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Autore: Nocturnia    08/01/2013    3 recensioni
Fino a quando avresti potuto sopportarlo?
Fino a che punto avresti potuto spingere te stesso e chi ti stava attorno?
Fino a che punto sei stato consumato, pipistrello?
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bat Family, Batman, Selina Kyle aka Catwoman, Thomas Elliot/Hush
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Disclaimer: Bruce Wayne, Selina Kyle e tutti gli altri personaggi appartengono a Bob Kane, alla DC Comics e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell’autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.

Sollevati


Tre giorni dopo.
Wayne Manor.
Ore 06:34

Era stato un risveglio morbido, così diverso dall'ultima cosa che ricordavi.
Un fascio di luce rosato ti aveva colpito gli occhi, costringendoti a richiuderli.
A tentoni, avevi cercato il comando elettronico delle tende, solo per incontrare un mano incastrata sotto la tua.
Avevi sollevato una palpebra, accorgendoti della presenza di Selina.
Raggomitolata sulla sedia in una posa assurda, dolorosa per la maggior parte delle persone, dormiva così profondamente da non aver fatto neppure caso alle occhiate furtive di Grayson.
"Ehi, Bruce."
Avevi sorriso debolmente.
"Hush...?"
Dick ti aveva scoccato un'occhiata sardonica, passandosi una mano tra i capelli scuri.
"Ad Arkham, dove avrebbe sempre dovuto stare e non solo in qualità di medico."
Ti eri rilassato contro il cuscino, percependo una marea dolorosa e bruciante: forse eri davvero troppo vecchio per continuare questa vita.
"Io non..."
Dick aveva alzato un mano, facendo segno di fermarti.
Era l'unico negli anni che avesse acquisito il diritto di parlarti - o insultarti - così.
"La tossina di Crane. Il suo scopo era sempre stato quello. Attirarti con il vecchio spauracchio di Jason e Barbara, per poi inocularti la nuova ricerca di Scarecrow. Thomas conosce i tuoi - i nostri - punti deboli e non esita a sfruttarli. Compiacimento personale, suppongo."
"C'è altro dietro un misero esperimento."
"Lo so. Io e Damian abbia rintracciato il contenuto della fiala e pare un nuovo prototipo, in grado di amplificare la funzioni dell'amigdala. Il rilascio di adrenalina e dopamina aumenta esponenzialmente e la muscolatura si attiva, in attesa del colpo finale."
"Probabilmente invaderà le strade di Gotham a breve."
Dick ti aveva canzonato con un sorriso asimmetrico.
"Forse. Ciò non toglie che tu non ti sia fottuto il cervello per poco " aveva accostato il pollice all'indice "veramente poco."
"Grazie dell'informazione." gli avevi replicato acido, carezzando la mano di Selina "Come sempre mi perdo i dettagli migliori."
"Non c'è di che."
Era calato un silenzio tranquillo, spezzato solo dal respiro lento e regolare di Selina.
"È sempre stata qui, sai?"
"Non le si addice molto il ruolo di infermiera."
"No, è vero." ti aveva replicato Dick "Ma quello di dominatrice sì. Ha berciato ordini che erano una bellezza. Damian ha quasi dato di matto."
L'avevi fissata intensamente, intravedendo i lividi e le contusioni sotto il trucco elaborato.
Il tuo sguardo si era indurito.
"Ho troppi legami."
Grayson si era passato la lingua sulle labbra, alzando un sopracciglio.
"Bruce, smettila. Era conciata male, come tutti noi, ma ha scelto lei di essere al tuo fianco, quindi evita un compatimento inutile."
"Se io non..."
Dick si era avvicinato, ustionandoti con occhi durissimi e impenetrabili.
"Scegliamo cosa e chi essere, Bruce. Lei ha scelto, come me o come Tim. E anche gli altri. L'autocommiserazione non ha mai aiutato nessuno."
"Ciò non cambia la realtà, Dick." era stato un ringhio sommesso quello con cui gli avevi replicato "La fiducia, la mia fiducia, è solo un veleno. Una lama straziante che non trova mai sufficiente carne. Quando condivido, uccido."
"Lei è forte."
"Lo so."
"Allora smettila. Non è mai stata la damigella in pericolo e tu non sei mai stato un boy scout alla Clark Kent."
Avevi schiuso la bocca per replicare, ma Selina si era mossa incerta, stringendoti le dita e cercandoti tra le nebbie del sonno.
Grayson si era alzato dalla poltrona, incamminandosi verso l'uscita.
Aveva poggiato il mento sulla spalla, voltandosi beffardo.
"E poi Bruce... hai già quarantrè anni. Sei un vecchietto ormai e non so quante belle donne possano ancora capitarti."
Il piatto con sopra la colazione si era frantumato contro la porta chiusa.
Dick Grayson era ancora un dannatissimo ragazzino troppo lesto di gambe.

Due settimane dopo.
Commissariato di polizia
Ore 01:30

Come da copione, la nuova droga sintetica di Crane aveva intasato le strade di Gotham solo pochi giorni dopo i fatti accaduti al parco dei divertimenti del Joker.  
Thomas Elliot si era rivelato poco collaborativo e Gordon si era trovato a fare i conti con un coacervo di cittadini terrorizzati e mordaci, nonché con le insistenze fameliche di Vicki Vale e le insinuazioni offensive della stampa.
Quando gli avevi dato la cattiva notizia, si era limitato e sospirare, giocherellando con l'asticella degli occhiali.

"Immagino che te ne occuperai anche tu, no?"
"Sì." avevi mormorato "Sto sviluppando l'antidoto. A breve dovremmo avere le scorte necessarie per il corpo di polizia, poi per tutta la città."
Gordon aveva sorriso sotto i baffi macchiati dalla nicotina.
"Beh, immagino che la mia ulcera possa, anzi, debba ringraziarti per averle evitato un peggioramento."
Avresti voluto regalargli un sorriso, ma il tuo stesso ruolo te lo impediva.
"C'è poi quella questione aperta della guerra tra Cobblepot e Joker. Sai, l'altra settimana è stata un massacro e dobbiamo trovare il modo di arginare l'emorragia di uomini. Il Joker li ha conciati proprio male e..." ma del pipistrello non c'era più alcuna traccia.


Gotham City. Ore 02:30

"Sei in ritardo."
"Un elegante ritardo, vorrai dire."
Selina si era materializzata al tuo fianco, inspirando l'aria densa di pioggia di Gotham.
Le avevi rivolto uno sguardo obliquo, soffermandoti sul bordo slabbrato di una ferita che ricordavi fin troppo bene.
Aveva intercettato il tuo sguardo, sospirando.
"Non fa male."
Istintivamente, ne avevi percorso il contorno con l'indice, percependone la natura profonda e non ancora rimarginata.
Selina ti aveva lasciato fare, fino a quando non avevi incontrato il limite del cuoio.
"Alfred è un ottimo chirurgo d'emergenza."
Non avevi replicato.
"Ti stai arrabbiando, lo sento, ma non servirà a niente, Bruce. Sto bene."
Avresti voluto urlarle che no, no stava bene e che la sola idea di trovarla morta ti annichiliva all'istante.
Forse non ti avrebbe ucciso nel corpo, ma di tutte le cose spezzate che possedevi e di cui ti facevi scudo, quasi orgoglioso di poter sopportare un simile carico di sofferenza, quella era la peggiore.
Selina ti si era avvicinata, illuminata dal primo lampo che andava a squarciare l'aria immota della notte.
Gotham aveva rumoreggiato e da quel grumo compatto che era il cielo aveva cominciato a cadere una pioggia densissima e gelida.
"Non sono una donnetta patetica, Bruce. Te l'ho già detto. Posso sopportare il dolore: non ne ho paura."
"È vero, non ne hai paura. Ciò non toglie che faccia male comunque."
Selina aveva sorriso, mordendoti il labbro inferiore e divorandoti il respiro.
"Anche tu fai male, pipistrello. Anche tu."

La memoria è uno scherzo crudele della nostra natura.
Ci rimanda l'immagine degli assenti e di ciò che abbiamo sbagliato, senza alcun appello.
Per Bruce la memoria era un ammasso di cicatrici e lutti improvvisi, lacrime sgranate come perle di una collana.
Oltre ai tradimenti ed ai sensi di colpa, la memoria di Bruce si era anche rivelata una terribile arma contro se stesso, l'eterno epitaffio di un bambino troppo piccolo per un pipistrello troppo grande.
Quella di Selina, al contrario, tentava di essere smussata e nascosta il più possibile.
Non dimenticava Selina, ma nemmeno si beava di un passato umido di violenza e morte.
Forse, se fosse stato possibile strappare via il velo della realtà, avrebbero visto due bambini soli e spaventati nel buio, vittime di una madre iniqua e sadica, abbracciati per non perdersi nell'amnio di un utero aberrante.
Sarebbe stato possibile vedere la solitudine di due creature nate per ferire e combattere diventare altro.
Gotham li aveva sfregiati a sua immagine e somiglianza, ma nessuno dei due si era mai fatto abbattere da quella puttana di cemento e acciaio.
Avevano replicato colpo su colpo, figli prediletti e tanto temuti.
Figli perduti e infine ritrovati.

"Sai cos'è la cosa che mi ha fatto più male?"
Eri rimasto in silenzio, lasciando che ti salisse in grembo e che ti circondasse con le sue lunghe gambe, oltre la rigidità del kevlar.
"Vedere che mi massacrava con la tua faccia addosso."
"Era Thomas, Selina, non io."
Un'ammissione malcelata da una scusa, l'oppressivo senso di colpa che divorava chi, come te, era solo un lago d'odio e rimorsi.
"Lo so, lo so, ma ha fatto male lo stesso. E' stato come..." ti aveva cercato gli occhi con gli occhi, chinandosi verso la tua bocca "aver perso ogni cosa."
L'avevi baciata, lasciando colar via pensieri e desiderio, raccogliendo la pioggia assieme al suo sapore.
Era un paradosso Selina, una donna che ti riempiva svuotandoti.
Era una goccia tra le pareti del cuore e una paura divorante nella mente.

La memoria della vendetta teneva sempre sanguinanti le sue ferite.
Per questo sapevi che Hush - o Thomas Elliot - sarebbe tornato, ancora e ancora.
Sarebbe tornato e Gotham vi avrebbe buttato nella rena, chiamando a gran voce i suoi campioni e brandendo una gatta selvatica come esca.
Era tutto lì, tra le tue sinapsi, nelle tue cellule, ma non potevi abortire la memoria: non potevi abortire la paura che si genera dal ricordo d'aver vissuto.
Tra la mappa di solchi e abrasioni che era la tua figura, non avevi bisogno d'alcun esercizio per ricordare: ti bastava guardarti allo specchio.
E questo, Hush, non l'avrebbe avuto mai.
Perchè gli spettri non possiedono più alcuna memoria.

Il pipistrello aveva baciato il gatto, inoculandogli tutto il suo crudo veleno.
Aveva assorbito ogni stilla il felino, appoggiandosi ruvidamente al suo carnefice e lì rimanendo, fiducioso.
Quando l'avevi guardata negli occhi, languidi e sottilmente rapaci, avevi capito per cosa combattere, oltre una città d'acciaio e fumo.
Avevi capito e avevi lasciato andare, perché è così che vive un gatto selvatico e randagio.
È così che vive anche un pipistrello mordace e ingordo di sensazioni, tra i cirri sporchi della notte una sirena e il suo baluginio bluastro.

"Corri pipistrello, corri." ti aveva mormorato, sorridendoti e buttandosi oltre il tetto dell'edificio, aggrappandosi alla tenebra incombente di Gotham.
Avevi scoperto i denti in una smorfia a metà tra il ringhio e il sorriso, inseguendola tra le gargolle d'una città vecchia e polverosa.

Nel cielo, un gatto e un pipistrello.
Nel vostro cuore, il morso d'un sentimento chiamato amore.



Nota dell'autrice: è l'epilogo, la fine, lo sappiamo bene. Mettere il punto conclusivo a questa storia è stato un po' come chiudere l'ultima sutura d'una ferita, osservarne il risultato e scoprirsi sorridere davanti allo specchio di casa.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito: ringrazio i lettori silenziosi, ringrazio quelli che invece mi hanno fatto sentire la loro voce, seguendomi fino in fondo a Gotham, nel ventre della mia mente e in quella del pipistrello.
Spero che sia stato un viaggio piacevole per voi almeno quanto lo è stato per me scriverlo.
Grazie di cuore.
   
 
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