Capitolo 5: Odi et Amo
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Mi aveva sorriso e mi aveva dato un bacio
sulla guancia, mentre arrossivo e mi lasciavo trasportare dal suo immancabile
entusiasmo.
Ma cosa mi stava succedendo?
Cosa?
Dove era andata Francesca?
Forse ero spaventata, forse.
Forse volevo solamente tornare ad avere 15
anni, ed essere felice, o perlomeno serena.
La serata proseguì sempre meglio, al
ristorante mentre mi guardava negli occhi faceva il giullare e mi raccontava le
sue disavventure all'università cercando di farmi ridere,
e ci stava riuscendo.
Mi ricordo che il calore di quel posticino
con le luci soffuse, puzzolente di fritto mi travolse,
come mi travolse il suo umorismo e la sua
parlantina senza né un senso né una fine precisa.
Era più di un anno ormai che non lo sentivo
parlare così tanto e così in fretta, e che non cercava in quel modo così
adorabile di farmi ridere,
più di un anno.
Che fine avevamo fatto in tutto
quel tempo?
Nervosismo, problemi, lacrime, tutte quelle
cose brutte che ci avevano allontanato, e che ci avevano messo paura in un
attimo erano svanite.
Tornavo a sorridere timidamente,
finalmente.
Dopo cena lo portai al cinema a vedere una
pessima commedia romantica, credevo fosse un bel film e invece,
mi ritrovai a distrarmi più volte durante la
proiezione da qualche sua battuta triste o da qualche suo piccolo monologo
strano.
Tutto quello, questa sera, mi stava
riportando a com'era Marco in realtà, e non come era diventato negli ultimi
mesi ma come era fatto, dentro, nel midollo.
Riuscivo quasi a ricordarmi il motivo per il
quale avevo perso la testa per lui.
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Cacchio ma gli potevo chiedere il
numero?
Eleonora Preziosi,
Cara Eleonora,
fattelo dire da qualcuno che ti
conosce veramente:
Sei una cretina!
Non una cretina come tutte le
altre, tipo, che ne so, quella rincoglionita della professoressa di disegno del
liceo, che era talmente rincoglionita da non accorgersi che copiavo tutti i disegni
dal mio compagno di banco ma visto che ero più carina di lui mi metteva un voto
in più, no! Non un rincoglionimento di quel tipo,
cretina nel profondo,
irrimediabilmente cretina! Incredibilmente cretina!
Stasera è una noia, penso che
dovrei smetterla di insultarmi gratuitamente e fare qualcosa,qualsiasi cosa, di
meno degradante,
tipo una puntata di "How I met your
mother", che magari con un pizzico di fortuna
sarei riuscita anche a trovare su youtube.
Ok lo ammetto, parlo da sola,
a volte,
spesso.
Eleonora parlava da sola come una
schizofrenica a volte, e forse un po’ lo era davvero.
Parlava da sola perché la aiutava a
riflettere, a concretizzare le sue emozioni, a dargli una forma, così da
poterle visualizzare molto più chiaramente nella sua testa, che era un po’
visionaria.
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Prima che io scesi dalla macchina mi guardò
mi sorrise e mi diede un altro bacio sulla guancia, sorrisi anche io cercando
di manifestare quanto mi avesse fatto stare bene in quelle ore e quanto fossi
grata a lui per questo.
Poi, per consolidare il ringraziamento, e
anche perché mi andava, gli mandai un messaggio appena chiusi il portone di
casa:
"è stato carino rivedersi,
ho passato una bella serata in tua compagnia,
domani lo rifacciamo?
Franci"
Mi avevano chiamato mentre ero via…
…
Roberto…
Era una delle rarissime volte in cui aveva
chiamato lui, da quando lo conoscevo ero io ad assillarlo di telefonate, di
messaggi, di affetto, lui se ne era sempre altamente fregato. Ma non mi
soffermai sul perché aveva cambiato così repentinamente le sue abitudini
facendo il primo passo invece di limitarsi a sparire, perché diedi subito la
colpa al sesso, sarà stato in crisi di astinenza, senza nessun'altra ragazzina
intorno che lo potesse soddisfare.
Buttai con rabbia il cellulare dentro la
borsa e decisi che avrei ignorato la chiamata di quel bastardo, chiamata che
non era altro che l'invito esplicito a spogliarmi ed infilarmi nel suo letto,
o forse dentro la doccia,
mah che importanza aveva? Voleva solo
sbattermi ed io ero ferita.
Decisi che avrei controllato e letto l'eventuale
risposta di Marco domani mattina, perché ero stanca e non volevo dare il tempo
sufficiente ai brutti pensieri di prendere il sopravvento su quella serata così
quasi perfetta.
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Marco era stordito e confuso in quella
mattinata soleggiata di Novembre, sensazioni positive si facevano strada lungo
quella nuvola grigia del suo radicato pessimismo,
pessimismo perché, in fondo, quello che stava
vivendo era identico all'inizio di una storia che ormai aveva visto ripetersi
troppe volte, e ogni volta con lo stesso finale: lei se ne andava, spesso tra le braccia di qualcun altro.
Per questo voleva mantenersi razionale e non
farsi coinvolgere troppo, anche se gli riusciva impossibile evitare
quell'ondata di entusiasmo che a poco a poco lo stava travolgendo.
Si sforzò a seguire le lezioni e a non far
sfuggire lo sguardo oltre la finestra, e soprattutto, a non pensare a
Francesca.
Durante la pausa pranzo vide Eleonora in
difficoltà: aveva sicuramente troppe cose per le mani e stava combattendo
contro la cerniera della borsa, con scarso successo;
un istante e capì cosa stava succedendo, ebbe
un'anteprima di un futuro molto prossimo: tutte quelle cose a terra e un
Eleonora piuttosto imbarazzata.
Fece un passo fulmineo verso di lei e riuscii
ad evitare l'impossibile: afferrò la tracolla della borsa con una mano e prese
al volo il quaderno con l'altra.
La concentrazione necessaria a
compiere quell'impresa non gli
consentiva di guardarla negli occhi.
"Ciao Ele"
Disse alzando gli occhi verso i suoi e sorridendo ampiamente.
"Ciao, grazie"
"Ti hanno mai consigliato di
fare una cosa per volta?"
"Ecco perché mamma me lo
ripeteva sempre - Rise - mi diceva sempre anche di prendere le cose con due
mani"
"Perle di saggezza"
"Soprattutto con un disastro
di figlia così"
Marco la guardò interrogativo,
pensando -perché un disastro? Non è mica
così male-
"Mo non esagerare sei solo
un po’ sbadata"
Eleonora sbuffò, esprimendo tutto
il suo disappunto
"Ok,un po’ tanto"
Sorrise spontaneamente pensando a quanto fosse spontanea Eleonora.
"Grazie mille comunque, ora
chiudo la bors.. - con movimenti veloci mise le cose
che teneva in mano dentro la tracolla e chiuse la lampo - ecco fatto,
grazie"
"Di nulla"
Eleonora aveva qualcos'altro a
cui pensare, qualcosa che le teneva la mente occupata, che probabilmente la
distraeva, rendendola ancora più distratta del solito, Marco se ne accorse.
"Ele
è tutto a posto?"
"Si, Perché?" lei era
smarrita.
"Non so ti vedo un po’ strana…"
"Si, si,
tutto a posto"
Eleonora si stupì che qualcuno
che conosceva da così poco tempo riusciva già a leggerle negli occhi.
"Sto scappando, ciao
Ma"
"Ciao" Sorrise ampiamente
di nuovo, cercando di trasmetterle un po’ della sua energia.
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Era (quasi) sempre stata una
ragazza ottimista Eleonora ma aveva ragione Marco: qualcosa la stava
angosciando.
Christian non era venuto
all'università e lei non aveva modo di sapere niente,
non sapeva il perché non si era
presentato, cosa stesse facendo,
non sapeva nulla di lui e questo
le dava una certa agitazione.
E se fosse stato con un'altra?
Se fosse fidanzato?
Aveva impiegato questi ultimi due
giorni a sorridere e a pensare a lui, continuamente.
No, non era giusto che si fosse
rubato tutte le sue energie e le sue facoltà mentali per tutto quel tempo.
Che fine aveva fatto? Dov'era?
C'era realmente bisogno di preoccuparsi?
Stava impazzendo Eleonora,
continuava a pensare che avrebbe dovuto almeno chiedergli il numero.
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Marco sbirciò per un po’ Eleonora
mentre si allontanava: quella ragazzina minuta l'aveva colpito dal primo
momento, e poi era sveglia, simpatica, e loro due si capivano.
Si era scordato di rispondere a
Francesca:
"Volentieri = )
ma facciamo dopo cena che sto diventando
grasso ç.ç
Passo alle 9:30 "
Si riempì di orgoglio e iniziò a
dirigersi verso la fermata dell'autobus.
Prese lo stesso autobus di
sempre, si sedette nel solito posto, ma qualcosa durante quel solito viaggio
passato con la musica nelle orecchie e lo sguardo fuori dal finestrino lo
turbava.
C'era qualcosa di diverso,
qualcosa di strano, come un energia negativa, verso di lui.
La percepiva distintamente, ma non
riusciva a coglierne il motivo, nè la fonte.
La vide solo quando si alzò per
uscire dal veicolo: Teresa, la ragazza che aveva conosciuto qualche giorno fa e
a cui aveva promesso un incontro il giorno dopo su quello stesso autobus,
incontro che mancò, dimenticandosene.
Non lo degnò di uno sguardo, si
alzò e scese troppo velocemente per fermarla, aveva gli occhi bassi e
un'espressione mista tra la rabbia, il dispiacere e la delusione.
In un attimo si sentì perso,
mortificato: aveva deluso tutte le aspettative di quella ragazza che non solo
non aveva fatto niente per meritarsi un tale atteggiamento ma in più gli era
sempre piaciuta.
Era stata carina con lui dal primo
momento, e per un po’ Marco aveva anche seriamente pensato di provarci con lei,
e molto probabilmente l'avrebbe anche fatto se non fosse subentrata Francesca.
Iniziò a volare con la fantasia:
Era il giorno del
matrimonio del cugino di Francesca.
Marco si era scomodato
a mettersi in giacca e cravatta mentre lei indossava un abito blu lungo fin sotto
le ginocchia, lasciava scoperte le spalle e Francesca aveva pudicamente
rimediato con un giacchetto grigio.
Lui era estasiato da
quell'immagine.
L'aveva vista in
difficoltà, seduta su un muretto a riposare le gambe durante quei pochi minuti
di pausa dal cerimoniale, gli unici che avrebbero avuto in tutta quella
lunghissima giornata,
così la prese per mano
e la portò via, appena furono fuori dalla vista degli invitati la prese in
braccio, continuando ad allontanarsi da tutto quel chiasso, lei non disse una
parola, acconsentendo.
Quando furono
abbastanza lontani le sfilò le scarpe, si tolse il cappotto e lo posò
sull'erba, si sarebbe sporcato e probabilmente avrebbe speso un po’ solo per
portarlo in tintoria, ma non gli importava.
Si stesero entrambi
sul quel minuscolo spazio, esausti.
Un brivido percorse il
corpo di Francesca, e Marco con la scusa l'abbracciò ancora più forte, sentiva
distintamente il suo respiro sul collo e il battito del suo cuore accelerare.
"Amore hai
freddo?"
"Si,un po’,
ma non muoverti,
ho voglia di stare
così, di stringerti forte"
Marco non poteva che
essere d'accordo, sorrise, pensando che al mondo non ci fosse niente di più
bello che tenere ciò che si ama stretto a se, in modo autoritario, deciso,
forte, senza mai correre il rischio che possa sfuggire alla presa.
le baciò la fronte
mentre la mano che non la stringeva a se le accarezzava i capelli dolcemente.
Il suo corpo ebbe la
naturale, fisiologica reazione che la vicinanza di Francesca sempre gli
suscitava: non poteva farne a meno, non perché fosse un pensiero costante
quello di fare l'amore, non era dovuto al chiodo fisso che si dice che i
giovani abbiano entro una certa età, no.
Era la costante e
immancabile voglia di quel minimo contatto, del suo profumo, di lei.
"Marco?"
"Che c'è?"
Immaginava già un piccolo rimprovero e una presa in giro per essersi rivelato
tanto vulnerabile.
"Ti amo"
Scandì ogni singolo
suono, e fissò l'immagine delle sue labbra pronunciare quella promessa d'amore
nella mente, inconsapevole che vi sarebbe rimasta per il resto della sua vita.
Era la prima volta che
sentiva Francesca pronunciare quelle parole,
sebbene lui
gliel'avesse già detto tantissime volte che l'amava lei non l'aveva mai fatto,
e non perché non l'amasse, di questo ne era fermamente convinto, ma perché non
voleva,
non voleva esporsi
perché aveva paura delle emozioni che provava.
Poi lei lo guardò, e
nell'immensità dei suoi occhi verdi trovò l'amore che stava cercando, quello di
cui aveva bisogno, e vi trovò anche tutte le sicurezze, che forse,
forse,
non meritava.
Un bacio sulle labbra,
il sapore del vino bianco copriva tutti gli altri.
L'amore di Marco si
percepiva anche in quel timido bacio.
Un bacio, poi un
altro, poi un altro,
e la tentazione di
resistere dall'andare oltre, e fare l'amore su quel prato, li, in quel momento,
resistere dal
dichiararsi amore eterno inebriati dal vino, innamorati persi.
pensando a quel momento Marco si
domandò se tutto quello che era successo potesse essere stato frutto di un
inganno e si rispose immediatamente.
No, qualcosa di così bello e così
sentito non poteva non essere vero, non poteva essere solo finzione,
no, non era possibile,
Francesca era li su quel prato a
digli che l'amava, e ci aveva creduto veramente,
doveva essere così, doveva.
Per forza.
Conservava quella certezza come
un tesoro raro, spesso quando non sapeva cosa pensare su Francesca, quando non
capiva il motivo per il quale l'avesse trattato così male, spesso ripensava a
quel momento.
No non poteva essere solo la sua
immaginazione.
Eppure cose orribili erano
successe: le promesse infrante, le cattiverie dalla sua stessa bocca, il
tradimento.
Vedeva tutto questo Marco e si
sentiva soffocare: amore o odio?
Odi
et amo. Quare id faciam, fortasse
requiris.
Nescio, sed fieri sentio
et excrucior.
[Catullo]
Odio
e amo. Come possa farlo forse ti chiedi.
Non
so, ma questo sento e mi tormento.
Aveva tutta la voglia di
piangere, e probabilmente ne aveva anche il diritto, considerando quello che
stava passando in quel momento:
la voglia di tornare ad essere
felici, il bisogno di avere Francesca al suo fianco contro la paura di tornare
ad amarla per poi essere abbandonato di nuovo,
tutto questo lo rendeva
instabile, soggetto ad emozioni che nemmeno concentrandosi al meglio delle sue
capacità riusciva a controllare: non sapeva cos'era che stava succedendo ed era
terrorizzato all'idea di fallire di nuovo, di cadere, di affogare.
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Rieccoci qui,
dopo un po’ che sono stata lontana dal pc
torno ad aggiornare, spero che gradiate il capitolo (chiedetemi di continuare a
scrivere se vi piace così mi motiverete ^^ )
Fatemi sapere che ne pensate della storia e di come la sto
sviluppando,
potete darmi qualche dritta se vi va =) sono un po’ smarrita
>_<
baci
Linus