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Autore: Muddy911    12/01/2013    0 recensioni
3 ragazzi, due uomini e una donna. Si conoscono fin da quando sono piccoli, sono legati da una forte amicizia, crescono assieme e si vogliono bene, finchè un giorno qualunque cambia...
Piccola storia che inizia con un'ambientazione natalizia, per entrare nel clima di queste feste!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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IN DUE. DI NUOVO.


È come se io fossi oltre quella porta di vetro.
Tu la vedi e vedi me attraverso che ti sorrido.
La apri ed io allungo la mano verso di te, come a dirti: dai, attraversala,  di qua insieme questo mondo bianco potrà assumere qualche colore. 
Ma tu scuoti la testa, un qualche momento. Poi lasci che la porta si richiuda.
Ed ora mi vedi ancora, cerco di non piangere, di non mostrarti quella delusione che un po' mi cova dentro. Mi pianto le unghie appena cresciute nella mano. Ora ne capisco l'utilità, delle unghia lunghe.
Allunghi la mano, la poggi sul vetro, li viene raggiunta dalla mia. Non vuoi lasciarmi, ma non vuoi vivere al mio fianco.
Dici che lo fai per proteggermi dal male che mi farai, io la chiamo codardia, non aver avuto voglia di provarci.
E allora, se non vuoi dare una seconda chance a me e a noi due assieme, dalla a te stesso.
Amami e salvati dai tuoi demoni.
 
 
 
Erano entrambi molto imbarazzati. Lei continuava a guardare lui, e si stava quasi odiando per averlo messo in questa situazione. Con le mani si torturava i capelli, i gomiti poggiati sulle ginocchia.
“ Se questa cosa ti crea tanti problemi… possiamo anche evitare di parlarne, lo sai no, non voglio che tu stia male..”
Scosse violentemente il capo, come se la mia ipotesi gli facesse ancora più paura.
“ No, io voglio. È solo che è una delle cose più difficili che io abbia mai detto in vita mia.”  Il silenzio regnò qualche istante ancora.
“ La verità, Manu, è che io credo di amarti. E penso di non poterlo dire meglio di così.”
Il mio cuore si fermò, fissavo intensamente la terra sotto i miei piedi, non sapevo cosa dire, cosa fare… cosa pensare. Era tutto immobile. Fuori di me, dentro di me.
 
 
La pioggia era stata silenziosa ed invisibile. Le poche gocce erano cadute sulla città addormentata, in quelle poche ore che precedono l’alba, quando il cielo è un manto di nero velluto, senza nemmeno una stella a punteggiarlo. Né le stelle, né la luna quella sera avevano deciso di rischiarare il cielo, e quel momento magico delle prime lacrime di cielo dopo tanti giorni di siccità stava andando perduto,dato che nessuno era sveglio ad osservarlo.
O quasi.
I fulmini che si stagliavano contro l’orizzonte illuminavano il profilo di due ragazzi. Erano seduti sulla panchina che era diventata il loro luogo naturale di intimità, le biciclette appoggiate poco più in là, davanti a loro il vuoto di un campetto da calcio.
I due si stavano dicendo molte cose, eppure non una parola usciva dalle loro labbra, rischiando di essere coperte dal rotolarsi e rincorrersi di più tuoni, che brontolavano a volte in lontananza a volte tanto vicini da far tremare i vetri di quei palazzotti degli anni ’70. Si guardavano negli occhi, il sorriso incurvava ritmicamente le loro labbra, illuminando il loro viso di una luce che niente aveva a che fare con quella dei fulmini.
Ogni tanto i loro volti si avvicinavano fino a che le loro labbra non si sfioravano in baci brevi e fugaci, morbidi e teneri, di bocche che sanno di avere tempo per scoprirsi ma che non si arrendono mai a stare separate troppo a lungo, come fosse ossigeno, quello che si scambiavano.
E la ragazza credeva davvero di essere a corto di ossigeno, dato che qualcosa a cui non sapeva dare un nome le aveva invaso il petto. Forse era quello che tutti chiamavano felicità. 
Aveva letto una volta che le storie d’amore dovrebbero cominciare sempre uno “ scusa per il ritardo”. Ecco, lei non era d’accordo…  certo, era romantico, ma non faceva al caso suo.
Aveva un inizio tutto suo, la sua – la loro - storia d’amore.
“ Scusa se ho aspettato la pioggia”.
 
Nel momento esatto in cui le loro labbra si erano scontrate la prima volta quella sera, a suggellare la promessa di un nuovo inizio con il loro bacio più dolce, una goccia d’acqua era caduta giù dal cielo, bagnando la guancia di lei. Non si era allontanata da lui, continuando a premere le sue labbra sulle sue, sorridendo appena.
Amami e salvati dai tuoi demoni.
Non pensava l’avrebbe presa così alla lettera.
Lo guardava e lui guardava lei. La fissava e sorrideva. Lei vedeva la linea del suo viso leggermente inclinato verso destra e quella fossetta appena accennata su una guancia, i capelli che gli ricadevano a coprire in parte lo sguardo magnetico, come una foto tagliata fatta per sbaglio ma perfetta nella sua inquadratura storta.
Mentre leggere gocce d’acqua colpivano le zolle d’erba gialla, qualcos’altro all’interno della ragazza si smuoveva.
Il terreno del suo cuore, reso arido dalle mille e piccole lacrime che ogni sera scivolavano lungo il suo viso per perdersi tra le pieghe del cuscino - piccole impavide screanzate che non ne volevano sapere di rimanere là, a nascondersi tra le ciglia – veniva colpito da un piccolo zampillo d’acqua che si stava scavando la sua strada, come un piccolo ruscello.
Ed è allora che è cominciata la rinascita.
Ancora non lo sa, lei, ma è pronta di nuovo a inseguire i suoi sogni, a correre, cadere e sbucciarsi le ginocchia, le mani.. il cuore.
Ancora non lo sa, lui, ma è pronto di nuovo a combattere le sue paure, a scontrarsi, perdere e ferirsi le ginocchia, le mani… il cuore.
Pensano che tutto questo sembra irreale, una storia che vale la pena di esser scritta.
 
Chissà, magari… un giorno.

   
 
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