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Autore: Lady A    09/01/2013    4 recensioni
| Goku/Chichi | Ambientata cento anni dopo la conclusione di Dragon Ball GT |
Dopo un intero secolo trascorso in un’altra dimensione assieme al Drago Shernon, Son Goku ritorna finalmente sull’amato pianeta Terra, ma ciò non sarà una cosa permanente, difatti vi rimarrà per soli quattro mesi, giusto il tempo per assicurarsi che la tanto bramata pace regni sovrana… e se in questo lasso di tempo scoprisse un qualcosa di sconvolgente sulla sua amata Chichi? E se questa fosse rinata con le stesse sembianze e lo stesso carattere originario, ma con una memoria della vita passata completamente rimossa dalla sua mente, ma mai definitivamente dal suo cuore?
Il Destino riallaccerà nuovamente le loro strade e riunirà ancora una volta i loro cuori… ma quell’amaro e dolente passato, stagliato dai perenni abbandoni dell’unico amore della sua vita, riemergerà dolorosamente a galla nella mente e nel cuore della fresca diciottenne, portandola inevitabilmente a scontrarsi con i rancori e i rimorsi dell’orgogliosa se stessa della vita passata.
Riuscirà mai a perdonare Goku se poi quest’ultimo allo scadere dei suddetti mesi abbandonerà per sempre la vita terrena?
Come si concluderà la storia d’amore dei nostri due protagonisti?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chichi, Goku, Nuovo personaggio | Coppie: Chichi/Goku
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Reborn 
for you.


Capitolo 1: "Lui è Son Goku."
 
1.



 
Le prime ore di quel gelido ed innevato mattino di inizio dicembre fluirono via rapidamente quasi il minuzioso orologio della vita che marca l’inesorabile scorrere del tempo di ognuno di noi, fremesse nell’indicare l’approssimarsi dell’ora prestabilita dal Destino che avrebbe ricongiunto nuovamente ed inaspettatamente i nostri amati protagonisti.
Ormai satollo, con ancora un’incomprensibile ed angustiante fibrillazione dovuta alla visione di quella “strana” ragazza che aveva visto solo di spalle, a propagarsi nel suo animo e a irrompere insistentemente nei suoi netti pensieri, si allontanò dal locale, accingendosi ballonzolante a passeggiare pacatamente per le sdrucciolevoli e gremite vie di Oskar. Lo scrosciante tintinnio delle veemente pioggia invernale che si preluse quasi come colonna sonora della giornata assieme ad un filiforme velo di bruma, ottenebrarono  la visuale urbana, inducendo il guerriero a cercar un riparo al di sotto di una delle ormai rare ed annose sequoie che ergevano erette, incorniciando in precise quanto minuziose spire l’antica piazzola cittadina. Poggiandosi con la schiena ad un tronco e incrociando le braccia dietro il capo, gonfiò sporadicamente ed infantilmente le guance, vagando distrattamente in rassegna nell’offuscato e asettico scenario che lo circondava fin quando le sue limpidi iridi scure, vennero attratte da un inspiegabile bagliore dorato, originato a pochi metri da lui e da esso con una palese nota d’ingenuo e mero stupore a stagliargli il viso solcato da qualche piccola ruga, vi scorse di profilo le nitidi figure di una coppia di anziani che camminando adagio lungo il piovigginoso sentiero, sostenendosi amorevolmente e saldamente per mano, si voltarono sorridenti sbarazzini nella sua direzione e sotto il suo puerile sguardo palesemente imbarazzato, stagliato da un’inconfondibile e vezzoso colorito delle gote che si accostava al carminio e dal persistente  quanto goffo  sfregamento della singolare capigliatura a palma, si scambiarono un romantico bacio.
Il lapalissiano disagio del simpatico saiyan, che assistette quasi incredulo, con le labbra dischiuse e gli occhi lievemente sgranati, alla dolce scena, rischiando più volte di incespicare tra i ceppi del maestoso sempreverde, si tramutò  successivamente in tenerezza, sennonché anche in una remota e al contempo  atipica invidia. 
Innalzando rubicondo gli occhi al firmamento e soppesando con la parte più razionale di sé, concretizzò suo malgrado con una palese espressione virtuosamente abbacchiata e costernata, di non essere mai stato un buon marito, sicché era stato lui stesso con le sue dannate ma anche fiere origini e le sue maledettissime passioni a sottrarre inconsciamente ed egocentricamente tempo che mai nessuno avrebbe più potuto loro rendere al loro sincero sentimento. 
Al contrario di quella romantica coppia di terza età, lui e Chichi mai avevano potuto ostentare in quel fervente modo il loro candido e né invecchiare all’unisono.
Perché infondo era  proprio quello stare uniti, sostenersi a vicenda e maturare insieme, tenendosi sempre e comunque per mano senza mai lasciarsi, per affrontare e sbaragliare tutte le avversità del lungo e perpetuo cammino della vita, a costituire gli effluvi della vera essenza dell’amore.
Sorridendo sommessamente tra sé, avvertendo il battito sordo del proprio cuore propagarsi acutamente nelle membra, rammentò quasi con un alone nostalgico, quando sua moglie pochi giorni prima del rinomato Cell Game strabiliandolo non poco durante un famelico pic-nic, ove vi partecipò anche il caro e vecchio buon Crilin, lo definì con voce pacata e sognante e sguardo puramente  innamorato "Un marito meraviglioso".
Rimuginando come mai in vita sua su ciò, prendendo ad incrociare le braccia dietro il capo e sbuffando sonoramente con un che di bambinesco in preda alla perdizione, eluse lo sguardo dalla fosca volta del cielo, serrando i pugni e giurando risoluto tra sé che una volta abbondata definitivamente la vita terrena e ricongiuntosi nuovamente con lei, avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare, volendo più di ogni altra cosa rimediare ai suoi errori del passato.  E fu in quel momento, forse, solo in quell’irrilevante e fluente frazione di marginali secondi, nel bel mezzo del cammino della sua vita, che l’ingenuo e impavido Son Goku comprese il vero ed inestimabile valore dell’amore. Ritornare in quella tondeggiante e stinta dimora e non ritrovarla dinanzi a lui, non poterne respirare a pieni polmoni il suo inconfondibile e stuzzicante aroma di vaniglia, non poterne ascoltare il suono argenteo e cristallino della sua armoniosa e a volte biliosa voce sempre pronta a dispensare ramanzine, non potersi specchiarsi più in quelle fulgenti e vispe iridi d’ebano che da sempre, si avvide, celare un mero e proprio bagliore pieno di un folle e illimitato amore, lo avevano in qualche modo rabbuiato. Quell’accogliente e ampia casa tondeggiante senza l’abituale e inamovibile presenza della sua Chichi, appariva quasi vuota, senza vita, come incolore, proprio come la più tacita, recondita e matura parte del suo animo, un animo da saiyan, ma anche da comune terrestre, conscio di poter saggiare sulla propria pelle palpabili ed eterei sentimenti. Ma ciò troppo spesso, sembrava chiaramente sfuggire all’infida opinione altrui, che scorgevano erroneamente in lui solo un eroe… uno stupido, sciocco, idiota e stolto eroe, eccessivamente ingenuo e infantile; un tontolone troppo ghermito dalle sue ambizioni per poter minimamente comprendere il significato dell’amore, che per genuino ed elitario altruismo aveva stoltamente deciso di sposare un’isterica, una petulante, opprimente e facinorosa ragazzina, la quale egoisticamente da bambina gli aveva strappato la fortuita promessa di un insulso e instabile matrimonio. Ma la realtà, quella che indubbiamente sfuggiva all’accusatoria e disdicevole linea di massa – che francamente non poteva saperne un emerito niente della loro vera vita privata! – era che, vano negarlo… l’impavido guerriero aveva sì, una propria personalità collimabile alla sua indole strettamente bambinesca, ma tuttavia, è anche vero che l’ingenuo amore dei bambini è senza ombra di dubbio maggiore a quello degli adulti, il loro è nettamente e straordinariamente puro, serafico e soprattutto totalmente incontaminato dal quell’ipocrisia e dalla malizia che ormai, regna sovrana nell’odierna e soggiogante umanità! L’irreprensibile eterno ragazzone, malgrado tutto, aveva avuto il serafico onore di pregustare col proprio cuore quel nobile sentimento che sapeva essere amabile come una cascata di puro e finissimo cioccolato al latte ma al contempo aspro come un acerbo limone. Un’ acidità che tuttavia, era stato il sardonico Destino ad auspicare, preludendo sulla sua strada, circostanze e frangenti fin troppo eccitanti ed allettanti per tirarsi indietro, troppo succulenti e stimolanti per rimanere al suo posto e fare da padre e marito, prediligendo senza dubbi, incalzare come uno spiro libero ed indomato le sue passioni, perché in fin dei conti una vita prive di esse non merita di essere vissuta,  ma neanche una vita senza amore, inducendo i propri cari a perenne ed estremamente inique afflizioni! Prefiggendosi per l’ennesima volta che avrebbe saputo riscattarsi, eseguì con un’adorabile espressione benevole e pacata, una goffa rotazione su se stesso e retrocedendo flebilmente di qualche passo, quasi a voler costare la compattezza del vegetale alle sue spalle, portò guardingo una mano all’altezza del mento, avvertendo in quel momento una gelida e tracotante carezze del vento rasentargli paradossalmente il soldo corpo, mentre nell’anomalo e lugubre silenzio cittadino, il sibilo ampolloso della brezza, risuonò quasi come una sarcastica e sferzante risata, che inconsciamente, costatò somigliare a quella boriosa e sdegnosa di Vegeta. Fulmineamente al suo nostalgico ricordo, un sorriso pimpante si delineò sulle sue labbra lievemente dischiuse. Chissà come se la passava quell’orgoglioso nell’eterna armonia dell’aldilà? Ponderò spensierato, mentre repentinamente in lui si snodò quella blanda curiosità di recarsi nella Città Dell’Ovest, per scorgere l’evolversi della Capsule Corporation, ma un celato presagio interiore sotto forma di una tacita ed eloquente preghiera colta forse dal suo cuore, sembrò imporgli esplicitamente di restare.
Restare in quella remota e pacifica cittadina che gli avrebbe stravolto gli ultimi mesi di vita terrena.
Restare in quella remota e pacifica cittadina che tra poche ore, avrebbe finalmente riannodato la sua esistenza con quella di una diciottenne dai fluenti e setosi capelli d’ebano e dalle morbide e involate labbra coralline.
Restare in quella remota e pacifica cittadina dove il Destino aveva voluto radunarli per far vivere agli ignari Goku e Chichi una nuova e coinvolgente avventura, forse l’ultima, forse quella definitiva… che avrebbe saputo con remissività svelarci se anche per loro, come nelle favole vi ci sarebbe stato il tanto agognato lieto fine.  
Sorridendo giocoso, avvertendo un etereo tepore solleticargli piacevolmente il cuore, scaturendo in lui una serie di acuite sensazioni sottopelle, sbatté le palpebre a più riprese, avvedendosi solo in quel mite e benevole istante dell’ormai cadenzato dissolversi della caligine mattutina. Stiracchiando le dita delle mani, si incamminò per le adornate vie del moderno centro urbano, scrutandosi sporadicamente intorno forse nell’ingenua e irrazionale ricerca di quella deliziosa figura che istantaneamente aveva scaturito in lui vere e inesorabili emozioni, salvo poi, bloccarsi con le fauci completamente spalancate a contemplare con estrema e devota venerazione delle svariate e lusinghiere leccornie che scorse famelico dalla lustra vetrina di un’elegante e raffinata pasticceria, venendo successivamente bruscamente destato da striduli e sferzanti strepiti, alla sue spalle. Voltandosi  seppur di malavoglia con un’aria interdetta e goffamente confusa, ponendo esacerbato le mani sui fianchi e flettendo incuriosito la testa di un lato, intravide scantonare furtivamente da una gioielleria due loschi figuri con i visi totalmente coperti da cupi passamontagna, che abbrancando serratamente delle pistole, si accinsero goffamente a trattenere in ostaggio una corpulenta signora di età assai avanzata. Corrugando la fronte in un cipiglio infantilmente bonario e indulgente, osservò pervenire apparentemente dal nulla con la stessa razionale celerità di un fulmine a ciel sereno, un aitante ragazzo dai ricci capelli delle medesime tonalità dell’oro che guarnito di una rara maestria , con abili scatti felini e colpi volitivi, sistemò a dovere ambedue i malviventi sotto lo sguardo collettivo della massa di curiosi che vi si era assiepata pocanzi. Il saiyan non eludendo lo sguardo nettamente interessato dal giovane, prese risoluto il mento tra le mani, ponderando tra sé sulle gloriose doti dell’avvenente giovane. Sì, innegabilmente se avesse ricevuto un’ulteriore e vigoroso allenamento, sarebbe divenuto senz’altro un ottimo guerriero! Con questa congettura e un mite e affabile sorriso contagioso, si affrettò a raggiungerlo. 
«Urca ! Complimenti figliolo, ti ho visto appena combattere, sei stato grandioso, lo sai?!». Lo decantò con la sua peculiare e squillante voce, poggiandogli amichevolmente una mano sulla spalla, salvo poi, porre ingenuamente l’altra al capo, ridacchiando imbarazzato. «Ah, dimenticavo eh, eh, he, piacere, io mio chiamo Goku. Son Goku!». Si presentò, stagliando il tutto con un coinciso timbro vocale pregno di fervore all’elettrizzante idea che parve quasi rinvigorirlo di vent’anni,  di poter trascorrere quegli ultimi crogiolati mesi di vita terrena forgiandolo a dovere,  sicché, se un remoto giorno il pianeta avrebbe corso un qualche pericolo, vi ci sarebbe stato lui a preservarlo.   
«Sono lusingato dalla tue parole… Goku ! Il piacere è tutto mio, sono Satomi Satoshi!». Il biondo fece la sua fatidica conoscenza, porgendogli e stringendogli cortesemente la mano.
 
 

 

~


Gli ormai sfibrati studenti della facoltosa Konan High School, allo scoccare delle tredici e trenta di quel piovigginoso e plumbeo pomeriggio di dicembre, si accinsero con tanto di grida enfaticamente euforiche e lanci orbitali di bigliettini e cassini, ad abbandonare il tanto aborrito ed austero istituto, che tuttavia li avrebbe mestamente e fedelmente accolti anche il giorno susseguente.
Dei timidi e repentini barlumi  solari come per un assenso divino, rischiaravano benevolmente le dolci fattezze di un’irascibile e combattiva diciottenne. Procedendo assieme alle due amiche a passi flebili, con un colorito delle gote rosato a osteggiare ancora l'infantile e candido viso, assorta eloquentemente nel meditare e fantasticare  sull’incantevole figura di colui che le aveva spudoratamente cagionato un violento ma al contempo intenso balzo al cuore e alle viscere, si accinse a demolire lo statico silenzio che ormai regnante da diversi minuti.
«… sai Miki, credo che il tuo oroscopo questa mattina ci abbia visto giusto!». Proruppe risoluta, riavviandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ornato da un prezioso orecchino con recante l’iniziale del suo nome, istigando le due compagne ad assumere delle espressioni enfaticamente sbalordite.
«Cosa?!». Vociarono difatti la fulva e la rosa all’unisono. «Stai… stai davvero dicendo sul serio? Oh Kami-sama! Ma è meraviglioso! Quindi… quindi accetterai la corte di Yuri?! Oh, è un ragazzo adorabile e hai visto che occhi e che… fisico?!». Aggiunse la prima, zampillando gioiosa, mentre sul suo volto si delineò un sorriso malizioso.
Chichi che le volse un’occhiata accigliata e imbarazzata, scosse fermamente il capo in un imbarazzato segno di diniego. 
«Non mi riferivo al nostro compagno di classe… ». Puntualizzò con aria sbarazzina, volgendo il limpido sguardo verso l’alto a simulare una finta esasperazione.
«Ah, no? ». Si ritrovò a reclamare incredula Miki, flettendo il capo per specchiare i suoi dolci occhi in quelli della sua migliore amica. «Però credimi… durante l’ora di educazione fisica non ti ha staccato gli occhi di dosso e poi non mi sembra che ti sia così indifferente… insomma vi sorridete spesso… guardati, solo a parlarne sei diventata tutta rossa e non provare a negarlo, perché lui ti piace e anche molto!». Aggiunse ridacchiando saccentemente in compagnia di Kari, che era intenta a fumare pacatamente una sigaretta e quasi non soffocò per via del fumo non espirato.
Di tutta risposta, la moretta avvampò violentemente, coprendosi il volto con le mani come per celare il lapalissiano e irriverente rossore. 
«Miki, ti odio, anzi vi odio quando fate così!». Ringhiò a denti serrati e sguardo lampeggiante di profonda stizza e disagio, aumentando vigorosamente di passo, dando piccata loro le spalle.
«E dai non fare così… non sarà mica qualcuno che hai visto al bar stamani? ». Cercò cautamente di rabbonirla la rossa, affrettandosi amichevolmente a raggiungerla, cingendole affettuosamente la spalla con il braccio. Nell’udire quella domanda e rievocando ad occhi leggermente socchiusi come a voler riassaporare sulla propria pelle il sublime aroma di quelle etere emozioni, Chichi avvertendo un indistinto calore propagarsi per tutto il gracile corpo, si ritrovò ad annuire sommessamente. 
«Sì… ». Replicò risoluto, sospirando impercettibile. «… ma ad essere sincera non so neppure che faccia abbia, dato che l’ho visto solo di spalle… ». Aggiunse con lo stesso timbro, sorridendo amaramente e razionalmente tra sé, salvo aggiungere «Ma sono rimasta subito colpita da lui… non so spiegarmelo nemmeno io… è come se lo conoscessi da sempre…  la sua voce è come se mi avesse gettata in un altro mondo …  ». E detto ciò, lasciando le amiche ancora palesemente sconcertate e perplesse, le congedò con un elegante inchino, per indirizzarsi pensosa ed ignara verso casa.
 
Una volta giunta dinanzi la coriacea porta d’ingresso della villa Satoshi tinteggiata di un amabile tonalità pastello esaltata dalle minuziose rifiniture in oro massiccio, posò la mano sulla maniglia e sospirando per l’ennesima volta tra sé, tergiversando nell’imporsi esplicitamente di ricomporsi tant’è che era invano e anche sconclusionato scervellarsi su di un qualcuno che per giunta non aveva neanche visto in volto, vi fece capolinea.  
«Oh, ciao sorellina… bentornata!». Standogli di spalle, propensa a sistemare il soprabito di lana colorata, udì la voce strombazzante e piuttosto euforica del fratello e un pungente aroma silvestre mai percepito prima d’allora che le scaturì una seria di fremiti impazziti lungo la spina dorsale e un attanagliante tremolio alle gambe. Sbattendo interdetta le palpebre a più riprese, si voltò incuriosita, ricercando apertamente lo sguardo di Satomi, rilevando successivamente dietro di lui, l’avanzare cadenzato di un’altra imponente figura.
«… Lui è Son Goku!». Nonostante il timbro altisonante, Chichi captò a malapena la voce del fratello, un dispotico guizzo al cuore parve ottenebrarle nuovamente la mente e i sensi, il respiro le si mozzò bruscamente il gola quanto i suoi occhi incrociarono lo sguardo palesemente spaesato e confuso di colui che forse, ancora una volta sarebbe stato il suo grande amore.
 




 
{To be continued... }


 
Voglio ringraziare di cuore Nede, Mizuno, Soly Dea, Gogetess4 C-18 & Chichi, sophiakaulitz, Super Mimi_, frisifia e chichina98 per aver letto e recensito il mio prologo, davvero mi avete rincuorata e dato un’incredibile slancio per avventarmi in questa “nuova avventura”. Ringrazio anche chi l’ha già aggiunta tra le preferite/seguite e ricordate, ma anche a chi la segue in silenzio! Spero di non aver deluso con questo primo capitolo e soprattutto di non essere caduta nell’OOC con Goku… dato che beh, essendo passati cento anni dalla sua partenza, ho voluto renderlo un po’ più maturo e consapevole, ma comunque nei prossimi capitoli darà pur sempre saggio – soprattutto alla famiglia Satoshi - della sua ingenuità ! ;D.
 

 
 
  
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