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Autore: Kagome_    07/01/2013    5 recensioni
Dunstan, due occhi color rubino che hanno fatto tornare Leah a vivere, a sperare, ad amare.
Un lotta: non più tra licantropi e vampiri, tra bene e male... bensì tra la vita e la morte. Jane aveva raggiunto il suo scopo, l'aveva fatta soffrire non solo mentalmente, ma anche fisicamente; portandola sulla soglia del regno di Ade.
Una corsa disperata contro il tempo. L'Amazzonia unica fonte di speranza.
Una soluzione... che però ha un prezzo.
Sequel della fanfiction "Basta uno sguardo per tornare a vivere"
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Seth Clearwater, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga "Basta uno sguardo per tornare a vivere"'
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ANGOLO AUTRICI: Eccociiiiiiii qui di nuovo!! le 3A, dopo essere rimaste solo 2A sono finalmente tornate per ripagare (si spera) le vostre attese con una storia tutta nuova della nostra Leah, che avevamo lasciato in fin di vita, e del suo amato Dunstan! vi siamo mancate?? speriamo proprio di si XD vi proponiamo questa volta una nuova fanfiction nata delle idee malate delle vostre scrittrici preferite (o almeno speriamo :P)!! prima di tutto vogliamo davvero davvero davvero davvero ringraziare tutte quelle anime pie che hanno seguito, commentato e soprattutto sopportato le folliei di "Basta uno sguardo per tornare a vivere"... noi commosse ç___ç bè adesso basta stressarvi! Buona letture e soprattutto buon divertimento!
l'unica cosa che vi chiediamo è di lasciarci almeno un commentino-ino-ino con le vostre impressioni!
un bacione Ary e Anna (la 2 A) <3


CAPITOLO 1

-Annaaaa! Annaaa! Dove ti sei cacciataaa?
Oddio no, per favore. Ero sul mio albero, impegnata a concedermi il momento di pace che mi spettava. Dopotutto essere l'alfa di un branco come il mio non era facile, eravamo tanti, forse troppi. Ogni giorno avevo la testa piena di pensieri non miei: confusione, persone da aiutare, problemi da risolvere... Insomma, il fatto che mi piacesse prendermi qualche ora per stare sola ogni giorno non era così assurdo.
-Andiamo, so benissimo che sei lì su da qualche parte!
Ringraziai gli alti alberi della foresta amazzonica, così fitti e rigogliosi, miei preziosi alleati contro i molestatori della mia quiete. Chiusi gli occhi strizzandoli forte, e con tutte le mie forse pregai che la voce familiare che mi chiamava sparisse. Restituendomi quella pace tanto agoniata.
-Anna, ora basta scherzare, ti prego. Non è per me, è Cleber, vuole vederti-. A sentir pronunciare il nome del mio ragazzo mi convinsi e saltai dall'albero, agile, piegandomi appena sulle gambe lunghe spiccai un sorprendente balzo. Sorrisi alla mia migliore amica, Ayelèn: alta come me, magra e con i capelli, di brillante nero pece, raccolti in una lunga treccia, come al solito. Lei mi guardò con un'espressione esasperata sul viso affusolato e sempre allegro.
-Mi cercavi?- domandai con un sorriso a trentadue denti, beffandomi di lei.
-Ah, te ne sei accorta? Molte grazie!-. Alzai gli occhi al cielo. Si innervosiva subito Ayelèn, aveva un bel caratterino, infatti priva di scrupoli com'era, riusciva sempre ad averla vinta. Ovviamente, mi conosceva come le sue tasche, e non solo perché era la mia migliore amica da sempre, ma anche perché faceva parte del branco come me e altre sei ragazze. Quasi metà della tribù faceva parte del branco. Eravamo pochi, molti con entrambi i genitori lupo. Alcuni avevano lasciato il villaggio, altri erano morti combattendo contro i freddi. Anche se da queste parti non si facevano molto vedere; anzi era rara la loro presenza, questo ci causava non pochi problemi, infatti la nostra tecnica non era perfetta. Ma per nostra fortuna potevamo contare sulla nostra immensa forza e velocità, nettamente superiore alla media. Ayelèn mi tirò i capelli, costringendomi a tornare bruscamente alla realtà.
-Anna sei dei nostri? Ti dicevo, Cleber vuole vederti.
-Che è successo?-. Non ero preoccupata, per qualche strana ragione sentivo che non c'era niente da temere.
-Abbiamo trovato un messaggio scritto sulla corteccia di un albero, c'è scritto che l'alfa deve trasformarsi e mettersi in contatto con i nostri “cugini” americani, sembra che abbiano bisogno d'aiuto-. Wow, questo sì che era strano! Qualche anno prima io e Jacob, il loro capo, avevamo scoperto che riuscivamo a sentirci. Come da noi, molti del loro branco, negli anni, avevano fatto la scelta di smettere di trasformarsi per avere una vita normale, ma da loro nessuno aveva abbandonato il branco. Erano diversi da noi, per prima cosa i ragazzini si trasformavano solo se c'erano dei freddi nei dintorni a minacciare la loro tribù. Da noi invece ci si trasformava e basta, era una tradizione troppo radicata nel nostro popolo, diventato molto più potente del loro, a quanto pareva. Sebbene i primi lupi fossero nati lì, noi, nel cuore della foresta amazzonica, avevamo una cultura infinitamente più grande sulla nostra specie, frutto di anni e anni di studi. D'altronde avevamo l'eternità a nostra disposizione, dovevamo solo volerla! Sehenak, uno dei nostri antenati discendente diretto di Taha Aki, si sposò ed ebbe figli, ma rinunciò ad invecchiare e morire con la moglie pur di scoprire più cose possibile sui licantropi. Studiò dapprima se stesso, poi i suoi figli e i loro figli. Io stessa, l'avevo conosciuto quando ero ancora piccola. Nei suoi ultimi anni di vita si trasformò in un “uomo” ossessionato dal sapere: uccise addirittura dei ragazzi per sezionarli ed esaminarli, finché non impazzì e si uccise. Tutta la tribù rimase decisamente turbata da quanto si era spinto oltre.
-Beh, mi trasformerò, non c'è problema. Cosa c'entra Cleber?
-In realtà non molto, ma vuole davvero vederti, lo sai come diventa quando non sa dove sei-. Lo sapevo alla perfezione. L'avevo osservato con la sua mente e lo ritrovavo nei suoi occhi ogni volta che mi guardava. Adorazione, devozione, amore sproporzionato e incondizionato. Cleber non era semplicemente il mio ragazzo: aveva avuto l'imprinting con me. Io non lo amavo, non mi era mai piaciuto particolarmente, ma leggendo nei suoi pensieri ogni giorno ero consapevole di come si sentiva e non avevo saputo resistere, odiavo fare del male alla gente. Col tempo, poi, avevo imparato a volergli bene, un sentimento tutto singolare. Ayelèn probabilmente capì quello che mi passava per la testa, perché non parlò più. Entrando nel villaggio automaticamente il mio viso, che si era fatto preoccupato, si distese in un sorriso. Mi era sempre piaciuto vedere la gente affaccendarsi nelle più svariate attività, ma mai abbastanza indaffarati da negare un saluto ad un pescatore di passaggio, a un grosso lupo , o a delle bambine con le braccia cariche di frutta. Era come osservare le formiche intorno al formicaio, laboriose e diligenti, ma anche tanto solidali l'una con l'altra.
Cleber, Emerson e Lara, correndomi incontro interruppero le mie fantasie. Cleber era molto alto e decisamente bello, mentre Emerson aveva lineamenti rozzi ed era più basso e grosso, con i capelli lisci e piuttosto lunghi lasciati sciolti. Sua sorella Lara gli somigliava molto, neanche lei era alta e aveva delle ciglia lunghissime.
-Anna!-, mi chiamò, la voce sollevata, mi stavano aspettando da un po'.
-Il messaggio è stato scritto da una sanguisuga, ne sono sicuro. Aspettavo il tuo permesso per seguire la scia-, esclamò Cleber, agitato. Ci riflettei. Sicuramente seguire la scia era importante, ma se si erano avvicinati tanto al villaggio di sicuro quei freddi erano pacifici, quindi non erano una priorità, non quanto parlare con Jacob. Scrutai gli alberi in lontananza, ormai decisa, pensando con rammarico al mio prezioso momento di solitudine.
-Non c'è da preoccuparsi, voglio prima parlare con l'alfa dei Quileutes.
-E se fosse una trappola?
-No fratello, Anna ha ragione-, intervenne Emerson. -Non ci hanno fatto torto questa notte quando hanno lasciato il messaggio e non ce ne faranno ora. Ascoltiamo cos'hanno da dire i Quileutes-. Emerson era una di quelle persone che non parlano spesso, ma, quando lo fanno, vanno dritte al punto e fanno scordare ogni argomentazione a loro sfavore. Forse era anche merito della sua voce calma e profonda, che metteva in soggezione. Con un cenno d'assenso verso Cleber e gli altri miei fratelli riattraversai in fretta il villaggio e mi addentrai nella foresta dove, con un balzo, mi trasformai.
Jacob?Ok, sembro un cretina.
Anna! Finalmente!
Che succede?

   
 
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