Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: michiyo1age    13/01/2013    0 recensioni
Chi era lei per giudicare Marion Done?
Nessuno, eccetto essere una sua grande amica non che consigliera e la compagnia di tutti i giorni. Se fossero state ancora ai tempi del liceo, si sarebbe potuto definirle le migliori amiche in quello slancio di ingenuità e ottimismo che predilige gli assolutismi di “miglior, per sempre, tutta la vita”.
Compagnia di tutti i giorni, certo, ormai stavano diventando pochi giorni in una settimana, in un mese o in un anno.
Chi era lei per giudicare Marion Done?
Qualcuno.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Chi era lei per poter giudicare?

Chi era lei per giudicare Marion Done?

Nessuno, eccetto essere una sua grande amica non che consigliera e  la compagnia di tutti i giorni. Se fossero state ancora ai tempi del liceo, si sarebbe potuto definirle le migliori amiche in quello slancio di ingenuità e ottimismo che predilige gli assolutismi di “miglior, per sempre, tutta la vita”.

Compagnia di tutti i giorni, certo, ormai stavano diventando pochi giorni in una settimana, in un mese o in un anno.

Chi era lei per giudicare Marion Done?

Qualcuno.

Eccetto a non sapere nulla dell'amore, del rapporto di coppia e dei sentimenti di un tipo di persona diverso da lei, credeva di capirla perfettamente.

Lei, alla fin dei conti, rimaneva sempre lei: l'inossidabile donna d'acciaio Anne Leroy. Era una persona che non era abituata a non seguire una direzione che non fosse la sua,  era qualcuno che non voleva e non aveva mai voluto essere troppo influenzata dall'esterno, nonostante, come ogni essere umano, fosse notevolmente influenzata da tutto e da tutti.

Non aveva sempre avuto le stesse idee da quand'era nata, no di certo, sarebbe stato spaventoso da vedere in un essere umano, ma aveva sempre trovato che le sue idee fossero, in qualche modo, giuste. Non le più giuste, ma non sbagliate che era un bel atto di presunzione da parte sua.

Quindi lei non avrebbe dovuto avere alcun potere decisionale o giurisdizionale sulla vita e la condotta della sua amica Marion.

Nonostante questo ragionevole pensiero non riusciva a darsi per vinta e perseverava nel pensare che Marion stesse facendo la scelta sbagliata.

Chi ha un'alta opinione di sé tende a far prevalere le proprie idee sulle altre e valuta il proprio giudizio comparandolo all’oro che sembra avere un valore pari. Anne però sapeva non essere arrivata fino a questo grado di semplice superbia. La sua mente, come tutte quelle dopo Freud, era molto molto più complicata e schizofrenica. Nello stesso tempo in cui riconosceva la superiorità del giudizio, una parte di lei ne denunciava l'inesattezza e un'altra ancora l'accusava di essere troppo orgogliosa. Il tutto si risolveva in una solida presa di posizione da parte sua che le faceva esprimere l'opinione così pesantemente partorita solo davanti all'amica di sempre Claude Paxter. Nessuno e proprio nessuno aveva mai capito qualcosa del loro rapporto nonostante esso superasse in anni molti matrimoni odierni. Erano diverse sotto molti punti di vista e molto spesso le amiche di Claude non riuscivano a capacitarsi che quella sottospecie di generale in gonnella  fosse citata almeno quattro volte nel corso di una giornata con commenti quasi sempre lusinghieri.

Avevano un grado di amicizia e di intimità tale che, nonostante Claude fosse sempre impegnata con colleghe, altre piacevoli amiche, marito e due figlioletti piccoli, erano sempre state vicine come possono esserlo solo due sorelle. Negli interminabili pomeriggi passati a chiacchiere, tutte e due svuotavano le loro anime alla fine della settimana così da poter ricominciare più pure e più libere in quelle ventura. Molto spesso quello che creavano davanti alla tazza di tè erano dei veri autoritratti psicologici fatti sul momento che si sviluppavano man mano che le parole uscivano di bocca. E proprio lì, Anne esprimeva senza censure quel che nutriva nel profondo dell'animo nonostante non fosse né caritatevole verso il soggetto né privo di una certa alterigia. Quello di cui si stupiva era proprio il fatto che l'amica continuasse a rimanerle accanto dopo quei soliloqui improponibili. Ma Claude era sempre rimasta lì, anno dopo anno. Alle volte Anne avrebbe voluto bloccare in qualche modo queste sue esternazioni perché era convinta che se venivano dette con troppo calore, e nelle sue parole ce n'era sempre più del dovuto, potessero risultare donnose. Si rammaricava ancora di una volta che, stregata dalle parole di un libro nei primi anni dell'adolescenza, aveva declamato con tanto ardore le gioie e le voluttà che porta la gloria ad un essere umano tanto da convincerne anche la povera Claude che non poteva che seguirla, a causa delle loro mille affinità, in questo volo pindarico. Quel che però non aveva previsto era che una volta finito il suo slancio, avendo poi scoperto quanto effimero fosse un sogno simile, Claude perseguitasse su quella via, andando in contro a molti dolori davanti agli insuccessi che incontrò sul suo cammino.

Fortunatamente una volta diventate adulte avevano trovato entrambe il loro equilibrio e quel piccolo errore involontario era rimasto solo ad Anne come rimorso e monito per non aver saputo tenere a freno la lingua.

Il che le impediva di dire all'amica Marion cosa realmente pensasse della sua vita.

Marion aveva fatto le scuole con lei e una volta laureata aveva deciso di non spostarsi di molto dal luogo in cui era nata, cosa che l'amica trovava triste e squallido, visto che il compagno, di qualche anno più grande di lei, aveva trovato lavoro lì. Una piccola cittadina di provincia non poteva offrire a Marion molti sbocchi lavorativi per il suo titolo di studio e allora aveva ripiegato sulla panetteria lì vicino dove faceva la commessa. Una grande gioia era stata per lei l'apertura della casa editrice in cui lavorava Anne che ne era co-proprietaria insieme a due altre coraggiose donne che si erano volute lanciare nel campo dell'editoria. TheWeasel aveva permesso a Marion di pubblicare alcune poesie che si divertiva a comporre nel tempo perso e anche le dava lavoro visto che redigeva i risvolti di copertina dei libri pubblicati, tutto comodamente dalla sua scrivania a casa.

Questa soluzione a tutti era sembrata la migliore che potesse mai esserle capitata e tutti erano felici per lei e Jim, tutti tranne Anne.

Non è che lei volesse fare la matrigna cattiva o il Grinch della situazione e nemmeno era invidiosa di quello che lei aveva, supporto e amore incondizionato da un uomo, solamente era lei che non vedeva quella situazione tutta rosa e fiori. Si era accorta sin da bambina di aver la propensione a non vedere i difetti e i punti ombra delle cose e delle persone e quindi si era stupita molto di questo suo atteggiamento da guastafeste in una situazione dove non c'era proprio nulla di attaccabile.

Era convinta che oltrepassato un solido muro di gaiezza in Marion si celasse una profonda inquietudine.

Ma parliamo un po' di com'era Marion Done. Era la tipica ragazza con il sorriso sempre sulle labbra, sempre energica e solare, con gli occhi che brillavano di una luce sfavillante. Anne non ne avrebbe fatto nulla di una persona del genere, troppo leggera per poter essere contrapposta alla sua pesantezza se in Marion non vi fosse celata una fiamma dirompente che funzionava da motore e locomotiva di tutta la sua vita. Era davvero affascinante capire gli ingranaggi che stavano dietro a quelle due labbra distese che incorniciavano i denti lucenti. Non era un sorriso comune quello di Marion, era raro e a Anne piacevano le opere d'arte. Quel che di più prezioso c'era in lei erano il sorriso e gli occhi chiari che non mostravano una gioia leggera, momentanea, debole ed effimera, ma un'intima letizia, forte, genuina, duratura e abbagliante.

Negli ultimi anni però, questa vera e propria meraviglia era apparsa sempre più sporadicamente. E questo a Anne proprio non andava giù.

Un fuoco non può bruciare senza la legna e proprio quella legna sembrava essere diventata  un po' bagnata.

Il vero carburante della vita intera di Marion era stato Jim. L'amore della vita, l'ancora di salvezza, l'albero maestro, la poppa e la prua, in poche parole tutto quello di cui si ha bisogno al mondo. Un bravo ragazzo, un buon ragazzo che era diventato un uomo altrettanto formidabile.

Un uomo che aveva dovuto trasferirsi per 18 mesi su una petroliera in mezzo al mare del Nord per racimolare qualche soldo per ristrutturare una vecchia casa su cui aveva messo gli occhi. Seppur con difficoltà, Marion aveva accettato la lontananza come qualcosa di inevitabile ed era rimasta ad attenderlo piena della solita positività e speranza. Era persuasa che quella casa sarebbe stata la loro casa e che lui stesse lavorando per una famiglia loro.

Il ritorno in patria però non era stato così gioioso e esaltante come se l'era aspettato. Jim era tornato. Ma tornato cambiato. Aveva cercato di riabituarsi alla sua vita precedente, ma non c'ero riuscito. Convinto di non essere più innamorato della ragazza l'aveva lasciata lanciandola in un baratro di sofferenze che nessuno avrebbe mai immaginato. Era sembrata una ragazza così forte e risoluta che quel crollo l'aveva buttata troppo a terra perché si potesse rialzare. Alla fine ce l'aveva fatta, ma zoppicava e faticava ad andare avanti, sapendo che mancava sempre quel qualcosa, lui, alla sua esistenza.

Un anno dopo Jim però era tornato, questa volta davvero, in ginocchio per riprendersi la sua Marion che l’aveva accolto a braccia aperte: non aveva mai smesso di sperare e non le sembrava  neanche vero. Tutto era quindi tornato alla normalità.

Tutto è bene quel che finisce bene.

Ma questa è la realtà, la perfezione è sogno, la tela bianca ha sempre qualche punto nero. Non si poteva tornare più a come si era un tempo. Marion era diventata insicura, sopprimeva parti di sé che avrebbero potuto non andare a genio, stava attenta a come si comportava per non disturbare la sensibilità di Jim, mettendosi lei stessa in una gabbia. Passava la maggior parte del suo tempo con Jim, o con gli amici di Jim, facendo passare in secondo piano i propri, tra cui Anne. Ad Anne, Jim era sempre piaciuto, ma un piacere generale e benevolo, non avevano nulla in comune,  non si riuscivano neanche a comprendere e potevano scambiare tra di loro pochi convenevoli. Questo non incoraggiava le uscite anche con lui, quindi lei non si era mai inclusa nelle serate che lo prevedessero. Mai Anne avrebbe pensato che questo voleva dire non vedere più Marion. Questo fece sì che Marion mancasse ad eventi a cui l'amica teneva particolarmente e lei, non avendo una famiglia di per sé, si era fatta con gli affetti delle sue ottime amicizie una famiglia personale che non aveva alcun valore inferiore a quella tradizionale. Il mancare a questi eventi che possono sembrare triviali ad un osservatore esterno, ferirono profondamente nell'animo Anne. Non era l'assenza a nuocere, era la totale ignoranza del dolore arrecato.

A questi fatti, si sommavano poi le preoccupazioni dell'atteggiamento quasi morboso di Marion. Aveva cominciato a fare incubi su Jim che la lasciava  cadere, nei momenti più vulnerabili, in timori e paure che la scuotevano sin dal profondo. Questa Anne non la chiamava vita, questa per Anne era una maledizione. Non voleva vederla in quello stato, non voleva continuare ad assistere all'abbattimento di un albero così bello a causa di un tarlo, un solo tarlo.

La parte curiosa era che Jim non sembrava accorgersi della cosa. Non sembrava vedere quello che aveva fatto e quello che stava facendo. Doveva dare prove, doveva dare certezze e invece la casa non fu più ristrutturata e loro continuarono a vivere nei loro rispettivi appartamenti, separati. Quello che Anne avrebbe voluto fare era appendere Jim al muro e sputargli addosso tutto il male che la sua semi-apatia stava causando. Il suo essere la distruzione del suo amore.

Anne non voleva stare zitta, non voleva continuare a assistere a questo scempio. Era come se stesse ferma senza farne nulla di fronte al vandalo che sfigurò la Pietà di Michelangelo.

Ma poteva lei parlare?

No, certo che no. Lei vedeva una mancanza di equilibro nella coppia, ma aveva le labbra sigillate perché non era sua competenza parlare. Jim aveva troppo, troppo potere nelle sue mani, potere per far il bene, ma spesso il male su Marion. Anne non dubitava che lo facesse inconsciamente, ma nello stesso modo questa sua ignoranza faceva troppo danni. Sapeva che uno squilibrio non poteva portare a nulla di buono perché, dovesse un giorno mancare Jim, vuoi per scelta o no, ci sarebbe stata ancora Marion Done? Se si, quanta parte di lei sarebbe sopravvissuta?

Ma tutti questi ragionamenti erano frutto delle mente di Anne. Erano tutte osservazioni e giudizi tratti da lei nel corso degli eventi. Erano tutte fisime del suo intelletto. Erano pensieri di un'esterna che non poteva mettere bocca su affari che non le appartenevano.

Dopotutto chi era lei per giudicare Marion Done?

Un'amica, un'amica e basta.

Di questo cose, lei non si doveva impicciare.

-------------------------------

Buona sera!

Sono un po' emozionata e ancora perplessa di aver scritto qualcosa di originale, abitualmente scrivo fanfiction vere e proprie con personaggi e ambientazioni non mie. Questa qui è un piccolo esperimento di originale che ho scritto, come si può vedere, in un momento di piena concentrazione sui meandri psicologici che sfociano in etica e analisi caratteriale. Sono certa di essere risultata un po' difficile di comprensione spesso fumosa, ma non ho trovato maniera migliore e più vicina a me di descrivere quello che avevo da dire.

I nom in inglese non sono proprio voluti per qualche motivo, anche se ognuno ha un preciso significato per me, ma semplicemente volevo rendere quello che scrivevo il più generale possibile, il meno identificabile con una determinata situazione o contesto.

Sarei felicissima di sentire la vostra opinione in merito e soprattutto le vostre critiche. Sono cosciente di essere passata da un registro un po' troppo formale e letterario ad un molto più moderno e sgraziato, ma è una cosa che ho voluto fare per riuscire a dare voce al pensiero di Anne nella sua interezza quindi con aspetti che non cambieranno mai (i  sentimenti e i concetti resi più eloquentemente) il  presente in cui vive (la citazione al Grinch ad esempio).

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: michiyo1age