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Autore: Edoatar    11/01/2013    2 recensioni
Titolo non molto originale, lo sò. Ma credo sia approppriato.
In questa ff presento una raccolta dei migliori momenti futuri della vita di Percy.
Spero che apprezzerete il lavoro e fatemi sapere che cosa ne pensate.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annabeth Chase, Chirone, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I racconti di zio Edo'
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Capitolo due: Un nuovo arrivo in casa Jackson

 

La corsa in macchina fino all'ospedale più vicino fu la più infernale di tutta la mia vita. Perfino peggiore di quella fatta con le tre sorelle anni prima.

Io stavo guidando e Annabeth era seduta dietro, con le mani continuamente strette attorno al pancione. Ogni tanto tirava un urlo e mi faceva quasi sbandare.

-”Resisti tesoro. Ci siamo quasi.”

-”Ma se è da un'ora che continui a ripeterlo!” Mi sbraitò lei.

-”Beh, cosa vuoi che dica.”

-”Oh, sta zitto!”

Svoltai in strada a tavoletta e scorsi le luci dell'ospedale. Parcheggiai in tutta fretta e chiamai un infermiere affinché mi aiutasse con Annabeth. Quello arrivò con una sedia a rotelle e ci caricò sopra mia moglie.

Restai al suo fianco fino a quando una donna non mi sbarrò la strada.

Era una bella donna, con un'aria vagamente famigliare. Aveva i capelli scuri e degli occhi profondi. Indossava un camicie bianco con appeso sopra uno di quei tesserini per farsi riconoscere. C'era scritto Queen.

-”Mi spiace signore, ma non può proseguire oltre.”

Cercai di replicare, ma la donna si chiuse la porta alle spalle.

I minuti che passavano mentre continuavo a camminare avanti e indietro nella stanza sembravano non finire mai.

-”Sì, anche io non sono mai stato molto paziente.”

Mi voltai di scatto. Un tizio se ne stava seduto su una sedia a leggere una rivista di pesca.

-”Ehm... mi scusi. La conosco.”

L'uomo alzò lo sguardo e mi fissò seriamente negli occhi, come per chiedersi se fossi sano di mente.

-”Percy. Non mi riconosci? Sono io, Poseidone.”

Ammetto che ci rimasi di sasso.

-”Oh, papa! Ma sì, certo che ti avevo riconosciuto...ah ah...stavo solo scherzando.” Mentii, ma probabilmente non ci cascò.

-”Comunque sia, volevo congratularmi con te. Stai per diventare padre.”

-”Eh già.”

-”Purtroppo non ho molto tempo. Sappi che avere dei figli aumenta le tue responsabilità. Non dovrai più badare solo ad Annabeth, ma anche a loro.”

-”Lo so bene.” Risposi.

-”D'accordo. Allora quando avrai voglia, porta i piccoli a visitare l'Olimpo. Il loro nonno Poseidone e...” gli si scurì il viso, “...e la loro nonna Atena,” mio padre stava cercando di non mostrarsi un po' contrariato, “li accoglieranno a braccia aperte.” Concluse.

-”Certo.”

-”Allora ci vediamo figliolo. Mi raccomando, stai lontano dai guai.”

-”Sai che questo è impossibile. E poi non parlarmi come se avessi ancora 16 anni.” Sbottai. Poseidone mi sorrise e si dissolse in una nuvola di vapore.

Passarono un'altra decina di minuti. Poi, finalmente, la donna che aveva accompagnato Annabeth in sala parto spalancò la porta e mi venne incontro.

-”Bene, signor Jackson. Ora, se lo desidera, può raggiungere sua moglie.”

Mi chiesi come facesse a sapere il mio nome, ma non ci feci caso.

La seguii in una stanza con le pareti azzurre e bianche.

-”Annabeth!” Esclamai. Lei era sdraiata su un lettino e aveva l'aria di essere molto stanca. Come darle torto.

-”Percy...” Cercò di mettersi a sedere, ma crollò subito sul letto.

-”Hei, ferma lì.” La rimproverò l'infermiera, “Sai che non devi sforzarti. Sarai pure una semidea, ma mettere al mondo un bambino sfinisce più di ogni altra cosa.”

Mi voltai verso la donna. Allora sapeva.

-”Ha vegliato su di me per tutto il tempo.” Mi informò Annabeth.

Fu allora che capii.

-”Divina Era.” Dissi con un filo di voce.

La dea annuì.

-”Sì, Percy Jackson. Saprai che, come madre degli dei, è mio compito assicurarsi che le fanciulle, oltre che sposarsi, ricevano le più accurate cure al momento del parto.”

-”La ringrazio molto.”

-”Ah, non c'è bisogno. Ora, credo che vogliate vedere vostro figlio.”

Uscì dalla stanza e rientrò nel giro di trenta secondi. Aveva un piccolo fagotto circondato da piccole coperte tra le mani.

Morivo dalla voglia di vederlo.

-”E' un maschietto.” Disse Era.

Lo cedette ad Annabeth, la quale se lo portò in grembo.

-”E' bellissimo.” Disse, commuovendosi. Me lo passò e mi commossi anch'io, perché mi ritrovai davanti alla cosa più bella che ebbi mai visto in tutta la mia vita.

Stavo reggendo un neonato. Aveva i capelli biondi come quelli di Annabeth. Aprì subito gli occhi e notai che erano verdi come i miei. Mi sedetti al fianco di mia moglie, che lo riprese in braccio.

-”Dunque,” ci disse Era, “Quale nome darete alla creatura?”

Fissai Annabeth, che ricambiò lo sguardo. Ne avevamo parlato già molto in quei nove mesi. La mia risposta fu immediata.

-”Lo chiameremo Luke.” risposi, “Luke Jackson.” 

  
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