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Autore: Lilje    07/01/2013    1 recensioni
Mi sento perso, e abbandonato a me stesso in questa mia adolescenza tormentata, ma almeno c'è Lei.
Non mi abbandona mai, Lei.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le 7.00 am, e a svegliarmi sono le urla di papà contro Ale.
Non posso credere che stiano ancora litigando.
Mi premo il cuscino sulla faccia, ma loro urlano ancora. Sento papà chiamare il suo nome e la porta di casa sbattersi, probabilmente, alle spalle di mio fratello.
Con uno sbuffo mi trascino giù dal letto.  Corro in bagno, a fare una doccia, sperando mi svegli. Ho dormito solo 2 ore, e oggi ho un'interrogazione, che se va male...
No.
Non oso immaginare cosa accadrebbe se andasse male.
Una volta fuori mi sento più energico.
Asciugamano in vita e via verso la cucina per una sana ed energetica colazione a base di redbull.
Papà è lì che fissa la sua tazza di tè. Seduto da solo al tavolo, mi sembra improvvisamente invecchiato di 10 anni. Solleva lo sguardo verso di me e poi scuote la testa.
Il suo gesto e questo improvviso silenzio mi riempiono di gelo, e la mia pelle si increspa, mentre gli passo accanto per arrivare al frigo.
-Dovresti coprirti.
Dice secco.
Lo ignoro, e apro la lattina.
-E quella non è una colazione, mangia qualcosa mentre vai a scuola.
Mi lascia 10 euro sul tavolo e va via, portandosi via la tazza.
Sento di nuovo la porta aprirsi e sbattere mentre mi lavo i denti.
-BUONGIORNO ANCHE A VOI!
Urlo.
Sono tentato di rimettermi a letto. Si fotta la scuola. Se vuole mandarmi dai nonni, se vuole cacciarmi, faccia pure.
Ma quando entro in camera la borsa è pronta sulla scrivania e i vestiti mi aspettano sul letto.
Lei, esausta per quei pochi gesti, sta seduta sul letto che mi guarda con l'ansia negli occhi.
-Va bene, va bene. Vado. Ma riposa. Perdonami.
Mi sorride e la mia giornata riacquista un senso.
Indosso i vestiti che ha scelto per me.
Non ricordavo nemmeno di avere una felpa che non fosse nera. Le rivolgo una smorfia e lei mi risponde con un gesto annoiato della mano.
-Con quel vestito non puoi dirmi che il nero non ti piace. Sei ipocrita.
Alza le spalle, indifferente. Ma poi mi guarda e sembra ridere.
Vorrei davvero poter sentire la sua voce.
Afferro la borsa e scendo le scale. Lei è davanti alla porta che si dondola avanti e indietro sulle punte dei piedi come una bambina.
-Stai a casa oggi. Non seguirmi. Dopo scuola ho un appuntamento.
Solleva il pollice e sorride.
Sospiro. E' il suo sorriso falso. 
Non riposerà. Non a lungo. Se non può seguire me, starà dietro a papà o ad Ale.
Ne ho la conferma pochi minuti dopo. Mi saluta dalla finestra mentre salgo sull'autobus. Quando crede che non possa più vederla, la sua immagine appare disturbata e infine lei sparisce. Lasciando solo una vaga luce evanescente lì dove prima c'era il suo corpo intangibile.
   
 
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