19:40 esco dall’ufficio. Salgo in auto. Due curve. Semaforo rosso. Una ragazza arriva a piedi dietro di me. Si ferma al semaforo. Guarda l’ora. Si appoggia alla colonna. In attesa. Verde. Svolto a destra. 100 metri. Fermo a destra. Devo scrivere. Un appunto. Qualcosa. Passa una sirena. Proseguo. Passo come ogni giorno davanti al Bellevue. Devo scrivere. Due righe. Lo spunto. 20:05 sono a casa. Garage. Salgo. Appoggio borsa, giacca, telefoni, orologio e monete. Accendo l’Ipod connesso al Bose. Faccio per togliere le scarpe. Stasera compiti di francese. Devo scrivere. Mangio qualcosa e scrivo. Bevo. Scrivo. Una mela. Scrivo. Niente compiti. Scrivo. Rileggo. Sospendo. Inizio qualcos’altro. Lavo le stoviglie. Cerco. Scrivo. Igiene. Scrivo. Spengo tutto eccetto musica ed un faretto led che riverbera sul letto. Scrivo. E vorrei non finire mai. Dolgono le dita accanite sul corpo esile della penna. Ci sarebbe molto ancora da fare per tirar fuori e dar forma e struttura e luce e colore alle parole che ribollono dentro al mio cuore.