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Autore: dreamlikeview    08/01/2013    21 recensioni
E se Harry fosse un fotografo rinomato?
E se Louis fosse un modello isterico pomposo e viziato?
E se uno non sapesse cos'è la perfezione e l'altro fosse tanto convinto quanto sicuro di sè da chiamarsi perfezione?
E se i due si incontrassero e lentamente.. si innamorassero?
[Larry, what else?]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'All about them.'
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Quando senti che il buio esplode tra noi,
difendi l’amore che hai.
(Liberi da Sempre – Sonohra)

 
Harry Styles era un fotografo abbastanza rinomato ad Holmes Chapel, ed era stato chiamato parecchie volte anche in altre città per i suoi servigi come fotografo. Lavorava in un’agenzia nel borgo in cui era nato, era cresciuto ed aveva studiato, affermandosi sempre di più come fotografo.
Quella mattina camminava per le strade di Londra, senza curarsi del freddo. A parte il suo cappello di lana, non indossava abiti invernali. Maglietta bianca a maniche corte, jeans lunghi e converse bianche, un abbigliamento comodo, certo, ma non adatto al freddo di gennaio. Ed aveva la sua inseparabile macchina fotografica nella custodia appesa al collo, come un bravo fotografo faceva sempre. Eppure lui sembrava non provare freddo. I ricci castani erano coperti dal cappello di lana comprato di una tonalità di arancione strada, le braccia dondolavano tranquille sui suoi fianchi e i suoi occhi smeraldini si assicuravano che quella fosse la strada giusta per giungere nel luogo in cui era diretto. Era diretto a lavoro, infatti, e quella mattina gli avrebbero assegnato un nuovo modello. E non sapeva come comportarsi. Lui era abituato alle modelle, donne. Tutti sapevano della sua omosessualità, e in agenzia evitavano di metterlo in coppia con un uomo, per non distrarlo dal soggetto. E invece quella volta l’avevano fatto. Harry non sapeva cosa pensare. Forse si erano sbagliati, o forse era un tipo talmente brutto che lui si sarebbe schifato e non l’avrebbe nemmeno guardato se non per scattargli le foto.
Un momento, ma un modello poteva mai essere brutto?
Poi improvvisamente ricordò il telefilm “Ugly Betty” e tutto ebbe un senso. Certo, era uno scherzo. Tutto un fottuto scherzo. E con quei pensieri, Harry percorreva le strade del piccolo borgo di Holmes Chapel.
Giunse nel giro di una mezz’oretta all’agenzia ed entrò sfregando le mani le une contro le altre. In realtà, un po’ di freddo lo provava, ma non lo dava a vedere. Entrò dentro con un sorriso stampato sul volto, e le sue adorabili fossette a decorargli le guance e salutò tutti, dirigendosi sul set del nuovo photoshoot.
Si scompigliò i ricci entrando,e osservò la stanza ancora vuota. Sbuffò. Tipico dei modelli, presentarsi sempre con un ritardo, facendo disperare i poveri fotografi, ma Harry non era il tipo che si dava per vinto, per questo prima dell’arrivo del modello iniziò a sistemare i riflettori e posizionò la sua macchina fotografica sul cavalletto. Osservò la porta in legno per diversi minuti, prima che questa si aprisse.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi quando quello che suppose essere il modello entrò.
La maglia a maniche lunghe aderente lasciava intravedere i suoi bicipiti ben piazzati, e quel nero lo fasciava a pennello. Scese con lo sguardo sui pantaloni scuri che gli fasciavano perfettamente le gambe, e risalì sul viso.
I tratti delicati e allo stesso tempo duri,un accenno di barbetta sul mento, il naso leggermente all’insù, i capelli castani spettinati che gli ricadevano davanti agli occhi e due occhi che sembravano essere due pezzi di cielo. Ed Harry si ritrovò con la bocca aperta, a fissare quel giovane che era appena entrato, non accorgendosi del cipiglio sorpreso dell’altro, che con un colpo di tosse lo riportò sulla terra ferma.
“Hai smesso di farmi la radiografia?” – sputò fuori acidamente quello lì.
Che voce melodiosa –pensò Harry,prima che quello gli fu davanti e batté le mani davanti ai suoi occhi.
“Minchia, che palle! Pure frocio dovevo trovare il fotografo!” – strillò istericamente.
“Scu-scusa” – mormorò mortificato quello, sentendosi leggermente offeso da come si era rivolto a lui, non se lo meritava, certo era gay, e per questo doveva essere trattato in quel modo orribile?
Sospirò, mentre l’altro si portava teatralmente le mani sui fianchi, e per Harry quel movimento fu il più sexy che avesse mai visto fare da qualcuno, sia donna che uomo.
Insomma. Harry! Ti tratta di merda e tu fai i filmini mentali su di lui?!
Lo riprese la sua coscienza, ed Harry dovette ammettere a se stesso che nonostante il caratteraccio, quel ragazzo sconosciuto era davvero bello.
“Sono Harry” – si presentò il riccio.
“Beh, io sono Louis, e gradirei finire prima dell’una, la mia ragazza mi aspetta.”
Harry alzò gli occhi al cielo esasperato. Tutte a lui dovevano capitare?
Annuì distratto, e si posizionò dietro la macchina fotografica, regolò lo zoom, e poi si voltò verso il castano e sorrise cordialmente.
“Allora, iniziamo. Mettiti di fronte a me, e non guardare direttamente me, ma guarda qualcosa alle mie spalle. E per favore, assumi un’espressione allegra, se ti riesce.”
Louis annuì. Sapeva farlo il suo lavoro, mica era uno scemo. Si posizionò davanti ad Harry, sbatté le palpebre un paio di volte, e poi sorrise.
Quel sorriso illuminò tutta la stanza. Quel sorriso fece mancare un battito ad Harry, che restò spiazzato per un paio di secondi, prima di iniziare a scattare le foto a quel sorriso fantastico. Non volle perdersi un dettaglio di quelle labbra perfette, ricurve in un sorriso. Louis schiuse leggermente le labbra, mostrando i suoi bianchissimi e perfetti denti alla fotocamera, ed Harry quasi svenne a quella vista. Era perfetto in tutti i sensi. Peccato per il caratteraccio.
“P-perfetto, o-ora dovresti girarti e.. sorridere ancora” – balbettò,mentre Louis sorrideva ancora, e si voltava lentamente verso destra, in un movimento sensuale che fece stringere la stoffa dei pantaloni di Harry.
Andarono avanti per un paio d’ore, prima che Louis non si distrasse prendendo il cellulare, e sorrise – stavolta davvero – leggendo un messaggio.
Harry stavolta non resistette all’impulso di immortalare quel sorriso  vero che si era trovato davanti. Era cresciuto con la passione per la fotografia e l’arte, e secondo gli impressionisti un qualcosa di perfetto non tornava più. Per questo Harry colse l’attimo ed immortalò quel sorriso spontaneo, che dopo il flash, si tramutò in una smorfia contrariata.
“Che cazzo fai,eh?” – sbottò il castano.
“Niente, mi piaceva il sorriso spontaneo che avevi, tutto qui.” – si giustificò il riccio, guadagnandosi un’occhiata torva da quell’altro, che voltò le spalle e si diresse alla porta.
“Ci vediamo domani, Jerry.” – asserì, ed uscì dalla porta, lasciando il povero Harry con l’amaro in bocca.
E “mi chiamo Harry” –borbottò quello, sistemando la macchina fotografica, deluso dal fatto che quello non ricordasse nemmeno il suo nome. Non era mai stato trattato in quel modo da nessuno. Lui era Harry Styles, il fotografo cercato da tutti, non l’ultimo arrivato. Non poteva avere un cliente del genere, non l’avrebbe tollerato a lungo.
 
Louis Tomlinson era un modello, ma era stato cresciuto nello sfarzo e nel lusso. Lui era un grandissimo viziato. Se una cosa non era come voleva lui, quella cosa non era fattibile. Lui era convinto che la perfezione fosse in sé, ma non capiva che il suo caratteraccio, l’avrebbe portato ovunque, ma non alla perfezione. Lo aveva allontanato dai suoi migliori amici, lo aveva allontanato dalla sua famiglia, da tutti.
Louis era convinto che gli altri fossero sbagliati, che gli altri avessero qualcosa di sbagliato, non lui.
Lui era Louis Tomlinson, il modello, il ragazzo perfetto.
Le sue fan glielo dicevano.
“Sei perfetto, Tommo” leggeva su Twitter dai suoi followers, allora perché tutti gli altri si allontanavano da lui?
Eleanor, la sua ragazza, glielo ricordava ogni giorno. Era perfetto.
Lui era perfetto.
 
Ma si sa, troppa perfezione stufa.
 
Harry quella sera tornò mesto a casa.
Aveva discusso con il capo, per la storia di quel modello odioso, e lui gli aveva detto che se voleva andare a fare il servizio sul concerto dei Bon Jovi a Londra, avrebbe dovuto finire il suo lavoro con quel Tomlinson.
Anche il cognome pomposo doveva avere, sbuffò tra sé e sé.
“Sono a casa!” – urlò Harry entrando.
“Zio Harry!” – urlò una bambina riccia come il ragazzo, dagli occhi smeraldo come quelli dello zio, dell’altezza di metà gamba di Harry, correndo verso di lui e saltandogli in braccio.
“Sophie!” – esclamò il giovane, sollevandola tra le braccia, facendole fare il gioco del “vola - vola” sollevandola in aria.
“Mi sei mancato, zio!” – fece lei, stringendosi al petto del riccio, quando il gioco fu finito e il giovane l’avvicinò al proprio petto, stringendola forte a sé.
“Anche tu piccolina, dai un giorno vieni con me al lavoro, se la mamma è d’accordo.”
“Certo che è d’accordo!” – strillò Sophie, dalle braccia di Harry –“vero mammina?”
“Vedremo, tesoro.” – sorrise la donna uscendo dalla cucina asciugandosi le mani con un panno, guardando il fratello dritto negli occhi. La ragazza, poco più bassa di lui,aveva dei lunghi capelli castani della stessa tonalità di quella di Harry, ma gli occhi scuri, e non smeraldini come quelli del fratello.
“E’ andata bene al lavoro, fratellino?”
Harry si lasciò sfuggire uno sbuffo sonoro.
“Un modello odioso..” – non riuscì a continuare la frase, che la bambina lo interruppe.
“Ti proteggo io dall’antipatico zio Harreh, con la mia macchina!”
“Vorrai dire la mia.” –protestò Harry, scherzoso –“la mamma non ti ha detto che quella macchina era mia quando ero piccolo?”
Lei sorrise, mostrando i dentini, di cui alcuni erano caduti, e i suoi occhi si illuminarono spontaneamente.
“Ho una cosa di zio Harry, ho una cosa di zio Harry!” – strillò infatti, facendo ridere sia la madre che il giovane che la riprese tra le braccia e l’abbracciò ancora.
 
I tre cenarono insieme. Harry giocò un po’ con la bambina e poi dopo averla cullata dolcemente tra le braccia, questa si addormentò profondamente. Il ragazzo la depose nel lettino accanto al suo, e poi tornò in sala dalla sorella, che gli aveva accennato di dovergli chiedere qualche sorta di favore.
“Haz, domani la scuola è chiusa per la neve, e io devo andare in ufficio, non è che tu..?” – iniziò la sorella con una punta di vergogna nella voce.
“.. posso tenere Sophie?” –chiese completando il minore, con un sorriso sul viso.
La sorella annuì, mortificata. Non sapeva a chi altro lasciare la bambina e di certo non poteva lasciarla a casa da sola.
“Certo che posso, e poi lo sai, vuole venire sempre con me al lavoro, solo che il modello di questo mese è parecchio irritabile, quindi..”
“Tranquillo eh, se non puoi..” – cercò di tranquillizzarlo lei, ma lui la interruppe con un gesto secco della mano.
“Dicevo solo che mentre scatto le foto a quello dovrò lasciarla con qualcuno dell’ufficio, non voglio che impari certi termini da lui.” – fece Harry sorridendo ancora.
“Oh Harry, come farei senza di te?” – fece la mora abbracciandolo di slancio, ed Harry ricambiò quell’abbraccio, stringendo forte la sorella. Era lui l’uomo di famiglia, mica poteva lasciare la sorella nei guai per colpa di un bamboccio che si credeva il padrone del mondo?
Sciocchezze, quello non avrebbe di certo frenato il senso di protezione che Harry provava nei confronti dei due membri della sua famiglia. Sciolse l’abbraccio con la mora e si dileguò in camera da letto, salutandola con un bacio sulla fronte.
Una volta in camera, si lasciò sprofondare sul letto, ma non prese sonno, perché qualcuno gli tirava il braccio.
“Zio Harry..?” – fece la piccolina, in piedi davanti al letto dello zio.
“Sophie, dimmi” – sorrise lui, con la voce cavernosa di chi si stava per addormentare.
“Posso dormire con te? Ho avuto un incubo.. mi faccio piccola piccola..” – mormorò lei, intenerendo fin troppo Harry, che si sporse dal letto e la tirò sul letto, abbracciandola.
“Sconfiggiamo insieme questi mostri dei sogni!” – esclamò, infatti.
Lei ridacchiò e si accucciò contro il petto caldo dello zio, chiudendo gli occhi e sospirando beata, mentre riprendeva sonno. Harry si assicurò che la nipotina dormisse prima di sprofondare anche lui in un profondo e meritato sonno ristoratore.

Harry Styles non conosceva la parola perfezione, per lui era un concetto astratto. Ma era anche vero che se gliel’avessero chiesto, senza esitazione, avrebbe risposto che per lui la perfezione era la sua famiglia.
 
Il giorno dopo, verso le otto di mattina, un’allegra Sophie stringeva la grande mano di un Harry divertito, indossando un vestitino bianco e azzurro, le calze bianche a fiorellini azzurri, un paio di scarpette bianche e un giubbino più grande di lei, con un adorabile cappellino a coprirgli i ricci e una grande sciarpa a coprirle il volto, mentre lo zio era sempre a maniche corte e cappello di lana. Perché usare il cappello di lana quando usciva a maniche corte? Era un mistero.
Insieme i due giunsero allo studio, ed Harry fece accomodare la nipotina sul set, dove le fece vedere come prepararlo e si divertì a scattarle delle foto mentre lei cercava, in piedi su una sedia, a sistemare uno dei fanali che avrebbero illuminato il soggetto.
In ritardo, Louis Tomlinson fece la sua comparsa nella stanza, lasciando di nuovo spiazzato Harry, da tanta bellezza.
Quella mattina i capelli erano tirati in un ciuffo gelatinato alto, il ragazzo era fasciato da uno smoking nero, che aderiva perfettamente al suo corpo, e quegli azzurri erano di un azzurro particolare. Harry avrebbe voluto fare un primo piano di quegli occhi.
“Jerry,e così porti anche tua figlia a lavoro?” – sputò acido, quando vide la bambina saltare tra le braccia di Harry. Ma quella volta non fu canzonatorio, solo.. invidioso. Perché diavolo lo invidiava? Lui aveva tutto. Fama, soldi, ragazze.
“Non è mia figlia, è mia nipote, e comunque mi chiamo Harry” – replicò il riccio, con un cipiglio alzato.
“E’ lo stesso. Eleanor mi aspetta per le undici, quindi muoviamoci.”
Harry alzò gli occhi al cielo, e si abbassò verso la nipote.
“Lui è l’antipaticone di cui parlavo ieri, vai di là e cerca Jane, e dille che ti mando io, ci vediamo tra poco, tesoro” –sussurrò sorridendo il riccio, scompigliandole i capelli ricci come i suoi.
“Voglio stare con te, zio!” – ribatté la piccola, divertendo il ragazzo, che cedette e la lasciò scorrazzare per il set, tuttavia senza farsi intralciare.
“Bene Louis, voglio una bella espressione seria.” – fece Harry, guardandolo negli occhi, cercando di sostenere quello sguardo magnetico.
Louis annuì, si mise in posizione, e guardò verso l’obiettivo con uno sguardo penetrante, uno sguardo che trafisse Harry nel profondo, uno sguardo che stregò il riccio che iniziò a scattare foto. Non resistette e senza che l’altro se ne accorgesse, zoomò sugli occhi di Louis, immortalando quei colori: azzurro, grigio e verde, che si fondevano insieme in quello sguardo che avrebbe mandato sulle nuvole anche il più etero dei ragazzi.
Harry dovette deglutire diverse volte, quando Louis si piegò a terra sulle sue ginocchia e girò leggermente il viso.
Dannazione, gliel’aveva detto lui, perché ora si faceva tutti questi problemi? Ancora una volta, sentì qualcosa o qualcuno risvegliarsi tra le sue gambe. Possibile che un tale antipatico, gli facesse quell’effetto?
Magari non è realmente così – si disse tra sé e sé – magari finge per non soffrire.
Sospirò, e alle undici precise finirono il servizio fotografico. Harry non sentiva più la nipotina, e appena si voltò verso un divanetto, la vide addormentata beata con il giaccone del castano addosso.
Louis fece per riprenderselo, ma si bloccò quando vide la bimba avvolta in quello.
Harry si affrettò ad alzare le mani.
“Non sono stato io, evidentemente aveva freddo, mi dispiace” – fece avvicinandosi alla nipote e facendo per prendere il giaccone.
“No, no lascia perdere, tanto ho caldo.” – sorrise dolcemente. E gli appoggiò una mano sulla spalla.
“A domani, Harry” – fece afferrando la sua sciarpa e scappando via.
E un timido sorriso si dipinse sulle labbra del riccio.
Louis Tomlinson si era ricordato il suo nome.
 
Quando fu uscito dall’agenzia, Louis si sorprese del suo gesto.
Non l’aveva mai fatto.
Eppure quando era entrato in quello studio, e aveva visto Harry ridere come un bambino, mentre giocava e scattava foto alla nipotina, non si era trattenuto dal sorridere spontaneamente, ma quel sorriso era stato sostituito subito da un’espressione dura ed antipatica, che aveva fatto scatenare uno dei suoi commenti acidi.
Ma dentro di sé, non provava assolutamente niente di tutto questo.
Aveva scritto ad Eleanor che c’era più lavoro del solito, e che si sarebbero visti di sera. Aveva bisogno di fermarsi un attimo e riflettere, che gli stava succedendo?
 
Forse quella sera, Louis Tomlinson avrebbe cambiato la sua idea di perfezione, tutta colpa di quel maledetto riccio dagli occhi magnetici che lo aveva colpito dalla prima volta che l’aveva visto.
Harry. Anche il nome di quel giovane era bello. Come era possibile ciò?
Lui era etero, era fidanzato con Eleanor.
Già, Eleanor, che lo aspettava al solito bar, alla solita ora.
Arrivò in orario,con lei doveva essere puntuale, per forza, e la salutò con un leggero bacio sulle labbra, sedendosi di fronte a lei, con un falso sorriso sul volto.
“Amore sei stanco?” – chiese.
“No, tranquilla, pensavo.”
“Hai freddo? Che fine ha fatto il tuo giaccone?”
“L’avrò dimenticato all’agenzia, sai che sono uno sbadato” – e rise, coinvolgendo la ragazza.
Qualcosa dentro di lui non andava. Non riconosceva nemmeno più la sua risata che una volta era cristallina e dolce, che lo faceva sentire felice dentro di sé.
Dov’era finito il Louis spensierato di una volta?
 
Tornò a casa stanco e afflitto. Sprofondò nel suo letto coperto da un piumone pesante e lenzuola di seta, e affondò il viso nel suo cuscino di piume d’oca,addormentandosi in poco tempo.
L’unica cosa che continuava a ripetersi davanti ai suoi occhi era l’immagine di un Harry che prendeva in braccio una bambina e la cullava dolcemente tra le braccia.
 
Harry tornò a casa con Sophie ancora addormentata. Si era addormentata di nuovo, mentre lo zio sistemava delle scartoffie e lui vedendola di nuovo addormentata non ci pensò due volte a lasciare tutto lì come stava e a prenderla tra le braccia per riportarla a casa. Avrebbe fatto tutto il giorno dopo.
Stanco, si mise a letto senza nemmeno la cena, sua sorella non era in casa e chissà dov’era andata, ma non ci badò molto, stanco com’era si addormentò con il sorriso sulle labbra.
Louis aveva ricordato il suo nome.
 
 
 
Ormai era un mese che Louis ed Harry lavoravano insieme.
Dopo quell’atto di dolcezza del castano, tutto era tornato alla “normalità” Louis non aveva affatto cambiato idea sulla sua perfezione e sull’imperfezione altrui, e non voleva ammettere che qualcosa dentro di lui stava cambiando lentamente. Era felice così, in fondo.
Non sentiva mai la necessità di altro, non s’importava degli altri fondamentalmente.
Ma erano giorni che vedeva Harry distratto, lo vedeva assente mentalmente. Come se fosse stato rapito da chissà quale strano pensiero. Non gli importava di certo di lui, ma non voleva che quel riccio con i suoi stupidi pensieri si distraesse dal lavoro, e dal suo dover immortalare la sua perfezione. Ecco cosa gli importava. La sua perfezione nelle foto.
Perché lui se lo ripeteva, sempre. In ogni momento.
Sono perfetto, mi hanno sempre detto che sono perfetto, quindi lo sono.
E se ne auto convinceva sempre di più.
“Jerry, sei assente.” – asserì.
“Scusa, Louis.” –mormorò dispiaciuto il riccio, distogliendo lo sguardo da lui, e afferrando il cellulare per scrivere alla sorella un messaggio.
“Senti, stai lavorando puoi per piacere prestare attenzione a me invece che a quell’affare?!” – strillò istericamente. Non sopportava che l’attenzione non fosse rivolta a lui, non sopportava di essere il secondo pensiero di qualcuno, specialmente di quel riccio. Lui era  una prima donna, un modello. Più vanitoso anche di Miss Mondo.
Lui era Louis Tomlinson, la perfezione, non poteva essere secondo a nessuno.
“Scusa, la salute di mia nipote è più importante di un pomposo e viziato come te.” – esordì. Freddo, duro, tagliente.
Louis si stupì di quel tono nei suoi confronti.
“Ma chi ti credi di essere eh?!”- continuò Harry –“io mi faccio il culo per te, cerco di farti sorridere per avere dei buoni scatti, cerco di essere gentile e tu ti comporti come una diva. Non sei il padrone del mondo, Louis!”-afferrò il giubbotto, e indossandolo uscì dalla porta, sbattendola.
Già, Harry Styles quella mattina aveva dato di matto per la prima volta in tutta la sua carriera.
Era preoccupato. In quei giorni era stato intrattabile con tutti quelli che lo conoscevano,perché la piccola Sophie era malata e non avevano ancora ben capito cosa avesse. Quella mattina, poi la sorella di Harry aveva deciso di portarla dal pediatra,ed Harry ansioso di sapere la sua piccolina come stesse era diventato più intrattabile del solito, e davanti all’arroganza di Louis non aveva retto. Era esploso come una bomba ad orologeria, ormai era un mese che continuava a lavorare con quel tipo intrattabile, che lo trattava in modo pessimo e per di più lo umiliava e lo offendeva in continuazione.
Harry era un tipo calmo, pacato, ma quando gli sbottava,  voleva dire che era arrivato realmente al massimo della sopportazione, e che quella era ora di smetterla.
Non ci pensò due volta a lasciare Louis da solo sul set fotografico ed andare via, prendendosi un permesso, convincendo il capo che doveva accudire la nipotina.
A qualcosa, in fondo, serviva essere il fotografo più rinomato della città.
 
Louis era rimasto spiazzato dal comportamento del riccio. Ma chi si credeva di essere lui, a parlare in quel modo al grande Louis Tomlinson? Insomma, un po’ di rispetto non era contemplato? Lui poteva rispondere come voleva, non quel riccio che aveva solo la fama di essere un bravo fotografo.
No, no. Quel riccio ormai era sulla lista nera di Louis, e doveva pagare il suo atteggiamento antipatico nei suoi confronti. Louis sapeva di essere perfetto, e tutti dovevano dimostrarglielo.
Non te la caverai così facilmente, Styles.
Ridacchiò tra sé e sé, escogitando il modo in cui poteva vendicarsi su di lui. Avrebbe puntato tutto sul suo charme e sull’evidente attrazione che il riccio provava per lui. Nessuno rispondeva male a Louis Tomlinson.
 
Nuovo photoshoot con Louis. Per Harry da una parte era un trauma, perché significava guardare quel pomposo rompipalle pavoneggiarsi tutto il tempo, e soprattutto ascoltare i suoi isterismi, accontentare le sue assurde voglie. Come quella volta che aveva voluto un semplice caffè, ma per averlo Harry era dovuto andare e venire dieci volte dal bar perché una volta era troppo caldo, un’altra volta troppo freddo, troppo dolce, troppo amaro, niente latte, con latte, con il cacao, senza cacao. Alla fine aveva preso l’espresso semplice. Ed Harry era stato ad un passo dalla crisi di nervi quella volta. Perché doveva rendergli la vita difficile? Dannazione,era un fotografo non un servetto.
Non sopportava che Louis lo trattasse in quel modo, non lo sopportava, perché non meritava un po’ di rispetto da quello?
Sbuffò entrando. Erano giorni che era anche sensibile al freddo. Assurdo!
Gettò su una sedia fuori dal set il giaccone e il cappello, e dopo essersi ravvivato i ricci, spalancò la porta, convinto che Louis non fosse ancora arrivato come suo solito, e invece un calore atroce lo investì in pieno, e guardò di fronte a sé il castano solamente in boxer. Resterò un paio di secondi boccheggiante davanti a quella visione, e dovette sbattere le palpebre diverse volte.
“Ciao Harry!” – esordì solare quello, come se il giorno prima tra i due fosse stato tutto rosa e fiori e loro fossero due semplici colleghi che dividevano il lavoro.
Harry non poteva immaginare quale subdolo piano avesse in mente Louis, quella mattina, e nemmeno il motivo per cui fosse così felice.
Semplicemente si stupì di quel repentino cambio di umore dell’altro nei suoi confronti, Harry era un bonaccione, non pensava mai male di nessuno, nemmeno di uno come Louis.
“Ciao Louis, ti sei svegliato con la luna dritta oggi?” – sorrise di rimando Harry, scherzando, facendo scoppiare l’altro in una fragorosa risata. Una risata vera, cristallina. Sotto sotto maligna, ma Harry ancora non lo vide.
“Spiritoso! Dai, oggi abbiamo tutto il tempo che vogliamo, non devo vedere nessuno”
“Oh, mi fa piacere! Allora dammi due minuti che sistemo tutto e iniziamo..oh come mai sei in boxer?”
“Non te l’hanno detto? Pubblicità per questi!” – e afferrò l’elastico dei boxer tirandolo in avanti, per mostrare ad Harry il prodotto da pubblicizzare quella volta. Harry deglutì diverse volte, cercando di distogliere lo sguardo. Era incantato, estasiato da quella visione.
Distolse lo sguardo solo quando Louis mollò l’elastico dell’indumento intimo, facendo sentire lo schiocco dell’elastico contro la pelle.
Harry deglutì.
Dove diavolo aveva messo la sua macchina fotografica? Perché non ricordava mai dove la mettesse? Ma soprattutto, perché quel Louis doveva essere così dannatamente attraente? Perché uno così era capitato a lui? Non poteva trovarsi davanti un ragazzo molto brutto pieno di brufoli con i denti storti, invece di quel dio greco dai tratti perfetti?
Perché doveva essere così fottutamente perfetto?
Certo, lo era solo fisicamente, ma ad Harry attirava parecchio, soprattutto da quando si chiedeva se Louis si comportasse in quel modo per non soffrire. Era troppo sensibile, accidenti.
Riuscì finalmente a spostare lo sguardo e trovare la sua macchina fotografica, e a posizionarla sul cavalletto.
“Perfetto, iniziamo!”-esclamò Harry. Sperava di uscire vivo da quel servizio.
Non sarebbe riuscito a resistere a quella.. perfezione, ne era certo.
Louis sorrise innocentemente, iniziando a mettersi in posa per quell’ennesimo photoshoot.
Harry deglutiva ogni volta che si muoveva, sospirava pesantemente ogni volta che Louis proiettava il suo sguardo magnetico nell’obiettivo, nel suo.
Improvvisamente, Harry sentì i pantaloni più stretti del solito.
Louis si era appena inginocchiato, e aveva portato una mano nei capelli umidi a causa dell’umidità che era causata dai caloriferi al massimo. Lente goccioline di sudore gli scivolavano dalla fronte, rendendolo ancora più sexy di quanto non apparisse agli occhi del riccio. Harry sudava. Faceva caldo lì dentro, e quasi si pentì di aver una maglia a lunghe maniche, invece della sua solita maglia a maniche corte.
Passò una mano sulla fronte, sperando che Louis non si fosse accorto del suo piccolo disagio di fronte a lui.
Ritornò su di lui, riprendendo a scattare. Louis strinse la mano nei capelli, e fissò l’obiettivo con uno sguardo penetrante e malizioso,  che non sfuggì ad Harry, e il riccio – suo malgrado – si sentì ancora più eccitato di prima.
Ti prego, ti prego fa che non se ne sia accorto.
Nulla però sfuggiva agli occhi di Louis.
Cambiò posizione aprendo leggermente le gambe,e da sopra i boxer Harry poté notare qualcosa che gli fece stringere ancora di più la stoffa dura dei jeans che indossava.
Deglutì ancora, e scattò le foto. Certo, Louis il suo lavoro sapeva farlo bene.
E poi.. sorrise.
Un sorriso dolce, in fondo malizioso, un sorriso che Harry non decifrò. Semplicemente si sentì ancora più attratto da quel ragazzo, che avrebbe dovuto fargli tutto, tranne eccitarlo in quel modo sconsiderato.
Smettila, smettila ti salto addosso se continui..
Harry non riusciva a trattenersi. Continuò a scattare foto sperando che la sua attrazione per Louis svanisse d’un tratto. Harry deglutì ancora, quando Louis si abbassò leggermente i boxer, facendo intravedere i peli che portavano ad un posto in cui le fantasie più perverse di Harry si scatenavano.
E il riccio non resistette. Mentre scattava le foto, si portò una mano sulla patta dei pantaloni, iniziando a massaggiarsi per alleviare l’eccitazione lo stava prendendo.
Louis sorrise soddisfatto, e non demorse. Continuò fino a che non credé che Harry fosse pronto alla seconda parte del suo piano. Quella più meschina e subdola che avesse mai pensato.
Perché era così vendicativo? si era chiesto, ma non si era dato risposta. Semplicemente gli piaceva vendicarsi di chi gli aveva fatto un torto. Ma Harry gli aveva davvero fatto un torto, in fondo?
Sì, gli aveva risposto in malo modo, e doveva pagarla con gli interessi.
“Harry..” – sussurrò Louis, provocatorio, gattonando verso di lui, arrivando quasi vicino a lui.
“Harry” – sussurrò ancora –“posa quella macchina, ne abbiamo fatte abbastanza..” – mormorò da terra, allungando una mano verso i pantaloni del riccio e sbottonandoli per farli cadere lungo le gambe del padrone e sfiorargli con i polpastrelli di quelle dita affusolate che si trovava l’erezione evidente che il riccio aveva.
“L-Louis.. do-dovremmo fi-finire..” –balbettò il riccio, cercando di contenere i gemiti provocati da quello sfioramento. Cercava, certo, ma non ci riusciva.
“Oh dai, vuoi dirmi che preferisci lavorare.. a questo..?” - continuò ad accarezzarlo, con fare dolce e perverso, ma Harry si fermò al dolce. La sua dannata bontà.
Una mano di Louis salì fino a quella di Harry, intrecciando le sue dita affusolate con quelle callose della mano del riccio. Harry a quel tocco non resistette, e ricambiò la stretta, seguendo poi il castano, abbandonando il posto dietro al cavalletto, che occupava poco prima.
Louis lo fece appoggiare con le spalle contro il muro, e si alzò in tutta la sua altezza di fronte ad Harry, che proiettò i suoi occhi in quelli di Louis, e ancora non capì.
Louis gli sussurrò sensualmente di chiudere gli occhi e fidarsi di lui, ed Harry lo fece, aderendo completamente alla parete quando la mano di Louis si infilò sotto la sua maglietta, accarezzandogli il petto.
Si morse freneticamente le labbra, che furono accarezzate da un dito del maggiore, che mimò con le labbra uno “shh” molto sensuale alle orecchie di Harry.
Il riccio appoggiò le mani contro la parete annuendo energicamente, e deglutì ancora quando la mano di Louis scese con un rapido movimento sui suoi boxer. Trattenne un gemito nel petto, quando Louis prese ad accarezzarlo con quei movimenti strani, che portarono Harry non al culmine del piacere, ma quasi.
Ma Louis non era soddisfatto. Harry doveva arrivare al limite, e restare insoddisfatto. Doveva –detto volgarmente- ammazzarsi di seghe pensando a quella giornata. Non l’avrebbe dovuta dimenticare.
Non doveva dimenticare Louis.
“Harry..”-sussurrò ancora Louis, all’orecchio del riccio, che fremeva di piacere anche al solo sentire la sua voce.
Harry cercò di annaspare aria, e si sentì morire, quando le labbra del castano sfiorarono le sue.
Le bramava, ora. Bramava quelle labbra sottili, fini, baciabili.
Bramava assaggiarle, le voleva. Voleva possederle.
“T-ti prego..” – ansimò Harry, con gli occhi stretti tra loro –“ba-baciami..”
Louis gli poggiò un dito sulle labbra, zittendolo.
“Shh.. piccolino, shh. Ci penso io a te..” – sussurrò maliziosamente al suo orecchio baciandolo delicatamente, scendendo piano sul collo.
Quei baci erano il piacere massimo per Harry. Il collo era il suo punto debole, dannazione.
La mano di Louis scese di nuovo sui boxer, stavolta infilandosi direttamente dentro. Ed Harry fremette di piacere.
Rischiava di venire da un momento all’altro, ma non aveva capito che Louis non l’avrebbe mai permesso.
Ansimò, gemette, respirò velocemente ad ogni tocco, ad ogni carezza, ad ogni bacio.
Quel ragazzo sarebbe diventato la sua droga, non avrebbe potuto farne a meno, lo sapeva già.
Non voleva poterne fare a meno, fondamentalmente.
Quando fu sul punto di venire nella mano di Louis, nei suoi stessi boxer, il modello si fermò.
Harry restò spaesato per una serie infinita di minuti, fino a quando non riaprì gli occhi, puntandolo ancora in quelli di Louis, quelli del castano che lo stava a poco a poco conquistando, e finalmente capì.
Trovò quella malizia, quell’essere subdolo, quella.. cattiveria nello sguardo dell’altro. Capì che era tutto un piano per portarlo al piacere, e poi lasciarlo insoddisfatto. Capì che quelli erano stati gesti falsi. Capì che quel ragazzo era falso. Capì una serie di cose per cui si sentì uno stupido, umiliato, ferito nell’orgoglio.
Harry non poteva credere che Louis avesse tramato così alle sue spalle. Era consapevole che il castano provasse odio nei suoi confronti, ma non immaginava fino a quel punto.
Non immaginava che quello l’avesse mai illuso in quel modo.
Aveva la fronte imperlata di sudore, lo sguardo vuoto e il cuore a pezzi, per non parlare poi di quella prepotente erezione nei boxer, quando Louis si staccò da lui, ridendo in modo odioso, quasi.. diabolico.
Come poteva un essere così perfetto all’apparenza, nascondere tutti quei sentimenti negativi? Come poteva apparire un ragazzo dolce e simpatico, quando dentro era un mostro senza sentimenti?
Come aveva potuto pensare, Harry, che Louis fosse cambiato, e che l’avesse trattato come un umano comune?
Come aveva potuto pensare che fosse umano?
Ma soprattutto come poteva pensare tutte quelle cattiverie, su quello che fino ad un’ora prima considerava solo un ragazzo che aveva avuto una cattiva educazione, e che dentro di sé soffriva da morire?
Come faceva ancora a credere che quello non era stato un atto voluto da lui, quando lo era palesemente, ma solo dettato da un animo frustrato?
Prima o poi, il castano se ne sarebbe accorto, magari avrebbe scoperto i veri sentimenti.
Ma fino a quel momento, ad Harry sembrava imperfetto. Era perfetto fisicamente, certo, era impeccabile, ma dentro di sé non aveva sentimenti, era vuoto, falso come una moneta da cinque euro italiana.
Un po’ come quando sei a Napoli e vedi una bella ragazza, tu sei lì,la guardi pensi che sia carina, poi lei apre la bocca, tirando fuori il peggior dialetto provinciale mai sentito, apparendo ai tuoi occhi come la cosa più imperfetta che c’è, per quel difetto di pronuncia.
Ecco come appariva Louis ad Harry. Un ragazzo che fuori era perfetto, ma dentro no.
Un ragazzo che era tutto, tranne che perfetto, l’ennesimo prodotto di una grande agenzia, l’ennesimo stronzo sulla faccia della terra.
Era proprio vero.
Le apparenze ingannano.
 
Soddisfatto, crudele, bastardo come solo lui sapeva essere, Louis si rivestì con una lentezza maniacale davanti al povero Harry, che stavolta non riceveva nessun impulso. Dopo tutto quello che Louis gli aveva fatto, si era ripromesso di non dover provare più alcuna attrazione verso quel modello falso.
E si sentì stupido per aver provato una cosa simile verso quel tipo così meschino.
“Ci vediamo domani, frocetto.” – rise nervosamente Louis, fuggendo via subito dopo, credendo di aver ferito l’altro, che tuttavia restò completamente impassibile.
Louis soddisfatto tornò a casa, scrisse ad Eleanor di raggiungerlo a casa e illuse lei che avesse dannatamente voglia di lei.
In realtà, Louis aveva provato un’attrazione fortissima verso il riccio, sentendolo ansimare per lui, tutto quel tempo e in qualche modo doveva sfogarsi adesso.
Per un attimo aveva avuto il desiderio di avere quel riccio tutto per sé, di urlargli quanto in realtà si appartenessero, ma era stata una cosa effimera, volata via nel giro di un ansimo.
Aveva avuto la sua vendetta, perché si sentiva così.. vuoto?
 
Distrutto, deluso, illuso, umiliato, ferito, Harry in quelle condizioni ritornò a casa.
Era solo, per fortuna. Sua sorella e la bambina erano andate via per un paio di giorni, in montagna. Il pediatra aveva assicurato che la bambina avesse solo un’influenza, ma era meglio per lei prendere un po’ d’aria pura di montagna, per questo la donna non aveva esitato a prendere un paio di giorni di vacanza, e portare sua figlia in montagna, dove l’aria era più pulita.
Magari serve anche a me una vacanza.
Asserì mentalmente Harry, dirigendosi in camera sua, senza alcuna voglia di fare niente. Non aveva voglia di mangiare, né di bere, né di dormire, né altro.
Decise che per lui era meglio guardare un po’ di tv, almeno se avessero dato qualche bel programma televisivo non avrebbe pensato a niente. E lì su quel divano si addormentò, sognando involontariamente un paio di occhi azzurri maledetti.
 
Louis non ne poteva più.
Erano mesi che lavorava con il riccio, mesi in cui lo guardava e provava una strana cosa verso di lui, mesi in cui sperava di trovarsi troppo accanto a lui, mesi in cui sperava che il riccio lo guardasse ancora con gli occhi di un ragazzino alle prese con la sua prima cotta.
Erano mesi che Harry era freddo ed insensibile con Louis.
Il modello si era ritrovato più e più volte a fissare quei ricci così morbidi e spumosi, quegli occhi smeraldini che lo incantavano inevitabilmente, quel collo che aveva baciato così profumato e candido, quel fisico.. perfetto.
Perché pensava a quel ragazzo in quel modo? Il suo concetto di perfezione non poteva cambiare. Era lui l’essere perfetto, era lui il centro delle sue attenzioni, perché quel riccio lo scostava dal pensiero di se stesso?
Com’era possibile che.. ne fosse attratto?
No, lui non era gay, lui era etero. Lui stava con Eleanor.. da quanto tempo era che non si eccitava al pensiero della sua ragazza?
Oh mio dio, sto diventando frocio per colpa di quel riccio!
Ma se Louis provava eccitazione per Harry, quest’ultimo non ne provava più per lui. O almeno si auto convinceva di questa cosa, per non soffrire, per non restare ancora una volta deluso, per non lasciarsi usare ancora.
Era rimasto deluso e amareggiato dal gesto dell’altro,ma più che altro si era sentito ferito nell’orgoglio, perché Harry era buono, gentile, sorridente, dolce..
Ma era maledettamente orgoglioso. E per questo ora respingeva Louis.
E più lo respingeva, più Louis ne era attratto. Erano due grandezze inversamente proporzionali, due rette parallele, due piani che non si incontravano mai.
Più uno si allontanava dall’altro, più l’altro si avvicinava,e viceversa.
Quella situazione, probabilmente, non sarebbe mai cambiata, se uno dei due non avesse fatto atto di umiltà ed avesse chiesto scusa al giovane che si era sentito ferito nell’orgoglio, e magari l’altro avrebbe dovuto mettere da parte l’orgoglio per una volta, invece di restare sempre della sua maledetta convinzione.
Magari tutti e due avrebbero dovuto imparare qualcosa, prima di riuscire a trovarsi finalmente.
Fino a quel giorno, le loro strade non si sarebbero incontrate.
Fino a quel giorno, avrebbero continuato ad odiarsi, a guardarsi male.
Ad essere uno, il fotografo silenzioso e l’altro il modello perfetto che appariva davanti a tutti.
Fino a quel giorno, nessuno sarebbe mai stato realmente felice.
 
 
Ormai erano due mesi che continuavano così.
Niente sembrava riportarli alla ragione.
Harry ignorava Louis, Louis trattava male Harry, Harry se ne infischiava, Louis cercava di attirare l’attenzione su di sé, Harry ignorava ancora, Louis cercava di farsi piacere, Harry se ne infischiava ancora, Louis cambiava idea di perfezione senza accorgersene, Harry cambiava continuamente idea sulla perfezione del castano, Louis tornava scontroso con il riccio, Harry ne era attratto.
Insomma, una situazione ingestibile era diventata.
Un tira e molla continuo.
Avrebbero smesso di inseguirsi e finalmente avrebbero capito qual era la cosa giusta da fare, prima o poi?
Era una domanda a cui non c’era una risposta, solo il tempo avrebbe potuto dirlo.
 
Harry arrivò stanco, quella mattina. Non aveva voglia di vedere quell’arrogante di Louis, non aveva voglia di far foto, non aveva semplicemente voglia di nulla.
Non si aspettava però, qualcos’altro.
Entrato aveva sentito una strana melodia provenire dal set dei photoshoot.
Chi aveva mai pensato di mettere della musica sul suo set? Forse per rilassarlo dal malumore che l’aveva preso da qualche tempo? O forse per tenerlo buono quando sarebbe arrivato il castano e avrebbe continuato a rompere le scatole al povero Harry con il suo pessimo atteggiamento?
Non lo sapeva, ma sapeva che un po’ di musica gli avrebbe solo fatto bene.
Chiuse gli occhi, al sentire quella melodia e si diresse verso il set, fermandosi immediatamente fuori la porta.
Sentì una voce angelica, celestiale provenire da dentro.
Chi era che cantava?
Chi aveva una voce così dolce, calma, e rilassante?
Harry si appoggiò alla porta con la fronte, aguzzando le orecchie. Voleva capire chi fosse dentro.
Louis? No, lui arrivava sempre con venti, trenta minuti di ritardo. Doveva essere qualcun altro a cantare.
Ci pensò un paio di volte, ma non conosceva nessuno che cantasse, o almeno qualcuno di così intonato. Qualche volta aveva sentito i suoi colleghi cantare, ed erano parecchio stonati.
Un nuovo modello? Un attore? Un cantante?
Quest’ultimo probabile. Ma non aveva mai sentito nessun cantante con quella voce.
Cantante emergente?
Ma perché non si decideva ad aprire la porta?
 
So kiss me
Beneath the milky twilight
Lead me
Out on the moonlit floor
Lift your open hand
Strike up the band
And make the fireflies dance
Silver moon's sparkling
So kiss me
 
Harry chiuse gli occhi, beandosi di quel suono così melodioso. Prese a dondolarsi a destra e sinistra con il corpo, quasi cullandosi. E sorrise spontaneo sentendo quella voce.
Quella voce era semplicemente perfetta.
Improvvisamente fu investito in pieno dalla voglia di cantare e di scoprire chi fosse il giovane che intonava quel dolce canto.
Lentamente aprì la porta, e spiò.
C’era un ragazzo seduto a terra, accanto ad uno stereo. Quel fisico Harry l’avrebbe riconosciuto ovunque.
Non poteva crederci, non poteva essere lui.
Non poteva essere quello stesso ragazzo che su di lui stava avendo tutti quegli effetti strani.
Non poteva essere Louis Tomlinson, quell’angelo che cantava.
Harry deglutì un paio di volte. Non l’aveva visto entrare, era rimasto concentrato sulla canzone.
I capelli castani che gli ricadevano morbidi e spettinati sul viso, gli occhi chiusi, le labbra che si muovevano a ritmo lento di quella canzone…
Harry senza far rumore si avvicinò a lui, sedendosi accanto a lui.
 
Kiss me
Down by the broken tree house
Swing, swing
Upon it's hanging tire
Bring, bring
Bring your flowered hat
We'll take the trail marked
On your father's map
 
Cantò Harry, senza tuttavia girarsi verso Louis, che appena sentì la voce del riccio si voltò verso di lui, e sorrise davvero. Uno di quei sorrisi in grado di illuminare una stanza, uno di quei sorrisi che mettevano il buon umore, uno di quei sorrisi che scaldavano il cuore di chi lo guardava.
Da quanto tempo era che non sorrideva così? Una vita, forse.
Harry non riuscì a girarsi verso il castano che si sporse leggermente verso di lui, baciandogli delicatamente la guancia paffuta.
 
Oh kiss me..
 
Cantarono insieme, e lo sguardo di Harry si proiettò in quello di Louis.
Entrambi si persero nelle iridi dell’altro, restando travolti da quei colori.
Harry dall’azzurro cielo degli occhi di Louis, e Louis dagli smeraldi brillanti che aveva Harry.
Incatenati così l’uno allo sguardo dell’altro, continuarono a cantare, fino a che il cd inserito da Louis non cambiò melodia, facendo partire un’altra canzone, con tema Baci.
Non se ne accorsero, restarono a contemplare l’uno lo sguardo dell’altro.
Louis aveva portato una mano sulla guancia di Harry, e l’aveva avvicinato leggermente a sé.
Si era creata attorno a loro una strana atmosfera. Dolce, sensuale, romantica.
Nessuno dei due poteva scappare a quello.
Loro erano legati da qualcosa di strano. Era vero che tra l’odio e l’amore c’era un filo sottilissimo, al quale bastava un niente per eliminarlo. Nel loro caso era bastata una canzone.
 
Well, I'm not sure what this is gonna be,
But with my eyes closed all I see
Is the skyline, through the window,
The moon above you and the streets below.
 
Cantò improvvisamente Louis, ad un palmo dal naso di Harry, ancora perso in quelle iridi brillanti del bellissimo ragazzo, perfetto ragazzo che aveva di fronte. Louis Tomlinson aveva appena definito Harry Styles perfetto.
Harry si sentì in dovere di rispondere a quel pezzo di canzone, proseguendo la canzone, appoggiando una mano sulla bocca di Louis e sorridendogli, facendo comparire le sue amabili fossette sulle guance.
 
Hold my breath as you're moving in,
Taste your lips and feel your skin.
When the time comes, baby don't run..
 
Louis sorrise spostando la mano di Harry ed unendosi a lui.
 
Just kiss me slowly.
 
Cantò con lui, sorridendo e sussurrando ad un palmo dalle sue labbra, accarezzandogli con la mano la bianca guancia, e allungando il pollice verso le labbra del più piccolo, accarezzandolo con fare dolce, totalmente diverso da quel giorno in cui si era voluto vendicare.
Non resistette più, Harry si sporse verso di lui, e, ancora con la mano di Louis sulla guancia, congiunse le loro labbra.
Louis restò immobile per la sorpresa appena un paio di secondi, prima che Harry gli accarezzasse le labbra con le sue, muovendole lentamente contro, leccandogliele appena per chiedere accesso alla sua bocca e Louis glielo concesse senza farsi troppi problemi. Possibile che quello fosse lo stesso di qualche giorno prima?
Harry  respirò pesantemente contro le labbra di Louis, ma le cercò ancora e ancora e ancora, fino a che non fu stremato, stanco e in cerca di aria, insieme al ragazzo con il quale aveva condiviso quel bacio dolce, e pieno di passione allo stesso tempo.
Harry si distaccò, proiettando di nuovo gli occhi in quelli di Louis.
“Mi dispiace, mi dispiace per tutto quello che t’ho fatto, Harry, mi dispiace davvero.. io.. ho riflettuto, sono mesi che lo faccio. Mi dispiace, non avrei mai dovuto comportarmi male con te” – disse tutto d’un fiato –“mi perdoni?”
Harry sorrise ancora e gli diede un bacio a fior di labbra.
“Certo che ti perdono, stupido.”
“Non so cosa tu mi abbia fatto Harry, credo di essermi innamorato di te.” – lo guardò, proiettando i suoi occhi in quelli del ragazzo di fronte lui, e gli accarezzò ancora la guancia –“i tuoi ricci, i tuoi occhi, quell’aria da bambino nonostante tu sia più maturo di me, le tue espressioni concentrate.. oh cazzo, Harry credo che tutto di te mi abbia conquistato, ma sono stato troppo stupido per accorgermene.. Tu, tu.. tu sei perfetto.”
Harry aveva imparato a conoscerlo, sapeva quanto una confessione del genere potesse far male all’orgoglio dell’altro, cresciuto e andato avanti fino a quel momento con la convinzione di essere perfetto, non importava né il come né il quando, né con chi si trovasse. Era perfetto e tutti dovevano saperlo. Ora invece, stava scendendo dal piedistallo, confessando che Harry era perfetto.
“Io non sono perfetto, Louis, sono orgoglioso, sono odioso se perdo la pazienza, non sono perfetto, affatto, tu invece..”
“Nemmeno io lo sono.” – confessò, tirando fuori per la prima volta da quando Harry lo conosceva un minimo di umiltà –“me ne sono accorto quando Eleanor mi ha tradito, quando tu mi hai urlato contro, quando il mondo ha cominciato a cadermi addosso perché tu non eri al mio fianco.”
“Però siamo perfetti insieme.” – sorrise Harry, catapultandosi di nuovo sulle labbra del più grande, baciandolo ancora con più passione di prima. Louis lo prese per i fianchi portandolo sulle sue ginocchia, facendolo combaciare a se stesso, stringendolo forte per i fianchi, baciandolo con trasporto, e i due si lasciarono travolgere da una passione senza precedenti, una passione che li portò a fare l’amore, lì in quel set che era stato la dimora dello sbocciare del loro amore.
 
Forse era vero, nessuno dei due aveva realmente compreso il concetto di perfezione, forse era vero che la perfezione non esisteva, forse era vero che non l’avrebbero mai scoperto, forse era vero che era un concetto astratto, ma loro la propria perfezione l’avevano trovata.
E..
“Tu sei perfetto per me, Louis” –sussurrò Harry all’orecchio di Louis, quando questo si accucciò tra le sue braccia, voglioso di coccole dal suo neoragazzo.
E mentre Louis, coccolato da Harry stava per addormentarsi emise una semplice frase, che fece arrossire Harry oltremodo, rendendolo però felice come un bambino.
“E tu lo sei per me, Harreh..”
 
 
 
Le cose tra i due andavano a gonfie vele, ormai erano due anni che stavano insieme, che le loro barriere erano state abbattute, che si amavano, che si erano trovati, che il confine tra l’odio e l’amore era stato sconfitto. Finalmente i due credevano davvero nel sentimento che li univa.
E Louis voleva dirlo a tutti, non voleva più nascondersi.
Lui amava Harry Styles. Non gli importava del giudizio della gente, non gli importava cosa gli avrebbero detto, lui lo amava, e voleva dimostrarglielo.
Amava come si prendeva cura della nipote, come si scompigliava i capelli, come lo baciava, come sorrideva, come camminava..
Amava semplicemente ogni cosa che facesse Harry, quest’ultimo non era da meno. Era totalmente perso per il castano, e lo venerava quasi. Lo guardava dormire, contemplandolo, lo coccolava con cura quasi avesse paura di romperlo, e lo baciava con possessione facendogli capire che era solo ed esclusivamente suo.
E Louis voleva fare il suo coming out in grande stile.
“Harreh, puoi venire un attimo?” – chiese al più piccolo, mentre si sistemava per l’ennesimo photoshoot. Ovviamente, Harry aveva rinunciato a tutti gli incarichi, diventando il fotografo ufficiale di Louis Tomlinson.
E ignaro di tutto, Harry si avvicinò a Louis per chiedergli cosa mai gli servisse, e il castano gli prese il viso tra le mani, baciandolo subito prima lentamente, poi sempre con maggiore foga, quando un ragazzo ingaggiato dal modello per scattare quelle foto compromettenti e diffonderle alla stampa, scattò su di loro.
“Louis, ma cosa..?”
“Avevo voglia di baciarti, semplice” – sorrise. Il ragazzo si dileguò con le foto scattate, mentre Harry ancora ignaro tornò a fotografare il suo fidanzato. La mattina dopo avrebbe avuto una bella sorpresa.
 
Harry come suo solito uscì fuori per prendere il giornale, non notò subito la notizia in prima pagina.
Come al solito si stropicciò gli occhi, e si diresse in cucina per preparare la colazione al suo ragazzo. Era il loro secondo anniversario, quello. Ecco anche perché Louis aveva scelto quel giorno e non un altro, per il suo coming out.
Tranquillamente accese il forno, infornando la torta che aveva preparato la sera prima dopo averla tirata fuori dal frigo e aspettando che si cuocesse, iniziò a sfogliare il giornale.
Quando si trovò le foto del giorno prima, un sorriso timido gli si dipinse sul volto.
 
“Louis Tomlinson, noto modello inglese,è omosessuale, e ha una relazione stabile con Harry Styles il suo fotografo.
Vedi pagina 11 per il servizio completo
 
Harry girò in fretta le pagine, e arrivò alla pagina undici, dove c’era l’articolo che riguardava loro due. Guardò le foto ed erano state scattate quando? Il giorno prima?
“LOUIS WILLIAM TOMLINSON!” – urlò Harry fintamente arrabbiato, richiamando il fidanzato, che aveva visto essere appostato sopra le scale, aspettando una sua reazione.
“Si, amore mio?” – cantilenò quello arrivando in cucina coperto solo dai boxer, con la voce dolce e gli occhi a cuoricino.
“La prossima volta che vuoi fare coming out, fatti scattare le foto da me, guarda la luce! La luce! È tutta.. spenta! E cazzo non si vede che se…” – si interruppe perché le labbra di Louis si posarono sulle sue zittendolo.
“Stupido. Lo so che quando inizi a parlare a vanvera sei nervoso o emozionato, quale delle due..?”
“La seconda..” – mormorò Harry, mettendo le braccia al collo al suo ragazzo, avvicinandolo nettamente a sé.
“Non me ne pento, Harry, volevo venire allo scoperto. Ora posso tenerti per mano e dire a tutti quanto ti amo, e quanto tu sia mio. Tu..?”
“Io ero gay dichiarato, Louis” – sorrise l’altro. –“e ti amo anch’io, Louis.”
Il castano avvicinò i loro visi e premette di nuovo le labbra contro quelle di Harry, e lo baciò ancora dolcemente, con amore. Ormai non c’era niente ad ostacolare il loro amore.
Erano semplicemente perfetti per loro stessi.
 

 



NO, JIMMY PROTESTED!

Urca, quant'era che non scrivevo Larry? Uhm.. tanto. La prima Larry del 2013, aw <3
Eheheheh..
Provo uno strano gusto per far fare sempre a Louis lo stronzo.. ma ispira. Ispira un botto. Specialmente come modello sexy.. uhuh.
Tipo che io morivo mentre lo descrivevo ad immaginarlo davvero ahahahahaha
Nel banner potete vedere alcuni scatti che il nostro Harreh ha fatto a Louis uhuh.
E ringraziamo Lu per la foto di Harry, io da sola non sarei mai riusita a togliere lo sfondo e mettere tutto nero, yeee!
Okay, okay non mi dilungo. Tra qualche giorno dovrei riuscire a mettere il capitolo del "Boy of Doncaster" :333
Stay tuned, lol :3
Non so cosa dire, quindi mi dileguo.
Ho riletto fino a metà, non so se ci sono errori, perdonate ma mi si intrecciano gli occhi a rileggere ç_ç
Sono vecchia, che ci volete fare? 
Anyway.. anyway..
Bye girls! 
Love ya <3 

Spero che vi sia piaciuta..
*rotola via evitando i pomodori*


Oh un'altra cosa. Se vi da fastidio che io scriva shot lunghe non potete pretendere che io scriva una shot di 500 parole, non è da me.  E anche questa è di 10 pagine, scusate ma poco non so scrivere, quindi.. se lunga non vi sta bene - mi fa male dirlo -ma c'è la x per chiudere, cioè non mi scrivete in posta messaggi maleducati. Io sono sempre simpatica gentile con tutti, non accetto che mi si mandino messaggi così.

Detto questo, addio! 
   
 
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