Storie originali > Generale
Segui la storia  |      
Autore: Shenny    08/01/2013    0 recensioni
Rose è appena divenuta insegnante di ruolo alla St. James High School ed è stata incaricata del corso di coro, ma nessuno sembra credere che possa sostituire la signora Morrison, andata in pensione su richiesta del suo analista. I ragazzi che aderiscono non si mostrano entusiasti e il preside è scettico all’idea di tenere aperto il coro, ma Rose è determinata a non mollare.
Il sogno di Maggie è quello di recitare davanti a milioni di persone ed essere amata. Per questo è entrata all’accademia di arti drammatiche più prestigiosa del regno. Ma la paura di non essere all’altezza di sua madre e l’ostilità di un suo compagno al coro la mettono in crisi.
Benjamin è un cantante lirico famoso. Non passa giorno senza che pensi alla sua ex moglie, morta sei anni prima. Ma il tempo passa e il senso di colpa per ciò che ha fatto aumenta.
Daniel lavora per un settimanale e vive in un appartamento. È il ragazzo ideale, ma la storia della sua famiglia segna una macchia notevole sul suo curriculum perfetto e la cicatrice sul suo avambraccio gli ricorda che il passato non si può cancellare, così come il sogno di una vita non scompare così facilmente.
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A






Capitolo I

 

Pioveva, e Rose maledisse ogni istante di quella dannata mattina di fine novembre che avrebbe successivamente preso il nome di "Giorno-in-cui-Rose-divenne-Insegnante-di-Ruolo”. Maledisse suo fratello George che, stanco dell’ennesima presa in giro sul suo essere basso da parte della sorella, l’aveva mollata nel bel mezzo del tragitto, costringendola a fare la restante metà di strada a piedi, sotto i pezzi di un ombrello ormai rotto dal vento. E Rose era certa che la giornata non poteva che peggiorare.
Una volta arrivata davanti alla St. James High School, Rose cominciò ad inveire contro l’apatico bidello che l’aveva fatta passare dalla scala anti-incendio perché “l’ingresso era bagnato”. Una volta giunta al primo piano dell’edificio, riuscì a trovare l’ufficio del preside grazie ad un gruppo di studenti che giocavano con la campanella, suonandola al ritmo di una canzone natalizia, benché al Natale mancasse meno di un mese. Aprì la porta, mostrando il suo sorriso più convincente agli occhi del Preside, che l’aveva salutata e invitata a sedersi, mostrandole poi il programma che avrebbe dovuto seguire durante il corso dell’anno con le classi a lei assegnate, indicandole addirittura il corso extra di coro. 
Uscì dall’ufficio, cercando l’aula dove avrebbe tenuto la sua prima lezione di coro e perdendosi nell’infinità di scale presenti nella scuola. Infine, giunse davanti ad una porta lustrata di rosso e con una bella targhetta dorata con sopra scritto “Sala coro”.
Entusiasta della presentazione della sala, aveva aperto la porta convintissima di trovarci dentro decine di studenti pronti a eseguire le migliori hit degli anni ottanta, ma ciò che vide la deluse molto più di quanto potesse aspettarsi: la stanza era completamente vuota e buia, con un paio di sedie in legno rovinato e un vecchio pianoforte polveroso al centro della stanza. Le poche finestre erano sporche e con le serrande abbassate, non sembrava neanche una stanza per il coro, bensì una soffitta. Rose sgranò gli occhi verdi, assottigliandoli poi nel guardare la porta nuova di zecca paragonata a quell’orrore di camera. Infuriata per le condizioni del posto dove avrebbe dovuto lavorare, Rose percorse a passo di marcia il corridoio luminoso, attraversandolo con delle falcate minacciose, lanciando delle occhiatacce altrettanto intimidatorie a tutti i liceali che le si erano presentati davanti, fino a quando non le si parò davanti l’ultima persona che avrebbe voluto vedere: suo fratello.
« Ciao Rose. Ma come mai sei bagnata? » chiese George, accennando un ghigno derisorio in direzione della sorella.
« George! Come mai sei stupido? » ribatté acida Rose, rispondendogli sorridendo e squadrandolo in tutti i suoi 168 cm di altezza « Ma non mi va di rinfacciarti il tuo mezzo passaggio di stamattina, perciò.. Cosa ci fai qui? »
George si passò una mano fra i capelli biondi, assumendo un’espressione vaga, poi sorrise di colpo e strillò « Lavoro qui! Non è fantastico? »
A Rose quasi venne una crisi di nervi, che preferì rimandare a più tardi. « Ah davvero? E cosa faresti? » gli rivolse il suo sorriso più falso del suo repertorio, sperando che il fratello se ne accorgesse e se ne andasse, ma in tutta risposta George scoppiò in una sonora risata, dichiarando un semplice « Si vede che non sopporti l’idea di vedermi qui, lo so. Lavoro in infermeria, quindi a meno che tu non faccia a botte con qualche docente dubito che finirai da me. »
Rose, in tutta risposta, emise uno sbuffo contrariato mormorando un « Credo che farò a botte col preside se non si premurerà di ripulire quella topaia che mi ha assegnato al più presto. »
George le rivolse un’espressione dubbiosa e carica di punti interrogativi, ma Rose si era ormai scocciata del suo fare consolatorio e bonario, perciò lo liquidò con un freddo “A dopo, nanetto” e si allontanò furiosa come prima, dirigendosi verso l’ufficio del preside, aprendo poi la porta con un’aria irata.
« Buongiorno signor Preside, so che è il primo giorno in cui lavoro qui, ma vorrei farle notare che le condizioni del luogo dove lavoro sono alquanto disastrate. » sbottò non appena incontrò lo sguardo perso nel vuoto del Preside, che neanche dieci minuti prima le era sembrato molto più vivace e attivo. « Signorina McGregor, mi dispiace doverle dire che la classe a lei assegnata è in ottime condizioni. » ribatté il Preside, riguardando delle vecchie carte posate sulla scrivania per riempirla. « E d’altro canto, la scuola non può permettersi di bruciare fondi per ripulire un’aula che con tutta probabilità nessuno utilizzerà » aggiunse ridendo, aspettandosi che anche Rose ridesse, ma ciò non avvenne.  La donna si infervorò, lanciandogli un’occhiataccia assassina ed uscì più furiosa di prima mormorando a denti stretti un “Questo lo dice lei”.
Dopo la sua uscita melodrammatica pensò di andare a cercare George per lamentarsi dell’idiozia del Preside che non era intenzionato a ripulire l’aula di coro, ma la sua attenzione venne catturata da due ragazzi che correvano per la scuola lanciandosi una palla con le.. sembianze del Preside? Si avvicinò di corsa al ragazzo biondo, chiedendogli educatamente chi fosse, e lui nascose spaventato la caricatura dietro la schiena, rispondendo con un « Sono Fred Taylor » . 
Rose spostò la testa e indicò l’altro, continuando ad indagare su chi fossero quei due ragazzi. L’altro le rispose sicuro « Jonathan Lockwood, ma può chiamarmi Lock » lanciando un’occhiata di intesa con il compare, che si era rilassato tenendo le mani dietro la schiena con la caricatura.
Nella mente di Rose un’idea si era ormai chiarita. « Ragazzi! Ma vi pare? Questa è una scuola nota per le sue forme di disciplina, per le sue forme di educazione! Non dovete assolutamente girovagare per il corridoio come Nick-Quasi-Senza-Testa! Mi dispiace, ma dovrò portarvi subito dal Preside.. » strillò la donna, assumendo un’espressione severa e inscenando così bene la scena dell’insegnante furiosa che Fred spalancò la bocca terrorizzato e strillò « No! La prego, non ci porti dal Preside. » mentre Lock si sbatteva un palmo della mano sulla fronte intimandogli un « Diamine Fred, sii uomo! »
Il piano di Rose procedeva a meraviglia. « Naturalmente dovrò far vedere al Preside il vostro bel lavoro d’arte, cosicché possa essere appeso per le pareti dell’ufficio di collocamento dove presto vi manderò. » sorrise loro la nuova professoressa, aggiungendo subito dopo « Ma potrei graziarvi ad una condizione. » « Certamente! Quale? » trillò Fred speranzoso, mentre Lock aveva smesso di ascoltarla da un pezzo. 
« Vi dovete unire al coro della scuola.. Una cosetta semplice. » spiegò Rose vaga, iniziando a credere che magari avrebbero abboccato, ma Lock si riprese dal suo stato di trance e sobbalzò « Ma neanche per scherzo! Preferisco sbattermi in testa quel pallone per una cinquantina di volte! »
« Lockwood, io non ti obbligo a farlo.. Certo, se vuoi farlo sei libero di sbatterti la palla in testa non cinquanta ma cento volte, ma dovete decidere: o il coro o il Preside. » insistette lei, facendo vagare lo sguardo da Lock a Fred, che avevano intenzioni opposte e dopo una decina di minuti in cui Lock oppose ferma resistenza, anche lui cedette. « Perfetto! L’aula di coro è l’ultima a destra del secondo piano! Diffondete la notizia anche ai vostri compagni.. E bella caricatura! » esclamò Rose contenta di aver già due studenti per il suo coro, e scese la prima rampa di scale andando a vedere se nel corridoio potesse trovare qualche studentessa dispersa disponibile ad unirsi al coro.
Passando davanti ai bagni non si accorse di un ragazzo e di una ragazza che parlottavano fitto fitto, e quando sentì le loro voci tornò indietro.
« Jack, devi assolutamente guardare Merlin! È spettacolo, bellissimo! » esclamò la voce di una ragazzina evidentemente lanciata in un discorso di cui Rose non capiva il filo logico « Pensa a dire meno sciocchezze, Maggie. » rise l’altro sorridendole e accingendosi a tornare in classe, quando si voltò vide la figura di Rose che, vicino ad una colonna, aveva sentito qualche stralcio di conversazione.
« Scusate se interrompo la vostra chiacchierata, ma vorrei proporvi di entrare a far parte del corso di canto della scuola.. » propose loro Rose, avvicinandosi e facendo zigzagare lo sguardo da uno all’altra, che si erano lanciati uno sguardo imbarazzato fino a quando Maggie non aveva preso parola chiedendo timidamente « Lei sarebbe..? »
« Un’insegnante venuta a proporvi un corso. Sareste interessati? » disse, e forse per l’aria allegra con cui lo pronunciò o forse per idea in sé, ma entrambi gli alunni stranamente annuirono felici dichiarando che si, sarebbero andati a quel corso.
Rose li salutò sorridente, tenendo a mente il numero per lei numeroso di studenti disposti (volontariamente o meno) al partecipare al corso di coro. Pensò che la sua vena terroristica utilizzata per tormentare l’infanzia di George l’aveva sempre aiutata ad ottenere ciò che voleva, ed era così anche in quel momento: voleva dei componenti per il coro? Li aveva trovati.
Magari aveva estorto ai suoi nuovi alunni l’obbligo del dover andare al corso, ma andava bene.
A questo pensava Rose mentre, due ore dopo, passava la scopa sbuffando sul pavimento polveroso dell’aula a lei assegnata e aspettando l’arrivo dei liceali. Una decina di minuti dopo vide la testa bionda di Fred fare capolino dalla porta, seguita da quella scura di Lock, e a seguito altre persone da lei reclutate.
« Mi fa piacere che siate venuti! » sorrise loro Rose, appoggiando la scopa sul pianoforte.
« Non sa con quanta gioia sono stato trascinato qui. » rispose sarcastico il moro, e prese posto in una delle sedie disposte orizzontalmente davanti all’insegnante e venendo seguito da Fred che, suo malgrado, ridacchiava di quella situazione. Maggie, Jack e un’altra ragazza fecero il loro ingresso nella stanza.
« Ciao a tutti! » trillò allegra l’insegnante, sorridendo ai nuovi arrivati.
«Claire Campbell, piacere. » « E tu? » fece un cenno con la testa a Maggie, che nel mentre parlottava vivace con Jack, e appena si sentì chiamata in causa arrossì di botto e balbettò il proprio nome. « M-Margaret Adams.. Ma mi chiamano Maggie. »
La donna trovò tenera quella ragazza timida, quindi decise di forzare un po’ di più per farla trovare a proprio agio come quando l’aveva vista da lontano, mentre parlava con l’amico.
« Adams eh? Un mio amico si chiama così.. » rifletté Rose, assumendo un cipiglio pensoso mentre Maggie forzava un sorriso e rispondeva « Potrebbe dire che sia mio fratello, o qualcosa del genere! »
Anche gli altri ridacchiarono, « Parliamo un po’ di.. Musica! » esclamò Rose, accompagnando le parole con un gesto delle mani « Che genere ascoltate? Rock, pop, metal, indie, rap, jazz? Stupitemi. »
Lock subito saltò su, strillando un « I Queen! Rock, si. » che suscitò una risata generale. Subito dopo confessò di saper suonare la chitarra, quindi chiese se poteva provare un pezzo.
« Certo, vai pure! » annuì contenta Rose.
Dopo una ventina di minuti passati a discutere su quale canzone fosse la più adatta da provare il primo giorno, alla fine tutti furono coinvolti in “Fat Bottomed Girls” e neanche si accorsero dell’ora che passò velocemente.

***

La pioggia batteva incessantemente sui vetri della casa di Daniel ormai dalle sette di quella mattina. George trovava un miracolo che la porta-finestra che dava sul balcone non fosse ancora andata in mille pezzi, lasciando che quel temporale di fine novembre andasse a bagnare il tavolo, il pavimento e Daniel stesso, che al momento si trovava nell’angolo cottura a preparare gli scones. Si sistemò meglio sul divano e si stiracchiò, lanciando un’occhiata alla cucina.

Daniel, con le mani dentro la ciotola bianca e blu con le melanzane che gli aveva regalato lui, lavorava un impasto di uno strano colore giallognolo e non sembrava essersi accorto delle attenzioni dell’altro, ma all'occhio allenato di George non sfuggì il lieve sorrisetto che si formò sul volto di Daniel e l’occhiata fugace che gli rivolse prima di tornare a occuparsi degli scones.

«Abbiamo fame!» urlò Dave dalla poltrona lì accanto.

«Il popolo vuole gli scones!» si unì Rachel, agitando la sua bottiglia di birra come se fosse un’arma letale. Beh, secondo i casi.

«Che mangi pane, allora!» replicò Daniel.

«Pessima parodia di Maria Antonietta» commentò Rose, studiandosi una ciocca di capelli nero-rossi «dovreste vergognarvi tutti».

«Io non ho fatto niente!» si difese Will. George arricciò il naso e non commentò, troppo impegnato a guardare Daniel senza farsi scoprire.

«Will è bello» commentò Rachel, baciandolo sulla guancia «infatti è il mio ragazzo».

«E tu sei ubriaca fradicia» frecciò lui, con un’aria disgustata palesemente fasulla. Le passò un braccio intorno alle spalle e la baciò sulla bocca.

«Vi prego, contenetevi!» esclamò George in falsetto.

«Già, ragazzi, contenetevi!» commentò Rose, scoccando al fratello un’occhiata divertita «Proprio di fronte a George, poi».

«Insensibili». Dave rincarò la dose. «Poverino, non scopa da sei mesi e voi vi mettete a limonare davanti a lui?». George lo invitò non molto cordialmente ad andare in un certo posto e scatenò le risate generali. Daniel ridacchiò sulla teglia e sparse un po’ di farina sul piano cottura, mentre Will alzava un sopracciglio e, dopo aver spostato lo sguardo da lui a George, si voltò verso Dave.

«Fossi in te, non ne sarei così sicuro» gli disse «è troppo tranquillo per non scopare da sei mesi. Altrimenti sembrerebbe Rose con il ciclo». Rose fece finta di non averlo sentito.

«Perché si ammazza di seghe» rispose prontamente l’altro.

«Avete finito di decidere se scopo o no?» domandò seccato, bevendo anche lui un goccio di birra. Decise di andarci piano: se avesse bevuto troppo si sarebbe ridotto come Rachel, Daniel non gli avrebbe permesso di tornare a casa perché sarebbe stato davvero ubriaco e avrebbe dovuto dormire con lui e i suoi amici in salotto, a portata d’orecchio, perciò non avrebbero potuto fare altro che dormire; e trovarsi a letto con Daniel senza poterci fare sesso era una cosa estremamente frustrante.

Perfino il fatto di non potersi alzare per andare in cucina e abbracciarlo da dietro, alzandosi poi in punta di piedi per vedere meglio oltre la sua spalla e parlargli all’orecchio, lo stava facendo impazzire. Desiderò ardentemente di trovarsi solo con lui a fare cose vietate ai minori, e non circondato dai suoi amici e sua sorella maggiore che facevano congetture sulla sua vita sessuale. Ecco, forse era quella la cosa più frustrante, il non poter dire che la sua vita sessuale era più attiva della loro e tanti cari saluti.

«Secondo me nasconde qualcosa» proclamò Rose.

«Sì, la collezione di PlayBoy sotto il letto» ribatté Dave, facendo ridere Rachel, Will e Daniel. George si voltò appena per lanciargli un’occhiataccia e in cambio quello gli mostrò la lingua, continuando a ridacchiare.

«No, secondo me è passato alla tecnologia» disse Rachel, studiandosi un’unghia «l’altra notte ho sentito dei rumori strani provenire dalla sua stanza. George, per favore, se proprio non vuoi togliere l’audio ai porno almeno mettiti gli auricolari!». Stavolta risero tutti tranne George.

«Will, dovreste davvero scopare di più» disse, pregustando il dolce sapore della vendetta con un sorrisetto stampato in faccia «se la tua ragazza non distingue l’audio di un porno dal sesso vero, allora c’è qualche problema!». Si spostò appena in tempo per evitare il cuscino lanciatogli da Rachel, ricevendo però una pacca sulla spalla da Dave che gli fece discretamente male.

«Allora qualcuno c’è, ne ero sicuro!» esclamò.

«Ma se hai passato tutta la sera a dire che si ammazza di seghe» gli fece notare Daniel mentre asciugava la ciotola precedentemente lavata come se non sapesse cosa succedeva nella vita sessuale di George o se era vero che non scopava da sei mesi. Sei giorni, specificò George mentalmente. Stava per perdersi nel ricordo della piacevole serata trascorsa solo con Daniel quasi una settimana prima quando Rose interruppe il suo flusso di pensieri.

«Ha ragione Daniel, Dave, non cambiare bandiera tanto in fretta. E poi il vero problema non è che Rachel non distingua l’audio di un porno dal sesso vero, anche perché questo indica che non abbia mai visto un porno, ma che George non conosca la differenza tra fare sesso e farsi una sega in solitudine davanti agli aggiornamenti settimanali di YouPorn» disse soddisfatta, scatenando ancora una volta le risate di tutti. George, che ormai aveva rinunciato a fulminare Daniel con lo sguardo (o a farsi fantasie erotiche su di lui), guardò contrariato l’aria tranquilla della sorella e si chiese distrattamente come mai a lei non facesse nessun effetto il fatto che lui potesse o no masturbarsi in piena notte come un tredicenne sfortunato, mentre a lui faceva venire gli incubi solo il pensiero che lei fosse dotata di genitali con il potenziale per … non riusciva neanche a pensarlo. Si scolò metà della sua terza birra tutta d’un fiato, e al diavolo le conseguenze.

«A parte che YouPorn ha aggiornamenti giornalieri e non settimanali, ben detto, Rose!» esclamò Dave.

«La sai lunga su YouPorn, Dave» lo stuzzicò Will, mentre la sua ragazza scrutava la sua mano come se non avesse mai visto niente di simile.

Dave alzò le spalle. «Che vuoi che ti dica, a volte il sesso non basta. Certe volte tutto ciò di cui hai bisogno è una bella sega in solitudine».

«Questa la uso per il mio romanzo» disse Daniel, controllando con il naso arricciato il timer del forno. Annunciò che mancava ancora un quarto d’ora.

«Tu non stai scrivendo un romanzo» gli ricordò George.

«Un giorno o l’altro lo farò».

«Scrivilo su di noi!» esclamò Rachel. Cinque teste si voltarono a guardarla come se fosse impazzita.

«Ma sì!» disse, stupita dalla mancanza di entusiasmo degli amici «Su noi sei».

«Non è un’idea così malvagia» disse Will dopo un attimo di spaesamento generale.

«Lo dice solo perché altrimenti non gliela dà» bofonchiò Dave. George fu l’unico a sentirlo e dovette mordersi la lingua per non ridere.

«Certamente» commentò Daniel sarcastico «I Fantastici Sei: un’alcolizzata, un regista mancato, un erotomane fissato con i suoi capelli, un biondino con la sindrome dell’insicurezza perenne, sua sorella la figlia dei fiori e la voce narrante di un giornalista fottutamente depresso perché non riesce a scrivere il romanzo che progetta da una vita. Che delizioso quadretto familiare».

«Vorrei puntualizzare che se io sono un erotomane, allora lo sei anche tu. E i miei capelli sono bellissimi» replicò Dave.

«Io non sono un’alcolizzata, è che reggo poco gli alcolici!» protestò Rachel agitando la bottiglia vuota.

«Ti sembra che predichi pace e amore per tutto il regno?» domandò Rose «E ci sei andato troppo leggero con mio fratello».

Ci fu un breve istante in cui George, che stava lentamente diventando cosciente dell’alcool che gli circolava nelle vene, pensò che Daniel avrebbe mandato al diavolo la copertura dicendo “Perché stiamo insieme da due anni”, poi si sarebbe seduto sul bracciolo destro del divano e l’avrebbe baciato tra gli applausi, le congratulazioni e sua sorella che dava loro la sua benedizione a nome di suo padre. Durò solo un attimo, poi George ricordò a se stesso che non era una ragazzina alla prima cotta e che avrebbe dovuto darci un taglio con quei pensieri sdolcinati, concentrandosi su qualcosa come quello che avrebbero combinato se i loro amici non fossero stati lì. E poi, Daniel non era il tipo che avrebbe fatto una cosa così volutamente romantica. La sua idea di romanticismo consisteva in un pompino a lume di candela, dopotutto.

Come da copione, Daniel non lo coinvolse in una scena da commedia romantica americana. Si sedette sul bracciolo e, pizzicandogli una guancia come facevano le mogli degli amici di suo padre quando era piccolo, disse con tono da vecchietta adorante: «Perché, tu avresti il coraggio di essere cattiva con questo faccino qui?». Rose piegò la testa come per guardarlo meglio e poi disse: «Sì, ce l’avrei».

«Confermo, ce l’ha sempre avuto» disse George dopo essersi staccato la mano di Daniel dalla guancia. Si sentiva il corpo più pesante del solito e la testa sembrava essere diventata praticamente di piombo, segno evidente che l’idea di bere tre birre a stomaco vuoto non era stata poi così geniale, dopotutto. Sollevò il braccio destro e si accorse che in realtà era leggero come una piuma. Ridacchiò e rimettendolo giù sfiorò inavvertitamente il fianco di Daniel, che lo guardò con un sopracciglio inarcato.

Nel frattempo notò che nel divano alla sinistra di quello dov’era seduto lui Rachel sembrava profondamente interessata a una matita viola appoggiata sul tavolino. Come mai Daniel aveva una matita viola? Forse era di sua sorella, ragionò. Se la immaginò a fare i compiti di matematica su quel tavolino, la matita viola tra le labbra così simili a quelle di suo fratello. Le labbra di Daniel occuparono tutti i suoi pensieri e si trovò di nuovo a maledire in ordine sparso gli scones, i suoi amici, la birra a stomaco vuoto e le matite viola. Che poi, non vedeva perché le matite dovessero essere viola. Che senso aveva avere una matita viola? Non era uguale all’averla nera o gialla? Tanto scriveva sempre in grigio. Si grattò la testa e si accorse che stava passando dall’essere leggermente brillo ad avere sonno. Sbadigliò.

«Gli scones sono pronti» borbottò Daniel al trillo del forno. George avvertì un improvviso freddo al fianco destro e seppe che l’altro si era alzato a estrarre la teglia con dentro la loro seconda cena.

«Tra poco dovrebbero essere abbastanza freddi» comunicò dalla cucina. George sprofondò sul divano, lottando per restare sveglio.

«Dai, portali qui e mangiamoli caldi, muoio di fame!» piagnucolò Rose.

«No, gli scones si mangiano freddi».

«Veramente si mangiano caldi».

«I miei si mangiano freddi».

«Daniel, guarda che me li vengo a prendere».

«Fallo e non mangerai mai più i miei scones».

George perse il resto del battibecco perché impegnato ad auto convincersi di non avere sonno, ma intuì che Daniel doveva essere riuscito a convincere Rose, perché lei non si alzò e lui tornò a sedersi, stavolta non sul bracciolo ma tra questo e George, che appoggiò la testa sulla sua spalla e

chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal suo respiro regolare. Inaspettatamente Daniel non protestò, anzi, appoggiò la testa sopra la sua e lo strinse a sé con il braccio sinistro. Nessuno sembrò notarlo, e George si sentì libero di formulare pensieri talmente sdolcinati che se fosse stato perfettamente sobrio gli avrebbero fatto venire il diabete. Si accoccolò contro il petto di Daniel quando lui lo strinse di più e lasciò la sua mente libera di vagare.

Era perfettamente sicuro di aver appena chiuso gli occhi quando qualcuno poggiò non molto delicatamente il vassoio degli scones sul tavolo. Emise un mugugno di protesta e affondò il naso nell’incavo del collo di Daniel. Dopo quella che gli parve una manciata di secondi aprì di gli occhi e scoprì di essere steso supino sul letto e che Daniel stava cercando di togliergli i pantaloni. Sollevò il bacino per aiutarlo e si sporse verso di lui per baciarlo, ma fu ricacciato giù. La situazione aveva dell’incredibile.

«A cuccia, Georgie che corre felice sul prato, di là ci sono ancora gli altri» mormorò infilandogli il pigiama. George lo ignorò e provò di nuovo a baciarlo, ma Daniel girò la faccia di lato, così si ritrovò a baciargli la guancia ricoperta dalla barba nera. Fece una smorfia.

«Dai, George, così non aiuti. Cerca di collaborare. Non possiamo mica scopare mentre ci sono loro nell’altra stanza, anche se in effetti l’idea mi alletta parecchio».

«Non mi sembra che scopare in pubblico sia mai stato un problema per te, infatti» biascicò George a mezzo millimetro dalla sua guancia. I suoi pantaloni furono sollevati e la sua felpa tirata su, pronta per essere tolta.

«Non dire idiozie. E smettila di attentare al mio autocontrollo o giuro che ti violento» aggiunse quando George iniziò a baciargli il collo.

«Fallo».

«Magari dopo». La sua felpa fu sfilata e la maglia del pigiama ne prese rapidamente il posto, costringendo George a interrompere quello che stava facendo. Daniel riuscì a farlo stendere delicatamente sul letto e lo coprì con il piumone di Harry Potter.

«Sei cattivo» bofonchiò George guardandolo male. Persino nella penombra riuscì a scorgere il sorrisetto del suo ragazzo.

«E tu hai un alito che ubriaca quanto una brocca di chupito. Ora stai buono o lo dico ad Abel e Arthur». George socchiuse gli occhi e sorrise.

«La mia mamma adottiva non mi vuole bene perché sono figlia di un deportato. Consolami». Si accorse che Daniel si era avvicinato solo quando avvertì il suo respiro sulla guancia.

«Se quando torno ti trovo ancora sveglio ti faccio urlare per tutta la notte» mormorò con voce roca. Posò le labbra sulla mandibola di George e gli lasciò una scia di baci roventi fino a raggiungere la bocca, dove si soffermò per un po’, soffocando un gemito nascente di George.

«Se vuoi convincermi a violentarti, sappi che ci stai riuscendo». Gli lasciò un ultimo bacio sulle labbra e uscì dalla stanza. George non fece in tempo a protestare che si addormentò.

La sveglia suonò alle sette e mezzo, riempiendo la stanza delle note di She’s Electric degli Oasis. George, con gli occhi chiusi a causa di un mal di testa tremendo, scagliò la mano destra verso il comodino per spegnere quel fracasso infernale, decidendo di far retrocedere la canzone nella sua Top Ten. Non trovò il cellulare. Aprì gli occhi e vide tutto giallo. Dopo un attimo di smarrimento iniziale capì di avere un foglio appiccicato alla fronte. Lo staccò e la stanza in penombra gli si manifestò davanti. Di Daniel, nessuna traccia. Localizzò il suo cellulare sul comò di fronte al letto, accanto a un bicchiere d’acqua e un’aspirina. Una fitta particolarmente forte alla testa lo fece imprecare e giurare di non toccare mai più alcolici. Sì, fino alla prossima volta.

Con il foglio e l’aspirina in mano si avviò in cucina, dove trovò una ricca colazione ad attenderlo. Si sedette sulla sedia che dava le spalle alla porta d’ingresso e, servendosi di uova e pancetta, iniziò a leggere il messaggio di Daniel.

Buongiorno Georgie! Sono le sette e mezzo e scommetto quello che ti pare che tu hai un mal di testa pazzesco! La giornata sembra non poter andare peggio, ma pensa che mentre scrivo sono le sette meno qualche minuto e sta piovendo a dirotto, perciò, quando tra cinque minuti uscirò di casa per andare in redazione a finire l’articolo più palloso della storia, starò imprecando in turco contro l’Inghilterra e il suo tempo di merda. Per la cronaca, ieri sera mi hai lasciato da solo a subire mezz’ora di ciance di Rose su quel maledetto coro, e un intero quarto d’ora consisteva in lodi sperticate su mia sorella che canta come un angelo e blablabla. Perciò la pagherai.

Stasera dirò ai ragazzi che devo finire l’articolo, che in realtà finirò stamattina, e che non posso uscire, così possiamo vederci e tu puoi fermarti a dormire qui. E per dormire non intendo dormire.

Ti ho svegliato mezz’ora prima nel caso volessi farti una sega pensando a me, visto che ieri ti ho praticamente mandato in bianco nonostante le tue avances particolarmente sfacciate. Hai visto che bravo? Ora smetto di scrivere perché il foglio sta finendo e non ho voglia di rimpicciolire la grafia ancora di più, inoltre sono in ritardo con la mia scaletta. Guarda il lato positivo di questa giornata di merda e prepara le caramelle alla menta, perché stanotte urlerai fino a perdere la voce.

Daniel

P.S. La tua macchina è di sotto.

P.P.S. Attento ai piccioni e alle Prugne Dirigibili.

George finì di leggere con un sorrisetto e, inghiottita l’aspirina, sparecchiò, appuntandosi mentalmente di distruggere il foglio (Maggie l’avrebbe sfottuto a vita, se l’avesse visto), e controllò l’orario: le otto e un quarto. Spostò lo sguardo verso la finestra, dove minuscole goccioline di pioggia si accumulavano sul vetro che era miracolosamente scampato al temporale della sera precedente.

Guarda il lato positivo:Rose si bagnerà anche stamattina. Si vestì rapidamente e si rese conto che sarebbe dovuto essere a scuola più di mezz’ora dopo. Che fare nel frattempo?

Lanciò un’occhiataccia al foglio appoggiato sul tavolo (si sarebbe dovuto ricordare di toglierlo, onde evitare conversazioni imbarazzanti) e si diresse in bagno a farsi una doccia particolarmente lunga, maledicendo Daniel, i suoi messaggi e la sua incredibile capacità di mandarlo su di giri con uno stupido pezzo di carta giallo.

 

Nota Delle Autrici

Cari lettori e lettrici che siete arrivati fin qui, innanzitutto benvenuti. Le Shenny vi danno una calorosa stretta di mano (niente di più, per carità, sono anaffettive) e si dichiarano strafelici di avervi qui. Sono estasiate, incantate e tutto un immenso elenco di aggettivi che trovate comunque nel dizionario dei sinonimi e che perciò non vi forniscono.

Dicevamo? Ah, già. Beh, grazie per essere arrivati fin qui. È la nostra prima long originale e speriamo che sia all’altezza delle vostre aspettative, altrimenti le mettiamo i tacchi.

E dopo questo bel monologo colmo di paroloni utili solo per riempire lo spazio con delle frasi intelligenti che avremmo dovuto inserire nel capitolo, vi offriamo cerbiatti tanti biscotti.

Al prossimo aggiornamento!

Shenny

Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni!
Farai felici un mucchio di scrittori!

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Shenny