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Autore: Shinta    24/07/2004    2 recensioni
Riveduta, corretta e allungata
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA COPERTA DI CARTONE
La neve cadeva lenta ormai dalla mattina, ed il freddo pungente gli penetrava sin nelle ossa stanche;
il vento, che duro sibilava tra le mura cittadine, spazzava via le ultime foglie secche adagiate al suolo e sollevava rumorosamente le pagine dei giornali stracciati dal tempo.
anche in giornate come queste, giornate gelide nelle quali le persone preferivano restare nelle loro calde e accoglienti case, a scaldarsi davanti il caminetto assieme ai propri cari o immersi nel tepore di un morbido piumone… anche con quei bianchi fiocchi che cadevano sempre più fitti, Tsuyoshi era lì.
Era solo, estremamente solo, nonostante accanto a lui altre persone parevano condividere la sua stessa sorte…
Sdraiato per terra su di un fianco, le spalle poggiate alle alte mura della stazione centrale per non gelarsi la schiena, osservava, al riparo di un vecchio cartone, le persone che avvolte nei loro cappotti pesanti, le loro pellicce più o meno assassine, i loro piumini all'ultima moda affrontavano il gelo di questo periodo;
La vita, che lui pareva ormai aver abbandonato da molto tempo, scorreva quotidianamente davanti i suoi occhi tristi e spenti.
C'era chi, nonostante fosse coperto all'inverosimile, malediceva il freddo, mentre i più giovani, erano così allegri ogni qual volta vedevano scendere quella polvere di stelle dal cielo che a volte si mettevano a saltare dalla gioia, oppure si chinavano per raccoglierne il più possibile e tirarla per gioco agli amici dando il via a una "guerra" consumata tra brividi e risate… c'erano poi le coppiette più romantiche, che non si lasciavano sfuggire l'opportunità di farsi una bella foto e schioccarsi un bacio d'amore sul bianco mantello che piano piano ricopriva tutta la città.
Lui era lì, stanco ed affamato, che li guardava…
Ormai era molto tempo che aveva rinunciato a lottare, a vivere come gli altri inseguendo un progetto, un sogno, un'ambizione… si limitava ad essere spettatore della vita della gente che quotidianamente gli passava di fronte agli occhi per pochi attimi, senza neppure che lo notassero, come se lui non ci fosse.
Li guardava e di ognuno riusciva a carpire ogni piccola sfumatura di gioia o di dolore, di felicità o preoccupazione… aveva così scelto di vivere del riflesso delle emozioni altrui, di abbandonare la propria realtà e limitarsi a essere una comparsa, nel triste film della sua stessa vita…
Spesso però, si riconosceva nella folla che gli girava attorno vorticosamente; riconosceva il suo Io da giovane, e socchiudendo gli occhi si beava dei ricordi del passato, nutrendosi di emozioni ormai lontane, di sentimenti perduti e speranze e sogni svaniti nel nulla…
E proprio in giornate come queste, nella sua mente e nel suo cuore riaffiorava il ricordo di lei, il ricordo di Fumiko. Socchiudendo le palpebre provava a ritornare giovane, e quei lievi, caldi raggi dei ricordi parevano sciogliere il ghiaccio che lo avvolgeva.
Ripensava a quando, con la sua ragazza e unico grande amore, andava camminando sino ai piedi delle collinette che riparavano il suo piccolo paese dal vento gelido del nord; in quei momenti non sentiva quello stesso freddo che aveva ora, non gli importava della neve che gli penetrava dal colletto aperto della giacca…nulla poteva turbarlo sino a quando teneva stretta nella sua, la mano calda e esile della sua Fumiko; insieme risalivano la collinetta, poi dai loro zaini estraevano due grandi buste di plastica nere e usandole a mò di slitta sfrecciavano felici per la discesa…; ogni volta poi, giunti a fine corsa, si gettavano sulla neve abbracciandosi e rotolandosi come due cuccioli di orso bianco che vogliono giocare… quando si fermavano, lui spesso si ritrovava sopra di lei, che con gli occhi dolci e sorridenti lo guardava scaldandogli il cuore, e Tsuyoshi le rispondeva con un morbido bacio sulle labbra.
A volte, quando aveva le ossa che gli dolevano per il troppo rimanere sdraiato sul marciapiede, o quando i crampi della fame si facevano così pressanti da costringerlo a cercare ristoro in qualche secchio della spazzatura… beh, in casi come questi stentava a credere che in passato era potuto essere un ragazzo così energico e pieno di vitalità.
Tsuyoshi proveniva da una famiglia normale, con la madre casalinga ed il padre impiegato alle poste; egli aveva, fin da bambino, un solo talento, quello del disegno.
Era davvero bravo a disegnare, inoltre era una cosa che amava molto fare… si da tenera età la sua cameretta era tappezzata di suoi disegni, ed a guardarli con occhio inesperto nessuno avrebbe mai potuto dire che fossero stati realizzati da un bambino della sua età. Così, terminate le scuole superiori, decise di lasciare il suo piccolo paesino di provincia e trasferirsi a Tokyo, per studiare all'Accademia di belle arti, convinto di potersi laureare entro gli anni previsti;
questa decisione però, lo costrinse a rompere i legami col padre, un uomo piuttosto rigido e all'antica, che non gradiva il fatto che il suo unico figlio andasse in un'altra città abbandonando i genitori, vedendo per giunta di cattivo occhio l'indirizzo scelto dal ragazzo.
Tsuyoshi se ne dispiacque molto, ma continuò per la sua strada, animato dalla voglia di realizzare il proprio sogno.
Purtroppo l'università si dimostrò più dura del previsto, e malgrado egli avesse superato (comunque con una certa difficoltà) gli esami di ammissione, si ritrovò subito fuoricorso.
Nonostante le cose per Tsu non andassero bene, in quanto era anche costretto a un lavoretto notturno in un ristorante per pagarsi l'alloggio, lo aiutava ad andare avanti la passione che si era accesa in lui per una sua compagna di corso, quella che lui chiamava, nei suoi pensieri, "la dolce Fumiko".
Per entrambi fu quasi un colpo di fulmine e ben presto si fidanzarono.
Oltre a condividere gli stessi sentimenti reciproci, i due purtroppo condividevano anche gli stessi risultati scolastici… e così, vuoi per l'ingenuità di entrambi, decisero di abbandonare gli studi e di andarsene a vivere da soli in una zona alla periferia di Tokyo, dove gli affitti erano molto più bassi…
Il padrone che gli aveva affittato l'appartamento era una bravissima persona, e non era troppo fiscale con la data di scadenza dei pagamenti della caparra. Questo era un bene per i due, visto che Fumiko era senza lavoro, mentre Tsuyoshi, che da poco lavorava quasi tutto il giorno come aiutante in un piccolo negozio di antiquariato, veniva per giunta malpagato…
Anche se i rapporti tra lui e Fumiko erano rimasti invariati, e tra loro l'amore non sembrava sminuito, Tsuyoshi avvertiva un senso di debolezza e impotenza, un senso di fallimento derivante dal fatto di non poter dare alla sua ragazza, che avrebbe voluto fare sua moglie, tutto ciò di cui aveva bisogno…; all'inizio erano solo pensieri che gli si affacciavano di tanto in tanto alla mente prima di addormentarsi, ma col tempo cominciò con l'essere un pensiero fisso che degenerò in una vera e propria ossessione.
Non era stato mai nemmeno sfiorato dall'idea di poter fare una cosa del genere, ma la situazione era così pressante, i problemi sembravano moltiplicarsi l'uno sull'altro, che si sentiva talmente debole e impotente…; trovandosi così di fronte a una cosa più grande di lui, in una gelida mattina d'inverno, venne sorpreso dal suo datore di lavoro mentre era intento a rubare alcuni oggetti più o meno di valore dal suo negozio; grazie alla comprensione dell'uomo, Tsuyoshi riuscì ad evitare di essere denunciato alla polizia, ma naturalmente perse il posto, e rimase di nuovo senza lavoro, peggiorando così ancor di più la sua situazione…
Il mondo parve crollargli addosso, ma il peggio doveva ancora venire.
Qualche giorno dopo il suo licenziamento, che aveva nascosto alla moglie con la speranza di trovare presto un nuovo impiego, Fumiko con le lacrime agli occhi per la felicità, gli annunciò di aspettare un bambino da lui.
Quella che avrebbe dovuto essere una grandiosa notizia, fu il culmine della disperazione per Tsu, che intanto si vedeva negare ogni possibilità di lavoro dai negozianti della zona nella quale abitava e quelle limitrofe, dato che tra loro si era ormai sparsa la voce della faccenda del furto al negozio di antiquariato, e che certo non poteva chiedere a Fumiko di andare a lavorare, ora che per giunta aveva una gravidanza da affrontare…
Ma lui non voleva perdere Fumiko, e certamente non intendeva perdere il suo bambino. Lei era la cosa più importante della sua vita, l'unica cosa che riuscisse a dargli la forza di non mollare, di andare avanti, di tentare il possibile per uscire da quella brutta situazione.
Passarono le settimane, ma Tsu non vedeva via d'uscita… i quadri che dipingeva venivano comprati a bassissimo prezzo da qualche negoziante della zona più che altro preoccupato per Fumiko e per le sorti del bambino, ed erano appena sufficienti per pagare l'affitto, mentre di lavoro non se ne trovava… spesso si recava nel centro di Tokyo, dove pochi lo conoscevano, dove era solamente uno Tsuyoshi come mille altri ce ne saranno stati in Giappone.
Le grandi e colorate luci della città appannarono la vista al ragazzo, gli offuscarono la mente e lo portarono a pensare che ormai ogni strada gli era stata sbarrata, non c'erano più possibilità di crearsi una famiglia, di trovare un buon lavoro e una casa tutta sua… in fondo, non chiedeva poi tanto…
Voleva solo una famiglia normale, un lavoro normale;
una vita maledettamente normale.
In questo periodo di debolezza soprattutto psicologica , a Tokyo Tsu venne attirato da quella sorta di pseudo consulenti finanziari, che prospettano alla gente grandi, grandissimi guadagni, con pochi investimenti.
Tsuyoshi non aveva mai creduto a questo genere di cose, ma vuoi perché era ancora un ingenuo, vuoi perché oramai non vedeva veramente nessun'altra strada, si fece trascinare senza opporre resistenza alcuna, nel vortice delle azioni di borsa, delle scommesse clandestine, degli investimenti folli… fino a quando non rimase completamente al verde.
Fino a quando si accorse che oltre ai soldi, stava perdendo ciò che più era importante per lui.
Ma fu troppo tardi.
Fumiko, che già da tempo sapeva della faccenda del negozio di antiquariato, seppur tra le lacrime fu costretta a separarsi dall'uomo che nonostante tutto aveva amato veramente, e ritornò a casa dei suoi con l'aiuto dei quali avrebbe allevato il loro bambino.
Il fatto di aver bruciato sino all'ultimo dei loro risparmi, aver dato in pegno senza possibilità di riprendersi indietro le loro cose più preziose, fu un dolore troppo grande per Fumiko, la quale non voleva saperne di crescere il figlio che portava in grembo in queste gravi condizioni di precarietà…
Tsuyoshi rimase senza parole, non riuscì nemmeno a difendersi dalle accuse della ragazza perché non c'era niente di cui difendersi, era stato un ingenuo, si era fatto fregare nonostante avesse sempre agito per il bene di Fumiko, per farla felice e poterle dare tutto ciò che non aveva…
Rimasto solo, non potendo tornare dai suoi genitori dato che il padre non aveva più voluto saperne di lui, venne sfrattato, e la sua nuova casa, dopo un anno, divenne il marciapiede della stazione centrale di Tokyo.
* * * * *
Aveva fame.
Aveva freddo.
Aveva sete.
Ma con quest'aria gelida, nessuno aveva il cuore così caldo da fermarglisi accanto e donargli un poco di soldi, un po' di pane o cos'altro… tutti facevano finta di non vederlo, o probabilmente, presi com'erano dai loro futili problemi, non lo vedevano proprio…
Era un uomo che aveva rinunciato a lottare.
Socchiuse gli occhi, mentre piedi e mani completamente intorpiditi e violacei lo portarono a pensare che presto sarebbe giunta per lui la fine… ma non gli dispiaceva, dopotutto la sua vita era finita da un bel pezzo..
Socchiuse gli occhi, ma pochi attimi prima di assopirsi, una voce, un'allegra voce di bambino lo svegliò.
"Signore, signore!"
Aprì faticosamente le palpebre e tirò un po' su la testa per osservare meglio quel bambino…
Dalla statura avrà avuto più o meno 5 anni… era completamente infagottato nel suo piumino rosso, la testa coperta sin sopra le sopracciglia da un cappello di lana azzurro e bocca e collo tenuti al caldo da una sciarpina dello stesso colore…
Non aveva mai visto quel bambino, ma gli occhi, l'unica cosa che poteva scorgerne sotto tutto quel vestiario, gli sembravano tali e quali a suoi…
"Hai… hai qualcosa da darmi…?" chiese dopo alcuni attimi di silenzio Tsuyoshi, attimi nei quali era rimasto a osservare il bambino; la sua voce era fioca e debole, i denti sporchi che contornavano la sua bocca non erano certo più quei denti che sorridevano a Fumiko…
"S', ce l'ho" il bambino gli rispose in maniera tranquillissima, per nulla agitato dalla vista di quell'uomo… reclinò un pò la testolina sulla spalla sinistra e gli sorrise calorosamente…
"Cos'hai… pane per nutrirmi? Acqua per dissetarmi? Una coperta per scaldarmi? Cosa?"
Il sorriso del bambino non gli fece alcun effetto e gli rispose con quella sua maniera rude. Ormai non era abituato a provare qualsiasi emozione, come detto si accontentava di quelle degli altri. Era ridotto ad un animale il cui unico pensiero è mangiare, bere e sopravvivere.
"Nulla di tutto ciò…" rispose il bambino con lo stesso viso dolce e gli occhi ridenti e luminosi di purezza e sincerità "ma… posso darti questo…"
Si tolse lo zaino da scuola che aveva sulle spalle e lo poggiò in terra. Lo aprì, stando ben attento che non ci nevicasse dentro, e ne estrasse un blocco di carta per disegnare ed una matita. Richiuse la cartella, si rimise lo zaino in spalla e porse ciò che ne aveva tolto a Tsuyoshi.
Egli lo guardava come stupito… non ne voleva sapere di accettare un simile dono… avrebbe di gran lunga preferito un pasto caldo, o una coperta per la notte…
Il bimbo fece un passo avanti, portandosi il blocco accanto al petto.
"Oggi a scuola la maestra, ci ha chiesto di disegnare su di questi fogli ciò che noi desideriamo diventare, ciò che sognamo; a noi, bambini, non è bastato un blocco intero... ognuno dava sfogo alla sua fantasia, le sue speranze, i suoi desideri, colorando decine di fogli delle proprie emozioni.
E' stato molto bello sa?"
Tsuyoshi rimase a guardare il ragazzo, quasi sorpreso che un bambino così piccolo potesse parlare in questo modo. Oh certo, non aveva detto nulla di eccezionale o di miracoloso per uno della sua età, ma quelle parole gli parvero avere un'energia incredibile.
"Che cosa vuoi da me? Torna da tua madre, ti starà aspettando" gli disse, secco, fingendo di essere scocciato dalla sua presenza.
"Sa, la vedo spesso qui, quando prendo il treno. Ma non avevo mai pensato a lei, prima di oggi. Ma quando la maestra ci ha dato questo bel compito, mi sono chiesto "il barbone della stazione, chissà cosa ci disegnerebbe?"; poi però mi è quasi venuta paura, tanto che la maestra si è avvicinata chiedendomi se stavo bene, ero pallido in volto sa!"
"Paura di cosa?" risposo l'uomo incuriosito
"Che lei...lo lasciasse in bianco...; ecco perciò..."
Non seppe continuare, e di nuovo porse il mucchio di fogli a Tsuyoshi.
"Lo prenda, perfavore…
lo prenda...e ci disegni i suoi sogni…"
Senza dire nulla, con mano tremante afferrò il blocco e con lo stesso timore prese la matita che il bimbo gli porgeva…
La sciarpa che gli copriva fin su la bocca si era un po' allentata quando il piccolo si era tolto lo zainetto dalle spalle, ed ora le sue labbra rosee e sottili erano ben visibili.
Non appena l'uomo che gli era di fronte accettò il suo dono, il bimbo come prima reclinò un po' la testa sulla sinistra e sorrise, con la stessa dolcezza di poco fa.
Quella dolcezza, quel sorriso… gli sembrarono di Fumiko.
"Dimmi… posso sapere come ti chiami…?" chiede Tsuyoshi al bambino, il quale non fece in tempo a rispondere, poiché sopraggiunse il padre, un uomo di bell'aspetto vestito piuttosto bene, che lo sgridò per essersi allontanato.
"Ecco dove ti eri cacciato! Quanto volte ti ho detto di non dare confidenza agli estranei Tsuyoshi! Forza, torniamo a casa, che mamma ci aspetta…"
Tsuyoshi.
Quel bambino, si chiamava come lui.

Nel bel mezzo dell'inverno, quel cuore gelido fu percorso da una lacrima calda.
* * * *
Prese in mano il blocchetto appena donatogli, sdraiandosi sulla pancia, preoccupandosi di tirarsi su il cartone per coprirsi almeno le spalle.
Era da quando la sua vita si era ridotta in "stato vegetativo" che non disegnava più nulla.
Strinse forte la matita tra il pollice e indice, cercando di ricordarsi quale fosse la sua presa abituale, dopodiché tracciò una lunga linea orizzontale sul fondo del foglio… per un breve istante avvertì una scossa dentro sé, come se tutti i ricordi di gioventù, dal primo disegno fatto da bambino alle tele realizzate all'accademia, iniziassero a risvegliarsi in lui…
"…ci disegni i suoi sogni…" gli aveva detto quel bimbo. Chissà se fosse veramente suo figlio… in fondo, come pensò anche quando decise di trovare qualche impiego nella capitale tempo fa, di Tsuyoshi in Giappone ce ne sono a migliaia… ma i suoi occhi, e quel sorriso…
"…ci disegni i suoi sogni…" gli aveva detto quel bimbo. E così decise di fare.
Ma quali erano i suoi sogni? Non ci aveva rinunciato da un bel pezzo? Non aveva smesso di lottare per emergere da quella vita che aveva iniziato a dargli dolore e delusioni?
Forse non ne aveva davvero più di sogni e di speranza… era diventato un animale. E così disegnò il suo unico interesse al momento…
La matita scorreva veloce sul foglio, e le immagini dalla sua mente si trasferivano grigie su carta… un tavolo, su cui vi erano poggiati un caldo piatto di minestra, della carne e un bicchiere di vino rosso fumante… era questo il massimo che le sue condizioni gli permettevano di sognare.
Fatto ciò, senza nemmeno pensarci, spinto da antichi istinti, da sopita passione, prese a disegnare un ambiente attorno a questo tavolo, una bella sala da pranzo, delle finestre, una sedia…
Stette per un po' a rimirare il suo disegno…
Pensò che, sebbene fosse passato tantissimo tempo dall'ultima volta, non aveva di certo perso la mano… fissò il foglio al centro del quale il piatto di minestra fumante era così caldo e invitante, la carne che col suo buon profumo si abbracciava perfettamente all'aroma del vino rosso… quel calore, quei profumi… quel senso di benessere, cos'erano?
Perché poteva avvertire quelle cose?
Guardò.
Scosse la testa vorticosamente, dopodiché lentamente chiuse gli occhi, e quando li riaprì era lì.
Immobile, seduto sulla sedia di legno che aveva poc'anzi disegnato, si trovava con la matita e il blocco per disegni ancora in mano, di fronte quelle vivande che aveva lui stesso immaginato e portato sulla carta.
Rimase incredulo di fronte tutto ciò, si diede un pizzico sulla guancia e avvertì dolore, era tutto vero quel che era successo, anche se incredibile, era vero!
Con un po' di timore avvicino le mani ai lati della scodella di minestra… sentì nel piatto una certa consistenza che lo stupì, ma al tempo stesso gli fece un gran piacere… tutto quanto era reale, e così avidamente si portò il bordo della scodella alla bocca nutrendosi in maniera tutt'altro che educata del contenuto… la verdura era buona e nutriente ed il brodo caldo…
Posò in fretta la scodella vuota e con le mani afferrò la carne, rossa e alta come piaceva a lui, e a morsi la divorò in fretta, mentre tra un boccone e l'altro trangugiava il vino direttamente dalla bottiglia; erano secoli che non mangiava così tanto e bene, che non si ritrovava avvolto dal tepore delle mura domestiche… sembrava come se tutto fosse tornato come prima, se non meglio!
E, come prima, anche i sogni che il barbone Tsuyoshi aveva cancellato, si ridestarono improvvisamente, più forti che mai.
Riprese in mano il blocchetto da disegni e tornò a disegnare la sua realtà… e così sulle mura del soggiorno comparvero dei quadri, alcuni dei quali suoi altri di altri pittori professionisti come lui era riuscito a diventare, in una zona senza quadri comparve un caminetto di mattoni nel quale un grosso tronco bruciava regalando alla stanza una fiamma viva e calda che col suo tepore gli arrossava le guance…
Capì che tutto questo stava per magia accadendo nella sua realtà, e decise di andare avanti…
Disegnò quello che aveva sempre voluto… ciò che sebbene non fosse una pretesa impossibile a lui era sempre stato negato da un destino avverso, da un fato che non è riuscito ad afferrare con le mani e che l'ha trascinato sempre più giù.
Ricordava tutto di lei. Le sue labbra sottili e rosee, i suoi occhi a mandorla neri, sempre gioiosi e ricchi di voglia di vivere, i capelli che le scendevano sin sopra le spalle, il corpo piccolo e esile… la disegnò così, disegnò Fumiko tale e quale a come era nei giorni in cui erano innamorati.
La disegnò accanto al caminetto, seduta su una sedia mentre era intenta a leggere qualcosa… anche lei si animò, divenne realtà nella sua realtà e voltandosi verso Tsuyoshi lo fissò negli occhi.
Egli ne fu intimorito, aveva paura di uno sguardo di rimprovero, di odio… ma lei gli sorrise, come faceva sempre quando vivevano insieme.
Quel sorriso… non aveva dubbi, era lo stesso che aveva visto in quel bimbo… che fosse davvero suo figlio…?
Fu così che lo disegnò… pensò bene che Fumiko dovesse star leggendo un libro di racconti al loro bambino che le era seduto sulle ginocchia…
Posò il blocco e la matita e si avvicinò a Fumiko e al piccolo Tsuyoshi… entrambi lo accolsero sorridendogli.
Lei si alzò lasciando il bimbo sulla sedia, si avvicinò a Tsu e gli cinse le spalle… il suo sguardo era quello dolce e luminoso di quando si rotolavano giù dalla collina… quante emozioni si stavano destando nel cuore di Tsuchan…era incredibilmente felice, forse tutto era stato un brutto, bruttissimo incubo!
Quello che si ritrovava di fronte era tutto quello per cui lui aveva lottato… forse non era vero che aveva smesso di lottare, di combattere quella realtà dura sebbene non si vedesse via d'uscita… forse era davvero stato tutto un terribile incubo.
Lei lo baciò. Intensamente, con amore vero. Poi si recò in cucina per preparare da mangiare per il domani.
Rimase solo con il figlioletto. Era proprio uguale a lui, adesso poteva vederlo bene.
Prese di nuovo il suo blocchetto… pareva finalmente avere tutto ciò che poteva desiderare… non era così avido che non si sarebbe più accontentato ed avrebbe iniziato a disegnare cose lussuose che mai si sarebbe immaginato di potersi permettere… iniziò a disegnare, mosso solo dalla passione per il disegno, nient'altro.
Disegnava, mentre il piccolo Tsuyoshi lo stava a guardare, rimanendo ammirato della bravura del padre. Egli ogni tanto alzava gli occhi dal foglio e guardava quelli di suo figlio, così neri e pieni di vita, così luminosi e profondi… gli prese la piccola mano e la strinse tra le sue, portandosela poi alle labbra e sfiorandola amorevolmente. Il piccolo Tsuyoshi fece lo stesso.
Dalla cucina, giungeva il canto leggero di Fumiko, mescolato ai colpetti del tagliere intento ad affettare le verdure.
Non sapeva cosa disegnare di preciso… così si lasciò guidare dalla mano e dopo solo pochi tratti capì cosa stesse mettendo su carta… era la stazione centrale di Tokyo, quella che ultimamente era stata la sua casa… fu un po' spaventato dal disegno, ma lo stesso continuò ad andare avanti…
La disegnò proprio come l'aveva lasciata, con le persone imbottite e coperte che cercavano riparo dalla neve che scendeva copiosa, le alte e grigie mura che erano ormai divenute il suo cuscino, il marciapiede, che era sempre stato il suo letto…
Sentì un soffio gelido accarezzargli la guancia e tolse gli occhi dal blocchetto… si guardò i piedi e si accorse che erano poggiati sulla neve. Era di nuovo lì.
Ma non se ne intimorì più di tanto… infatti era ancora nella sua bella realtà, poichè indossava un paio di scarpe che non si era mai potuto permettere, ed era coperto da una giacca a vento che lo riscaldava per bene… si girò un po' intorno e notò che molte delle cose che non aveva disegnato, erano comparse lo stesso… il vecchio orologio di fronte la stazione, la fermata degli autobus, la fontana ricoperta e riempita di neve…. probabilmente - pensò - oramai bastavano solo i ricordi per materializzare la realtà attorno a se.
Ritornò a mirare l'ingresso della stazione… poco distante notò un picchetto di persone, una piccola folla che si accalcava guardando qualcosa che era in terra… non le aveva disegnate lui, così si incuriosì, provo a guardare cosa quella gente stesse osservando, ma erano così tanti che gli coprivano la visuale.
Si avvicinò lentamente… le gambe iniziarono a tremargli e gli venne un groppo alla gola, ma tentò di farsi coraggio. Quelle persone erano proprio dove lui di solito si coricava…
Si fece spazio tra quella piccola folla e guardò in basso.
Un uomo.
Un uomo giaceva senza vita sul freddo marciapiede, nascosto sin sopra il volto da un pezzo di cartone fradicio, che doveva essere stata la sua coperta…
Lasciò cadere il blocco da disegno e la matita in terra, poi si chinò accanto al corpo, e con mano tremante afferrò un estremità del cartone, che scostò lentamente.
Ciò gli permise di vedere il volto del cadavere.
Accanto a lui tutte le altre persone erano sparite nel nulla, come se si fossero dissolte, volatilizzate… rimanevano quel corpo, la stazione e il freddo gelido della neve e del vento…
Con un sorriso amaro, pianse la sua ultima lacrima.
FINE

  
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