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Autore: PeterLinus    10/01/2013    0 recensioni
Credo nei momenti, quei momenti che rimbombano in testa, quelli che permangono, che la mente rivive milioni di volte, quegli attimi sono immagini vivide, credo nell'attesa, nell'agonia del dubbio, quando sei li con il telefono in mano indecisa se fare quella telefonata, senza fiato, quando quel qualcuno dall'altra parte della cornetta risponde...e poi?
Non è solo una storia, è un insieme di emozioni di ragazzi e ragazze che casualmente si incontrano, si conoscono, stringono amicizie, si innamorano. Ogni personaggio ha un ruolo ognuno è unico. e io mi sono permessa di leggere nella loro mente e scrivere tutto sulla pagina bianca. Perchè Marco, Francesca, Eleonora, Valentina, Alessandro, sono ragazzi che amano, come tutti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Capitolo 5: Odi et Amo

 

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Mi aveva sorriso e mi aveva dato un bacio sulla guancia, mentre arrossivo e mi lasciavo trasportare dal suo immancabile entusiasmo.

Ma cosa mi stava succedendo?

Cosa?

Dove era andata Francesca?

Forse ero spaventata, forse.

Forse volevo solamente tornare ad avere 15 anni, ed essere felice, o perlomeno serena.

 

La serata proseguì sempre meglio, al ristorante mentre mi guardava negli occhi faceva il giullare e mi raccontava le sue disavventure all'università cercando di farmi ridere,

e ci stava riuscendo.

Mi ricordo che il calore di quel posticino con le luci soffuse, puzzolente di fritto mi travolse,

come mi travolse il suo umorismo e la sua parlantina senza né un senso né una fine precisa.

Era più di un anno ormai che non lo sentivo parlare così tanto e così in fretta, e che non cercava in quel modo così adorabile di farmi ridere,

più di un anno.

Che fine avevamo fatto in tutto quel tempo?

Nervosismo, problemi, lacrime, tutte quelle cose brutte che ci avevano allontanato, e che ci avevano messo paura in un attimo erano svanite.

Tornavo a sorridere timidamente,

finalmente.

 

Dopo cena lo portai al cinema a vedere una pessima commedia romantica, credevo fosse un bel film e invece,

mi ritrovai a distrarmi più volte durante la proiezione da qualche sua battuta triste o da qualche suo piccolo monologo strano.

 

Tutto quello, questa sera, mi stava riportando a com'era Marco in realtà, e non come era diventato negli ultimi mesi ma come era fatto, dentro, nel midollo.

Riuscivo quasi a ricordarmi il motivo per il quale avevo perso la testa per lui.

 

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Cacchio ma gli potevo chiedere il numero?

Eleonora Preziosi,

Cara Eleonora,

fattelo dire da qualcuno che ti conosce veramente:

Sei una cretina!

Non una cretina come tutte le altre, tipo, che ne so, quella rincoglionita della professoressa di disegno del liceo, che era talmente rincoglionita da non accorgersi che copiavo tutti i disegni dal mio compagno di banco ma visto che ero più carina di lui mi metteva un voto in più, no! Non un rincoglionimento di quel tipo,

cretina nel profondo, irrimediabilmente cretina! Incredibilmente cretina!

 

Stasera è una noia, penso che dovrei smetterla di insultarmi gratuitamente e fare qualcosa,qualsiasi cosa, di meno degradante,

tipo una puntata di "How I met your mother", che magari con un pizzico di fortuna sarei riuscita anche a trovare su youtube.

 

Ok lo ammetto, parlo da sola,

a volte,

spesso.

 

Eleonora parlava da sola come una schizofrenica a volte, e forse un po’ lo era davvero.

Parlava da sola perché la aiutava a riflettere, a concretizzare le sue emozioni, a dargli una forma, così da poterle visualizzare molto più chiaramente nella sua testa, che era un po’ visionaria.

 

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Prima che io scesi dalla macchina mi guardò mi sorrise e mi diede un altro bacio sulla guancia, sorrisi anche io cercando di manifestare quanto mi avesse fatto stare bene in quelle ore e quanto fossi grata a lui per questo.

Poi, per consolidare il ringraziamento, e anche perché mi andava, gli mandai un messaggio appena chiusi il portone di casa:

 

 

"è stato carino rivedersi,

ho passato una bella serata in tua compagnia,

domani lo rifacciamo?

Franci"

 

 

Mi avevano chiamato mentre ero via…

 

 

Roberto…

 

Era una delle rarissime volte in cui aveva chiamato lui, da quando lo conoscevo ero io ad assillarlo di telefonate, di messaggi, di affetto, lui se ne era sempre altamente fregato. Ma non mi soffermai sul perché aveva cambiato così repentinamente le sue abitudini facendo il primo passo invece di limitarsi a sparire, perché diedi subito la colpa al sesso, sarà stato in crisi di astinenza, senza nessun'altra ragazzina intorno che lo potesse soddisfare.

Buttai con rabbia il cellulare dentro la borsa e decisi che avrei ignorato la chiamata di quel bastardo, chiamata che non era altro che l'invito esplicito a spogliarmi ed infilarmi nel suo letto,

o forse dentro la doccia,

mah che importanza aveva? Voleva solo sbattermi ed io ero ferita.

Decisi che avrei controllato e letto l'eventuale risposta di Marco domani mattina, perché ero stanca e non volevo dare il tempo sufficiente ai brutti pensieri di prendere il sopravvento su quella serata così quasi perfetta.

 

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Marco era stordito e confuso in quella mattinata soleggiata di Novembre, sensazioni positive si facevano strada lungo quella nuvola grigia del suo radicato pessimismo,

pessimismo perché, in fondo, quello che stava vivendo era identico all'inizio di una storia che ormai aveva visto ripetersi troppe volte, e ogni volta con lo stesso finale: lei se ne andava, spesso tra le braccia di qualcun altro.

Per questo voleva mantenersi razionale e non farsi coinvolgere troppo, anche se gli riusciva impossibile evitare quell'ondata di entusiasmo che a poco a poco lo stava travolgendo.

Si sforzò a seguire le lezioni e a non far sfuggire lo sguardo oltre la finestra, e soprattutto, a non pensare a Francesca.

Durante la pausa pranzo vide Eleonora in difficoltà: aveva sicuramente troppe cose per le mani e stava combattendo contro la cerniera della borsa, con scarso successo;

un istante e capì cosa stava succedendo, ebbe un'anteprima di un futuro molto prossimo: tutte quelle cose a terra e un Eleonora piuttosto imbarazzata.

Fece un passo fulmineo verso di lei e riuscii ad evitare l'impossibile: afferrò la tracolla della borsa con una mano e prese al volo il quaderno con l'altra.

La concentrazione necessaria a compiere quell'impresa non gli consentiva di guardarla negli occhi.

"Ciao Ele" Disse alzando gli occhi verso i suoi e sorridendo ampiamente.

"Ciao, grazie"

"Ti hanno mai consigliato di fare una cosa per volta?"

"Ecco perché mamma me lo ripeteva sempre - Rise - mi diceva sempre anche di prendere le cose con due mani"

"Perle di saggezza"

"Soprattutto con un disastro di figlia così"

Marco la guardò interrogativo, pensando -perché un disastro? Non è mica così male-

"Mo non esagerare sei solo un po’ sbadata"

Eleonora sbuffò, esprimendo tutto il suo disappunto

"Ok,un po’ tanto" Sorrise spontaneamente pensando a quanto fosse spontanea Eleonora.

"Grazie mille comunque, ora chiudo la bors.. - con movimenti veloci mise le cose che teneva in mano dentro la tracolla e chiuse la lampo - ecco fatto, grazie"

"Di nulla"

Eleonora aveva qualcos'altro a cui pensare, qualcosa che le teneva la mente occupata, che probabilmente la distraeva, rendendola ancora più distratta del solito, Marco se ne accorse.

"Ele è tutto a posto?"

"Si, Perché?" lei era smarrita.

"Non so ti vedo un po’ strana…"

"Si, si,

tutto a posto"

Eleonora si stupì che qualcuno che conosceva da così poco tempo riusciva già a leggerle negli occhi.

"Sto scappando, ciao Ma"

"Ciao" Sorrise ampiamente di nuovo, cercando di trasmetterle un po’ della sua energia.

 

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Era (quasi) sempre stata una ragazza ottimista Eleonora ma aveva ragione Marco: qualcosa la stava angosciando.

Christian non era venuto all'università e lei non aveva modo di sapere niente,

non sapeva il perché non si era presentato, cosa stesse facendo,

non sapeva nulla di lui e questo le dava una certa agitazione.

 

E se fosse stato con un'altra?

Se fosse fidanzato?

 

Aveva impiegato questi ultimi due giorni a sorridere e a pensare a lui, continuamente.

No, non era giusto che si fosse rubato tutte le sue energie e le sue facoltà mentali per tutto quel tempo.

Che fine aveva fatto? Dov'era? C'era realmente bisogno di preoccuparsi?

Stava impazzendo Eleonora, continuava a pensare che avrebbe dovuto almeno chiedergli il numero.

 

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Marco sbirciò per un po’ Eleonora mentre si allontanava: quella ragazzina minuta l'aveva colpito dal primo momento, e poi era sveglia, simpatica, e loro due si capivano.

 

Si era scordato di rispondere a Francesca:

 

"Volentieri = )

ma facciamo dopo cena che sto diventando grasso ç.ç

Passo alle 9:30 "

 

Si riempì di orgoglio e iniziò a dirigersi verso la fermata dell'autobus.

 

Prese lo stesso autobus di sempre, si sedette nel solito posto, ma qualcosa durante quel solito viaggio passato con la musica nelle orecchie e lo sguardo fuori dal finestrino lo turbava.

C'era qualcosa di diverso, qualcosa di strano, come un energia negativa, verso di lui.

La percepiva distintamente, ma non riusciva a coglierne il motivo, la fonte.

 

La vide solo quando si alzò per uscire dal veicolo: Teresa, la ragazza che aveva conosciuto qualche giorno fa e a cui aveva promesso un incontro il giorno dopo su quello stesso autobus, incontro che mancò, dimenticandosene.

Non lo degnò di uno sguardo, si alzò e scese troppo velocemente per fermarla, aveva gli occhi bassi e un'espressione mista tra la rabbia, il dispiacere e la delusione.

In un attimo si sentì perso, mortificato: aveva deluso tutte le aspettative di quella ragazza che non solo non aveva fatto niente per meritarsi un tale atteggiamento ma in più gli era sempre piaciuta.

Era stata carina con lui dal primo momento, e per un po’ Marco aveva anche seriamente pensato di provarci con lei, e molto probabilmente l'avrebbe anche fatto se non fosse subentrata Francesca.

Iniziò a volare con la fantasia:

 

Era il giorno del matrimonio del cugino di Francesca.

Marco si era scomodato a mettersi in giacca e cravatta mentre lei indossava un abito blu lungo fin sotto le ginocchia, lasciava scoperte le spalle e Francesca aveva pudicamente rimediato con un giacchetto grigio.

Lui era estasiato da quell'immagine.

L'aveva vista in difficoltà, seduta su un muretto a riposare le gambe durante quei pochi minuti di pausa dal cerimoniale, gli unici che avrebbero avuto in tutta quella lunghissima giornata,

così la prese per mano e la portò via, appena furono fuori dalla vista degli invitati la prese in braccio, continuando ad allontanarsi da tutto quel chiasso, lei non disse una parola, acconsentendo.

Quando furono abbastanza lontani le sfilò le scarpe, si tolse il cappotto e lo posò sull'erba, si sarebbe sporcato e probabilmente avrebbe speso un po’ solo per portarlo in tintoria, ma non gli importava.

Si stesero entrambi sul quel minuscolo spazio, esausti.

Un brivido percorse il corpo di Francesca, e Marco con la scusa l'abbracciò ancora più forte, sentiva distintamente il suo respiro sul collo e il battito del suo cuore accelerare.

"Amore hai freddo?"

"Si,un po’,

ma non muoverti,

ho voglia di stare così, di stringerti forte"

Marco non poteva che essere d'accordo, sorrise, pensando che al mondo non ci fosse niente di più bello che tenere ciò che si ama stretto a se, in modo autoritario, deciso, forte, senza mai correre il rischio che possa sfuggire alla presa.

le baciò la fronte mentre la mano che non la stringeva a se le accarezzava i capelli dolcemente.

Il suo corpo ebbe la naturale, fisiologica reazione che la vicinanza di Francesca sempre gli suscitava: non poteva farne a meno, non perché fosse un pensiero costante quello di fare l'amore, non era dovuto al chiodo fisso che si dice che i giovani abbiano entro una certa età, no.

Era la costante e immancabile voglia di quel minimo contatto, del suo profumo, di lei.

"Marco?"

"Che c'è?" Immaginava già un piccolo rimprovero e una presa in giro per essersi rivelato tanto vulnerabile.

"Ti amo"

Scandì ogni singolo suono, e fissò l'immagine delle sue labbra pronunciare quella promessa d'amore nella mente, inconsapevole che vi sarebbe rimasta per il resto della sua vita.

Era la prima volta che sentiva Francesca pronunciare quelle parole,

sebbene lui gliel'avesse già detto tantissime volte che l'amava lei non l'aveva mai fatto, e non perché non l'amasse, di questo ne era fermamente convinto, ma perché non voleva,

non voleva esporsi perché aveva paura delle emozioni che provava.

Poi lei lo guardò, e nell'immensità dei suoi occhi verdi trovò l'amore che stava cercando, quello di cui aveva bisogno, e vi trovò anche tutte le sicurezze, che forse,

forse,

non meritava.

Un bacio sulle labbra, il sapore del vino bianco copriva tutti gli altri.

L'amore di Marco si percepiva anche in quel timido bacio.

Un bacio, poi un altro, poi un altro,

e la tentazione di resistere dall'andare oltre, e fare l'amore su quel prato, li, in quel momento,

resistere dal dichiararsi amore eterno inebriati dal vino, innamorati persi.

 

pensando a quel momento Marco si domandò se tutto quello che era successo potesse essere stato frutto di un inganno e si rispose immediatamente.

No, qualcosa di così bello e così sentito non poteva non essere vero, non poteva essere solo finzione,

no, non era possibile,

Francesca era li su quel prato a digli che l'amava, e ci aveva creduto veramente,

doveva essere così, doveva.

Per forza.

 

Conservava quella certezza come un tesoro raro, spesso quando non sapeva cosa pensare su Francesca, quando non capiva il motivo per il quale l'avesse trattato così male, spesso ripensava a quel momento.

No non poteva essere solo la sua immaginazione.

Eppure cose orribili erano successe: le promesse infrante, le cattiverie dalla sua stessa bocca, il tradimento.

Vedeva tutto questo Marco e si sentiva soffocare: amore o odio?

 

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.  

                                                             [Catullo]

 

Odio e amo. Come possa farlo forse ti chiedi.

Non so, ma questo sento e mi tormento.

 

Aveva tutta la voglia di piangere, e probabilmente ne aveva anche il diritto, considerando quello che stava passando in quel momento:

la voglia di tornare ad essere felici, il bisogno di avere Francesca al suo fianco contro la paura di tornare ad amarla per poi essere abbandonato di nuovo,

tutto questo lo rendeva instabile, soggetto ad emozioni che nemmeno concentrandosi al meglio delle sue capacità riusciva a controllare: non sapeva cos'era che stava succedendo ed era terrorizzato all'idea di fallire di nuovo, di cadere, di affogare.

 

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Rieccoci qui,

dopo un po’ che sono stata lontana dal pc torno ad aggiornare, spero che gradiate il capitolo (chiedetemi di continuare a scrivere se vi piace così mi motiverete ^^ )

Fatemi sapere che ne pensate della storia e di come la sto sviluppando,

potete darmi qualche dritta se vi va =) sono un po’ smarrita >_<

baci

Linus

 

   
 
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