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Autore: _morph_    08/01/2013    0 recensioni
Victoria fumava.
Non era mai stata come tutte le ragazze che si erano prestate, negli anni della sua crescita, ad essere sue amiche. Loro possedevano incisività, carattere e presenza (o almeno uno di questi aggettivi, se non tutti), lei invece era mogia, malinconica, quasi sempre fuori posto e impacciata in modo imbarazzante.
Lei fumava e non si sentiva in colpa, lei era cresciuta ed all'ingenuità si era sostituito un carattere dispotico, al disagio una personalità introversa, permalosa, gelosa della sua mente e desiderosa di tenerla sotto il proprio controllo, in una corazza insormontabile e indistruttibile, una corazza che teneva rinchiusa la dolcezza e rilasciava irritazione. Alla tenerezza solo indolenza.
Salve a tutti, questa è la prima originale a più capitoli che pubblico. Visto e considerata la situazione vi sarei grata se mi lasciaste una recensione (nessuno è obbligato, sia chiaro). Grazie mille a chi legge ;)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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From the day I saw you 
I really really want to catch your eye 
There's something special 'bout you 
I must really like you 
Cause not a lotta guys are worth my time 
Ooo baby, baby, baby 
It's gettin kind of crazy 
Cause you are takin over my mind

Una delle prime cose che imparò Victoria da Harlem fu che l'unica distinzione che c'è tra gli esseri umani è quella dell'intelletto. Siamo tutti irrimediabilmente portati alla distruzione e ciò che amiamo fortificare e costruire nelle menti viene ucciso dall'ignoranza. 
All'uscita da scuola c'era sua sorella, che non si fidava a lasciarla libera tra le strade di New York, libera in un posto dove tutti le avevano detto di non andare. Victoria si sentiva prigioniera nel paese della libertà e non c'era parola o intimidazione a poterla placare da quel desiderio di rivalsa.
-com'è andata?- sapeva le dovesse dire del pub, sapeva di dover sostenere argomenti sufficientemente convincenti da lasciarla andare; il sole batteva fastidiosamente contro il vetro dell'auto, spingendosi sull'asfalto e facendosi spegnere dallo smog. Harlem odorava di bruciato, qualcosa non andava e nessuno riusciva a rintracciare la fonte dell'odore.
-ho incontrato due ragazze... No, ne ho incontrate tre, ma con una non ho nemmeno parlato- si accese una sigaretta, come faceva alla fine di ogni mattinata scolastica. Jo non amava il fumo, Jo non amava lo smarrimento di sua sorella manifestato sulla nicotina; anche lei bruciava, e nessuno trovava la fonte della miccia. Annuì, incitandola a continuare, rivolgendole appena uno sguardo.
-sono state carine?-
-molto...- bisbigliò, presa in altri ragionamenti. Poteva definire il comportamento di Kendra educato? -mi hanno invitato ad un pub, questa sera-
-ci sono ancora molti scatoloni da svuotare, la maggior parte delle cose le ho messe apposto io- Victoria sbuffò, domandandosi perché non le potesse dire chiaramente il suo problema, invece di distanziarle la verità, di puntare la luce su qualcos'altro.
-le mie cose sono tutte sistemate. Ho la possibilità di farmi amici qui ad Harlem-
-non mi sembra il caso-
-tu mi hai detto che dovevo fare amicizia, una ragazza si è offerta di farmi da guida!- protestò, l'aria fattasi più pesante. La sigaretta bruciava, l'atmosfera era irrespirabile e il tutto veniva messo a tacere da Victoria.
-una che per prima cosa ti fa vedere un pub, aperto di lunedì sera, non mi sembra la persona più raccomandabile di questo pianeta- rimproverò in risposta, arricciando lievemente il naso, manifestando in quel piccolo movimento il suo disappunto; gesto che ovviamente l'altra non apprezzò, concependone il suo reale significato.
-saremo tre persone, è lunedì sera, che vuoi che accada?!-
-di tutto. Non sei del posto, potrebbe succedere qualsiasi cosa- Victoria osservò con la coda dell'occhio quanto si sentisse profondamente a disagio con la frese appena pronunciata, come se stesse aspettando tremante la sua replica.
-niente che non sia già successo- sganciò la bomba, tornando a guardare avanti e godendosi le ceneri che le avrebbero permesso di uscire. La macchina si infilò nel modesto vialetto che presentava una delle casette a schiera che abitava la loro famiglia. Jo spense il motore, prima di volgersi nervosamente verso la sorella -tu non devi dirle queste cose-
-è la verità-
-non m'importa!- interruppe la replica, fulminandola -Harlem non è un posto in cui tu puoi andartene a spasso tranquillamente per il momento- continuò, cercando di riacquistare la calma persa
-come faccio a farmi degli amici se non posso nemmeno uscire?- mormorò, cercando di raccogliere le ceneri che l'avrebbero dovuta salvare e di lanciargliele addosso.
-se sono come gli amici che avevi a Londra, viva la solitudine!- Victoria svettò la testa nella sua direzione, scendendo dalla macchina.
-cosa vorresti dire?-
-che non hai cominciato di certo a fumare perché non sapevi cosa fare-
-ho fatto una scelta, ho un cervello, IO!- Jo sorrise nel notare la piega infantile che stava assumendo la conversazione. Le aveva fatto da madre, da migliore amica, da complice. Adesso era solo il suo muro, perché altrimenti si sarebbe bruciata in fretta.
-ah, quindi ti ritieni intelligente perché hai preso autonomamente la decisione di fare qualcosa che ti porta alla morte? Capisco il tuo punto di vista, davvero- si fece superare dal passo veloce dell'altra, che adesso, irritata più che mai, voleva solo lasciarsela alle spalle. Proruppe in casa, posando per prima cosa lo sguardo sul fratello, comodamente adagiato sul divano.
-bella la vita, eh?- colse anche lui il veleno sulla sua lingua, dopo quello scambio di opinioni.
-molto- soffiò, infilandosi un popcorn in bocca. Era mezzogiorno e suo fratello mangiava schifezze, suo padre era a lavoro, sua madre in un altro stato e lei non aveva fame. Dentro la casa c'era ancora odore di chiuso, alcuni scatoloni stanziavano imballati nel corridoio, fissando ogni giorno i componenti di quella famiglia e rifiutandosi di farsi aprire; c'è sempre tempo per penare. Seguì Jo verso la cucina, che era separata dal salotto solo da un muro di cartongesso, con un'entrata ad arco. Jo posò dei sacchetti sul tavolo, insieme alle chiavi e alla borsa; ne estrasse due scatole di cibi pronti. Pasta e formaggio.
-le ragazze che ho conosciuto non sono come quelle di Londra-
-torni sull'argomento?-
-sono gentili- sarò il tuo Stregatto, Alice. Come le poteva definire? -il pub è vicino al Lennox Lounge- proseguì con calma, soppesando ogni parola -per favore-
-non conosci nessuno di quei ragazzi-
-per questo devo uscire, ti prego- le suppliche non erano certamente all'ordine del giorno di Victoria, motivo per il quale Jo iniziò a cedere alle intenzioni della sorella.
-facciamo così: tu stasera esci, però io vengo con te- la vide inarcare il sopracciglio tanto da farla quasi ridere -è la mia condizione, accetta-

-*-*-

Se per Rose "vicino" voleva dire a due isolati, a questo punto doveva sospettare di avere i capelli verdi. Jo aveva borbottato senza un minuto di tregua in quella mezz'ora che avevano perso a cercare il pub, l'"Harlem Nocturne", rovinando la serata a Victoria ancor prima che iniziasse. Il locale da fuori era poco più che mediocre e anonimo, se non fosse stato per l'insegna con il nome. Si avvicinò a piccoli passi, sicura che nelle intimidazioni lanciatele da Kendra si nascondesse ben altro, oltre a ciò che sembrava. Osservò qualche ragazzo che la fuori si fumava una sigaretta, arricciando il naso nel notare le bandane e i berretti a coprire i capelli. Lei portava un maglioncino di cotone a righe larghe, bianco e blu e dei pantaloni abbinati. Sui capelli non aveva ne bandane, ne treccine. Cosa ci faceva lei in quel posto? -vuoi tornare a casa?- il tono improvvisamente più comprensivo di Jo la distrasse, facendola sentire mortificata per averla trascinata fin li.
-non credevo fosse...-
-ehi Vic!- si augurò sinceramente di aver sentito male; era dall'età di nove anni che qualcuno non la chiamava Vic. Si voltò lentamente, incontrando poi la figura paffuta di Rose che le correva incontro. Aveva i capelli sciolti in tanti morbidi boccoli neri, e una maglietta a risaltare il seno con una profonda scollatura. Era bello vedere qualcuno andare tanto fiero del proprio corpo ed essere così raggiante da colpire anche i più scettici riguardo ai chili in più -hai avuto difficoltà ad arrivare?-
-affatto- mentì spudoratamente, lasciandosi baciare una guancia come segno di saluto. L'attenzione si catalizzò poi su sua sorella, quella sera più informa che mai -lei è mia sorella, Joanne. Jo, questa è Rose- le presentò, arrossendo lievemente. La fanciulla più grande allungò una mano in direzione di Rose, con l'espressione glaciale e intimidatoria che era solita assumere con chi non conosceva bene.


La gangster mama le condusse all'ingresso del locale, dove i loro visi vennero immediatamente investiti dall'odore del legno e dei cocktail. La prima cosa che Vic notò fu l'intimità che dominava il locale; al seguito di un breve corridoio, dove si trovava appunto la porta d'ingresso, c'era a sinistra un lungo bancone rustico, sorprendentemente pulito, che aveva alle sue spalle una parete in cui si stagliavano i più diversi alcolici; a destra, invece, si trovava una scala, anch'essa rigorosamente di noce, che portava ad un soppalco, in cui regnavano sopra al locale tre tavolini. Proseguendo in avanti, invece, c'erano altri piani con sgabelli e infondo un palco attrezzato dai più vari strumenti, nonostante fosse comunque molto piccolo.
Victoria si soffermò poi ad osservare una parete in particolare, quella che si trovava vicino al palco, tappezzata dalle copertine dei vinili. Sorrise sorpresa, osservando Ray Charles che beatamente sorrideva ai clienti.
Rose la trascinò per un braccio verso il soppalco, dove ad attenderle c'erano Kendra e un'altra ragazza, evidentemente più grande di loro, che non le era stata ancora presentata -ciao Kendra- quella rispose con un cenno del capo, il viso finalmente rilassato in un sorriso. Nel locale c'erano più persone di quanto ci si potesse aspettare in un lunedì sera, rendendo perciò quella postazione privilegiata.
Notò piacevolmente sorpresa che i capelli si intrecciavano soltanto alla radice della testa, per pochi centimetri, lasciandoli poi liberi e lisci in tutta la loro lunghezza -lei chi è?- le domandò ad alta voce, cercando di sovrastare il suono prodotto dalla band che si era appena messa a suonare.
-la sorella di Vic, Jo, piacere- si presentò quella, ricevendo in risposta soltanto un paio di occhi al cielo.
-tu hai il cervello pieno di ossigeno- mormorò a Rose, che a sua volta le rispose con una scrollata di spalle e un sorriso. Cominciò a pensare che la vera temeraria delle due fosse lei -dovremmo chiamare Shawn-
-lascialo perdere, stasera c'è tanta gente. Vado io- si propose Rose, alzandosi e ravvivandosi i capelli. Victoria la guardò ammirata, prima che anche lei ricambiasse -vieni con me?- rivolse una rapida occhiata alla sorella, vedendola imbronciata.
-no, ti aspetto qui-
-vengo io, così mi scelgo anche cosa bere- borbottò appunto Jo, annullando il suo gesto di buona volontà. Guardò le altre ragazze ordinare le bevande, per poi parlottare tra loro, ridendo di battute che lei non capiva e schernendo persone di cui non conosceva l'esistenza, facendola così sentire un'estranea -ehm, c'è una sala fumatori o devo uscire?- domandò cortesemente, prendendo subito il pacchetto dalla borsa.
-no, non uscire...- ribatté prontamente Kendra, guardandosi un attimo intorno, circospetta, mentre la sua amica (di cui continuava ad ignorare il nome) la fissava, resasi conto probabilmente della sua presenza -vicino al palco c'è l'uscita d'emergenza, li c'è un balconcino per i fumatori prima delle scale, vai la- annuì come un'automa, eseguendo gli ordini. Era certa non fosse un bello spettacolo Kendra da arrabbiata. Scese i gradini con grazia, ripetendosi mentalmente di non inciampare, perché in tal caso avrebbe seriamente cambiato stato! 
Sgomitò tra la folla che stanziava davanti al bancone, cercando di non farsi investire da un boccale di birra e un bicchiere di rum. Dovette impegnarsi per trovare la porta e ancor di più per riuscire a trovare il coraggio di chiedere ai ragazzi che ci si erano appoggiati contro di spostarsi. Certo non avevano affatto dimostrato un minimo di gentilezza, l'occhiata che le avevano rivolto quasi l'aveva convinta a smettere di fumare. Una volta fuori tirò un lungo sospiro che si andò a frantumare nell'aria, in una nuvola bianca. Estrasse dalla tasca dei pantaloni le sigarette; solo quando ne ebbe infilata una in bocca si rese conto della sua idiozia: la sigaretta andava accesa, per accenderla occorreva l'accendino e l'accendino era sul tavolo. "Imbecille, sei una vera e propria imbecille" si rimproverò mentalmente, poggiando la schiena contro il muro. Si odiava quando era così stupida, si ritrovava a detestare sinceramente se stessa in quelle occasioni. Non aveva voglia di rientrare, di immergersi nuovamente in quella bolgia, di dover chiedere ancora a qualcuno di spostarsi per poi ricevere in cambio una freddata, se non un "vaffanculo" con i contro fiocchi. Possibile non riuscisse mai a portare a termine qualcosa senza commettere qualche pasticcio? Era una stupida.
Persa nelle sue commiserazioni, non si accorse della porta che venne spalancata. Alzò gli occhi solo nel momento in cui si decise a rientrare, rendendosi finalmente conto della persona che, con le braccia appoggiate alla ringhiera, si gustava una sigaretta. Anche lui probabilmente non si era accorto della sua presenza, visto e considerando che se ne stava tranquillamente a fumare senza degnarla di uno sguardi. Il vestiario non era differente da quello dell'intera Harlem: portava dei jeans a vita bassa e una grossa felpa grigia, in testa un berretto di lana nero. Da quel che poteva vedere, le mani erano completamente tatuate. L'avrebbe forse mangiata se gli avesse chiesto l'accendino? -ehm...- mormorò, avanzando di un passo, sufficiente per attirare la sua attenzione. Il ragazzo si volse a quel suono, mostrandosi: il volto non era così brutale come quelli che aveva incontrato fino ad allora e la folgorò. Aveva un piercing sulla parte destra del labbro ed il septum al naso, nonostante le palline argentate si intravedessero appena. Per concludere i tatuaggi si propagavano anche sul collo, in ombra grazie anche alla felpa, senza però toccare minimamente il viso; la pelle era un po' più scura di quella di un mulatto e a pensarci bene, anche quella di Kendra era così. Boccheggiò per un secondo, prima di fargli vedere la sigaretta spenta -ho dimenticato l'accendino, posso?- quello annuì, nella sua espressione diffidente, prendendo l'oggetto dalla tasca e allungando un braccio per passarglielo. Sentiva un tamburo nel cuore, lo stesso che la faceva piangere quando era felice, quando veniva informata di una lieta notizia, quando ringraziava perché la vita le aveva concesso un altro giorno. In quei momenti sentiva un tamburo, lo stesso che stava suonando adesso. Arrossì violentemente, poiché si rese conto che probabilmente la reazione era dipesa dal fatto che in un'estate di traslochi e dolore, era il primo contatto che aveva con un membro del sesso opposto. Doveva ammettere però, che quel tipo di contatto le provocava una scarica elettrica che era certa l'avrebbe incendiata, uccidendola. Incendiò la parte superiore della sigaretta, traendone una lunga boccata di nicotina -grazie- sussurrò finalmente soddisfatta, restituendogli l'accendino.
-non sei del posto vero?- arrossì ancora di più nel sentire la sua voce, così bassa, rauca, introversa; si percepiva non fosse un tipo di molte parole, e lei lo apprezzava.
-sono londinese- replicò lei, appoggiando la schiena alla ringhiera. 
Era sbalorditivo osservare quanto fosse alto, non sapeva neanche se sarebbe riuscita a sfiorargli il collo con le labbra.
Perché poi avrebbe dovuto baciargli il collo? 
Chissà come sarebbe stato tracciare la linea di quei tatuaggi con la bocca -che sei venuta a fare qui?- contrariamente a quanto ci si aspettasse, il suo tono non era intimidatorio o arrogante, si lasciava sfuggire solo una timida punta di curiosità nascosta in quella voce, in quell'orchestra di vibrazioni. 
-mio padre... Alcune ragazze mi hanno invitata qui stasera, il pub è di un loro amico, credo si chiami Trey, non lo so- snocciolò, cercando di arrivare a conclusione senza inciampare nelle parole. Si passò una mano tra i capelli, pettinati in un morbido chignon. Lo vide annuire lievemente, prima di tirare un'altra boccata.
-il proprietario non è Trey. Chi sono le tue amiche?-
-Rose Carter e Kendra, una ragazza con le treccine, gli occhi a mandorla...-
-si...- la fermò prima che cominciasse a descrivergli ogni singola persona incrociata la dentro -il locale è mio- schiuse appena le labbra, stupita. Era forse l'amico di cui le aveva parlato Rose? -sono Shawn- il nome le risuonò familiare, ma non seppe dire esattamente dove lo aveva già sentito.
-come mai non lavori- alzò le dita con cui aveva inguantato la sigaretta, facendo un mezzo sorriso.
-torno dentro...- borbottò, buttando la cicca giù dal balconcino -ci vediamo- annuì, accennando un sorriso timido che lui ricambiò.
La sua storia era sorda, la storia di Victoria era sconosciuta, ma con lui, in quel silenzio, le pareti le parvero assordarla, facendole desiderare di avere solo il suono della sua voce nelle orecchie. Mille vibrazioni di un violoncello che esegue un assolo in un'orchestra di strumenti scordati.

Commenti dell'autore:
Salve a tutte/i, è raro che io mi appassioni così tanto di una storia ma sono felice di dichiarare che con questa ho instaurato una vera e propria relazione. Comunque, andiamo in ordina:
-allora, il pezzo della canzone che c'è all'inizio è di Alicia Keys (uh che novità!) che parla di una cameriera che incontra un ragazzo nel ristorante di cui si innamora perdutamente da quando lo vede la prima volta.
-chi è Ryan verrà fuori;
-la storia di Victoria pure;
-se volete l'immagine di Shawn basta chiedere;
-ho scelto Shawn come nome a causa delle POCHISSIME idee che mi hanno portata a vedere il veri nome di tanti rapper neri, scegliendo poi quello di Jay z.
-Harlem Nocturne è anche il titolo di molte canzoni Grazie per chi legge la mia storia, davvero davvero.
NB ancora una volta l'immagine è stata fatta dalla mia amica (il mio biscottino Chiara Braglia, che si occupa anche dei miei eventuali crolli nervosi/d'ispirazione. Grazie mille per la pazienza/comprensione/schiettezza/complicità in ogni situazione.
Domi 

   
 
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