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Autore: FRC Coazze    09/01/2013    2 recensioni
Albus Silente riflette su se stesso e sulla società che lo circonda. La geniale e balzana mente del preside viaggia fino ad una vasta e onirica pinacoteca. Ci sono tanti quadri e tanti visitatori... ma cos'è quel piccolo e curioso, quadro nero laggiù nell'angolo?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me, ma a JK Rowling e a chi ne detiene i diritti. La trama di questa storia è invece di mia proprietà e pertanto occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

NdA: Breve storia uscita da non so dove, come al solito ^^. Ma nonostante questo, spero sinceramente che vi piaccia.

Buona lettura!



La grande pinacoteca
 

 
 
Non ho mai pensato a me stesso come un grande.

Oh, la gente può dire tante cose. E le dicono. Il più grande mago del mondo. Il più saggio. La guida. É questo che sono? Forse. Forse più ci penso, più dentro me stesso colgo il senso profondo, il significato vero di quelle parole: sono le critiche di un mondo di critici che guardano la mia maschera e vedono in essa la grandezza, la beltà, la forza. Sono un’opera d’arte in una pinacoteca. Appesa ai muri come tante altre. Sì, ce ne sono tante qui affianco a me, tutte con la loro cornice, la loro etichetta che i solerti critici ci attaccano. C’è gente che guarda e sorride, persone i cui occhi brillano di meraviglia. C’è gente che guarda e storce il naso, persone nei cui occhi non vedo altro che invidia, le cui dita si levano accusatrici affinché possano nascondere la loro nullità dietro ad esse.

C’è tutta la stranezza e la diversità di un mondo in questa lunga galleria. Vedo quadri piccoli e insignificanti con enormi cornici dorate e così tante persone che si affollano intorno ad essi. Vedo così tanti splendidi quadri, con colori infiniti ed infinite sfumature, passaggi verso un mondo migliore che prendono polvere al buio. E li vedo costretti a scrollarsi di dosso le ragnatele da soli, con fatica e dedizione perché le loro piccole cornici rimangano lucide, sebbene pochi si soffermeranno su di loro.

Vedo le guide con le loro grigie uniformi, che le fanno sembrare soltanto dei grossi ratti, girovagare tra i quadri guidando gruppi più o meno grandi di persone, applicando etichette nuove ed elogiando ciò che per loro va elogiato, insultando od ignorando tutto il resto. Così poche persone osservano in solitudine. Valutando da soli, guardando le opere. Non le cornici. Non le etichette.

Vedo quadri ripiegarsi su se stessi per staccarsi quelle stesse etichette ed ogni volta qualcuno passa a riattaccargliele.

Cosa c’è scritto sulla mia etichetta? Il più grande mago del mondo? Il più grande bugiardo? Il buon preside? Il burattinaio?

C’è per lo meno il mio nome?

Non credo. Albus Silente. Il pittore si è dimenticato di scriverlo. Ed è buffo, dacché il pittore sono io stesso.

Ma a questi visitatori non serve sapere il mio nome. A loro interessano i titoli, gli aggettivi, i nomi comuni. Interessa l’oggetto, il quadro, non la persona.

E guardo questa bolgia che mi attornia e provo disgusto e pena. Pena per i loro abiti identici, i loro occhi rubati. Visi di porcellana a cui le guide-ratto attaccano gli occhi che desiderano. Per questo provo disgusto per loro. Perché hanno rinunciato ad un’identità per bearsi di quella di altri. Ingenui e vittime. Provo pena, perché loro non avranno mai un quadro qui, in questa grande pinacoteca. E vedo l’invidia sui loro volti bianchi.

Sciocchi! Non capiscono. Non capiscono il male che fanno a loro stessi ed a noi, povere opere appese ad un muro per il loro spasso!

Guardo i quadri intorno a me e capisco che tutti loro hanno un’identità propria. Per questo sono lì. Perché si sono distinti. In un modo o nell’altro. Nel bene o nel male. Si sono eretti dalla massa grigia e hanno conquistato il loro posto su queste mura. Ma a che prezzo? La loro identità, come la mia, è sotto quell’etichetta. Perché se sei al di sopra della folla, sei vulnerabile. Se non sei una bambola, allora le bambole ti daranno un nome. E non sarà il tuo. Sarà quello che vogliono loro. Saranno tanti nomi. E il tuo nome, come il mio, non comparirà mai sulla tua etichetta. Saranno solo aggettivi e nomi generici.

E io, folle come tanti, li ho accettati e mi sono nascosto dietro ad essi. Era ciò che volevo, essere il più grande mago del mondo. Era ciò che chiedevo dalla massa grigia. Ho colorato il mio quadro e lucidato la mia cornice per essere ciò che loro cercavano, ho nascosto io stesso il mio nome e la mia identità sotto strati di colore. Sono un falso. Uno splendido e profondo e perfetto falso. Perché solo un falso avrebbe attirato tutti quegli sguardi. Le opere d’arte genuine vengono lasciate alle ragnatele. E tuttavia ben poche rimangono tali.

Eppure, in tutta questa enorme pinacoteca, c’è un quadro curioso. Laggiù, nell’angolo. Non attira l’attenzione, si nasconde. Non vorrebbe essere lì. Allontana, spaventa. É un piccolo quadro nero, in una cornice di legno. Non attira lo sguardo. Fa paura, come una notte senza luna e senza stelle. Nessuno si sofferma su di lui. Chi lo fa, lo guarda con disprezzo. Eppure io ne sono attratto.

Molte sono state le mani che hanno creato quella crosta nera su di esso. Molte mani. Anche quelle dello stesso. Tanti vi hanno gettato sopra fango. E lui ha dipinto di nero quel poco della tela che rimaneva libera, perché se il quadro è già tutto sporco, che senso ha sporcarlo ancora?

Sembra un’opera miserevole, triste, disgustosa... ma io so per certo che quel piccolo, curioso quadro laggiù nell’angolo è cento volte più vero del mio. É un capolavoro originale in attesa che qualcuno, spinto da chissà quale sprizzo di umanità, lo noti e con la pazienza e la delicatezza di un restauratore lo ripulisca da quella crosta nera. Ed io vorrei tanto essere lì in quel momento, quando i suoi veri colori emergeranno sfolgoranti.

Eppure, temo quel momento. La gente allora vi si affollerà intorno. I ciechi loderanno i suoi colori. Qualcuno vorrà mettergli un’etichetta. Di nuovo quel quadro si nasconderà dietro una coltre nera. Vorrei potesse essere ammirato solo da coloro che capiscono. Solo da quei quadri polverosi e dimenticati, perché è sotto la polvere che giace il vero valore a volte. É sotto le croste nere che dormono i capolavori.

E guardando quel quadro capisco, che non mi importa di essere un falso finché ancora riuscirò a vedere oltre.


 




Tutto qui.  Immagino abbiate capito chi rappresenta il piccolo quadro nero ;)

P.S. Me lo lasciate qualche breve commentino, vero? Grazie ^^





 

  
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