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Autore: rospina    11/01/2013    3 recensioni
Bell Pallone.
Una giovane ragazza dai rossi capelli e mille difetti, con un'amica del cuore sempre fedele e attenta e un fratello che vuole fare il medico ... il resto sarà tutto da leggere e scoprire. Spero che lo facciate in tanti ...
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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POCHI MESI DOPO

“Dottor Pallone abbiamo bisogno di lei la prego corra” una giovane infermiera era arrivato nel piccolo studio di Francesco correndo, e parlava affannosamente “un bimbo …” riusciva a capirla appena, ma scattò ugualmente dalla poltrona in eco pelle e corse con lei in corridoio. Gente che camminava ovunque, malati che passeggiavano in vestaglia per i reparti, mentre i muri bianchi e cadenti osservavano come fossero muti spettatori. Giunsero al pronto soccorso, con la coda dell’occhio Francesco vide due genitori disperati, che si stringevano fra loro facendosi coraggio. Nella saletta, sdraiato sul lettino un piccolo angelo castano chiaro si dimenava in preda alle convulsioni.

“Cos’è successo?” chiese lui mantenendo la calma

“Ha mangiato un gelato e poco dopo è caduto a terra ed ha iniziato a stare male”

“è allergico a qualcosa?”

“I genitori non hanno saputo dire niente”

Francesco chiuse gli occhi un istante per pensare, ma tutto quello che vide fu Serena vestita con l’abito da sposa. Li riaprì di corsa, si passò una mano sulla fronte. Scacciò quel pensiero, non era il momento di pensare a lei. Questo era il motivo per la quale non avrebbe mai voluto innamorarsi. Guardò gli occhi di quel piccolo bambino che chiedevano aiuto. Uscì di corsa e cercò i genitori, li trovò nello stesso punto di prima, chiese se per caso il bambino avesse delle allergie:

“no, lui no! Sono io che soffro di favismo, è una specie di anemia …” mormorò la madre

Francesco alzò una mano al cielo. Con rabbia se la batté sul volto e corse nuovamente dal bambino e dalla sua equipe, con sicurezza disse:

“è un attacco di favismo, subito trasfusioni, veloci” non parlava ma urlava, e i suoi collaboratori scattavano sotto i suoi ordini. Stabilizzarono la situazione. Il bambino non era ancora fuori pericolo, ma lui si allontanò per dare notizie ai genitori e spiegò:

“la situazione è stabile, il bambino ora è sottoposto a trasfusioni, probabilmente il bambino era già debole, e in quello che ha mangiato c’era una sostanza pericolosa per chi è affetto da questa malattia … ora non ci resta che aspettare”

I due si strinsero, e continuarono a pregare.

Francesco li guardò da lontano e capì che non erano stati che pochi attimi, e anziché poter dire ai due di sperare li avrebbe potuti uccidere con una macabra notizia. Ma forse nonostante tutto quello era il suo giorno fortunato.

Fabio era davanti all’altare che attendeva ansioso l’arrivo della sua sposa. I fiori gialli e bianchi erano ovunque, ai lati della navata e ai piedi dell’altare vi erano due enormi anfore di terracotta gli invitati erano già tutti in chiesa, che vociavano rumorosamente nell’attesa. Bell e Daniele erano a lato dall’altare e fra loro vi era seduta la piccola Gioia che stava avvinghiata a Bell senza scollarsi un attimo. Daniele guardò fra gli ospiti e disse:

“tuo fratello ha proprio deciso di non venire?”

“No rispose lei, si è addirittura fatto mettere di turno!”

“Mi spiace per lui!”

“anche a me”.

Guardare Bell e Daniele era una gioia per gli occhi, erano splendidi, lui indossava un completo grigio semplice, mentre Bell era avvolta in un sari rosa antico che le copriva le spalle lasciando le braccia scoperte. I lunghi capelli rossi erano tirati su con un’acconciatura da finta spettinata,i gioielli erano pochi e sobri. Mentre i piedi erano impreziositi da sandali con un tacco vertiginoso. La piccola Gioia invece pareva una piccola bambola, i lunghi capelli neri le ricadevano sulle spalle, ed indossava un vestitino rosso corto e scarpette in tinta. Una piccola bambolina di ceramica dalla pelle liscia e rosata. La piccola Gioia era tutto questo. Il tempo passava lento e la sposa tardava ad arrivare.

Serena era ancora seduta sul grande letto matrimoniale che era coperto da un copriletto tinta avorio. Il fotografo aveva appena terminato le ultime fotografie e l’aveva lasciata sola. La giovane rimirò il suo sguardo riflesso allo specchio, lisciò l’abito con le mani e accarezzò le due piccole rose avorio scuro malinconicamente. Sul comò vi erano posate delle rose rosse, tante quante erano i suoi anni, un biglietto bianca le accompagnava “con amore il tuo Fabio”, a fianco di quelle rose vi era il suo bouquet di fiori, tutti bianchi. “è giunto il momento di andare” mormorò a se stessa e lentamente si alzò. La porta della stanza si aprì di scatto e una donna, che sicuramente era sua madre le donò una rosa rossa:

“tieni tesoro, questa è per te, me l’hanno appena portata”

Serena la prese tra le mani, ne inspirò il profumo e si accorse che dentro la retina che l’avvolgeva vi era un biglietto, lo tolse e lo lesse avidamente:

“una rosa, una sola rosa rossa per la donna che con la sua bellezza è riuscita a incatenare il mio cuore al suo cuore.

Una rosa, una sola rosa rossa per la donna che con il suo sguardo è riuscita a stregare i miei occhi che non vedono altro che lei.

Una rosa, una sola rosa rossa per la donna che con la sua anima è riuscita a rispolverare in me la gioia e al tempo stesso il dolore di amare.

Una rosa, una sola rosa rossa per la donna che è riuscita in tutto e per tutto a superare la bellezza della principessa per eccellenza, la principessa Sissi.

Una rosa, una sola rosa rossa per dirti ti amo, oggi, domani e sempre”

Nessuna firma, una scrittura che non riconosceva, ferma decisa e veloce. Sicuramente era un biglietto scritto di getto, senza pensare troppo alla forma, e puntando all’essenza, ma quella forma … quelle parole avevano un senso un’essenza piena e indescrivibile, e l’assenza della firma per Serena non era che un piccolo dettaglio, lei sapeva in fondo al cuore che quel biglietto non poteva averlo scritto che una sola persona.

Francesco.

Il suo cuore iniziò a sanguinare. E con esso anche dagli occhi scese una lacrima, subito la donna che le aveva consegnato la rosa disse:

“Che succede tesoro mio”

“Nulla mamma, è solo l’emozione”

Prese quella rosa e la mise al centro del suo bouquet, e il biglietto la mise in un angolo nascosto del suo abito, lo voleva fortemente con se.

La macchina si fermò di fronte la chiesa, e come iniziò a camminare sul tappeto rosso un organo iniziò a suonare l’Ave Maria di Schubert. Lenta e malinconica come la sposa che percorreva quella lunga navata. Lo sposo l’attendeva ansiosa. La guardava con occhi sognanti, avanzare verso di lui stretta al braccio di suo padre. Quando fu all’altare Serena guardò Bell e poi dritta di fronte a se.

La testa di Serena vagava, senza fermare il suo pensiero. Non riusciva neppure a seguire ciò che il prete stava dicendo. Fu riportata alla realtà quando il parroco disse:

“Se c’è qualcuno che ha qualcosa in contrario, parli adesso o taccia per sempre”

Un silenzio assordante avvolse la chiesa, poi improvvisamente, sordo e acuto al tempo stesso, arrivò un urlo di Gioia. Incessante e battente. La bocca spalancata e gli occhi fissi negli occhi della sposa. Bell si curvò su di lei prontamente, con amore:

“Cosa c’è tesoro, calmati …” le carezzava la testa e le guance mentre se la stingeva sul petto. Tutti i presenti in chiesa spostarono la loro attenzione sulla piccola. Serena si mosse verso di lei, ma il suo sguardo freddo e caldo la interruppe, quegli occhi neri erano profondi come gli abissi. Tristi e sconsolati non cessavano di gridare il suo malessere insieme al suo grido. Daniele la prese in braccio ed uscì dalla chiesa, dietro di lui preoccupata c’era Bell.

Fuori nello spiazzo della chiesa finalmente Gioia si calmò sulle ginocchia del padre, e di fronte a lei vi era Bell accovacciata sulle sue ginocchia che chiese di nuovo:

“tesoro mio, dimmi cosa ti è successo ti prego, io sto male …” le prese una mano e se la portò sul cuore, la piccola parve sentire il battito accelerato di quel cuore ansioso. E tramutò il suo sguardo facendolo divenire docile e lucido, poi voltandosi verso Daniele pareva chiedere, domandare un qualcosa, e Daniele guardandola maliziosamente le disse:

“vuoi che lo faccia adesso? Ora lei dovrebbe essere al fianco della sua più cara amica … lo facciamo dopo?”

La bambina iniziò a ciondolare avanti e indietro senza spostare i suoi piedi, e dalla tasca trasse un foglietto che iniziò a battere rabbiosamente sulla mano dell’uomo

“D’accordo lo faccio adesso”

“Cosa?” chiese Bell

lui si alzò e si inginocchiò di fronte a lei, dalla tasca fece uscire una piccola scatolina, e facendola scattare le disse:

“non sarò il principe azzurro dei tuoi racconti di ragazza, non sarò il ragazzo dei tuoi sogni, ma voglio essere l’uomo della tua vita, per sempre, per portarti vicino alla felicità, perché in fondo la felicità stessa non è nelle grandi cose o negli eventi straordinari, ,ma nella vita di tutti i giorni, nelle piccole storie della vita, perché alla fine, anche una storia come tante può essere una favola …”

Bell allungò la sua mano e gli carezzò il viso costringendolo ad alzarsi, e quando fu nuovamente più alto di lei gli disse lanciandogli le braccia al collo:

“Si, si, si e mille volte si” lo baciò sulle labbra, dolcemente, e a distoglierla ci fu una piccola voce dolce che le disse stringendosi alla sua vita

“MAM-MA” una piccola parola breve, che racchiudeva un significato infinito, perché la parola mamma non la potrà mai spiegare e svelare pienamente nessun dizionario o enciclopedia del mondo. Bell sentì il suo cuore scoppiare di gioia, si strinse alla piccola e dagli occhi azzurri scesero due lacrime cristalline e pure. Era completamente felice e capì che in quell’istante lei era diventata mamma per la prima volta in vita sua. Amava quella piccola creatura fatta di silenzi assordanti e grida silenziose, ed era pronta a starle accanto per tutto il resto della vita, perché attraverso quell’abbraccio capì che Gioia, aveva scelto lei per essere la sua seconda mamma, fra migliaia di donne.

Il frastuono interruppe quel quadretto familiare, Bell si diede una pacca sulla fronte:

“Oh mio Dio! Il matrimonio! Quanto tempo è passato? È già finito?”

Ma non fu che un attimo, perché videro scappare la sposa fuori dalla chiesa. Correndo. Teneva alzato il vestito con le mani. Si fiondò nella stessa macchina che l’aveva portata fin li poco tempo prima. Senza esitazioni Daniele e Bell corsero in macchina e seguirono Serena nel traffico.

Serena fu di fronte all’ospedale, lasciò la macchina in mezzo al parcheggio col motore acceso e scese di corsa. Raggiunse l’entrata del pronto soccorso con il volto sconvolto. Subito due infermieri le andarono incontro e lei gridando confusamente disse:

“ Il dottore voglio parlare con il dottore dov’è?”

I due la guardarono con circospezione e nascondendo qualche sorriso.

La fecero sedere su una sedia, che forse una volta era rossa, con parole tranquillizzanti le dissero che andavano a chiamarlo. I due si allontanarono lungo la corsia e svoltarono subito dopo. Serena si alzò di scatto e li raggiunse. Erano entrati in una piccola mensa e non fecero in tempo a parlare che Serena irruppe nella saletta. Francesco stava bevendo un caffè, e come vide la donna rovesciò il suo caffè sul camice bianco. Gli sfuggi un’imprecazione, si alzò e chiese:

“Che succede?”

“è un po’ esaurita, crediamo che sia panico da matrimonio”

“ma quale esaurimento!” sbottò Serena

“lasciateci soli un attimo” chiese Francesco Pallone

I due infermieri uscirono dalla porta, ma rimasero dietro, volevano ascoltare

“Serena, che ti succede?” aveva ripreso il controllo di se, le parlava fissandola negli occhi e perdendosi

“Sono qui!”

“Cosa vuol dire? Fabio dov’è?” chiese lui

“In chiesa!”

Lui la guardò stranito, non riusciva a capire nulla, ed era talmente scioccato da non riuscire a parlare e fu lei che proseguì:

“Non ce l’ho fatta! Non sono riuscita a giurargli amore eterno, non è lui il mio amore, non è lui la mia vita,non avrei mai potuto stare con lui e pensare a un altro, mentre camminavo nella navata della chiesa ho sentito che stavo facendo la scelta sbagliata che stavo per buttare via la mia vita …”

Lui la guardò senza dire nulla. In un momento gli si era rovesciato addosso, non solo un misero caffè, ma molto di più. Pochi istanti prima stava piangendo sulla sua vita, piangeva su se stesso per non essere riuscito ad essere onesto con il suo cuore, e si commiserava per la sua codardia nell’aver deciso di mandare all’ultimo un biglietto con un fiore anonimo alla donna che le stava di fronte. Pochi istanti prima il suo cuore si contorceva dal dolore, mentre ora era in uno stato di semi incoscienza. A Serena  parve così, distaccato. Freddo e incurante dei suoi sentimenti e glielo disse:

“scusami, scusa se ti ho disturbato mentre tu stai lavorando, ma in un misero secondo ho pensato, sperato, di poter valere per te, la metà di quello che vale il tuo lavoro, questo posto, il tuo camice bianco!” una lacrima sottile percorse quell’ovale perfetto e subito dopo ne scesero altre copiose. Raccolse il suo vestito, che continuava a frusciare ad ogni singolo movimento e si voltò. Fece alcuni passi verso la porta, ma lui la bloccò.

“Ferma! Ti prego non te ne andare!”

Lei si fermò ma rimase di spalle. Lui si avvicinò e le accarezzò proprio quella parte del corpo costringendola a voltarsi verso di lui. con una mano le tirò su il volto e la costrinse a guardarlo negli. E furono così con gli occhi incatenati gli uni agli altri, e solo in quel momento trovò il coraggio di sussurrare quelle parole che il cuore da tempo dettava, ma che le labbra avevano taciuto:

“tu non vali la metà di quello che faccio, semplicemente perché vali il doppio. Non ho mai avuto il coraggio di confessarmi e confessarti quello che da tempo provo per te, per paura, ma la mia paura più grande, il dolore più grande è quello che stavo vivendo oggi in questa misera stanza d’ospedale, perché contavo di averti persa per sempre, e senza di te la mia vita non avrebbe più senso. Avevo paura di non poter più posare i miei occhi nei tuoi come sto facendo adesso, di non poter più inspirare il tuo profumo come sto facendo in questo istante, avevo paura di non poterti mai più stringere fra le braccia, ma adesso sei qui con me e ti dico, ti amo, ti amo oggi come ieri, e ti amerò domani”

Serena stava ancora piangendo, ma il suo pianto era divenuto di felicità, e mentre lui gli asciugava le guance con i palmi delle mani le chiese:

“Adesso posso baciare la sposa?” non attese risposta e la baciò.

Dolcemente.

Conscio che quella creatura non avrebbe mai più baciato altro uomo all’infuori di lui.

Si staccarono all’improvviso perché un tonfo non indifferente aveva spalancato la porta. I due infermieri a terra e sopra di loro c’era Bell, che con aria furbetta strizzò loro un occhiolino. Daniele l’aiutò a rialzarsi e all’orecchio le sussurrò:

“Ti pareva proprio il caso di spiare?”

“Non stavo spiando, mi stavo semplicemente informando sui fatti!” ribatté lei sostenuta. Poi ridendo gli disse:

“Avevi ragione stavo spiando”

E lui le baciò la bocca ridente, mentre con la mano teneva la loro piccola Gioia.

Finalmente era giunto il momento di sorridere al futuro, non importava che la storia fosse burrascosa o tranquilla, tutto valeva la pena raccontare. Tutto in realtà è degno di essere raccontato e ricordato, perché prima o poi ci regalerà un sorriso. Anche Fabio, rimasto solo davanti all’altare, presto o tardi, avrà la sua storia.

Un racconto da scrivere sulle pagine della nostra vita, perché in realtà ogni singolo giorno, non è altro che un foglio bianco, e noi siamo l’inchiostro con la quale completiamo le pagine di questo immenso libro chiamato vita. Sfogliandolo troveremo sempre, lacrime tristi e lacrime di gioia, gioie e amarezze, ma saremo consapevoli che ogni momento, ogni respiro, ogni battito di ciglia ci porta al di là delle nostre

aspettative, ci porta a conoscere un barlume di speranza che va via, ma poi torna, così, all’improvviso,

 in un giorno qualunque.

Perché la felicità è li.

Nelle piccole cose, nei cuori ardenti e nelle anime speranzose, nel sole che nasce ogni mattina e nel moto eterno del mare, ma soprattutto nelle piccole grandi storie di ognuno di noi.

   
 
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