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Autore: Astry_1971    31/07/2007    3 recensioni
Aveva promesso di non usare il dono: sua madre si era raccomandata di non usarlo mai con altri maghi, ma lei non aveva saputo trattenersi.
Il racconto è stato scritto per la prima sfida del forum Magiesinister dal titolo: La Cruciatus.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Hermione Granger, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Non lo farò più
Autore/data: Astry, 25/04/07
Beta-reader: Niky alias Nykyo
Tipologia: One.shot
Rating: PG
Genere: Generale
Personaggi: Severus, Bridget, Hermione, Albus, Minerva
Pairing: Nessuno
Epoca: HP a Hogwarts, quinto anno del Trio
Riassunto: La curiosità può causare grossi guai.

Il racconto è stato scritto per la prima sfida del http://magiesinister.forumcommunity.net/ dal titolo: La Cruciatus

Termini della sfida:

Protagonista è una/o studentessa/studente o una/o ex studentessa/studente di Hogwarts (si può scegliere uno dei personaggi già esistenti nei libri, o creare un personaggio originale).
Incipit del racconto deve essere il seguente: Ginny irrompe in Sala Grande per riferire alla McGranitt che Harry ha appena fatto un orribile sogno in cui Voldemort strava cruciando Severus Piton. Minerva sbianca, intuendo che quello di Potter non è solo un sogno, ma la cruda realtà.
Dovete sviluppare il racconto, spiegando cosa accadrà dopo, che cosa capiterà a Piton e come reagirà la/o studentessa/studente.
Limitazioni:
Il racconto deve essere una one shot (quindi di un solo capitolo), preferibilmente intorno alle 10 pagine.
Parole chiave da inserire:
Infermeria, Aula di Pozioni, Petardo Cinese, Whisky Incendiario, Bolide, Sorbetto al limone.


Non lo farò più

Bridget non aveva alzato gli occhi dalla sua torta di zucca. Adorava quel tipo di dolce ed ora era quasi dispiaciuta nel vedere le poche briciole rimaste di quella leccornia tristemente sparse sul suo piatto.
Cercò faticosamente di non perderne nemmeno una, ma ormai, il ticchettio del cucchiaino sulla fine porcellana, non le lasciava più speranza.
Chiedere un'altra fetta di torta, forse?
Sollevò gli occhioni neri e rotondi fissando la ciotolina di cristallo accanto al suo piatto. La torta non era l’unico dolce, forse avrebbe fatto meglio a smettere di continuare a pescare a vuoto e passare alla portata successiva: un sorbetto al limone non era certo paragonabile alla torta di zucca, ma era un modo per togliersi dalla mente la voglia di chiedere il bis.
Era a Hogwarts da alcuni mesi, l’avevano smistata a Grifondoro, ma ogni volta si stupiva come il primo giorno, quando il tavolo si riempiva magicamente di prelibatezze.
Era una festa per gli occhi, e non solo per i bambini del primo anno, anche i più grandi esultavano e battevano le mani, ogni volta che, con un gesto solenne, Silente riempiva i loro piatti.
Col cucchiaino ancora stretto fra le labbra si voltò di scatto verso il tavolo degli insegnanti: solo ora si rendeva conto che quella mattina non era stato il preside a far comparire la colazione, bensì la professoressa McGranitt.
Non aveva notato l’assenza del preside, così come non aveva notato prima la sedia vuota della professoressa Umbridge e quella del professor Piton. Anche lui mancava, chissà come mai?
In effetti non ricordava di averlo visto nemmeno a cena la sera precedente.
Si guardò attorno, non c’erano assenti solo fra gli insegnanti, la sala grande era una vera desolazione.
Molti avevano preferito rimanere a poltrire sotto le coperte, dato che era domenica e la sera precedente erano andati a dormire piuttosto tardi.
Tutto per colpa dei gemelli Weasley, due tipi davvero originali.
Avevano sparso la voce che Hagrid, l’insegnante di cura delle creature magiche, teneva nascosto nella sua capanna un cucciolo di Petardo Cinese.
A quanto pareva, lo strano professore, non era nuovo a cose del genere.
Ovviamente, i gemelli non si erano limitati a questo, ma, addirittura, avevano fatto credere a tutti che il piccolo drago, fuggito alle amorevoli cure del mezzo gigante, vagasse libero e minaccioso nel castello.
Nessuno aveva chiuso occhio quella notte, erano rimasti tutti in allerta, pronti a saltare giù dal letto al minimo rumore sospetto.
Gli insegnanti, invece, erano all’oscuro di tutto, dato che la curiosità di trovare e vedere per primi il piccolo drago, superava di gran lunga la paura, quindi nessuno studente aveva fatto la spia.
Il risultato della nottata di caccia, era quella sala semideserta.
Mancavano anche molti studenti della sua casa. Mancava persino il famoso Harry Potter.
Che avesse preso anche lui parte alla caccia al cucciolo? A quanto ne sapeva, lui aveva avuto a che fare con draghi ben più pericolosi.
Era ancora persa in questi pensieri quando un grido disperato le fece gelare il sangue.
La porta della sala grande si era spalancata e una ragazza coi capelli rossi si era precipitata all’interno chiedendo aiuto. Sotto lo sguardo allibito dei presenti, corse verso il tavolo dei professori, continuando a gridare frasi senza senso rivolta alla McGranitt.
“Harry non si sveglia, professoressa, lo deve aiutare. E’ lui, è lui, lo ha sentito. Sta delirando, dice che Piton… che lui lo sta torturando, lo ucciderà.”
Non aveva mai visto una persona impallidire a vista d’occhio, ma alle parole della ragazza, che sapeva essere la sorella minore dei famosi gemelli, la professoressa di Trasfigurazione sembrò sul punto di perdere i sensi. Improvvisamente si alzò da tavola e, senza dire una parola, seguì la giovane Weasley.
Era incredibile vedere con quanta agilità l’anziana donna aveva praticamente volato sul pavimento, più che camminare: in un attimo aveva attraversato tutta la sala per sparire dietro il grande portone.


* * *



Tutti avevano assistito alla scena senza dire una parola, eppure era evidente che doveva essere successo qualcosa di grave. Anche quelli che pensavano che Potter fosse un bugiardo, erano rimasti scioccati dall’irruzione della ragazza. L’unica cosa positiva era che la Umbridge non si trovava a Hogwarts quel giorno, altrimenti la Weasley sarebbe stata spedita in punizione, con la rapidità di un bolide.
Nessuno osò fare domande, neppure nei giorni successivi, registrando però ogni minimo cambiamento nelle espressioni e nel comportamento degli insegnanti.
Sia il preside che la professoressa McGranitt disertarono i pasti. Le lezioni di Trasfigurazione si svolgevano nel più assoluto silenzio, mentre l’insegnante si limitava a poche scarne indicazioni sull’incantesimo del giorno, e spariva immediatamente appena finita l’ora.
E Potter non era mai presente alle lezioni.
Nei corridoi si vociferava che fosse ancora in infermeria.
In effetti, Bridget aveva visto spesso la migliore amica del Ragazzo Sopravvissuto, Hermione Granger, sgattaiolare fuori dal loro dormitorio, probabilmente per andare da lui.
Non la conosceva personalmente, ma moriva dalla voglia di chiederle notizie.
Tuttavia non era solo l’interesse verso il famoso Harry Potter a spingerla, bensì la preoccupazione per il professore di Pozioni, una persona alquanto sgradevole, ma così misterioso che non poteva non destare la sua incredibile curiosità.
Le parole della Weasley continuavano a risuonarle nella mente “lui lo sta torturando, lo ucciderà”
Era certa, ormai, che quel “lui” si riferisse al mago che tutti temevano.
Era tornato davvero? E cosa aveva a che fare quel burbero professore con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato?
Severus Piton era l’insegnante meno amato di Hogwarts e, nei pochi mesi in cui aveva avuto la sventura di frequentare le sue lezioni, aveva anche capito il perché.
Eppure non aveva resistito alla tentazione di conoscerlo meglio. Lei poteva farlo, lei sapeva farlo.
Aveva promesso di non usare il dono: sua madre si era raccomandata di non usarlo mai con altri maghi, ma lei non aveva saputo trattenersi.
Sua nonna aveva le stesse capacità. Era quella che tutti definivano una Maganò, non sapeva fare incantesimi, eppure riusciva a spillare monete ai poveri babbani facendogli credere di saper leggere loro la mano.
In effetti, riusciva a vedere veramente nella loro mente grazie alle sue doti telepatiche. Arrivava a carpire i loro più intimi segreti, fingendo di leggerli nelle linee delle loro mani.
Lei aveva ereditato la stessa capacità e, di fronte a quell’uomo misterioso, non aveva proprio saputo rinunciare a fare un bel tuffo nella sua mente e lo aveva fatto durante una delle lezioni di Pozioni o, almeno, ci aveva provato.
Mentre il professore era intento ad elencare gli ingredienti per il loro compito, si era immersa per pochi istanti nei suoi profondissimi occhi neri, come se fossero una distesa d’acqua scura, e proprio come se si fosse trovata in mezzo ad un oceano, si era sentita gelare.
Non era la prima volta che sperimentava questo potere, ma era la prima volta che provava a leggere la mente di un altro mago. Forse era per quello che sua madre l’aveva sconsigliata.
Non credeva che si potesse provare una cosa simile. Da quello che aveva sentito raccontare, doveva essere qualcosa di molto simile a quello che si poteva provare di fronte ad un Dissennatore: una sensazione di tristezza infinita, che faceva davvero male.
Solo freddo e orrore. Un muro impenetrabile di disperazione che in pochi secondi l’aveva costretta a distogliere lo sguardo.
Non era riuscita a vedere nient’altro, ma era certa che il mago non si fosse accorto della sua intrusione: era rimasta troppo in superficie.
Non era stato lui a cacciarla dalla sua mente, ma lei stessa aveva dovuto rinunciare: tentare di andare più a fondo sarebbe stato troppo doloroso e, forse, pericoloso.
Da quel momento però la sua voglia di conoscerlo meglio era aumentata ed ora, le ultime notizie, non avevano fatto altro che accrescere la sua curiosità e, insieme, preoccupazione.


* * *



Quella sera stessa aveva deciso di avvicinare la Granger nel corridoio.
Non sapeva proprio come iniziare il discorso.
Qualcosa tipo: sai, dato che sono un’inguaribile ficcanaso, vorrei sapere cosa è successo al tuo amico Harry, ma soprattutto cosa è successo al professor Piton.
Scosse la testa, no, decisamente non era il migliore degli approcci. Beh, pazienza doveva solo avvicinarla, poi un’idea le sarebbe venuta.
L’aveva appena vista in cima alle scale e stava per andare a parlarle, quando, la professoressa Sprite, le superò entrambe di corsa per raggiungere il preside e la McGranitt. Sembrava quasi che i due, avvertiti in anticipo, si fossero precipitati fuori dai rispettivi uffici.
“L’hanno trovato” furono le uniche parole che la donna, ormai quasi senza fiato, riuscì a pronunciare. Poi si voltò verso il grande portone indicando un gruppo di uomini che conducevano qualcosa che somigliava ad una barella.
Senza far troppo caso alle ragazze, Silente andò loro incontro seguito dalla McGranitt.
Dalla cima delle scale non era possibile vedere bene, ma era evidente che ci fosse un uomo adagiato sulla barella, sicuramente il professor Piton.
Un braccio penzolava dalla lettiga, mentre quello che doveva essere il suo mantello era adagiato a mo’ di coperta sopra di lui.
Il preside si avvicinò all’uomo disteso, restando per un attimo a guardarlo.
Sembrò trattenere il respiro, poi si chinò e, con delicatezza, prese la mano che era scivolata fuori dal bordo della barella e la sistemò sul lettuccio, sorreggendola perché non cadesse di nuovo lungo il tragitto verso l’infermeria.
Le due ragazze si guardarono complici. Ovviamente entrambe volevano saperne di più.
Hermione aspettò che il gruppo le sorpassasse e poi, dopo aver atteso un po’, prese a seguirli.
Bridget non si preoccupò di essere invitata e fece altrettanto. Alle presentazioni ci avrebbe pensato dopo.
Sembravano tutti troppo preoccupati per far caso a loro. Normalmente sarebbero state invitate a recarsi nel loro dormitorio e non fare domande, ma quegli uomini, compreso il preside, erano passati davanti alle due ragazze salendo le scale, senza nemmeno rivolgere loro uno sguardo, come se fossero diventate improvvisamente invisibili.


* * *



Giunte davanti alla porta dell’infermeria, si appostarono in un angolo del corridoio e attesero.
Hermione osservò la ragazzina al suo fianco, indecisa sul da farsi.
“Non dovresti essere qui” le disse, infine, con l’aria poco convinta di chi cerca di fare la sorella maggiore, ma in realtà è felice di non trovarsi sola a violare le regole.
“Ti prego, devo sapere cosa è successo, tu sei l’unica che può avvicinarsi all’infermeria, il tuo amico è la dentro, lo so che ti fanno entrare.”
“Sai qualcosa di Piton che io non so?” disse l’altra cercando di capire se la bambina che aveva di fronte fosse solo una terribile impicciona, o se avesse davvero dei validi motivi per farle una simile richiesta.
Bridget non rispose, sapeva di aver destato il suo interesse, infatti, Hermione, dopo averla fissata per un po’, decise di assecondarla. Era, probabilmente, l’unico modo per sapere come mai, una bambinetta del primo anno, fosse così interessata a un insegnante dal quale qualunque altro allievo avrebbe preferito tenersi alla massima distanza possibile.
Improvvisamente la porta dell’infermeria si spalancò. Uscirono, Silente, la McGranitt e un mago piuttosto stravagante, uno di quelli che avevano riportato Piton a Hogwarts.
“Moody” sussurrò Hermione, rivolta alla sua compagna “Quello è Alastor Moody, un Auror”
L’uomo parlava ad alta voce.
“Devono averlo creduto morto, per questo lo abbiamo trovato abbandonato nella foresta.”
La McGranitt ascoltava il racconto dell’Auror con la mano davanti alla bocca, singhiozzando sommessamente
“Animali! Un’ Avada Kedavra sarebbe stata troppo pulita, già… Per nostra fortuna non lo hanno ritenuto degno di una morte rapida.”
Poi, portandosi pensieroso la mano al mento, continuò “Albus, sono certo che Piton sia stato smascherato, la sua copertura è saltata, anche se sopravvive, il suo lavoro di spia è finito”
“Oh Moody, come puoi pensare alla sua missione, quando Severus sta lottando per la vita dietro questa porta?” mugugnò l’anziana donna.
“Io sono un uomo pratico, Minerva” scattò l’Auror.
Bridget osservò l’espressione di Hermione: non aveva battuto ciglio alle parole di Moody, doveva sapere molte cose su quello che l’Auror aveva definito “il suo lavoro di spia”.
Di fronte allo sguardo stupito della piccola strega, la Granger annuì tristemente, poi sottovoce
“Sì, è così. Noi… beh, Harry e Ron non volevano credere nella sua buona fede, ma sapevamo quello che faceva Piton”
Ma certo, ora cominciava a capire: Piton era molto di più di un semplice professore, spiava nientemeno che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Quella che era stata una semplice curiosità, si trasformò immediatamente in ammirazione per l’uomo. Poco importava se maltrattava i suoi studenti Grifondoro, Piton ormai era diventato il suo eroe.
Le due ragazze osservarono Silente, Moody e la McGranitt, ai quali ora si erano aggiunti gli altri uomini che avevano riportato Piton a Hogwarts, mentre si allontanavano dall’infermeria con aria abbattuta.
Attesero in silenzio e dopo qualche minuto si avviarono anche loro verso il dormitorio di Grifondoro.
Nessuna delle due osò fiatare, ma molte domande affollavano la mente della piccola Bridget: cosa era successo tre giorni prima? Come avevano fatto a scoprire che Piton era una spia? Forse qualcuno l’aveva tradito?
Arrivate davanti alla Signora Grassa, Hermione pronunciò, quasi distrattamente, la parola d’ordine
“Nimbulus Nimbletonia!” Il ritratto si aprì e le ragazze entrarono.
A quel punto, Bridget decise di lasciare da parte la timidezza, trascinò Hermione in un angolino appartato e, sfoderando le sue migliori doti di persuasione, la convinse a portarla con sé nella sua prossima visita all’amico Harry.


* * *



Il mattino dopo Hermione era seduta accanto al letto di Harry Potter che sembrava stare decisamente meglio. Al suo fianco, ritta in piedi, c’era Bridget avvolta in quello che Hermione le aveva detto essere il mantello del suo amico. Un mantello che, con suo grande stupore, l’aveva resa invisibile appena l’aveva indossato.
Dandole il mantello l’altra l’aveva pregata di non farne parola con nessuno, e tantomeno con Harry: non era sicura, infatti, che il ragazzo avrebbe approvato la sua iniziativa.
Quella mattina dovevano essere entrambe molto prudenti: la professoressa Umbridge era di nuovo a Hogwarts, e si aggirava per l’infermeria curiosando dappertutto.
Le avevano raccontato che Harry Potter aveva contratto un virus influenzale e che era preferibile tenerlo lontano dal suo dormitorio per non contagiare i suoi compagni. Mentre il professor Piton era stato vittima di una brutta caduta dalla scopa. La Umbridge aveva trascorso almeno un quarto d’ora a lamentarsi di come fossero pericolosi certi mezzi di trasporto e che forse si sarebbero dovuti rispettare certi limiti di velocità e di altezza per evitare simili incidenti. Poi, era arrivato Silente e la donna aveva deciso, finalmente, che altre faccende richiedevano la sua competente attenzione e si era allontanata.
La piccola strega l‘aveva seguita con lo sguardo, mentre se ne andava, poi si era voltata ed era rimasta in silenzio con le orecchie ben tese a captare il minimo sussurro che proveniva dal fondo dell’infermeria dove, dietro un paravento, sapeva essere il letto di Piton.
Silente si era accomodato su una sedia accanto a lui, a quanto pareva il professore di Pozioni doveva essersi svegliato da poco.

“Non capisco cosa sia successo, è entrato nella mia mente con una facilità incredibile. Non sono riuscito a fermarlo. Ha visto tutto.”
Il mago parlava a fatica, ma almeno era vivo, pensò Bridget.
“Come è possibile Severus, non è la prima volta che cerca di entrare nella tua mente, eppure eri sempre riuscito a difenderti”
“Non so, è stato come se avesse trovato una porta aperta, ma sono certo che non sia stato lui, c’era qualcosa che non andava in me, come se la mia mente fosse stata spalancata in precedenza”
“NO!” la voce di Bridget li fece voltare tutti verso il letto di Harry Potter, Silente si affacciò da dietro al paravento e fissò il vuoto alla destra di Hermione, con un espressione indecifrabile, sembrava soprapensiero, mentre Harry era saltato a sedere sul letto
“Chi c’è? Hermione, a chi hai prestato il mio mantello?”
Prima che la ragazza potesse rispondere, Bridget si sfilò il mantello, ma con stupore di tutti, non sembrava tanto preoccupata di essere stata scoperta, quanto, piuttosto, ansiosa di parlare con Silente, il quale, infatti, si era appena avvicinato.
“C’è qualcosa che devi dirmi, signorina O’Malley?”
Bridget prima rivolse lo sguardo su Harry e Hermione, bofonchiando qualcosa di simile a delle scuse per aver usato il mantello di Harry ed essere entrata di nascosto nell’infermeria. Poi fissando il preside disse “E’ colpa mia, sono stata io.”
I due ragazzi la guardarono con la bocca spalancata, mentre Silente si limitò a farle cenno di seguirlo nel suo ufficio.


* * *



Quando Bridget tornò, dopo circa un’ora, trovò l’amica ancora ad attenderla. Hermione se ne stava appoggiata con la schiena al muro dell’infermeria. Non disse niente vedendola arrivare e Bridget preferì non raccontarle i particolari del suo incontro col preside, proprio non se la sentiva. Si mordicchiava le unghie fissando il pavimento, mentre, a fatica, cercava di non scoppiare a piangere.
Silente l’aveva preceduta e stava parlando con il professor Piton, evidentemente, spiegandogli che era quasi stato ucciso per colpa della stupida curiosità di una sua allieva.
Bridget si aspettava di sentire da un momento all’altro urla di rabbia da parte del suo professore, ma tutto taceva.
Infine, Silente uscì. Osservò le due ragazze in silenzio. Aveva le labbra serrate e uno sguardo particolarmente triste. Si rivolse alla più piccola.
“Credo che tu debba delle spiegazioni al professor Piton” e si fece da parte per cederle il passo.
Bridget entrò nella stanza a testa bassa.
Il letto di Piton era il più lontano dall’entrata, alla piccola Grifondoro sembrò un percorso infinito.
Superato il paravento rimase immobile davanti al letto del suo professore, fissandosi le scarpe: non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi.
Sarebbe rimasta così in eterno.
Certo, avrebbe potuto cominciare scusandosi, ma come poteva una semplice parola rimediare al danno che aveva fatto?
Così attese muta che fosse l’altro a parlare per primo. Forse si sarebbe sentita meglio dopo che l’uomo avesse sfogato la sua rabbia su di lei.
Quando, tuttavia, il professore le rivolse la parola, non c’era rabbia nella sua voce. Piton parlò lentamente, come se farlo gli costasse un grande sforzo.
“Come hai fatto?”
Bridget sollevò lo sguardo: l’uomo era stato sistemato con la schiena appoggiata su due cuscini. Le braccia, abbandonate lungo i fianchi sopra il candido lenzuolo, tremavano leggermente.
Mosse appena gli occhi in direzione della sua interlocutrice, e attese la sua risposta.
Quello che ottenne fu, invece, un’infinità di singhiozzi, intercalati da altrettanti mugugni appena comprensibili e poi una serie di “Mi dispiace, io non volevo”
“Non ti ho chiesto di scusarti” disse gelido, “ti ho domandato: come hai fatto?”
Bridget, tirò su col naso e prese un grosso respiro.
“E’ un dono che ho ereditato da mia nonna” disse, continuando a prendere respiri profondi, “ma non è magia, è una capacità che persino alcuni babbani posseggono, la chiamano telepatia. Non ho fatto nessun incantesimo su di lei, professore, non sapevo che l’avrei danneggiata. Io…” Abbassò il capo “Io non avevo mai usato le mie capacità su un mago.”
Le labbra del professore si piegarono in una smorfia, mentre gli occhi puntavano verso il soffitto
“E’ buffo, non trovi?”
“Buffo?” Bridget tornò a fissarlo stupita.
“Sì, è buffo che una undicenne sia riuscita là dove il più grande Legilimante di tutti i tempi ha sempre fallito. Per di più, senza usare la magia.” Un sorriso era dipinto sulle sue labbra, ma lo sguardo era colmo di amarezza.
Bridget s’irrigidì
“Io…io non volevo, davvero, mi dispiace, mi dispiace” gli occhioni neri divennero improvvisamente lucidi, mentre grossi lacrimoni faticavano a rimanere aggrappati alle lunghe ciglia.
Sapeva che, se uno solo fosse riuscito a scivolare sulla sua guancia, non sarebbe più riuscita a fermarli.
Anche Piton se ne accorse.
L’ultima cosa che avrebbe sopportato, era ritrovarsi una bambina in lacrime accanto al letto: terrorizzare i suoi allievi durante le lezioni di Pozioni, era una cosa divertente, ma ora non si trovavano in classe e non c’era nulla di piacevole in quella situazione.
La fulminò con gli occhi. Questo bastò per asciugarle all’istante le lacrime.
“Non serve piangere, signorina O’Malley, ma credo che quello che è successo ti servirà da lezione.”
“Accetterò qualunque punizione vorrà darmi, so che non sarà mai abbastanza per ripagarla di quello che le ho fatto, ma…”
“Punizione, signorina O’Malley? Oh sì, tu sarai punita, ma non da me. Credo che non ti renda conto, ragazzina, del guaio nel quale ti sei cacciata. Se il Signore Oscuro, venisse a sapere che una bambina di undici anni ha la capacità di aprire la mente del più abile degli Occlumanti, farebbe di tutto, per averla dalla sua parte… di tutto”
“Non m’importa di me, Lui non mi avrà mai dalla sua parte” Mugugnò Bridget.
“Sciocca!” Sospirò, il mago chiudendo gli occhi; era bello vedere tanta determinazione in una bambina, ma sapeva che la piccola non aveva la più pallida idea di quanti e quali mezzi di persuasione disponeva l’Oscuro.
Piton sollevò stancamente le palpebre e voltò appena il capo verso di lei.
Il piccolo movimento gli strappò una smorfia di dolore che, abilmente, il mago trasformò in un sorrisetto tirato.
“Bene, avrai di che preoccuparti per il tuo futuro. Per quanto riguarda me, non pretenderò le tue scuse, anzi, probabilmente dovrei ringraziarti” Fece una lunga pausa poi, quasi a se stesso, mormorò. “Mi hai reso libero”.
Bridget lo guardò spaventata, in realtà le parole di Piton avrebbero dovuto tranquillizzarla, ma il tono della sua voce le fece gelare il sangue. Non disse niente, salutò con un cenno del capo il suo insegnante e si allontanò.


* * *



Una settimana dopo, Hermione e Bridget s’incontrarono di nuovo davanti alla porta dell’infermeria. Harry sarebbe stato dimesso quel giorno stesso, così le due ragazze avevano deciso di festeggiare portandogli una bella torta. Anche Ron Weasley era con loro, ansioso di aiutare l’amico a consumare il dolce.
Stavano per entrare, quando la porta dell’infermeria si spalancò.
Albus Silente uscì dalla stanza quasi di corsa, ma si bloccò e voltandosi di scatto verso il suo interlocutore ancora all’interno.
“Non te lo permetterò” disse con voce ferma.
Poi guardò Bridget che lo fissava allibita “L’aspetto nel mio ufficio, signorina O’Malley, e ci terrei che la sua amica Granger l’accompagnasse”
Sparì senza dire nient’altro.
I tre si scambiarono uno sguardo interrogativo, ma l’improvvisa apparizione del professor Piton dietro di loro li fece sussultare.
L’uomo, vestito di tutto punto e col suo abituale mantello nero, le scrutava con il tipico cipiglio minaccioso.
Era ancora molto pallido o, almeno, molto più pallido del solito, e si appoggiava ad un bastone. In mano stringeva una bottiglia di Whisky Incendiario con un fiocco rosso sul collo, indubbiamente un regalo di Silente. Il preside sapeva essere sottilmente crudele a volte, pensò Bridget.
“Ti aspetto a lezione signorina O’Malley” disse glaciale rivolgendosi alla più giovane, e si allontanò con esasperante lentezza.


* * *



Le due Grifondoro si guardarono attorno: l’ufficio di Silente era stranamente in penombra. Il preside, con un cenno della mano, le aveva invitate ad accomodarsi l’una accanto all’altra, mentre lui, seduto dietro la scrivania, le fissava pensieroso da sopra gli occhiali a mezzaluna.
“Vi ho chiesto di venire, perché ho bisogno del vostro aiuto” fece una lunga pausa prima di proseguire con voce piatta. “Il professor Piton non sta bene.”
Bridget guardò la sua compagna con aria interrogativa.
“Ma è stato dimesso dall’infermeria, l’abbiamo visto, no?”
“Sì, fisicamente sta molto meglio, ma, come sapete il professore svolgeva un compito molto importante. Qualcosa che solo lui era in grado di fare, ed ora…”
“Ed ora è stato scoperto” Proseguì Hermione.
“Già, ed è colpa mia, sì, questo lo so.” s’intromise l’altra, “ma lui potrà comunque essere utile, è un mago potente non è così, potrà combattere Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato apertamente, lui stesso mi ha detto che ora è finalmente libero.”
“Esattamente, signorina O’Malley, ora il professor Piton è libero… di morire” Rispose il mago, lasciandosi sfuggire un lungo sospiro.
“Non vorrà mica…?
“Oh no, certo che no, ma lui ha i suoi motivi per voler combattere Voldemort, non accetterà mai di rimanere in disparte. Tuttavia in una battaglia a viso aperto, diventerebbe il bersaglio principale: molti Mangiamorte rischierebbero volentieri la vita pur di portare la sua testa al loro Signore. Non sopravviverebbe al primo scontro, e questo, il professor Piton lo sa benissimo, ma non gli importa.” Seguì un lungo silenzio, poi Silente, schiarendosi la voce, proseguì “Qualche giorno fa lo hanno terribilmente torturato e infine, credendolo morto, l’hanno abbandonato in modo che noi potessimo trovarlo: Voldemort ci tiene molto a far sapere come ripaga i traditori. La prossima volta non saremo così fortunati.”
“Ma noi che possiamo fare?” Chiese pratica Hermione.
“Non tu signorina Granger, ma la tua amica potrebbe evitare di entrare della testa delle persone senza il loro permesso.”
“Certo che non lo farò più, ma ormai quello che è fatto è fatto, non posso tornare indietro” Bridget era davvero indignata: possibile che il preside non avesse capito quanto quella lezione le fosse bastata? Silente non rispose, ma prese una scatolina di legno e la porse a Hermione.
“Credo che la tua amica conosca la soluzione, e ciò che è contenuto in questa scatola potrebbe esservi utile” Poi, rivolto solo alla Granger. “Immagino che ti ricordi come si usa?”
Infine si alzò dalla scrivania
“Non vi trattengo, avete una lezione di Pozioni che vi attende” e le accompagnò entrambe alla porta.
Hermione appena fuori sbirciò dentro la scatola e subito un sorriso si disegnò sulle sue labbra,
“Vieni, il professor Piton ti aspetta a lezione” disse e afferrò l’altra per una manica trascinandola quasi di peso per le scale.
Arrivate al Sotterraneo, si bloccarono di colpo: Piton stava entrando nell’aula, i ragazzi dovevano già essere all’interno.
Il mago sollevò gli occhi verso di loro e, automaticamente, le sue labbra si piegarono nel ghigno che i suoi allievi Grifondoro ben conoscevano.
Bridget immaginò che questa volta la punizione per il ritardo sarebbe stata doppia, dato che aveva ben altro da farsi perdonare. Fece per avviarsi a lezione, ma, nuovamente, la sua amica l’afferrò trattenendola.
“Non è a questa lezione che andrai” Disse porgendole uno strano oggetto. “Ti accompagnerò io” Bridget spalancò gli occhi stupita: era quella piccola clessidra il contenuto della scatolina di Silente? Quella avrebbe dovuto aiutarle a mettere le cose a posto?
Non fece in tempo a farsi troppe domande, che tutto cominciò a muoversi velocemente intorno a lei, l’ultima cosa che riuscì a sentire fu la voce della sua amica che diceva “Questa è una Giratempo”


* * *



Al loro ritorno al presente, si trovarono nuovamente di fronte all’aula di Pozioni.
Piton stava entrando per la lezione ai bambini del primo anno.
Bridget e Hermione si scambiarono un’occhiata soddisfatta, l’uomo, infatti, si muoveva con la sua solita agilità e non aveva più il bastone: la loro missione nel passato doveva aver avuto successo.
Il mago si fermò qualche istante di fronte alle scale dove si trovavano le ragazze e rivolse loro uno sguardo distratto: le sue iridi tenebrose erano puntate su di loro, ma lui sembrò non vederle affatto.
Poi, senza dire una parola, entrò in aula, la attraversò passando tra i calderoni con passo spedito, mentre il mantello alle sue spalle si gonfiava come una grossa vela nera, e, giunto in fondo, puntò la bacchetta verso la lavagna.
Un lungo elenco di ingredienti comparve immediatamente.
Era una pozione difficile e tutti erano così concentrati da non prestare attenzione alle loro compagne che, nel frattempo, si erano affacciate dalla porta socchiusa e scrutavano minuziosamente i movimenti del professore.
Le cose sembravano davvero essere andate a posto, ma perché Piton non le aveva sgridate? Erano in ritardo per la lezione, o, almeno Bridget lo era. E allora? Avevano forse sbagliato in qualcosa? Avevano solo impedito alla Bridget del passato di usare la telepatia su Piton. Cosa c’era che non andava?
Le due ragazze erano così distratte dalle loro considerazioni, da non rendersi nemmeno conto della situazione nella quale si trovavano: ritte e imbambolate, all’entrata dell’aula di Pozioni, nel bel mezzo di una lezione. Più o meno come passeggiare tranquillamente sul bordo di un vulcano attivo.
Poi, finalmente, la voce profonda dell’insegnante interruppe il flusso dei loro pensieri.
“Vuoi rimanere in piedi sulla soglia ancora per molto, signorina O’Malley?” Disse continuando a dare loro le spalle “O pensi che la lezione di oggi potrebbe interessarti”
Alle parole di Piton tutti si voltarono in direzione della porta.
Nessuna delle due osò parlare, Hermione si morse il labbro: ora sì che riconosceva il professor Piton. Accidenti, come aveva potuto non preoccuparsi di fare un’apparizione più discreta? Non era da lei. Adesso erano davvero nei guai.
Il mago si voltò di scatto facendo ondeggiare il mantello, fece qualche passo avanti e un sorrisetto sghembo si disegnò sul suo viso.
“Venti punti dal Grifondoro, ed ora, signorina O’Malley, puoi andare a sederti. E tu, Signorina Granger, visto che ci tieni tanto ad assistere alle lezioni del primo anno, svolgerai anche i compiti di questo corso. Ti servirà da ripasso.”
Hermione sbuffò, ma poi il suo sguardo corse ad incontrare quello dell’amica, non c’erano più dubbi: la loro missione aveva avuto successo e il professore era tornato quello di sempre.
Bridget sorrise e Hermione ricambiò felice, attirandosi gli sguardi increduli del resto della classe. Era proprio un comportamento insolito il loro: come si poteva essere felici dopo aver fatto perdere punti alla propria casa?
Entrambe, però, sapevano che c’erano cose più importanti dei punti da vincere: la vita di un uomo valeva molto di più.



FINE


  
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