Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: hsxnflower    09/01/2013    23 recensioni
Uno sparo nel vuoto è tutto ciò che Haley sente.
E Justin se ne accorge troppo tardi.
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Miley Cyrus
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Used To Tell Me
 
 

 
Capitolo 3
J.


 
Il viso di Haley è una maschera di terrore e quando mi avvicino, automaticamente fa un passo indietro. Alzo appena le mani in segno di resa e la vedo deglutire, osservandomi.
«Non ti spaventare, è solo una semplice domanda.» Il mio tono risulta divertito, io però non lo sono più di tanto; Haley annuisce e allungo una mano verso di lei, facendo buon viso a cattivo gioco.
«Io sono Justin.» Non stringe la mia mano, si limita a guardarla; la riporto nella tasca dei pantaloni stringendomi poi nelle spalle.
«Lo so chi sei» replica e la sua voce tradisce il nervosismo. «Devo andare, mi dispiace non poter chiacchierare con te.» Non lo so se mi sta prendendo in giro o meno, ma è abbastanza svelta da riuscire quasi a salire sulla sua auto. Io lo sono altrettanto e le afferro il polso, fermando la sua corsa.
Haley è costretta a voltarsi e sbarra gli occhi, osservando prima il mio viso, poi la mia mano sulla sua pelle.
«Non scappare» mormoro semplicemente, lasciandola però andare; non siamo soli. «Ho bisogno di parlarti.» Aggiungo velocemente. Una ruga tra le sopracciglia mi fa intendere che in realtà è anche incuriosita dalla mia affermazione. Incrocia le braccia al petto, ponendo ulteriore distanza tra di noi.
«Che cosa vuoi da me, Justin?» Me lo chiede in un sussurro, poi si guarda intorno ad accertarsi di non essere osservata da nessuno in particolare.
«Parlarti» replico semplicemente, non ho bisogno di mentire. «In privato.» Sottolineo però, indicando qualcosa alle mie spalle.
«Qualunque cosa tu abbia da dire, puoi farlo qui.» Ribatte in fretta; le nocche sbiancano all'interno della tasca dei miei jeans.
«Ti prego.» La gola quasi mi brucia nel pronunciare quelle parole. «Sali sulla mia auto, ti prometto che ci vorranno pochi minuti, poi ti lascerò in pace.» Haley mi osserva in silenzio per diversi secondi, come a soppesare la mia offerta. Apre la portiera della sua auto per recuperare la sua borsa, poi aspetta; le indico la mia auto e la seguo mentre è lei a fare strada.
Salgo in auto solo quando lei ha già chiuso la portiera e prendo posto accanto a lei; entrambi allacciamo le cinture di sicurezza e metto in moto, uscendo dal parcheggio della scuola.
«Non ho nessuna intenzione di farti del male.» È quasi una rassicurazione la mia, mentre svolto a destra.
«Non ho paura di te.» Replica in fretta e questo la tradisce, oltre al fatto che si sta torturando uno degli anelli che porta. Sorrido appena e svolto di nuovo, fino a raggiungere il centro commerciale, a pochi passi dalla scuola. Parcheggio sul retro, ma non c'è molta gente ad affollarlo.
Haley slaccia la cintura di sicurezza, io faccio lo stesso e lascio le chiavi inserite nel lunotto, poi mi volto verso di lei.
«Rilassati Haley» mi passo una mano tra i capelli a quelle parole e Haley si schiarisce appena la voce. «So che la mia reputazione mi precede per questo hai paura – e credimi, fai bene – ma so anche che cos'hai visto ieri notte.»
Cerco di soppesare tutto quello che pronuncio, ma Haley sussulta e si porta entrambe le mani sulle labbra; gli occhi sbarrati e colmi di paura.
«Hai u-ucciso qualcuno?» Me lo domanda in un soffio, veloce come il vento. Scuoto la testa, pizzicandomi la punta del naso.
«Cazzo, no» ribatto con altrettanta velocità. «I miei piani non comprendono nulla che abbia a che fare con il marcire dietro le sbarre.» Haley espira forse di sollievo e un po' di colore torna ad affluire sulle sue guance.
«Ma allora, cos'è successo?» Chiede nuovamente, ma scuoto per l'ennesima volta il capo.
«Non ti riguarda» replico secco, inumidendomi il labbro inferiore. «Voglio solo sapere cos'hai visto o sentito.» Questo sì che è un ordine e Haley lo sa.
«Nient'altro che uno sparo. Quando mi sono avvicinata alla finestra qualcuno stava scappando.» Me lo dice sotto voce, quasi con il timore che qualcuno possa sentirla.
«Non hai riconosciuto nessuno?» Scuote la testa alla mia ennesima domanda.
«Sei stato tu?» Me lo chiede di nuovo e stringo i denti.
«Ti ho già detto di no» replico infastidito. «Non sono stato io e nessuno si è fatto male.» Non so quale delle mie parole la faccia sospirare di sollievo, io mi passo una mano sul viso.
«Perché mi hai portata qui?» Me lo chiede dopo qualche secondo di silenzio; mi stringo nelle spalle.
«Perché non ne devi parlare con nessuno.» Rispondo in fretta, sottolineando l'ovvio.
«Non l'avrei fatto in qualsiasi caso.» Incrocia appena le braccia al petto e annuisco, fissandola in viso per qualche secondo, fino a che non è lei a distogliere lo sguardo. «Mi riporti a scuola? Avevi detto-»
«So quello che ho detto» la interrompo bruscamente, girando le chiavi e mettendo in moto. «Haley, non dovrai niente a nessuno.»
«Non lo farò, è una promessa.» Mormora in risposta; io continuo a guardarla.
«A nessuno.» Ripeto, perché voglio che capisca che mi sto riferendo anche a Madison.
«Justin, ho capito.» Questa volta è spazientita e annuisco una sola volta. «Riportami a scuola.» Sembra lei quella che detta legge ora e non mi piace. Però obbedisco ed allaccio la cintura di sicurezza, inserendo poi la prima e tornando a scuola.
Il parcheggio è ormai deserto, l'auto di Haley spicca al centro di esso. Fermo la macchina accanto alla sua e la osservo mentre si affretta a liberarsi dalla costrizione della cintura di sicurezza.
Apre la portiera dalla sua parte, ma le afferro il polso, fermando ogni altro suo movimento.
«Aspetta un secondo.» Quando si volta, il mio viso è pericolosamente vicino al suo.
«Giuro su Dio Justin, ho capito» borbotta, muovendo il braccio in modo che la lasci andare. «Starò zitta, te lo prometto.»
«Grazie.» Glielo dico con sincerità e la guardo poi scendere dalla mia auto, solo per rifugiarsi nella sua. Esce prima lei dal parcheggio, io la seguo; lei gira a sinistra mentre io svolto a destra.
Parcheggio nuovamente la macchina fuori casa, passandomi la mano tra i capelli mentre raggiungo l'ingresso: mamma non c'è, ma la porta è aperta.
«Justin, sei tu?» È la voce di Jazzy ad echeggiare per il corridoio mentre la porta si chiude alle mie spalle.
«Sono io, sì.» Le rispondo, posando le chiavi dell'auto sul tavolino appena accanto all'appendiabiti; Jazzy mi viene in contro con un libro sottobraccio.
«Sono le quattro.» Me lo dice indicando l'orologio appeso alla parete.
«Sì, lo so. Grazie.» Mi siedo scompostamente sul divano a quella sua strana affermazione, poi accendo la televisione con la sola intenzione di sovrastare la voce di mia sorella.
«Hai promesso che mi avresti accompagnato dalla mia amica Emily, te lo sei dimenticato?» Me lo chiede con tono accusatore, come se già conoscesse la risposta.
«Emily abita in fondo alla strada, non puoi andarci da sola?» Alzo il tono di voce, ma non me ne rendo nemmeno conto.
«La mamma ha dett-»
«La mamma dice sempre un sacco di cose» la interrompo fin troppo brusco. «Conosci la strada, puoi andarci da sola.»
Jazzy mi osserva in silenzio e quando volto la testa, i suoi occhi sono lucidi come se stesse trattenendo delle lacrime. Si morde il labbro, portandosi il libro al petto, io sento lo stomaco che si stringe. Mi dà le spalle, salendo le scale di corsa; la porta della sua stanza sbatte.
Mi alzo in fretta dal divano, masticando una sonora imprecazione tra i denti e raggiungo la cucina. Nella dispensa ci sono i soliti biscotti che mamma le vieta di mangiare dopo una certa ora perché si rovina sempre l'appetito in vista della cena. Mamma però al momento non è in casa e recupero un piccolo contenitore di plastica.
Lo riempio con un paio di biscotti, uno lo tengo in bilico tra i denti; nella mano destra ho un bicchiere con del tè freddo al limone. Salgo le scale con attenzione e busso due volte alla sua porta. Jazzy non risponde e con il gomito riesco ad abbassare la maniglia.
Mia sorella è seduta al centro del letto, con le ginocchia al petto e il viso nascosto.
«Guarda cosa ti ho portato.» Mormoro, sperando di attirare la sua attenzione.
«Vattene.» Replica, senza però alzare lo sguardo. Trovo difficile non sorridere, ma mi impegno a non farglielo notare.
«Se me ne vado, sarò costretto a dare questi biscotti agli altri bambini del vicinato.» Borbotto semplicemente, fingendo di allontanarmi e tornare in sala. Jazzy alza il viso più incuriosita che altro e mi fa cenno di avvicinarmi.
Obbedisco lasciando la ciotola sul letto, ma allungano una mano verso Jazzy, che non esita a prendere il biscotto che le sto porgendo.
«Non lo dirai a mamma, vero?»


 
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Non siate lettori silenziosi.
(Revisionato)

 


   
 
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