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Autore: Cida    09/01/2013    2 recensioni
"Tick-tock, tick-tock, merrily sings the clock. It's time for change, it's time for stay, so it sings
throughout the day. Tick-tock, tick-tock, merrily sings the clock."

La prima stagione vista con gli occhi di un nuovo personaggio.
Seconda classificata al contest C'era una volta un personaggio di cui ci siamo scordati di Trick.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mary Margaret Blanchard/Biancaneve, Nuovo personaggio, Ruby/Cappuccetto Rosso, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: Elections and conspiracy


  I giorni di apatia, che avevano accompagnato la cittadina dalla prematura morte dello sceriffo, erano terminati. La città era di nuovo in fermento dovuto, soprattutto, alla competizione che era nata per deciderne il successore. Storybrooke si trovava spaccata a metà: c’era chi sosteneva Emma Swan, nuova arrivata nonché ex vice sceriffo, e chi parteggiava per Sidney Glass, direttore del Daily Mirror.
  Alec era una di quelle persone che rientravano nel primo caso. Certo, non poteva dire di conoscerla chissà quanto, tuttavia le volte in cui l’aveva incontrata da Granny’s cominciavano ad essere parecchie e, di conseguenza, si era fatto un’idea: Emma era una a posto. Senza contare che sembrava non temere il malefico duo governatore della città: dall’episodio della miniera, ormai, tutti erano al corrente del conto aperto che aveva con il sindaco per la questione di Henry e, da Ruby, era venuto a sapere come si fosse messa contro Mr. Gold per aiutare quella ragazza… come si chiamava? Ashley.
  Infine, a suo favore c’era anche il fatto che Graham l’aveva già scelta come vice ed il ragazzo si rifiutava di credere che le avesse dato quell’incarico solo perché aveva un bel sedere, come insinuava qualcuno in quei giorni.
  Quindi, parlandosi chiaro, cosa poteva fare il suo sfidante contro tutte queste qualità? Sidney Glass non era niente di più di un uomo che scriveva i suoi articoli da dietro una scrivania di un sontuoso ufficio, pronto a correre solo quando il suo padrone lo ordinava. Perché sì, il biondo aveva capito cosa c’era sotto a questa candidatura e la chiamata, che aveva ricevuto la sera prima, gliel’aveva confermato.
  Proprio a causa di quella telefonata non era passato alla tavola calda quella mattina, nonostante avesse un giorno libero dallo studio. Ruby, infatti, capiva ogni volta dove sarebbe dovuto andare, fin dal primo momento che metteva piede nel suo locale e, di conseguenza, non gli rivolgeva parola o, se lo faceva, finivano per litigare. Decisamente non era in vena di scenate.
  Fece ancora qualche passo lungo il marciapiede e, poi, imboccò il vialetto d’ingresso del giardino. Una volta davanti alla porta della villa, prese un profondo respiro, raddrizzò le spalle ed allungò un braccio. Proprio quando il suo dito scontrò il metallo sul muro, si capì come la ragazza potesse sempre sapere dove lui andasse in quelle occasioni: il campanello trillò in perfetto orario.
  Dovette attendere solo pochi minuti prima che la porta si aprisse «Mr. Downy, puntuale come al solito» lo accolse Regina.
  «Sindaco Mills…» rispose lui con un cenno del capo.
  «Ho del lavoro per lei» arrivò dritta al punto la donna «Il tempo è poco e da fare c’è tanto» spostò leggermente la porta e recuperò un grosso scatolone che il ragazzo si affrettò a prenderle. «Questo è solo il primo di tanti. Gli altri potrà trovarli al comune» continuò a spiegargli «Ci sarà anche un furgone, così farà prima. Mi raccomando di dare priorità agli inviti per il dibattito di domani. So che saprà soddisfare le mie aspettative» concluse sorridendo.
  Alec annuì e distribuì meglio il peso sulle braccia, cosicché lo sguardo gli cadde sul contenuto dello scatolone mezzo aperto: chili su chili di manifesti elettorali, tutti con la faccia di Sidney. Era stupito? Ovviamente no. Tuttavia qualcosa dentro di lui scattò «Perché Glass?»
  «Come, prego?» chiese lei perplessa, non le aveva mai fatto domande.
  Lui non demorse «Mi chiedevo perché candidare Glass per un ruolo di questo genere, non sarebbe stato meglio far succedere direttamente il vice sceriffo Swan?»
  Regina sorrise nuovamente «Mi pare che nessuno abbia chiesto il suo parere Mr. Downy» disse con calma «Le sto offrendo un lavoro… lavoro che pagherò assai bene. Se non lo vuole può benissimo evitare di accettarlo» sospirò «Mi pareva di aver capito, però, che avesse bisogno di soldi… gli affitti di Mr. Gold sanno essere assai cari a volte, non trova?»
  L’albino strinse i denti «D’accordo, lo farò»
  «Molto bene. Allora vada: prima comincerà, prima finirà» lo congedò chiudendogli, praticamente, la porta in faccia.
  Il ragazzo strinse convulsamente la scatola fra le sue braccia, così tanto che le dita quasi bucarono il cartone. Quindi si voltò e riprese il vialetto che l’avrebbe portato via da lì. Mentre passava accanto al melo, però, non poté fare a meno di pensare se quella donna fosse davvero stata sempre così stronza o lo fosse diventata per qualcosa di particolare.


  Snow aveva corso e corso ancora, finché il cuore non aveva rischiato di scoppiarle nel petto. Solo allora si era fermata a riprendere fiato: non sarebbe mai più potuta tornare a casa, non dopo quello che era successo. La sua vita da principessa era finita, da quel momento in avanti avrebbe dovuto affrontarne una nuova: quella da fuggitiva.
  Aveva bisogno di nascondersi, di sparire, perché era sicura che Regina non si sarebbe fermata. Ancor prima di questo, però, necessitava dell’aiuto e del conforto di un amico, qualcuno che l’avrebbe capita, consolata e protetta se si fosse presentato il caso. Per cui si fece forza e, anche se le lacrime premevano per uscire, riprese il cammino: sapeva esattamente dove doveva andare.

  Mary Ann si trovò costretta, da un forte battito di mani contro la porta d’ingresso, ad abbandonare le sue mansioni. Fu piuttosto irritata, infatti, che andò ad aprire «Si può sapere chi è che ha deciso di butt...» cominciò ma non appena riconobbe la figura sporca e affaticata che aveva di fronte si quietò «Principessa! Che cosa vi è successo? Entrate, presto» si affrettò accompagnandola dentro e richiudendo subito la porta.
  La mora si lasciò cadere su una poltrona del salotto «Vi racconterò tutto ma, prima, ho bisogno di White»
  La donna annuì «Ma certo, lo vado subito a chiamare» e prese velocemente le scale che portavano al piano superiore. Batté delicatamente le nocche sulla porta semiaperta del padrone: non ottenne risposta ma, data la situazione, si azzardò ad entrare lo stesso. Lo trovò intento a seguire i leggeri dondolii che la catenella, stretta nella sua zampa, faceva compiere all’orologio di suo padre, lo sguardo assente perso in chissà quali pensieri. Mary Ann sospirò, ecco perché non aveva udito nulla di quel che era accaduto di sotto: era da quando aveva perso il suo lavoro che, ogni tanto, scivolava in quegli stati di catatonia, innegabilmente cominciava ad essere preoccupata. «Signore...» provò ancora a richiamare la sua attenzione sperando che la sua voce, a differenza del bussare di poco prima, potesse ottenere un risultato migliore.
  Questa volta, infatti, White riprese lucidità con un leggero scatto del capo «Dimmi...» le rispose.
  «Abbiamo ospiti» lo informò lei «Di sotto c’è la principessa Snow, temo abbia bisogno del suo aiuto»
  «Che cosa?» scattò in piedi subito l’altro con ancora la catenella dell’orologio stretta nel pugno. Si voltò a guardare lo strumento solo per un attimo, quasi con stizza, poi lo abbandonò sul comò e, seguito dalla cameriera, scese veloce al piano di sotto.

  «Snow!» sgranò gli occhi il Bianconiglio, quando la vide.
  Lei gli si precipitò incontro e gli buttò le braccia al collo abbandonandosi finalmente alle lacrime.
  White non poté far altro che lasciarla sfogare per un po’, solo quando la sentì calmarsi le levò una foglia secca dai capelli e provò a chiederle «Che ti è successo?»
  La ragazza sciolse l’abbraccio e si passò una mano sul viso, con il risultato di far un pessimo miscuglio di lacrime e terra «Ha tentato di uccidermi...»
  «Chi?» chiese l’altro incredulo.
  «Regina...» gli rivelò lei in un soffio «Ha mandato un cacciatore estraneo alla corte, è stato solo grazie al suo buon cuore se mi sono salvata: ha avuto pietà di me e mi ha lasciata andare. Per questo sono venuta qui: non posso più tornare a palazzo, capisci? Anche i fedeli alla mia famiglia sono sempre meno» lo guardò negli occhi «Tu sei stato solo il primo di una lunga serie, si sta liberando di tutti quelli che potrebbero essere un ostacolo per i suoi piani»
  «Quella donna...» sibilò il bianco in un soffio, irritato per essersi fatto abbagliare dalla sua bellezza e per aver creduto ai suoi modi cordiali. Si era persino dispiaciuto per lei, anche se non aveva esitato a liquidarlo con superbia. A quel punto gli venne naturale chiedersi se anche il suo dolore fosse stato tutta una farsa e, inevitabilmente, si ritrovò a valutare l’ipotesi che, a tirare le redini del misterioso assassinio del re, fosse stata proprio lei. Alla luce di tutto, la probabilità era tutt’altro che esigua. «Mary Ann» chiamò, quindi «Prepara subito un bagno caldo alla principessa, così potrà lavarsi via questa brutta giornata. Nel frattempo le faremo da mangiare e cercheremo di trovare qualcosa che possa andar bene fra i tuoi vestiti»
  «Subito, signore» rispose solerte la cameriera che, sebbene fosse assai turbata dal racconto della ragazza, non poté far a meno di essere felice per la vitalità che il suo padrone sembrava aver recuperato.
  Quando la donna se ne fu andata, Snow si rivolse al suo amico «Tu non devi fare tutto questo per me»
  «Hai ragione, non devo...» annuì White «Io voglio farlo. Ti ho detto che per te ci sarei sempre stato, giusto un attimo prima di lasciarti nelle mani della tua matrigna» sorrise amaramente «Non è stato un ottimo modo per cominciare ma, ora, voglio rimediare. Per cui troveremo una soluzione e, fino a quel momento, sarai mia gradita ospite»
  E, mentre si faceva accompagnare dalla sua zampa posata sulla schiena, la mora non poté far altro che dire «Grazie...»


  Alec posò sbuffando quello che era, finalmente, l’ultimo scatolone di manifesti. Era sicuro che, a forza di spargere la sua faccia per la città, avrebbe pinzato ad un muro anche Sydney Glass in carne ed ossa, se lo avesse avuto vicino. Si chinò per la millesima volta in quei due giorni, recuperò l’ennesimo foglio e si apprestò ad appiccicarlo alla parete.
  «Non ci posso credere, anche tu!»
  Il ragazzo inarcò le sopracciglia ed interruppe il suo lavoro «Mary Margaret» la riconobbe voltandosi «Anch’io, cosa?» le chiese ma bastò ricordarsi di cosa aveva in mano per rendersene conto da solo «Ah... Sidney» storse le labbra «Chi altro hai trovato ad appendere i suoi manifesti?» buttò lì, innocentemente, cercando di sviare il discorso.
  «Non ha importanza chi ho trovato» disse lei risentita, tuttavia non riuscì ad impedirsi di arrossire leggermente «Non ci provare nemmeno a fare certi giochetti con me» continuò riferita al suo tentativo di depistaggio ed andandogli vicino «Mi sembrava di aver capito che avresti votato per Emma»
  Il biondo tamburellò il piede a terra, irritato: già si sentiva abbastanza in colpa così, ci mancava anche la paternale «E’ esattamente quel che farò, infatti...»
  «E allora perché?» gli chiese la mora non capendo, poi arrivò l’illuminazione «Te l’ha chiesto lei» affermò.
  «Mi ha offerto un lavoro» si sentì in obbligo di precisare lui.
  «Lavoro che ti fa fare qualcosa che non condividi» rilanciò l’altra «Si può sapere che potere ha su di te? Sembra quasi che tu non le sappia dire di no, anche il tuo ritardo cronico con lei sparisce»
  Alec strinse i denti «Non lo so perché con lei mi comporto così, d’accordo? Quando mi chiama io non faccio niente di diverso dal solito, so solo che quando arrivo alla sua porta sono sempre in orario. Credi che mi piaccia fare ciò che mi chiede? Beh, non mi piace... ma mi paga, maledizione» sbottò «Mio padre non mi ha lasciato un centesimo e allo studio legale non mi danno un soldo, senza contare che neanche mi ricordo di come ci sono finito là dentro. Mi piacerebbe sopravvivere ad aria ma ho bisogno di mangiare, di un posto dove stare e, purtroppo, entrambe queste cose hanno un prezzo»
  Mary Margaret non reagì subito, le ci volle un attimo per assorbire quella rivelazione «Perché non hai detto nulla?»
  Il ragazzo soppesò la domanda e verificò mentalmente a chi avrebbe potuto dirlo: una persona ce l’aveva di fronte ed era sicuro che l’avrebbe aiutato in qualsiasi modo le fosse stato possibile, così come aveva fatto con Emma ospitandola in casa sua anche se la conosceva appena; altre due erano alla tavola calda, la nonna e Ruby l’avrebbero riempito fino a scoppiare se avessero saputo che faticava a mettere il cibo nel piatto e l’ultima era Marianne, la sua vicina di casa che per lui già si preoccupava fin troppo. Quelle donne erano parte della sua vita, a pensarci bene non si ricordava nemmeno la prima volta che le aveva incontrate e, di conseguenza, doveva conoscerle da sempre «Io non voglio essere un peso» rispose infine «Per nessuno»
  La donna sospirò, sapeva quanto potesse essere testardo «Allora vattene da quello studio, cerca un altro lavoro. Ti aiuterò a trovarlo»
  Il biondo rise sarcastico «Sii seria, tutti in città sanno del mio problema con gli orologi: nessuno è pronto a darmi una possibilità»
  «Io te la darei...» confutò subito la sua tesi l’altra.
  «Tu non fai testo, la daresti a chiunque...» le fece presente lui in un’alzata di spalle.
  Rimasero in silenzio per un attimo, guardandosi, occhi negli occhi... poi Alec scoppiò a ridere mentre sul viso della mora andava dipingendosi un’espressione d’indignazione mista ad imbarazzo «Tu! Tu non puoi fare queste battute con me» l’accusò puntando un dito contro al suo petto ad ogni “Tu”, fingendosi offesa.
  «Scusa, scusa...» si affrettò a riparare il ragazzo, alzando le mani in segno di resa.
  «Almeno sei tornato a sorridere un po’, anche se a mio discapito» constatò lei scotendo il capo «Sono cambiate molte cose in città, ultimamente...» riprese il discorso poi «Chi lo dice che non possano cambiare anche per te? Sei tu il primo a doverti dare una possibilità»
  Alec annuì, anche se poco convinto «Grazie»
  «Per cosa? Dovresti ringraziarmi se ti prestassi la stessa somma che Regina ti ha promesso» buttò lì guadagnandosi un’occhiataccia da parte dell’altro «Ok, non accetteresti mai, ho capito. Allora finisci quello che devi fare ma, per la prossima volta, pensa a quello che ti ho detto. Ci vediamo al dibattito»
  Si salutarono e lei se ne andò. Il biondo riportò lo sguardo sullo scatolone: gli servivano davvero quei soldi, perciò riprese il suo lavoro. Mentre gli ultimi manifesti passavano fra le sue mani, però, non poté far a meno di ripensare alle parole della mora e un sorriso spuntò sulle sue labbra.


  La carrozza reale frenò dolcemente di fronte alla modesta casetta a due piani circondata da un ampio giardino. Regina ne uscì con la sua solita fierezza e tirò dritta verso la sua meta. Bastò un semplice movimento della mano per far sì che il cancelletto d’ingresso si aprisse docile al suo passaggio. Proseguì lungo il vialetto ma, proprio quando posò il piede sul primo gradino della casa, la porta si aprì dall’interno.
  «Vostra maestà» l’accolse il padrone con un inchino.
  «Rabbit...» constatò la donna con la sua solita espressione compiaciuta «Mi avete sentito arrivare»
  «Queste non sono solo un tenero ornamento, mia regina» le rispose lui dandosi un colpetto sulla punta di una delle orecchie «A cosa devo l’onore di questa vostra visita?» chiese cordiale, tuttavia non si mosse dallo stipite della porta.
  «Dov’è la principessa?» arrivò dritta al punto affiancandolo sull’uscio.
  Il coniglio inarcò le sopracciglia stupito «La principessa? Perché dovrebbe essere qui, non è a palazzo?» le chiese incuriosito, scostandosi per lasciarla passare «Non la vedo dalla mia ultima visita, ossia quella per la morte del re, vostro marito» sottolineò.
  «Mi prendete per stupida, Rabbit?» gli intimò lei, facendo vagare gli occhi per il salotto in cerca di qualcosa che potesse ricondurla alla presenza della ragazza.
  White chinò il capo in segno di rispetto «Non mi permetterei mai, maestà»
  «Questo lo scopriremo subito» gli fece presente Regina con un ghigno: voltò una volta su se stessa e, subito dopo, del fumo bluastro cominciò ad uscire dalle sue mani.
  «Cha state facendo?» chiese l’altro battendo una zampa a terra, come faceva sempre quando era infastidito per qualcosa che non era in grado di controllare e, decisamente, la magia era una di queste.
  La donna, però, non rispose: troppo intenta a decifrare i segnali che il suo incantesimo le riportava. Lo sentì spandersi in tutta la casa, solcare ogni mattonella, infiltrarsi in ogni più recondita fenditura. Sorrise maligna quando spaventò terribilmente il giardiniere e la governante intenti a sistemare la piccola aia sul retro, tuttavia, di Snow White neanche l’ombra. «Sembra che, effettivamente, lei non sia qui» constatò la regina bloccando il flusso di magia con un gesto secco delle braccia «Ringraziate che potreste servirmi un domani» gli intimò sovrastandolo con la sua superba fierezza «Ascoltate ciò che sto per dirvi, Rabbit. Non importerà dove né quando: se io dovessi aver bisogno, voi accorrerete al mio richiamo senza domande e farete tutto ciò che vi chiederò, con la precisione e la puntualità che vi contraddistingue» concluse compiaciuta e, una volta sistemato lo strascico del suo vestito con un gesto, lasciò l’abitazione.
  White mantenne il petto gonfio e le orecchie dritte, così come aveva affrontato l’ultimo assalto di quella donna: anche se del coniglio ne aveva l’aspetto, era giunto il momento di smetterla di comportarsi come tale. Solo quando non udì più i rumori della carrozza, liberò il respiro «Questo lo vedremo»


  Snow uscì dal piccolo ripostiglio in cui venivano riposte le provviste a lunga conservazione, portando con sé qualcosa per un piccolo spuntino. Posò il cibo sul tavolo e sbuffò, le razioni cominciavano a scarseggiare. Guardò fuori dalla finestra, il sole al tramonto aveva un effetto spettacolare sul mare d’erba che circondava la piccola abitazione in cui aveva trovato rifugio.
  Era rimasta da White per qualche giorno ma, poi, era stato chiaro che non vi sarebbe potuta rimanere ancora a lungo: Regina sapeva della loro amicizia, non ci avrebbe messo molto a capire tutto. Avevano considerato ogni possibilità, infine, al Bianconiglio era arrivata l’illuminazione e l’aveva indirizzata lì, in quella che era stata la casa di sua madre. Nessuno sapeva della sua esistenza, neanche Mary Ann.
  Si erano lasciati con la promessa che lui sarebbe diventato i suoi occhi e le sue orecchie, pronto a raccogliere ogni informazione sulle azioni della matrigna e, di conseguenza, sarebbe andato periodicamente a trovarla. Tutto questo, però, non cambiava ciò che era adesso, ossia, completamente sola. Sentì le lacrime arrivare a pizzicarle gli occhi ma, con una forza di volontà enorme, riuscì a ricacciarle indietro. Basta, non era più una fragile principessa: era giunto il momento di imparare a sopravvivere.




E così siamo arrivati a metà: come avete visto, entrambi i mondi hanno cominciato ad alternarsi all'interno del capitolo. D'ora in poi proseguirà a questo modo :)
Una piccola precisazione sul nome del protagonista: Alec Downy. Dato che molti dei personaggi a Storybrooke hanno mantenuto nel loro nome (o cognome) un riferimento alla loro controparte nel regno delle fiabe (come Blanchard, Hopper, Ruby ecc...), ho deciso di usare la stessa linea anche per il Bianconiglio. "Downy" significa, infatti, lanuginoso/soffice e ben riporta alla morbidezza del coniglietto ^^. "Alec", invece, è il nome maschile che più si avvicina ad un anagramma di "Alice". Scelto perché, girovagando per la rete in modo da rinfrescare un po' la memoria, ho trovato che Carroll immaginava il Bianconiglio come l'alterego anziano di quest'ultima. ;)
Concludo ringraziando, come sempre, chi segue questa storia e in particolare _Eterea_ e Capinera che sono sempre così gentili da lasciarmi una loro opinione.
See you soon :D
  
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