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Autore: Aching heart    12/01/2013    5 recensioni
D'accordo, quella di Lilli e il Vagabondo non è una fiaba, ma è un meraviglioso classico Disney e per questo ha tutti i requisiti per "trasferirsi" a Storybrooke, una Storybrooke senza sortilegio e senza magia...
Cosa succederebbe se Lilli e il suo amato Vagabondo fossero persone reali che vivono con i nostri ben noti cittadini del Maine? Come si svilupperebbe la loro storia e come si intreccerebbe con quella del resto della comunità storybrookiana? Leggete e lo scoprirete ; )
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. Bad News

Nei giorni successivi, Ethan dovette  mettersi d’impegno per non correre al numero 10 di High Avenue tutte le volte che ne ebbe voglia. Sentiva l’elettricità in corpo da quando aveva scoperto che Lily viveva lì, ma sfortuna voleva che dovesse rimanere nascosto per un po’, per far calmare le acque dopo la rissa con relativa fuga che aveva scatenato. La cosa che più premeva a Ethan era andare da lei prima di quei due damerini che erano in sua compagnia quando l’aveva incontrata; aveva nettamente preso in antipatia il tipo basso che l’aveva “gentilmente” invitato ad andarsene: forse era quello che ci teneva di più a conquistare Lily, fra i due. Sicuramente lui e il suo compare vivevano nei quartieri alti come lei e potevano vederla tutte le sante volte che volevano, invece lui era bloccato lì a giocare a carte con delinquenti della sua risma.
A quel pensiero ebbe un moto di stizza e gettò sul tavolo le sue carte, alzandosi dal tavolo e andando a poggiarsi al davanzale della finestra.
-Cavoli, Ethan – biascicò Max con in bocca una sigaretta, guardando le sue carte – Perché ti sei incazzato? Avevi una scala!
-Scusate ragazzi, ma non mi va proprio di giocare stasera. Vado a fare due passi. – Sarebbe andato da lei, in quel momento stesso.
-Oh, andiamo – protestarono gli altri, ma non ci fu nulla da fare.
Fu Gilda, irrompendo nella stanza, a fermarlo.
-Ehm, Ethan? – disse – C’è… una visita per te. – Aveva l’aria preoccupata e questo insospettì i ragazzi.
-Cazzo, Gilda, non saranno mica gli sbirri?! – chiese Pedro col suo accento spagnolo.
-No… Ethan, è Rod.
L’ umore di Ethan peggiorò ancora: quando c’era di mezzo Rod, erano sempre cattive notizie, tuttavia decise di incontrarlo e farla finita subito. Lo trovò ad attenderlo nella camera che lui condivideva temporaneamente con Boris, un amico di Max.
-Che ci fai qui? – chiese senza preamboli.
-Che bell’accoglienza – commentò un ragazzo più grande di lui, con i capelli castano scuro e vestito di nero. Aveva un’espressione ambigua sul volto, ma sicuramente non amichevole. – Non posso semplicemente avere voglia di vedere mio fratello?
-Non so cosa tu non riesca a comprendere del fatto che non siamo più fratelli, Rod, ma te lo ripeto: noi non siamo più fratelli.
-Suvvia, Et, vuoi dire che per te vale di più la stupida decisione di un fottuto giudice degli anni che abbiamo vissuto gomito a gomito come fratelli?
- Sì, e ora dimmi perché sei venuto.
-Se ci tieni tento… - sospirò – Ho bisogno di aiuto.
La cosa non sorprendeva Ethan. Rod lo contattava  solo quando aveva combinato qualche casino e aveva bisogno di una mano per rimettere insieme i cocci della sua vita scapestrata. Lui era un altro tipo di criminale rispetto ad Ethan: se il Vagabondo, come lo chiamavano, non aveva l’animo di delinquente, apprezzava la vita libera e commetteva furtarelli che gli consentivano di sopravvivere, Rod aveva un’anima nera. Per lui rubare era naturale, un divertimento, e si dedicava solo a grossi furti, per lo più in banda. Spacciava, anche, e una volta aveva addirittura ferito un uomo in una sparatoria. In comune con Ethan aveva solo il suo passato e il talento per le fughe.
-L’altra sera io e i ragazzi eravamo al Troll Bridge – (in realtà quel posto si chiamava Toll Bridge, ma lui e la sua banda lo avevano ribattezzato così, aggiungendo una “r” con una bomboletta spray rossa al cartello col nome. Bomboletta spray che apparteneva ad Ethan, fra l’altro) – e stavamo cacciando…
-Scusa? – lo interruppe Ethan. Era sinceramente stupito dal fatto che quei ragazzi fossero così idioti da fare ancora quello stupido gioco. Lui l’aveva provato qualche anno prima, su insistenza di Rod, e dal momento che aveva rischiato di farsi male sul serio aveva lasciato perdere.
Il gioco consisteva nello sparare ad un qualsiasi bersaglio, fisso o mobile, cercando di colpirne il maggior numero possibile. Un po’ come quando i ragazzini alle prime armi sparano alle bottiglie di birra vuote sui muretti, solo che nella “caccia” i ragazzi sparavano tutti insieme e in una foresta semibuia. Ognuno aveva una pistola di calibro diverso, così si poteva riconoscere facilmente che aveva colpito il bersaglio e chi no. Il rischio di rimanere gravemente ferito era altissimo.
-Hai capito. Stavamo cacciando, e quel coglione di Prince ha preso Manuel alla spalla.
-E allora?
-Allora, Gaston ha detto che se Manuel sporgerà denuncia daranno tutti la colpa a me. Sai qual è la loro fortuna, no? Loro hanno tutti i paparini ricchi sfondati  pronti a fare carte false purché i nomi dei figli, i loro nomi, non vengano infangati. Io sono lo sfigato di turno che non c’entra un cazzo e fa da capro espiatorio!
-Che ti serva di lezione, allora; io non posso e non voglio pagare cauzioni per te né voglio nasconderti, ho già abbastanza guai per conto mio,  perciò vedi di sparire. E impara a sceglierti gli amici.
-Magari si potessero scegliere anche i fratelli! – ribattè l’altro piccato, e fece per andarsene, ma cambiò idea e si voltò verso Ethan.
-A proposito – disse – Ti ho visto nei quartieri alti ultimamente. Carina la tua amichetta, perché non me la presenti?
Ethan si irrigidì nel sentire Rod parlare di Lily.
-Oh, non fare quella faccia, non avrei mai la faccia tosta di farmi avanti da solo. Ieri ho provato ad avvicinarmi ma quella ragazza mi ha fulminato con lo sguardo.
Ethan scattò, prese Rod per il bavero e lo spinse al muro.
-Non provare mai più, mai più, ad avvicinarti a lei, sono stato chiaro? – ringhiò – Se vengo a sapere che l’hai importunata, che le hai fatto del male…
-Calma, Et, non ho intenzione di farle niente – disse Rod liberandosi dalla presa del fratello.
-Sparisci – disse lui a bassa voce, ma visto che l’altro non si muoveva, lo buttò fuori urlando: -Sparisci!
Impiegò qualche istante per calmarsi, e il bisogno di vedere Lily si fece più forte che mai. Aveva avuto parecchie ragazze, ma nessuna l’aveva mai preso come lei. E fra loro non era ancora successo niente!
Decise di andare subito e uscì senza dare spiegazioni a nessuno. Per strada camminava spedito, dal momento che abitava molto lontano dalla zona dei quartieri alti, ma il pensiero di vederla lo calmò e gli rimise il buonumore. D’altronde, lui era un tipo allegro che non riusciva a concentrarsi su pensieri negativi per più di dieci minuti al giorno – in effetti, l’unico che riusciva a rabbuiarlo così era Rod.
Cercando di evitare a tutti i costi i luoghi in cui lo Sceriffo o peggio, il suo Vice, avrebbero potuto tendergli un agguato, Ethan sbucò in High Avenue, e allora si chiese cosa avrebbe fatto. Voleva vedere Lily, sì, ma poi? Le avrebbe parlato? Cosa avrebbe fatto se ci fossero stati anche gli altri due ragazzi?
Un problema alla volta, pensò. Arrivò davanti al numero 10 e ringraziò la propria fortuna: nel giardino, da sola, sedeva Lily. Sembrava intenta a giocare con una margheritina, quando, sentendosi osservata, alzò gli occhi e vide Ethan. Avvampò, e lui si mise a ridere, lieto di avere un tale effetto su di lei. Lei sembrò offesa e, avvicinatasi alla staccionata, gli disse: - Ma tu non dovresti essere ricercato, con tanto di taglia? Com’è che te ne vai indisturbato in giro per Storybrooke?
-Io ho i miei metodi per sparire velocemente, bimba. Ma perché mi fai questa domanda? Non è che ha ragione quel piccoletto scorbutico dell’altra volta? Ti do fastidio?
-Sì – disse a testa alta – E sarebbe meglio se tu non insultassi i miei amici – fece per voltarsi e andarsene, ma lui la trattenne per una mano.
-Bimba, sono venuto fin qui per vederti, scappando dai nostri temibili Sceriffi e attraversando mezza città, e tu mi tratti così? Sii un po’ gentile, e io prometto che non insulterò i tuoi fidanzatini.
-Amici – lo corresse severa Lily.
-Amici – le concesse Ethan sorridendo. – Vieni a fare due passi con me?
Col cavolo!, pensava Lily, ma le pareva una risposta troppo ineducata da dare perfino a lui. Anche se l’ineducato era lui: insomma, le aveva praticamente detto che aveva rischiato di venire arrestato per il gusto di tormentarla un po’…  Beh, le disse una vocina dentro la sua testa, la stessa che apprezzava il bel volto di Ethan e il suo fisico smilzo ma forte, non ha detto proprio così. Lo ha fatto per vederti, non per tormentarti, sottolineò. E fu proprio quella vocina a spingerla ad accettare. I suoi genitori non c’erano e Marshall e Antoine non sarebbero venuti a prenderla prima di un’ora… di tempo ne aveva.
Ethan, raggiante, le porse galantemente il braccio mentre usciva, e lei lo accettò.
-Allora, davvero quei due non sono i tuoi fidanzati? – le chiese, incapace di lasciar cadere l’argomento.
-A parte il fatto che non sono affari tuoi e che nessuno potrebbe avere due fidanzati per volta, sì, davvero non sto con loro, con nessuno di loro. Marshall e Antoine stanno insieme… fra di loro – spiegò, senza riuscire ad evitare il gioco di parole. Si morse il labbro: perché aveva rivelato quell’informazione così personale ad uno sconosciuto? Sentiva il bisogno di sottolineare che era libera… Libera e stupida.
Ethan scoppiò a ridere: - Non ci posso credere! Quei due sono gay! – e giù altre risate.
Lily, indignata, si staccò da lui e gli disse: - Non capisco cosa ci sia da ridere. Avrei dovuto saperlo che eri troppo immaturo per comportarti come una persona civile. Non so proprio perché te lo abbia detto.
-No, aspetta – la bloccò lui prima che tornasse indietro – Scusami. Non sto ridendo perché i tuoi amici sono gay, ma perché… - perché ero geloso di loro da impazzire, era la risposta, ma non la disse ad alta voce. – Perdonami. Non succederà più, te lo prometto.
Lily decise di credergli, ma stavolta non lo toccò, e a lui questo gesto non sfuggì.
-Oh, insomma, non capisco perché mi tratti con tanta diffidenza, bimba! – fece lui giocosamente.
-E io non capisco perché, dopo dieci anni, continui a rivolgermi quell’insulto.
-Quale insulto? – chiese lui sinceramente stupito. Poi capì: - Ti riferisci a “bimba”? Ma è un nomignolo affettuoso!
-Sì, certo, e io sono la Regina Elisabetta.
-Bimba, dico sul serio! Tu credi che io ti abbia insultato tutte le volte che ti ho chiamata così?
A questo punto Lily non sapeva che pesci pigliare. Ethan era sincero o no?
-Perché, non è così?
-No – rispose lui, come se fosse ovvio.
-E allora, tutte le prese in giro, tutti i dispetti, tutte le volte che mi hai fatto piangere… ?
-Ti ho fatto piangere?? – chiese lui, stupito ancora una volta.
Ops, lui non poteva saperlo, lei si era sempre assicurata di essere sola quando piangeva. Visto che non rispondeva, Ethan decise di spiegare ciò che a lui sembrava perfettamente chiaro: - Avevo una cotta pazzesca per te, bimba!
Ehhhh????!!!, ribattè la mente di Lily. Cadeva letteralmente dalle nuvole… era semplicemente impossibile. Secondo quale logica lei gli piaceva quindi lui la tormentava?
Il Vagabondo continuò a spiegare: - Beh, ero un bambino, e come ogni bambino, un po’ stupido, perciò non volevo che nessuno lo sapesse. Proprio per questo motivo ti facevo i dispetti. E poi, beh, sapevo che se avessi dimostrato che mi eri antipatica nessuno si sarebbe avvicinato a te, e io ero tremendamente geloso, così… - lasciò cadere il discorso stringendosi nelle spalle. Si vergognava non poco ad ammettere quanto era stato meschino, ma riprese con foga a giustificarsi: - Non avevo idea che tu piangessi, altrimenti non l’avrei mai fatto!
-Non avresti dovuto farlo in ogni caso!
-Ehi, scusami – le disse, prendendole il viso tra le mani per accertarsi che non stesse piangendo in quel momento. – Non volevo farti del male.
Ok, si disse Lily, datti una calmata. Ti sta dicendo che gli piacevi dieci anni fa, non che gli piaci ora. Il suo cuore batteva all’impazzata.
-Che ne dici, il passato è passato? – propose lui sorridendole e tendendole la mano.
-Il passato è passato – ripetè lei sospirando. Era certa che Ethan si riferisse anche alla cotta che aveva avuto per lei e, chissà perché, quel pensiero fu come una stilettata al cuore.

***

-Tesoro? Tesoro, ti senti bene?- chiese preoccupato Gianni, ma era chiaro che Eliza non stava per niente bene. Era pallida e sudava freddo, e aveva l’aria di chi sta per vomitare. Infatti si teneva una mano sulla bocca e una sullo stomaco e Regina, sempre preparata ad ogni evenienza, era già andata ad afferrare una vaschetta per il bucato, quando Eliza non ce la fece più a trattenersi e vomitò anche l’anima nella vaschetta di plastica azzurra che il sindaco le aveva messo davanti con tempismo perfetto. Il tutto sotto gli occhi di un attonito Henry che, già deluso dall’assenza di Lily, era tutt’altro che lieto per come stava andando quella serata.
Gianni era accovacciato per terra accanto a sua moglie, tenendole i capelli indietro mentre vomitava.
Regina non capiva: Eliza stava male per qualcosa che aveva mangiato da lei? Aveva servito dei biscotti fatti in casa con il the, ma anche gli altri li avevano assaggiati e stavano benissimo. Quella volta aveva aggiunto un po’ di cannella: a lei personalmente non piaceva molto, ma a Henry sì, e l’aveva accontentato. Che la sua amica fosse intollerante alla spezia?
Intanto l’attacco di vomito si era temporaneamente fermato ed Eliza cercò di rimettersi in piedi ansimando; Gianni la aiutò, ma era evidente che sua moglie avrebbe potuto dare nuovamente di stomaco da un momento all’altro.
-Regina, per favore, puoi andare a prenderci i cappotti? Andiamo a casa, dove ho tutto il mio materiale…
-Neanche a parlarne, Gianni, voi due rimanete qui: non vedi che Eliza non è in grado di muoversi?
Proprio in quel momento la signora King si chinò di nuovo per rimettere e Gianni si convinse.
-Adesso tu vai a casa, prendi la tua attrezzatura medica e ciò che vi serve per la notte e poi torni qui. Io intanto vi preparo una camera – disse Regina. Era seriamente preoccupata per la salute della sua amica.
-D’accordo – fu la rassegnata risposta di Gianni, che anche volendo non avrebbe mai potuto vincere una discussione con il sindaco Mills.

Una volta a casa, preparò in fretta un borsone con biancheria intima, vestiti di ricambio e spazzolini e una borsa di pelle da medico con quello che riteneva opportuno. Lo fece troppo in fretta, senza rendersi conto che sua figlia non  era in casa nonostante l’orario, cosa che gli tornò in mente di colpo quando la vide qualche metro più avanti vicino al cancello di villa Herman. Lei non poteva vederlo perché gli dava le spalle, ma Gianni vedeva chiaramente che con lei c’era un ragazzo sconosciuto abbastanza alto, che le aveva  preso il viso tra le mani e la accarezzava piano.
Per poco non gli prese un colpo. Cosa ci faceva Lily lì fuori con quello sconosciuto in rapporti così… confidenziali? A lui ed Eliza aveva detto che quella sera avrebbe cenato con Marshall e Antoine perché era stata invitata a casa Debois. Solo per questo Lily aveva rinunciato al piacere di passare una serata in compagnia di Regina ed Henry, ma evidentemente aveva mentito. Mentito! Lily non l’aveva mai fatto, era sempre stata una così brava bambina… doveva essere stato quel ragazzo a condurla sulla cattiva strada. Ma ci avrebbe pensato lui a riportarla indietro.

***

Ethan le aveva preso il viso fra le mani. Di nuovo. Così lei sarebbe finita col farsi un castello di illusioni davvero mastodontico. La accarezzava dolcemente e sorrideva. “Sei così bella quando arrossisci..” le aveva detto, col risultato di farla arrossire ancora di più. Non sapeva cosa aspettarsi dopo, ma forse c’era speranza per…
-Lily!
Fu la voce di suo padre a riportarla bruscamente a terra. Si voltò indietro e lo vide marciare verso di lei con due borse, una delle quali era quella da medico. Aveva un’espressione ben poco benevola che la fece sentire tremendamente in colpa. Mise subito della distanza fra lei ed Ethan e nel frattempo Gianni arrivò davanti a loro. Lily si accorse di tremare,  senza sapere perché.
-Lily, cosa ci fai qui con questo… ragazzo? – chiese Gianni guardandolo in faccia. Non credeva di conoscerlo, cosa abbastanza strana a Storybrooke, ma in quel momento non gli importava granchè. Si rivolse direttamente a lui: – Vedi di sparire al più presto – gli intimò.
Era quello che Ethan avrebbe dovuto fare: il signor King l’aveva visto in faccia e avrebbe presto chiamato lo Sceriffo. Allora perché rimaneva lì impalato? Facile…
-Lily, se vuoi rimango con te - le sussurrò mettendole una mano sulla spalla, ma lei si scostò e, senza nemmeno guardarlo, gli disse: - Vai, lasciaci soli.
 Ethan ubbidì.
Padre e figlia rimasero qualche secondo immobili uno di fronte all’altra in un confronto di sguardi che Lily perse presto. Guardò a terra, certa di essersi cacciata in un grosso guaio, mentre Gianni le disse di seguirlo in macchina. Una volta dentro, iniziò l’interrogatorio.
-E’ per questo che non sei venuta con noi? Per vedere quel ragazzo?
-No, papà, dovevo davvero cenare con Marshall e Antoine, ma era ancora presto e ho incontrato quel ragazzo. – Non voleva dire il suo nome nel timore che suo padre chiamasse lo Sceriffo. Non sembrava aver riconosciuto Ethan, ma non voleva rischiare.
-Come si chiama?
Nessuna risposta.
-E’ il tuo ragazzo?
-No.
-L’hai incontrato oggi per la prima volta? – chiese, scettico.
-No.
-E allora chi è?
Poteva dirlo? – E’… un vecchio amico. Era con me all’orfanotrofio. – La sua voce si spezzò sull’ultima parola.
Questo è un colpo basso, pensò Gianni. Si inteneriva sempre nel sentir parlare Lily dell’orribile posto in cui era vissuta fino ai sei anni, ma non avrebbe dimenticato facilmente la menzogna e quel ragazzo.
-Chiunque sia, non lo vedrai più, chiaro? Te lo proibisco. E per stasera salterai il tuo appuntamento con i tuoi amici.
Lily non sapeva come reagire. Una parte di lei ne era contenta, ma l’altra, quella che stava aspettando un bacio quando suo padre era intervenuto, era sul punto di esplodere. Per la prima volta in dieci anni, Lilian King aveva l’impulso di iniziare a protestare e gridare contro suo padre come tutte le adolescenti normali. Solo che lei non era un’adolescente normale, così rimase in silenzio e abbassò di nuovo lo sguardo.
-Tua madre si è sentita male – le annunciò Gianni.
-Male?
-Sì. Ho preso l’occorrente per passare la notte da Regina, visto che non sarebbe una saggia idea spostarla. Quando arriveremo ti lascerò lì e poi verrò a prendere le tue cose. Non diremo nulla alla mamma di questa storia, servirebbe solo a farla stare peggio.
-Va bene. Ma cos’ha?
-Indigestione, credo. Regina ci ha offerto the e biscotti e dopo un po’ Tesoro ha iniziato a vomitare.
-Non è grave, vero?
-No. – Almeno spero.
Lily si sentì più in colpa che mai e tremendamente preoccupata per la salute di sua madre. Voleva assolutamente avere gli aggiornamenti di Regina.
Sperava solo che non fossero brutte notizie.



*Angolo Autrice*
Ciao a tutti... so bene che stavate gridando al miracolo per questo aggiornamento veramente da record per i miei standard, ma temo che siate rimaste deluse. Vi avevo promesso un capitolo molto emozionante, lo so, ma oggi rileggendolo mi sono resa conto che non era proprio così. Chiedo venia, ma di meglio non sono riuscita a fare, spero di rifarmi la prossima volta.
Spero non siate rimaste troppo deluse dallo scorcio della vita di Ethan che vi ho offerto; la sua storia vera e propria verrà più avanti. Per adesso abbiamo fatto la conscenza di un personaggio che sarà abbastanza importante, ovvero Rod (penso che abbiate capito chi sia). A proposito di questo, mi scuso per il linguaggio "leggermente" volgare che ho dovuto usare nella prima parte del capitolo, e spero che abbiae apprezzato la storiella sull'origine del nome Troll Bridge. Qualcuno doveva pur averlo manomesso quel cartello, no? Lo so, lo so, quella cosa della caccia è stupidissima, talmente stupida che non so da dove mi sia uscita, ma mi serviva qualcosa per introdurre Rod, qualcosa di rozzo e stupido, per l'appunto, e per un'altra cosa (poi capirete perchè).
Lily... immagino sia un po' OOC in questo capitolo, ma ce la vedevo proprio così.
Ormai avrete capito che Tesoro aspetta il leggendario pupo, solo che loro ancora non lo sanno. Il fatto della cannella è un po' simbolico... abbiamo visto, nella prima stagione di OUAT, che MM ed Emma erano acomunate dal gusto per la cannella, così ho pensato che anche a Henry piacesse, e Tesoro si è sentita male proprio a causa della presenza di questa spezia nei biscotti perchè al nascituro proprio non piace. In questo modo ho voluto esprimere una specie di sentimento anti-Biancaneve e anti-Emma, a mo' di sostegno morale a Regina, che nell'ultimo episodio di OUAT, The Cricket Game, non se la passa proprio benissimo.... (e l'ho fatto anche perchè io ODIO la cannella. Quando si dicono le coincidenze, eh?)
Lasciando da parte i mie sproloqui, lo so che la reazione di Gianni può sembrare esagerata, ma in fondo lui stava andando da sua moglie che stava male e ha visto sua figlia che, invece di essere con i suoi amici, era con uno sconosciuto che era sul punto di baciarla, in mezzo alla strada. E poi ve l'avevo detto che lui ed Eliza erano iperprotettivi! Ora dunque si pone un bel problema grazie al divieto di papà, ma forse ci penserà Regina a risolvere la situazione. Chi lo sa? E inoltre stanno iniziando ad arrivare guai per Lily, con il pupo. Tra non molto rivedremo zia Sarah e i suoi "adorabili" siamesi.
Vi avviso già che il prossimo capitolo non arriverà tanto presto, perchè devo dedicarmi almeno un po' all'altra mia fan-fic che sono più di due mesi che non la calcolo, e spero che nel frattempo riuscirò a combinare qualcosa di decente. Ringrazio quindi tutti quelli che hanno recensito, letto o messo tra le seguite/preferite/ricordate questa fan-fic, e in particolare Dora93, Ginevra Gwen White, Raven_95 e CoolMarty (questa volta il ringrazimento è doppio, perchè ho prodotto un obbrobrio).
Alla prossima!
   
 
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