solo quelle quasi
impercettibili di una bolla comunque molto resistente.
Guardò in basso, verso
la torre del dragone, notando che le fiamme non erano ardenti come al
solito.
«Penso
sia ad Hestil.»
«Ad
Hestil?» chiese l’altro, decisamente sorpreso.
«S’è
già spostato cinque volte in questo mese. Non lo
sapevi?»
Kai lo
fissò per qualche istante e
quello bastò al dio del tuono per comprendere che la
risposta sarebbe stata
negativa.
***
«Ti
amo. Ti amo
tantissimo, lo sai, vero?»
Ogni stanza
della torre della fenice era
dannatamente confortevole. Il pavimento di legno ogni tanto
scricchiolava, ma
era piacevole da sentire. Camminando scalzi si poteva sentire quanto
fossero
morbidi gli enormi tappeti sparsi un po’ ovunque. I mobili
antichi ed eleganti
arredavano ogni singolo angolo. Le imbottiture delle sedie e dei divani
conciliavano il sonno, le pesanti tende bordeaux drappeggiate
filtravano quasi
totalmente la luce. Tutto ciò di veramente luminoso,
lì, erano delle candele e
gli innumerevoli camini accesi. Ed il fuoco che ardeva, toccandolo, non
bruciava. Guariva.
E BaekHyun si
sentiva in pace, lì. Avrebbe
voluto passarci il resto della sua vita eterna, se solo avesse potuto.
Lui si
era sempre rifiutato di avere una fissa dimora, ma lì
sarebbe stato diverso.
BaekHyun non era
una cattiva persona. E’
vero che nutriva rancore per SuHo – e lui stesso sapeva che
era ingiustificato –
che, in linea generale, non era troppo simpatico con
nessun’altro degli dei,
ma, in fondo, sapeva di volere loro bene. Poi, lui era il dio della
luce e ciò
che maggiormente avrebbe voluto fare, sarebbe stato riuscire ad
illuminarli nel
profondo del loro essere, permettere a tutt’e dodici di
vivere più serenamente,
ed invece…
«Lo
so, BaekHyun, lo so…»
Quei baci
risultavano roventi,
impetuosi, rabbiosi, intanto che ChanYeol, forte, continuava a spingere
BaekHyun verso il suo immenso letto. Se non per rispondergli con quelle
brevi
parole piene di amarezza, non stava accennando a voler far staccare le
loro
labbra.
E il dio della
luce percepiva tutto alla
perfezione. Avrebbe voluto permettere a loro dodici di vivere meglio,
ma più di
ogni altra cosa, avrebbe voluto aiutare la fenice a risorgere dalle
ceneri
nelle quali s’era ridotta da troppo tempo.
Quasi
impercettibili goccioline di
sangue iniziarono a venir fuori dal labbro inferiore di BaekHyun, dopo
che
ChanYeol l’aveva morso forse con troppa forza, ma, in ogni
caso, la fenice non
vi aveva dato troppo peso. Il dio della luce, comunque, rimaneva
immobile, adesso,
a guardare di lato, verso le tende pesanti, intanto che
l’altro si apprestava a
lasciare scie di piccoli baci sul suo collo, fin quando non si
fermò all’altezza
della clavicola, iniziando a rendere quella porzione di pelle bollente,
succhiando,
mordendo e leccando, contento solo quando vide comparire un vistoso
segno
rosso. E BaekHyun si ammaccava ancora un po’, moriva ancora
un po’ dentro.
«Si
vede che oggi Kris è ad Hestil…» disse,
a voce bassa.
A quella frase,
come di riflesso,
ChanYeol lo morse sul collo, proprio dove lo fanno i vampiri, e
finì con l’aprirgli
la camicia bianca strappandola, facendo saltarne i bottoni
chissà dove.
«Sì,
si vede. Quanta forza ti dà, mh…?»
ChanYeol spinse
col bacino contro quello
dell’altro, di scatto, a sentire ancora altre parole
provenire dalla bocca di
BaekHyun, pervase, in più, da amarezza ed evidente rabbia.
«Mi
ami?» chiese la fenice, guardando l’altro negli
occhi, con un’espressione che
definirei ermetica.
BaekHyun
annuì, senza esitazioni.
«Allora
fai solo la tua parte e sta’ zitto.»
BaekHyun era
rimasto inerme, di nuovo. Aveva
atteso che l’altro lo spogliasse (senza comunque
possibilità di sentire freddo,
per via della temperatura della torre) e che si fosse sfogato
abbastanza sul
suo corpo, lasciandogli copiosi graffi sul petto, sulla schiena, altri
segni
rossi sul collo.
Poi, il dio
della luce, era morto ancora
un po’, ripensando alle ultime parole che la fenice gli aveva
rivolto, quando
proprio lui aveva iniziato a prepararlo senza troppa attenzione, non
curandosi
se, effettivamente, i suoi muscoli potessero finalmente adattarsi alla
successiva intrusione senza recargli dolore. E continuò a
pensare infinite
volte, ancora, a quelle parole. Perché quello era diventato
il suo lavoro,
appunto: andare di tanto in tanto a fargli visita in modo che ChanYeol
potesse
sfogarsi e sopperire alla sua parte mancante.
Lasciava che
spingesse in lui quanto gli
andava, con l’intensità che preferiva, ed apriva
solo la bocca, se faceva male;
non gridava. Prendeva tutto il dolore, fisico e mentale, e lo chiudeva
in una
specie di cassaforte che abbandonava da qualche parte in fondo a se
stesso.
Non raggiungeva
il piacere. O meglio, lo
faceva, ma a momenti non se ne accorgeva ed era per semplice reazione
delle
scariche elettriche del suo corpo.
ChanYeol lo
lasciò di nuovo in quella
stanza enorme che, da essere accogliente, a BaekHyun adesso appariva
come delle
semplici quattro mura vuote, che non avrebbero potuto trasmettergli
più nulla
fin quando non avesse mandato giù quell’ennesimo
boccone amaro. Si ripulì alla
meno peggio e, con su solo i pantaloni e le scarpe,
abbandonò la torre della
fenice, con la camicia strappata in mano.
Una volta fuori,
intanto che camminava,
si voltò a guardare verso il lago Ion, sentendosi
improvvisamente in colpa per
le cose precedentemente dette al guardiano. Notò che le
acque erano del loro
solito azzurro, ma non splendevano. Ciò poteva solo stare a
significare che
SuHo si era allontanato da Hestil.