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Autore: Ziggie    11/01/2013    1 recensioni
It's never too late to mend, perchè non è mai troppo tardi per redimersi. Un'avventura per i fratelli Blues lunga una vita, ma al loro fianco non vi era solo la Banda, ma anche Ziggie. Recensite se vi va :) Buona lettura.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ed eccomi qui, tra lo studio e altro sono riuscita a mettermi di impegno e sfornare questo capitoletto. Un piccolo capitoletto di transizione, ma che ci sta tutto a parer mio, solo Ziggie stavolta, solo lei che abbraccia la libertà. Buona lettura :)
Ile                                          

 




                                                             25.  Libera?

Un rumore assordante ad aprire le porte della mia libertà. Joliet alle mie spalle, la strada davanti, Elwood e Jake, ancora distanti, dietro le sbarre.

Tornai a Chicago con la corriera che, da Joliet, conduceva in città. Sguardo fisso sull'asfalto troppo distante in quegli anni, sguardo che, si alzava, quando incontrava edifici sempre più moderni, cresciuti in quei quindici anni.

 Scesi in Calumet City e mi recai al Sant'Elena, ma dell'orfanotrofio in cui ero cresciuta, per il quale ci eravamo tanto sbattuti, rimaneva poco e niente. Camion dei traslochi occupavano la via mai asfaltata e piena di buche; di bambini neanche più l'ombra. Freddo, ecco cosa provai nel salire le scale per l'ufficio della Pinguina. Freddo e lo sguardo ligneo del crocifisso, in cima alla scalinata, era più accogliente.

- Suor Mary? E' permesso? - chiesi. Era la prima volta, quella, che dovetti chiedere di entrare, solitamente la porta si apriva prima che potessi bussare! La risposta arrivò dopo qualche minuto.

- Ziggie! Non ti aspettavo così presto! -

- Mi occorrevano risposte e consigli per i quali non potevo attendere - le spiegai e, per una volta, riscontrai il mio tono più superiore rispetto a quello della suora.

- Alcune risposte possono esser date senza porre domanda, bambina - sorrise aspra la monaca - l'orfanotrofio, come tu stessa hai visto, cade a pezzi e chiuderà i battenti, stavolta per sempre. Nessuna missione per conto di Dio, niente più tasse da pagare. Il Sant'Elena è troppo vecchio per reggere con la modernità, gli orfani sono sempre di meno e il buon vecchio Curtis ha raggiunto il Signore qualche mese fa - fece una pausa di silenzio, osservandomi, mentre alla notizia della morte di Curtis mi rabbuiai, abbassando tristemente lo sguardo soprattutto per la mia, o meglio nostra contando i fratellini, mancata presenza alla sua dipartita. Quante cose avevamo perso?

- E lei che fine farà? Avrà un posto di riguardo alle missioni anche stavolta? - chiesi rifacendomi al discorso che ci fece quando ci convocò quindici anni prima.

- Diventerò madre superiora presso un ospedale infantile in centro città -.

- Ha avuto una promozione degna di nota, allora - commentai esibendo un sorriso molto tirato. La piccola famiglia che avevo, che avevamo, si stava sfaldando - Ero venuta qui per un consiglio più che altro - ammisi dopo una lunga pausa di silenzio - come aiutare un fratello ad uscire, una volta per tutte, dal tunnel della polvere bianca?-.

- Se mi chiedi ciò, Jake è seriamente nei guai! Ma saprai anche che non posso fare molto, Ziggie. E' una strada facile da imboccare, ma difficile da evadere. Le possibilità di uscita sono molte, ma, a volte, oscure e non solo perchè si portano degli occhiali da sole. Serve forza di volontà da parte di Jake, da parte di chi gli sta attorno e occorre forzare la mano gradatamente -.

- Prima che uscissi da Joliet, stava in cella di isolamento - le spiegai.

- Avrà avuto modo di pensare -.

- Mi auguro a fattori positivi -.

- Torna a Joliet e parlaci, Zig... Tu e Elwood potete fare la differenza - accennò un sorriso - per qualsiasi cosa, mi troverai qui - mi diede il nuovo indirizzo con tanto di numero telefonico ed io mi alzai, nessun ringraziamento finchè non arrivai alla porta e mi voltai verso la suora, un cenno del capo, una piccola intesa, nulla di più, nulla di meno.

Avevo un fratello con cui parlare, avevo un fratello da dissuadere, da aiutare. Ne avevo un altro da rivedere e amare, abbracciare e baciare nonostante il vetro, che sapevo separava detenuti da interlocutori. E, fino a quella mattina, ero dentro anche io.

Chicago sembrava più fredda di quanto la ricordassi, nonostante fosse estate. La modernità abbracciava il passato. Gli anni 80 e 90 vedevano la chiusura sul nuovo millennio. Innovazioni che mi erano sfuggite di mano mi accerchiavano: cellulari, computer, cd. Un turbinio di novità spaziava tra il negativo e il positivo.

Scesi fino al negozio di Ray, buio e chiuso anch'esso: che fosse mancato anche lui? E proseguii fino al bar dove, un tempo, lavoravo. Entrai e mi guardai intorno: non era cambiato nulla, persino il piccolo palco era rimasto come e dov'era; sorrisi appena.

- Desider...Oh, per la miseria! Non ci credo! Sei proprio tu!!! - esclamò euforica Kensy, a voce alta, dietro il bancone, aggirandolo poi per raggiungermi e abbracciarmi - Ziggie!!! Quanto mi sei mancata, ragazza! Fatti vedere, non sei cambiata di una virgola... Mmm... Sei un pò dimagrita, questo si - commentò ridacchiando dandomi una pacca sulla spalla - vieni che ti offro qualcosa da bere -.

Sorrisi a quella reazione e a quell'elenco gettato senza fiato - è bello rivederti, Kensy! Soprattutto è bello vedere un posto amico che non è cambiato -.

- L'unica cosa che è cambiata qui dentro è il proprietario. Da quando Lucas si è sposato e si è trasferito a New York, qui comando io - disse sorridente, porgendomi una birra. Da quanto non la bevevo, chissà se mi ricordavo il sapore?

- Mi sono persa parecchie cose, eh! - commentai abbassando il capo... Avevo mancato il funerale di Curtis, forse quello di Ray, il matrimonio di Lucas e la promozione di Kensy... E chissà quant'altro c'era?

- Sono passati quindici anni, dopotutto - commentò increspando appena le labbra - hai mancato diverse cose, si, è normale, ma non hai perso te stessa e hai tenuto duro. Penso siano buone qualità da
mantenere alte, soprattutto in carcere - mi rincuorò poi - e, credimi, se avessi potuto sarei venuta a trovarti più volte e non solo raramente ogni cinque o sei mesi, restando sempre sul vago dati i pochi minuti concessi per interloquire -.

- Hai già fatto molto, grazie - le sorrisi grata. Nonostante veniva a trovarmi raramente in carcere, e non solo perchè aveva da fare al bar, ma perchè era più forte di lei dato che suo padre aveva tirato le cuoia là dentro, Kensy aveva fatto molto: si era offerta per dare una mano all'orfanotrofio ed era lei che conservava le mie chiavi di casa. Bevvi appena un sorso e strizzai gli occhi, accennando un lieve sorriso. Il sapore amarognolo salutò le mie papille gustative, che in quegli anni avevano assaporato solo acqua, come un vecchio amico tornato da un lungo viaggio.

- So che potrebbe essere una brutta domanda, ma come stanno Jake e Elwood? -

- Li attendono ancora tre anni - commentai amara, osservando la birra, bevanda che riportava troppo ai fratellini - ed io non li vedo da troppo tempo per dirti come stanno seriamente - c'erano le lettere, c'era quella notizia di Jake, ma, alla fine, la realtà dei fatti era quella che avevo esposto a Kensy... Dovevo toccare il tutto con mano.

- Nessun modo per sentirvi o vedervi là dentro, eh! - accennò ad un sorriso tirato.

- Molto limitati, già - sospirai prendendo un altro sorso, mentre lei mi lasciava davanti le mie chiavi.

- Queste sono tue, Zig. In casa non c'è una virgola fuori posto, forse un pò di polvere, che ogni tanto provvedevo ad eliminare -.

- Grazie davvero - mi limitai a rispondere.

- Ah! Un'altra cosa prima che te ne vada... Sappi che a me non interessa nulla della tua fedina penale, del fatto che sei stata a Joliet o altro, qui hai sempre un posto di lavoro che ti aspetta, se vorrai tornare. Non voglio che riprendi le redini oggi o domani, voglio solo che ci pensi e che sappia che noi ti aspettiamo -.

Le sorrisi grata, alla fine tornare a lavorare mi avrebbe fatto comodo, mi avrebbe distratto, mi avrebbe riportato in carreggiata. Annuì appena e mi avviai alla porta, agitando una mano in segno di saluto: prima avevo delle faccende da sbrigare.

- Gentile da parte tua, Kensy, davvero! Prometto che ci penserò - uscii e mi avviai verso casa.

Camminavo in una Chicago che mi era estranea, una città sedotta dalle innovazioni, sempre in crescita. Molti locali che conoscevo non esistevano più, alcuni avevano lasciato il posto a pub più moderni o a negozi più svariati. E camminavo su quelle vie che le mie vecchie suole avevano percorso a lungo.

La monorotaia mi diede il bentornata a casa, quando aprii la porta. Buio e l'odore di chiuso pervadeva l'aria. Aprii la finestra e feci luce su quanto mi era mancato, posando la mia sacca per terra. Feci un giro di ricognizione, come a voler riappacificarmi con tutto, le mie mani si soffermarono sulla polaroid impolverata, la presi e mi scattai un'istantanea: un modo più realistico dello specchio, la foto, perchè ti fa guardare oltre le apparenze. La osservai, della vecchia ragazzina non vi era più nulla. Ora c'era un volto stanco, intristito e a tratti sciupato, incline raramente al sorriso. Dov'era la vecchia Ziggie? Forse era rimasta a Joliet con i propri fratelli. Accostai la foto al pannello fotografico che avevo adibito in soggiorno... Era lontana anni luce da quegli scatti e non perchè ero invecchiata di qualche anno, in questa mancavano le note, mancava il ritmo, mancava la melodia. Ne avevo del lavoro da fare, si! Ravvivare il fuoco del blues, mantenere accesa la fiammella della speranza nei ragazzi, fargli forza. Eravamo i Blues Brothers e non ci saremmo spenti come mozziconi di sigarette in un posacenere.

E, le mie vecchie foto parlavano, riassumendo ricordi. Rimasi a fissarle a lungo, una lacrima mi rigò il volto, ma un sorriso, poco dopo, riaffiorò sulle mie labbra: era tempo di tornare in pista, era tempo di rimettersi in carreggiata e Joliet mi aspettava di nuovo, stavolta in modalità visitatrice.
 
  
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