Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: menomaru2000    28/07/2007    1 recensioni
Un tempo la gente era convinta che quando qualcuno moriva un corvo portava la sua anima nella terra dei morti.
A volte però accadevano cose talmente orribili, tristi e dolorose, che l'anima non poteva riposare.
Così a volte, ma solo a volte, il corvo riportava indietro l'anima perchè rimettesse le cose a posto...
Genere: Romantico, Dark, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi tornata con l'aggiornamento di questa fic ^^

DolceSango91: Sono contenta che ti abbia attirato questa fic ^^ Continua a seguirla e non te ne pentirai!

Kgm: grassie per il commento amora ^O^

Ordunque senza ulteriori indugi eccovi il capitolo

1. Ricordi

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Il cimitero.
Luogo dove le anime dei defunti riposano, luogo di morte, di distruzione. Qui il corvo lanciò il suo gracchiare più forte, il suo richiamo per le anime ormai non più terrene. Spesso l'animale si incaricava di trasportare un'anima triste, un'anima disperata.
Fu in quel momento che l'uccello individuò lo spirito che lo chiamava.
Andò a porsi su una tomba, gracchiando più forte. Picchiò qualche volta sul duro marmo della lapide, come a voler richiamare il corpo del defunto.
Così avvenne.
Un rumore, poi un crepitio, altro tonfo, fracasso sempre più forte finchè la terra non si smosse, rivelando l'apertura della bara.
Un lampo illuminò per un attimo la sagoma che, incredibilmente, stava uscendo dalla cassa sepolta. Il tuono ruppe il silenzio presente nel luogo, facendo alzare gli occhi all'essere, rivelando due iridi scure forse come la notte stessa.
Il gracchiare dell'animale attirò l'attenzione dell'essere che non pareva altri se non un giovane uomo dai lunghi capelli neri. Esso si avvicinò all'uccello, osservandolo silente mentre il suo corpo veniva scosso da tremiti.
Improvvisamente il corvo gracchiò un'ultima volta prima di librarsi in volo. L'uomo rispose al suo istinto, inizò a correre più veloce che poteva, seguendo l'animale.
Correva, correva, correva. Non si fermava, con suo grande stupore si accorse di non sentirsi minimamente stanco. Le sue gambe non sentivano per niente il peso di tutta quella corsa. Il suo respiro era regolare, nonostante, secondo la logica, dovesse ansimare per via del troppo sforzo, ma nulla.
Corse per altri minuti, finchè non giunse davanti ad un palazzo che a lui parve familiare. Lo osservò silente, mentre la pioggia ancora imperversava, bagnandogli i capelli e il corpo.
Un palazzo ad angolo, sulla sommità una vetrata circolare era spaccata, anzi, il termine giusto sarebbe distrutta. Nel vedere quella finestra in pezzi una strana sensazione si fece strada nel cuore del giovane, il quale, seguendo ancora una volta l'istinto, entrò nel portone del palazzo per poi iniziare a salire le scale verso l'ultimo piano. Cosa c'era non lo sapeva, ma qualcosa gli diceva che doveva dirigersi in quel punto, da dove veniva questa consapevolezza non lo sapeva, ma ciò che importava era che c'era.
Quando arrivò davanti alla porta d'entrata dell'appartamento all'ultimo piano osservò confuso le strisce della polizia dove vi era scritto "scena del crimine, non oltrepassare".
Di nuovo un impulso a lui sconosciuto gli fece allungare la mano verso quella specie di nastro adesivo per poi strapparlo ed aprire la porta dell'appartamento.
Osservò spiazzato l'interno del luogo, era a dir poco spoglio se non fosse stato per una specchiera posizionata sulla parete sinistra dell'appartamento, sembrava quasi un luogo abbandonato da anni.
I suoi occhi vagavano incerti e confusi sulle travi di legno ormai scurite, sulla finestra distrutta, sull'unico mobile presente. Silente si avvicinò proprio a questo, le sue iridi caddero su una maschera appesa nell'angolo in alto a destra dello specchio, sembrava Pierrot, ma no, era simile.
Troppo preso dall'osservare l'oggetto, l'essere non si avvide del corvo che ormai era entrato nell'appartamento sfruttando come suo ingresso la vetrata distrutta. L'uomo sollevò la mano destra e, con una lentezza a dir poco snervante, allungò il braccio sino a sfiorare con la punta delle dita la maschera che tanto l'aveva confuso.
Fu un attimo.
Non appena le sue dita entrarono in contatto col piccolo oggetto inanimato il corvo gracchiò forte, e nella sua testa entrarono prepotenti tutti i suoi ricordi, sgranò gli occhi per poi allontanarsi dalla specchiera con uno scatto. Si portò subito le mani alla testa mentre chiudeva gli occhi in una morsa dolorosa. La sua mente ormai si stava schiarendo del tutto, stava ricordando gli avvenimenti con chiarezza.

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-bu!-
Una donna sussultò per poi voltarsi verso colui che l'aveva spaventata, non appena lo riconobbe subito lo osservò scocciata mentre l'altro rideva divertito.
-Inuyasha sei uno stupido! Smettila di spaventarmi con quella dannata maschera! E poi potresti spaventare anche Asako!-

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Gemette di dolore. Gli occhi ancora serrati mentre aveva iniziato anche a stringere i denti, i suoi ricordi lo invadevano in maniera talmente rapida che gli sembrava che la stessa gli si stesse spaccando in due.

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-ti amo, Inuyasha.-
-mh...dillo ancora.- disse lui, teneramente abbracciato alla sua donna. Lei sorrise e continuò a giocare con i lunghi capelli neri del suo amante.
-ti amo, Inuyasha.-

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-papà! papà!- una piccola bambina che pareva avere circa sei anni corse incontro ad un uomo coi lunghi capelli neri, il quale, udendo il richiamo della sua piccola si voltò, e sorrise per poi inginocchiarsi davanti a lei ed allargare le braccia, permettendo così alla bimba di venirsi a rifugiare nel suo abbraccio.
A qualche passo da loro una bellissima donna coi capelli neri e occhi di un castano intenso osservava la scena sorridente.
L'uomo si alzò in piedi, prendendo in braccio la figlia mentre quest'ultima accoccolava la testa nell'incavo tra la spalla e il collo del padre.
-dormi, Asako, è tardi e domani devi alzarti presto.- disse l'uomo, mentre raggiungeva la donna che lo attendeva per mettere a letto la piccola.
-mh...ti voglio bene papà...- disse la bimba prima di cadere tra le braccia di Morfeo.
-ti voglio bene anch'io...- disse dolce lui prima di porre la bambina nel lettino e rimboccargli le coperte.

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-ah! Oddio!- disse la donna mentre rideva divertita, mentre tentava di cucinare qualcosa evidentemente la macchina del gas aveva fatto qualche scherzetto e ora l'interno della pentola stava bruciando. L'uomo intervenne immediatamente e, con un panno, riuscì a debellare il principio d'incendio. Si voltò poi divertito verso la donna, e l'abbraccio.
-beh, diremo ad Asako che andremo al ristorante.- disse lui mentre ghignava.
Lei in risposta rise divertita.

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Un forte boato da dietro la porta dell'appartamento mise subito sull'attenti la donna, la quale afferrò immediatamente la figlia e si allontano dall'ingresso.
Dei banditi riuscirono a sfondare ed entrarono nella loro casa. Tra urla di pura follia e risate isteriche tutte le cose presenti nel luogo venivano messe a soqquadro. Vetri rotti, fogli sparsi dappertutto, la donna che, terrorizzata, stringeva a sè il corpo tremante della piccola.
-ma guarda che abbiamo qui!- disse uno dei banditi che, con un forte fischio, richiamò i suoi scagnozzi che, rapidamente afferrarono la donna separandola dalla bambina, mentre quest'ultima urlava e piangeva chiamando a gran voce la madre.

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Il corvo gracchiò un'altra volta mentre il giovane urlò di dolore. Un urlo straziato, disperato. L'uomo inarcò la schiena mentre ancora le urla non cessavano di uscire dalla sua gola e i ricordi lo invasero nuovamente.

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-KAGOME!- entrò nell'appartamento proprio quando i drogati stavano separando la donna dalla bambina. Reagì d'istinto, una furia cieca si abbattè su di lui, proprio come un fulmine in una giornata serena. si gettò contro il bandito che teneva la sua bambina tra le braccia. Lo colpì con un pugno dritto sul volto, fece indietreggiare il criminale ma fu prontamente colpito alla testa da un suo compagno.
Cadde a terra mentre la piccola iniziò a chiamare a gran voce anche lui. Riusciva a sentire la voce di sua figlia incrinata di pianto, si risollevò debolmente in piedi, la fronte aveva iniziato a sanguinargli, e in maniera anche piuttosto preoccupante, ma non gli importava.
Si gettò come un animale contro un altro bandito, ma stavolta nessuno di loro si fece cogliere impreparato. Alle sue spalle uno di loro lo colpì nuovamente alla testa, nello stesso punto dove era stato precedentemente colpito.
Cadde nuovamente a terra stordito, venne quindi afferrato da due della banda. I suoi occhi vagarono debolmente per l'appartamento, cercando di contare i criminali presenti.
Uno...
Due...
Tre...
Quattro...
Cinque...
Sei...
Sette...
...Otto...
Due di loro lo constrinsero a guardare la sua donna che veniva stuprata dagli altri. Uno di loro riprendeva la scena con una videocamera, sembravano bestie impazzite. Era schifato da tutto questo. Sentiva la bambina piangere e chiamare debolmente la madre. La donna ormai aveva chiuso gli occhi da tempo, non voleva vedere in faccia quei bastardi mentre si approfittavano di lei.

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Si alzò debolmente in piedi, le sue mani ormai erano fisse tra i suoi capelli, strette a pugno, quasi come cercasse in qualche modo di far svanire il dolore. Barcollò qualche passo, mentre ancora i ricordi gli attraversavano il cervello, facendogli ricordare gli orrori di quella notte.

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Urlò disperato quando un coltello di uno della banda trafisse il petto della sua donna per più di una volta. Si dimenava, cercando di liberarsi dalla presa dei suoi aguzzini ma nulla, ogni qualvolta lui tentava di dimenarsi, loro lo ripagavano colpendolo alla testa nel punto ormai danneggiato, stordendolo.
Quando una donna si avvicinò alla bambina si dimenò come mai in vita sua.
-NO! VI PREGO! LASCIATE STARE LA MIA BAMBINA! HA SOLO SEI ANNI! VI SCONGIURO NON TOCCATE ASAKO!-
La donna si inginocchiò accanto alla piccola e le accarezzò la testa mentre quest'ultima continuava a piangere terrorizzata mentre un uomo la teneva ferma. La giovane intonò una ninna nanna quasi a volerla prendere in giro.
-piano non pianger, non piangere più...Kalì ti spara e ti manda lassù.- mentre cantava la donna si sollevò in piedi e puntò la pistola in direzione della bimba per poi premere il grilletto e colpirla alla testa, togliendole la vita.
L'urlo disperato che scappò dalle labbra dell'uomo fu assordante, le lacrime ormai scappavano dai suoi occhi senza che lui potesse fermarle. Gli avevano ucciso sua figlia proprio davanti ai suoi occhi.

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Un altro grido si sovrappose a quello dei suoi ricordi, proprio come quella volta, urlò di nuovo. Disperato forse era l'unico modo per definirlo in quel momento.

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Un uomo della banda si avvicinò a lui, afferrandolo per i capelli e guardandolo con uno sguardo a dir poco allucinato, sicuramente opera della droga. Osservò l'uomo con rabbia, furioso, il suo sguardo esprimeva solamente desiderio di vendetta sebbene le lacrime continuavano a sgorgare.
-niente di personale amico- disse il drogato mentre osservava il giovane divertito -ma la notte del diavolo è fatta per divertirsi, e noi ci divertiamo in questo modo.-
Questa la sua frase prima di porre le labbra su quelle dell'uomo, quest'ultimo rimase immobile, incapace di scansarsi o altro.
Non appena il criminale si scansò dalle sue labbra subito i due che lo tenevano immobilizzato gli afferrarono le braccia, spalancandole mentre nel frattempo, il drogato, si allontanava di un paio di passi da lui prima di puntargli la pistola contro il petto.
L'uomo non faceva nulla, non trovava neanche la forza di ribellarsi, la sua donna e la sua bambina gli erano state strappate con brutalità, non aveva neanche la volontà di reagire, la sua forza vitale era morta con loro.

¨˜”°º•†....†•º°”˜¨

Come guidato dai suoi incubi spalancò le braccia, quasi come se fosse trattenuto dai banditi come allora. I suoi occhi erano ancora stretti in una morsa di dolore mentre teneva le braccia spalancate e la testa inarcata all'indietro.

¨˜”°º•†....†•º°”˜¨

Con un urlo a dir poco folle il tizio davanti a lui sparò due colpi di pistola, colpendolo in pieno petto. Era ancora cosciente quando i due pazzi che lo tenevano lo trascinarono addosso alla finestra, scaraventandolo di fuori e facendolo precipitare per svariati piani fino a colpire duramente l'asfalto della strada e morire.

¨˜”°º•†....†•º°”˜¨

Corse come un pazzo verso la vetrata. Spiccò un salto, afferrando con le mani una trave di legno in cui vi erano conficcati ancora dei pezzi di vetro mentre il corpo veniva slanciato fuori, di nuovo a contatto con la pioggia, quasi a voler rivivere il momento della caduta.
Per via dell'effetto "pendolo", quando tornò verso l'interno dell'appartamento si lasciò cadere sul pavimento distrutto, amare lacrime uscivano dai suoi occhi ora che i ricordi erano tornati a tormentarlo, avevano ucciso la sua donna, Kagome, e la sua bambina, Asako. E tutto davanti a lui.
Il corvo gracchiò di nuovo, mentre ora il suo sguardo cadde sulle sue mani, scoprendole sanguinanti per via dei tagli che si era procurato con i vetri rotti. La sua espressione non mutò quando vide le ferite scomparire lentamente.
Si rialzò debolmente in piedi, se era tornato in vita c'era un motivo, e lui sapeva benissimo qual'era: vendicarsi.
Si avvicinò nuovamente alla specchiera per poi afferrare una scatoletta di cerone bianco e cominciare a spalmarselo sul volto, i suoi movimenti erano isterici. Sembrava quasi non ragionare. Il corvo emise di nuovo il suo richiamo prima di appollaiarsi sullo specchio mentre l'uomo si sollevava in piedi e si dirigeva verso l'armadio, altro mobile che sembrava non essere stato toccato da quei bastardi. Afferrò lì una sua maglietta per poi indossarla.
Si diresse nuovamente verso la specchiera, il riflesso che vide lo lasciò impassibile, oramai era mosso solamente da un forte sentimento di rabbia. Colpì con tutta la sua forza lo specchio, spaccandolo e incrinandolo. Si diresse poi verso la vetrata, assaporando ancora una volta l'aria fredda sul volto mentre ora il corvo si poneva sulla sua spalla. Un lampo illuminò la città e così anche il suo viso, rivelando il suo nuovo aspetto.
Così com'era comparso, scomparve, corse su, sui tetti, aveva una missione da compiere.

Continua...

  
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