IX: Un prigioniero
di guerra e troppi pensieri
- Che… disastro… - Jack non riuscì a
pronunciare altro.
Sotto di
lui, la depressione formatasi dal crollo della caverna di Pitch si estendeva
per diverse centinaia di metri quadri, ampliandosi a formare una figura
allungata, simile ad alla mastodontica impronta lasciata da una creatura
gigantesca.
La parte
di bosco sprofondata era percorsa da una gran quantità di fratture molto
larghe, che avevano inghiottito una gran quantità di alberi. Molti erano stati
spezzati come ramoscelli e rivoltati completamente fino a mostrare le radici,
mentre altri erano stati seppelliti da tonnellate di terra, oppure trascinati
via dalla loro posizione originale e lasciati a pendere sull’orlo dei baratri
formati dalle crepe, prossimi a cadere dentro di essi.
Jack
rimase a fissare quello scenario per diversi minuti, sconcertato. Continuando a
guardarsi intorno, scese lentamente, attento a non fare il minimo rumore. Aveva
la sensazione che, se avesse anche solo fiatato, altra terra sarebbe crollata aumentando
i danni.
I piedi
nudi del giovane sfiorarono appena il terreno e i massi sparsi in giro, mentre
Jack continuava ad osservare il disastro che ora lo circondava: da quella
posizione l’avvallamento sembrava ancora più grande. Jack intravide alcuni
pilastri spezzati spuntare dalle crepe, ed immaginò che, qualunque cosa vi
fosse sotto, qualunque mistero, o segreto, o arma Pitch aveva nascosto in
quella caverna, ora era persa per sempre, seppellita nelle profondità della
terra.
A quel
pensiero il ragazzo si fermò, quasi trattenendo il fiato.
Misteri, armi, segreti.
Poco più
di una settimana addietro, Jack era entrato di soppiatto proprio nella caverna
dell’Uomo Nero assieme a Dentolina, alla ricerca di quei misteri, di quelle
armi che credeva vi fossero nascoste, con l’unico risultato di esserne fuggito inseguito
da quegli strani Incubi che vivevano nascosti nella prigione sotterranea,
mentre tutto gli crollava intorno…
Jack
abbassò lo sguardo a terra, mentre sentiva lo stomaco stingersi in un nodo.
Dopo la
sua fuga, l’entrata gli era sembrata stranamente intera, il terreno intorno
stranamente solido, ma non era sceso di nuovo giù a controllare. Non si era
minimamente preoccupato dei danni che aveva causato con la sua incursione.
Deglutì,
alzando di nuovo lo sguardo e osservando di nuovo la depressione in cui si
trovava.
È colpa mia?...
L’Uomo
sulla Luna l’aveva condotto fin lì per questo? Per mostrargli l’entità dei
danni che può causare l’incoscienza di certe azioni? Magari per convincerlo a
pensarci due volte la prossima volta che decideva di fare qualcosa di avventato?
Jack
scosse la testa. No, non può essere
si disse. Ci doveva essere dell’altro. Doveva
esserci.
Con i
piedi sollevati a pochi centimetri da terra, il giovane sorvolò tutto il
perimetro della depressione, alla ricerca di qualcosa di diverso da terra,
rocce, alberi divelti, pilastri rotti e radi pezzi di metallo deformato.
Infine,
a metà del suo giro, nel punto in cui la depressione era meno profonda e la
terra sembrava essersi semplicemente staccata dalla posizione originaria per crollare
in basso, notò qualcosa.
Un’ombra.
Non
sapeva se era causata semplicemente dall’oscurità notturna, o dalla strana
angolazione che la depressione aveva assunto in quel punto, oppure da uno
strano gioco di luce, ma si avvicinò piano, in guardia. La Luna splendeva alta
quella notte, e la luce diffusa era sufficientemente intensa da illuminare
anche gli angoli più storti ed oscuri.
Quell’ombra,
così scura in quel punto, gli sembrava sospetta.
Jack
scese a terra, ed avanzò più piano che poteva. I pochi, radi sassolini e i
rametti mescolati alla terra sembravano fare un rumore terribile, sotto i suoi
piedi.
Tuttavia,
nell’oscurità di quell’angolo, nulla si mosse.
Quando
arrivò sufficientemente vicino da poterla toccare allungò la mano, scoprendo
qualcosa di solido.
Quell’ombra era solida.
Jack si
avvicinò ancora, poggiandovi entrambe le mani, esaminandola: aveva un aspetto
granuloso, come se fosse fatta di sabbia, e il riverbero dei minuscoli granelli
le donavano un debole luccichio, ma al tatto sembrava seta.
La
riconosceva. Era una delle ombre di Pitch.
Che significa? Jack venne colto da un terribile
presentimento e, guidato da esso, si appoggiò all’ombra e vi schiacciò contro
il naso, nella speranza di vedere qualcosa oltre essa.
All’inizio
non vide assolutamente nulla.
Poi,
l’ombra si assottigliò lentamente, fino a lasciar passare un po’ di luce, quel
poco sufficiente da permettere a Jack di vedere oltre essa.
La zona
protetta era profonda circa tre metri e all'esterno era quasi del tutto
seppellita da terra e detriti. Racchiudeva uno spazio vuoto, circolare.
E lì,
sulla pietra nuda, appoggiata alla parete di pietra e seminascosta dal buio, si
intravedeva una figura accasciata.
Jack
sentì il nodo allo stomaco stringersi in modo doloroso. La riconosceva.
- PITCH! – urlò. Artigliò con le dita lo
scudo d’ombra, sentendo il panico salire, inesorabile.
Era tutta colpa sua, lo sapeva. Tutto quel che era successo era colpa sua.
Devo aiutarlo!
Alzò un
pugno, talmente stretto da sentire le unghie affondare nella pelle, e lo
abbatté sullo scudo: - PITCH! – gridò più forte.
L’altro
non reagì. Jack non riusciva a capire cosa gli era successo esattamente. Il
buio era troppo fitto per vedere in che condizioni era.
Era
svenuto? Ferito? Morto?
Il
ragazzo, spaventato, si staccò dallo scudo, impugnò il bastone e lo puntò
dritto contro l’ombra solida. Doveva tirarlo fuori da lì.
Sparò un
raggio congelante contro lo scudo d’ombra, che venne completamente ricoperto da
un sottile strato di ghiaccio. Esattamente come aveva fatto con la lastra che
copriva il passaggio segreto scoperto nella ormai crollata dimora dell’Uomo
Nero, ruppe lo scudo reso fragile dal ghiaccio col bastone e si calò dentro.
I raggi
lunari non arrivavano al fondo, tuttavia il buco creato da Jack permise alla
luce diretta di entrare, diffondendo un vago chiarore azzurrognolo tra le
pareti nere ed illuminando un poco
l’ambiente.
Jack
atterrò silenziosamente sulla pietra fredda. Si accorse che era umida e
stranamente viscida sotto i suoi
piedi.
- Pitch!
–
L’uomo
era steso su un fianco, a poca distanza da lui. Si era cinto la vita con un
braccio, mentre l’altro era abbandonato a pochi centimetri dal volto. Entrambe
le mani, e con esse il viso, erano sporche di una strana sostanza scura.
Il
giovane si avvicinò e si inginocchiò accanto all’Uomo Nero, scuotendolo
leggermente.
Nessuna
reazione.
Jack
notò che aveva le spalle bagnate, e il tessuto della tunica era squarciato in
diversi punti, lasciando la pelle scoperta, anch’essa sporca della strana
sostanza nerastra. Frost alzò la mano con cui l’aveva toccato e l’annusò.
Aveva un
odore penetrante, metallico.
Sangue.
No!
- Pitch!
Svegliati! Sono io, Jack! – il giovane lo scosse più forte. Non poteva
crederci. Non era possibile.
L’ho ucciso? L’ho davvero
ucciso?!
- DIMMI
CHE NON SEI MORTO! –
All’improvviso,
il ferito sussultò, e aprì lentamente gli occhi appannati. Jack sospirò di
sollievo.
-
Pitch!... –
L’altro
emise un sospiro spezzato.
–
Mancavi… solo tu… - rantolò, appena
udibile, piegando leggermente le dita della mano libera. Jack quasi non lo
ascoltò: il sollievo di vederlo ancora vivo e cosciente era immenso. Tutto
resto non importava.
-
Ascolta… adesso ti porto via di qua ok? Andrà tutto bene… ti rimetteremo a
posto, capito?... – disse Jack, cercando di rassicurarlo. In verità, non era
nemmeno certo se era necessario. Sembrava che a Pitch non importasse
assolutamente nulla di cosa Jack stesse per fare di lui.
L’Uomo
Nero si limitò a richiudere gli occhi, emettendo un altro respiro, più debole
del primo.
- Ah…
ok… - continuò Jack. Si rialzò appena, tirando fuori dalla tasca della felpa
una piccola sfera di cristallo. Era una delle palle di neve che North usava per
teletrasportarsi da un luogo all’altro: l’aveva rubata dalla sua scrivania poco
prima di partire, pensando che magari sarebbe tornata utile.
Non ne
aveva mai usata una.
Jack
agitò con mani tremanti l’oggetto di vetro: - Palazzo di North. – scandì.
Nel
paesaggio innevato racchiuso dalla sferetta di cristallo si formò il luogo
familiare. Jack mise la palla a terra, e la lasciò rotolare: dopo circa un
metro e mezzo, con un esplosione di sola luce si formò il portale, mostrando il
paesaggio innevato del Polo Nord con il palazzo ben visibile, poco lontano.
Il
ragazzo rivolse nuovamente lo sguardo verso Pitch, e alla nuova luce si rese
finalmente conto delle sue reali condizioni: i –numerosi- punti in cui la
tunica dell’uomo era tagliata e strappata rivelava delle ferite profonde,
alcune larghe diversi centimetri, e il sangue fuoriuscito aveva macchiato di
rosso scuro sia i vestiti che buona parte del pavimento.
Oh no.
Jack si chinò nuovamente su Pitch e, cercando
di muoverlo il meno possibile, gli fece passare un braccio sopra il suo collo e
gli cinse la vita, sollevandolo. Era più leggero di quello che pensava.
-
Resisti! I soccorsi stanno arrivando! –
E, con
quello, attraversò il portale.
*
La
giornata di North non era iniziata nel migliore dei modi.
Già
all’alba si era ritrovato con dei fastidiosi grattacapi di cui occuparsi: in
uno dei depositi della fabbrica alcuni barattoli di vernice destinati alla
colorazione dei giocattoli erano misteriosamente esplosi. Non avevano fatto
vittime, ma diversi elfi si erano ritrovati con i vestiti improvvisamente zuppi
e tinti di color malva misto a giallo canarino invece del solito rosso scuro,
ed erano scappati in preda al panico fuori dal deposito, lasciando una scia di
impronte colorate dietro di sé ed aumentando di conseguenza i danni.
North
aveva accuratamente evitato di chiedersi come ciò potesse essere successo e per
mano di chi, ed aveva ordinato ad un gruppetto di yeti di ripulire il disastro.
A
peggiorare l’inizio di giornata, aveva scoperto che Jack era sparito. Non aveva
lasciato né messaggi né biglietti. North sapeva che non c’era ragione di
preoccuparsi: il giovane Guardiano aveva l’abitudine di andarsene senza mai
dire dove o perché, facendo delle sue improvvise e spesso prolungate sparizioni
una norma, inoltre sapeva benissimo badare a sé stesso.
Eppure
North era preoccupato.
Aveva la
netta impressione che stava per succedere qualcosa di grosso, quella mattina.
E che,
forse, era meglio se il ragazzo fosse rimasto a palazzo.
La
conferma ai suoi sospetti arrivò prima di quanto si aspettasse.
Dopo
l’incidente dei barattoli, North optò per un lungo giro di controllo della
fabbrica, in cui tenne d’occhio le puntute teste scampanellanti degli elfi che
correvano più o meno indaffarati nelle direzioni più svariate, spesso
ostacolando il lavoro degli yeti, per assicurarsi che i piccoli aiutanti
combinaguai non causassero più danni dello stretto necessario per quel giorno.
Dopo il
giro, decise infine di tornare in ufficio quando proprio un gruppo di yeti lo
rincorse per fermarsi a poca distanza da lui, parlando tutti insieme,
agitatissimi.
Sulle
prime, alla vista di quei musi pelosi storti dallo spavento e dallo sconcerto,
pensò che gli elfi avevano combinato un guaio ancora più grosso di quello dei
barattoli. Ma infine, tra mozziconi di frasi quasi urlate e gesti agitatissimi,
colse il punto della questione.
- …Jack Frost! –
- …e ha sconfitto Pitch… ! –
- L’ha portato qui! –
- …A palazzo! …A palazzo!? –
North
corrugò la fronte, fissando incredulo gli yeti: - Cosa…? – ma non ebbe il tempo
di dire altro.
- North…
- disse una voce incerta. Gli yeti si spostarono, e fissarono le due figure
dietro di loro. Anche North spalancò gli occhi alla scena che gli si parò
davanti.
Jack era
a pochi passi dietro il gruppetto, seguito da altri tre yeti armati di lance
che lo fissavano guardinghi e sospettosi. Galleggiava a pochi centimetri da
terra, curvo sotto il peso del corpo esanime che trasportava.
North
rimase a bocca aperta nel riconoscerlo.
Era Pitch
Black, privo di sensi, ferito.
North,
incapace di dire alcunché di fronte a quell’inatteso spettacolo, spostò
nuovamente lo sguardo incredulo sul giovane Spirito del Gelo: quest’ultimo aveva
un’espressione da cucciolo spaventato, ma North non riuscì a capire se era per le
pietose condizioni in cui versava il peso morto che il giovane sembrava
trattenere a viva forza dal cadere a terra o per gli sguardi di spavento e
orrore frammisti a sospetto con cui gli yeti lo fissavano.
Qualunque
era la verità, non era quello il momento per perdersi in tentennamenti.
North
attraversò deciso il gruppo di yeti e si chinò sul giovane, prendendo Pitch fra
le braccia. Gli bastò un’occhiata per constatare le condizioni in cui versava: era
bianco come un cencio, impolverato e sporco di sangue. Aveva numerosi tagli e
ferite su tutto il corpo, molte delle quali sembravano molto profonde. Jack non
gli aveva fatto nessuna fasciatura per fermare almeno parte delle emorragie, ma
a quel punto non importava.
Ci
avrebbe pensato North.
- Vanya. Shura. – chiamò. Due yeti
del gruppetto, uno dal pelo acciaio e l’altro color caramello sbiadito, si
fecero avanti e guardarono North interrogativi.
-
Preparate l’infermeria. E una stanza, avremo degli ospiti in più per un po’. – i
due yeti guardarono North sconcertati, prima di abbassare gli sguardi su Pitch.
Persino
Jack non fece fatica a capire cosa pensavano: è impazzito. Ma North non sembrava in vena di discutere.
-
Muovetevi. – ordinò, cupo – E voialtri, tornate al lavoro. –
Vanya e Shura
si allontanarono di corsa, diretti verso un’ala laterale dell’edificio, mentre
il gruppetto restante, compresi gli yeti armati, si allontanò lentamente, senza
smettere di lanciare occhiate furtive ai tre.
Infine,
North posò uno sguardo preoccupato anche su Jack, esaminando anche lui:
nonostante il pallore e l’aria spaventata, sembrava illeso.
- Fai
meglio a cambiarti, ragazzo. – disse, voltandosi nella stessa direzione
intrapresa dai due yeti Vanya e Shura
- …E buttare via quei vestiti. Non credo che quel sangue se ne andrà via così
facilmente, anche se li lavi. –
Jack
abbassò lo sguardo su di sé: la felpa azzurra che indossava, che con tanta
fatica aveva reso simile alla precedente –resa irreparabile dopo lo scontro con
Pitch e il suo esercito di Incubi- era macchiata in diversi punti di rosso
scuro, e il fianco sinistro era completamente zuppo. Anche i pantaloni erano
macchiati, anche se in minor misura. Mani e piedi non erano da meno.
- Oh…
accidenti. –
*
North
non si fece rivedere per il resto della giornata.
Jack era
riuscito a recuperare una vecchia camicia e un paio di jeans neri decisamente
troppo larghi per lui come ricambio, promettendosi di andare più tardi alla
ricerca di qualcosa della sua misura –e di suo gusto.
Tuttavia,
per quel giorno rimase al palazzo di North, nascondendosi da possibili
compagnie. Si rifugiò in una delle soffitte, in cui tutto era coperto da uno
spesso strato di polvere e aveva l’aspetto di non aver avuto visite da secoli.
Non c’erano fonti di luce, a parte una piccola finestrella sporca, da cui i
raggi di luna penetravano per illuminare la polvere che danzava a pochi
centimetri dal suolo, lenta.
Jack non
sapeva come comportarsi.
Non
sapeva cosa pensare.
Gli
avvenimenti delle ultime ore l’avevano lasciato confuso. Confuso, e con un
terribile senso di colpa che pesava sullo stomaco come un macigno.
Ricordava
ancora la sua incursione nella caverna di Pitch. Ricordava la strana porticina
di mogano, e della corsa al cardiopalma fatta per sfuggire agli Incubi che
montavano la guardia in quella prigione, mentre tutto gli crollava intorno.
La sua
intenzione originaria era stata quella di penetrare nella base del nemico,
silenzioso ed invisibile come un’ombra, scoprire i suoi piani, e poi andare via
lasciando tutto com’era.
Invece
era entrato, aveva causato dei gran danni, ed era fuggito senza ottenere nulla.
Nulla, a
parte rischiare di ritrovarsi con una morte sulla coscienza.
Eppure…
Aveva anche l’impressione che non era tutto lì.
Che
mancava qualcosa.
Ma non
sapeva cosa.
Uno
scricchiolio distolse lo Spirito del Gelo dai suoi pensieri. Si voltò in tempo
per vedere North che si affacciava sorridente dalla botola che fungeva da
entrata alla soffitta.
- Ah,
eccoti qua! – disse, salendo e chiudendo goffamente la porticina dietro di sé.
Jack notò che aveva un vassoio con una teiera fumante, due grosse tazze bianche
e un minuscolo piatto con dei biscotti impilati uno sull’altro in una torre
traballante.
- Ti ho
cercato dappertutto… credevo che fossi sparito di nuovo! –
- Oh,
scusami. – disse Jack a mezza voce. North posò il vassoio davanti al giovane e
gli si sedette accanto. Per almeno un minuto nessuno dei due parlò. Infine, North
decise di iniziare la conversazione.
- Pitch
si riprenderà. Beh, conciato com’era credo che rimarrà fuori gioco per qualche
giorno. Ma ha una pellaccia resistente, sono sicuro che tenterà di fuggire di
soppiatto abbastanza presto. Hai fatto bene a portarlo qui, stavo giusto
pensando a qualche domandina a cui potrebbe rispondere. –
Sorrise,
aspettandosi di vedere Jack sorridere a sua volta.
Ma il
giovane non aveva alzato lo sguardo, che era rimasto ostinatamente fissato sulle
tazze del vassoio. Aveva un’espressione stranamente cupa sul volto.
- Vuoi
del tè? – azzardò Babbo Natale, inclinando un poco la testa.
- Sono
stato un idiota. – disse Jack all’improvviso. North alzò un sopracciglio. Da
dove veniva quell’accusa?
- Un
idiota a fare cosa, esattamente? – chiese. Jack per un po’ non rispose.
- Ti… ti
ricordi di quando mi hai rimproverato per essere entrato nella caverna di Pitch?
– chiese con enfasi. North fece finta di ricordare.
-
Abbastanza. In effetti, quel gesto era stato abbastanza idiota, c’è poco da dire. Come mai tiri fuori un argomento del
genere, Jack? – era sinceramente curioso: non riusciva a spiegarsi il
collegamento mentale del giovane. Ma il ragazzo lo fissò per un istante con
aria quasi sconcertata, come se l’altro non comprendesse qualcosa di ovvio e
chiaro come il sole. Frost abbassò nuovamente lo sguardo, cercando di trovare
le parole.
- Ecco…
è la caverna. Quando io e Dentolina siamo usciti, quella volta, abbiamo fatto
dei danni, ma non abbiamo controllato quanti e quanto gravi. L’ho scoperto
stanotte. E-era crollata. Ho tirato fuori Pitch dalle macerie. Dev’essere
rimasto là sotto per un sacco di tempo. È
colpa mia se è rimasto ferito. –
North
inclinò leggermente la testa, continuando ad osservare il giovane, il cui
sguardo era rimasto ostinatamente fissato sulle tazze di ceramica per tutta la
durata della conversazione. North trovava strano vederlo così.
Sospirò,
poi allungò la mano verso la teiera e versò il tè ormai tiepido nelle due
tazze, e ne porse una al ragazzo.
- Non so
quanto la cosa ti possa interessare Jack, ma se il crollo della caverna può
essere stata colpa tua, le ferite di Pitch non lo sono. –
Jack
spalancò gli occhi e fissò North, prendendo la tazza in mano: - Che vuoi dire?
–
-
Esattamente quello che ho detto. – sorrise North – Che se Pitch è rimasto
ferito, beh, quella non è colpa tua. –
- Ma
allora di… di chi? – chiese Jack, ancora incredulo. Cosa significava?
- Le sue
erano ferite da aggressione. Tagli,
per la maggioranza. Ti risparmio i dettagli. Qualunque cosa ha affrontato, era
decisamente più forte e più armata di lui, e forse anche in numero nettamente
superiore. Se fosse rimasto ferito dal crollo, beh… non ne sarebbe uscito vivo,
tutto qui. Nemmeno con il tuo aiuto. –
Jack
continuò a fissare North con occhi sbarrati. Pitch era stato aggredito… ma da
chi? Perché? Abbassò lo sguardo e rimase a fissare il liquido ambrato nella
tazza, mentre quest’ultimo si raffreddava rapidamente nelle sue mani.
- Ovviamente
mi domando chi sia stato. Comunque, non capisco una cosa... – continuò North,
accarezzandosi i folti baffi bianchi e riflettendo: - …Perché sei andato da Pitch? –
La
domanda pungolò Jack come un ago. Ecco che emergeva un’altra delle ragioni per
cui si sentiva tanto confuso.
- Non lo
so. – disse, sincero. – Io… credevo che l’Uomo sulla Luna volesse indicarmi
qualcosa. – interessato com’era al tè ormai congelato nella sua tazza, Jack non
vide North spalancare gli occhi e ritrarsi leggermente, incredulo.
- Non ne
sono sicuro, forse era solo una mia impressione. È che… aveva creato una specie
di strada, con la sua luce. Tutto era coperto da enormi nubi, e solo un pezzo
di terra era illuminato. Sembrava quasi una strada, che partiva dal palazzo e
andava… beh, avevo deciso di scoprirlo. – sollevò di nuovo lo sguardo – E mi
sono ritrovato di fronte alla caverna, completamente crollata. –
A quel
punto North distolse lo sguardo, e fissò la parete di fronte a lui. Il
pavimento era illuminato dalla luce lunare proveniente dalla finestrella. I
raggi dell’astro sembravano più potenti che mai.
La
rivelazione di Jack aveva del sensazionale. Pitch aveva forse un ruolo più
importante di quello che tutti credevano negli avvenimenti che avevano
sconvolto il mondo dei Guardiani?
Era
qualcosa di più di un nemico?
- Manny…
- mormorò tra sé.
- North?
– Jack fissò l’altro, interrogativo. North si riscosse e saltò improvvisamente
in piedi, mascherando la vaga preoccupazione frammista a speranza con
un’espressione di entusiasmo un po’ forzato.
- Se è
l’Uomo sulla Luna che ti ha guidato, significa che siamo sulla buona strada.
Dobbiamo parlare agli altri di ciò che è successo. Sono sicuro che presto
avremo delle risposte. –
Jack
sorrise di fronte a quell’entusiasmo: non sapeva esattamente perché, ma si
sentiva improvvisamente sollevato.
*
Ci
vollero tre giorni per riunire i tre restanti Guardiani al palazzo di North.
Babbo
Natale aveva accuratamente evitato di riunire tutti all’istante con l’Aurora
Boreale, temendo che dopo il falso allarme gli altri avrebbero smesso di
prendere la chiamata d’emergenza sul serio e di conseguenza ignorarla nel
momento di vera necessità. In fondo erano tutti occupati col loro lavoro non
meno di North, e ogni interruzione non portava altro che ritardi e, di
conseguenza, problemi e molto fastidio.
Inoltre,
Pitch non si era ancora ripreso, quindi non avrebbero avuto la possibilità di
interrogarlo come North sperava.
North aveva
deciso di prendere le cose con calma: spiegare tutto nei particolari senza
causare panico e fraintendimenti e, soprattutto, pianificare insieme le
prossime mosse. Tuttavia, le cose non andarono lisce come aveva sperato.
- Tu. Stai. Scherzando. – il commento di
Calmoniglio, sommato alla sua espressione scettica e le sue braccia incrociate,
parlava chiaro e per tutti.
Anche
Dentolina e Sandman, anch’essi riuniti nell’ingombro ufficio di North, entrambi
a pochi passi dal Coniglietto di Pasqua, fissavano North con un’espressione
cupa. Apparentemente, le spiegazioni e le ipotesi di Babbo Natale sul
salvataggio di Pitch e la sua probabile utilità nella guerra contro le tenebre
non soddisfacevano nessuno.
- La tua
idea è una stupidaggine. Non hai fatto altro che guarire un nemico e lasciarlo nella tua dimora, libero di andarsene dove gli pare. Hai
la più pallida idea di cosa potrà mai fare adesso?! Magari se l’è fatto apposta
per entrare qua indisturbato, e dalla porta principale! –
North
corrugò la fronte a quelle parole: non ci credeva. Non si era spiegato bene o
era Calmoniglio che non si rendeva conto di quello che stava dicendo?
-
Rischiare di morire soltanto per spiare le nostre mosse da una posizione comoda?
Stai scherzando? –
- Stiamo
parlando di Pitch! –
-
Appunto! –
- E’ imprevedibile! –
- E non stupido come tu credi. – ribatté North,
sentendo montare l’irritazione. Comprendeva appieno la rabbia di Calmoniglio,
così come il tacito dissenso di Dentolina e di Sandy. Ma davvero i tre erano
così maldisposti nei confronti dell’Uomo Nero, al punto da non voler nemmeno ascoltare?
- Tu sei
troppo buono. – sibilò il coniglio – E
questo è il tuo peggior difetto. Ti
impegni così tanto nel cercare del bene nei cuori più marci da non vedere che
spesso non ce n’è affatto! –
La
stoccata offese North nel profondo, ma l’uomo si sforzò di incassare il colpo
senza mostrarsi offeso. E, soprattutto, di non ribattere con i pugni. Chiuse
gli occhi, sospirando, alla silenziosa ricerca di un argomento convincente.
Jack,
accanto a lui, non aveva ancora aperto bocca. L’espressione abbattuta di due
giorni prima era di nuovo sul suo viso, e sembrava più giù che mai. Avrebbe
voluto intervenire nella discussione che stava lentamente scivolando nel
litigio e chiarire le cose una volta per tutte, ma non sapeva nemmeno con quali
parole.
Gli era
sembrato tutto straordinariamente chiaro, due giorni prima.
Ora,
dopo le accuse rabbiose di Calmoniglio, tutto era tornato ad essere un confuso
groviglio su cui il senso di colpa dominava indisturbato.
- E poi
non capisco quest’ultima stupidaggine, - continuò Calmoniglio, ignorando
l’esasperazione di North: - Cosa
accidenti c’entra l’Uomo sulla Luna? –
A quella
frase lo Spirito del Gelo rialzò lo sguardo, che vagò agitato tra i quattro
Guardiani, come a voler parlare senza aprire bocca. Tuttavia, solo Sandy notò
la sua improvvisa agitazione. Il Custode dei Sogni, che era il più in disparte
del gruppo, corrugò la fronte fissando il giovane di sottecchi, incuriosito
dallo strano comportamento di quest’ultimo.
-
C’entra. – disse North con tono calmo. Si era reso conto che non era necessario
trattenersi. Se Calmoniglio aveva intenzione di fare lo stupido, Babbo Natale
avrebbe reagito trattandolo da tale. – C’entra, perché ha indicato a Jack la
via verso la dimora di Pitch, e di conseguenza gli ha salvato la vita. E se hai
ancora intenzione di sostenere la tua opinione insinuando che Manny potrebbe
essere dalla parte di Pitch, allora… - alzò il pugno destro, e lo piazzò a
pochi centimetri dal muso del Coniglietto di Pasqua - …credo proprio che ti
farò cambiare idea con le cattive maniere.
-
Calmoniglio,
spiazzato dalla ben poco celata minaccia, allontanò il muso dal pugno alzato, e
fissò North con gli occhi sbarrati. E, ancor più della minaccia, era
l’informazione a lasciarlo senza parole.
- Vuoi
dire che Pitch… l’Uomo sulla Luna… Jack… - il coniglio, ammutolito, abbassò lo
sguardo sul giovane, imitato da Dentolina e da Sandy, gli unici che non avevano
ancora proferito parola. Tuttavia, i loro sguardi erano incredibilmente
eloquenti in quel momento. Fissavano il giovane con qualcosa a metà fra
l’incredulità e il sospetto.
Jack
desiderò poter tornare invisibile, almeno per quell’istante. Aveva la netta
impressione che tutto, in quel momento, fosse profondamente sbagliato. Di aver
frainteso tutto, e di aver combinato un disastro.
- Non so
se l’Uomo sulla Luna ci dirà altro, né so se lo farà presto o meno. – continuò
North, calmo – Ma ora abbiamo Pitch, e so che si rivelerà un’ottima fonte di
informazioni. E ovviamente farò in modo che non ci danneggi, né che scappi.
Abbiamo solo fatto un passo in avanti, statene certi. –
Calmoniglio
sbuffò ed incrociò nuovamente le braccia, esasperato dall’ottimismo di Babbo
Natale.
- Hah.
Se lo dici tu. –
*
Buio.
Buio, e
un piacevole calore.
Pitch
aveva perso la nozione del tempo, lasciandosi avvolgere da quelle uniche due
sensazioni. Non ricordava come mai si trovava avvolto in quell’oscurità, non
gliene importava particolarmente.
Si
sentiva bene, e non aveva fretta di lasciare quel posto, ovunque fosse. Ma,
apparentemente, la sua coscienza la pensava diversamente.
A quel
buio e a quel calore si era lentamente aggiunto il dolore. Un dolore sordo, pulsante, che non accennava a cessare e
richiamava altre sensazioni.
Era fastidioso.
Stava emergendo
fuori da quel buio diretto verso una fioca luce, e non riusciva a tornare
indietro, per quanto lo desiderasse.
Infine,
il buio venne definitivamente sostituito dalla penombra. E con essa, il tatto.
Pitch
curvò lentamente le dita della mano, scoprendo di toccare del tessuto. Tessuto
morbido ed abbondante, che lo avvolgeva completamente, simile a una coperta.
Aprì
lentamente gli occhi, solo per richiuderli immediatamente con un grugnito di
dolore.
La luce
era accecante, talmente forte da
causargli una fitta di dolore alla testa.
L’Uomo
Nero alzò lentamente un braccio, accorgendosi che gli faceva male anche quello,
e si compresse le tempie con due dita, con gli occhi chiusi. Il dolore diminuì un
poco.
Azzardò
a riaprire gli occhi. La luce era ancora troppo chiara e la vista leggermente
sfocata, ma gli permise di vedere qualcosa.
Una
parete, completamente bianca. E, al lati della sua visuale, due strane
parrucche spettinate.
Cosa…?
Batté
gli occhi un paio di volte, e la vista si fece un po’ più nitida. Si accorse
che le parrucche, oltre ad essere spettinate e di colori davvero strani per
essere delle parrucche –una color acciaio, l’altra caramello sbiadito- avevano
anche delle grosse striature chiare simili a baffi.
E poco
sopra i baffi, nascosto da quelle che somigliavano a folte sopracciglia pelose, uno strano luccichio segnalava la presenza di
quelli che sembravano piccoli, eloquenti occhi
chiari che ricambiavano con sguardi minacciosi.
Pitch
ebbe appena il tempo di formulare il pensiero ‘che strano’
che il suo cervello, ancora dolorante, riuscì ad elaborare tutte le
informazioni raccolte in quei pochi secondi di veglia e presentare una
risposta.
Yeti. Armati di grosse, pesanti lance
dall’aria letale.
Pitch
rimase immobile, impietrito. Perché era circondato da yeti, per di più armati?
Inoltre
quel luogo, così chiaro e caldo, non somigliava affatto alla sua caverna.
Dove mi trovo? Pensò, ancora immobile. Non
ricordava cos’era successo esattamente: il suo ultimo ricordo era il volto
pallido di Crysis che gli sorrideva beffarda, e poi il frastuono della caverna
che crollava. Il resto era momentaneamente avvolto in una fitta nebbia grigia
che non riusciva a dissipare.
…Come ci sono finito qua?
Lo yeti grigio,
constatando che Pitch era sveglio, distolse lo sguardo astioso e si rivolse al
suo simile color caramello, comunicandogli qualcosa nella lingua degli yeti.
L’altro si limitò a grugnire ed allontanarsi dalla visuale di Pitch, che lo
seguì con lo sguardo. Lo yeti si allontanò verso una porta di legno dai caldi
riflessi rossastri, riccamente decorata da complesse figure geometriche, che
aprì e richiuse immediatamente dietro di se.
Pitch
osservò attentamente quelle figure intagliate nel bel legno scuro. Erano stranamente
familiari, ma non riusciva a
ricordare perché. Sentiva il cervello lavorare a ritmo troppo lento per la
situazione in cui si era risvegliato.
Poi,
dopo pochi minuti, una grossa voce dal tono allegro risuonò oltre la porta,
sempre più vicina.
- Ah,
non ti preoccupare, Calmoniglio. Te l’ho detto, non andrà da nessuna parte. E poi conciato com’è,
sfido il contrario! – rise.
Pitch
sbarrò gli occhi alzandosi di poco, atterrito. Quella voce la riconosceva. E
quell’accento russo era fin troppo
familiare.
La porta
si spalancò con un tonfo, e un grosso omone con una lunga e folta barba bianca
entrò a passo pesante e con un espressione allegra sul volto.
North.
Era
seguito da un Calmoniglio dall’espressione tetra ed irritata sul muso, e da
Sandy, il cui broncio non prometteva niente di buono. A chiudere la fila,
Dentolina e Jack, la prima con un’espressione insieme decisa e minacciosa, e il
secondo alquanto abbacchiato.
Pitch,
alla vista di tutti i Guardiani riuniti nella stanza, si rizzò improvvisamente
a sedere, ritraendosi. Tutti i muscoli protestarono al movimento improvviso con
delle fitte atroci e un capogiro lo colse, offuscandogli del tutto la vista, ma
il malore momentaneo non impedì Pitch di bloccarsi fissando gli avversari,
immobile e guardingo come un come un topo di fronte a un gatto.
Oh. No.
Con
quella combriccola riunita di fronte a lui, Pitch non ebbe più dubbi su dove si
trovava.
Il palazzo di North. In fondo, c’era una sola dimora
di Guardiano in cui le porte erano di legno scuro, intagliate con quei motivi
geometrici così particolari.
- Ah,
ben svegliato Pitch! – esclamò North affabile – Riposato bene? –
-
Splendidamente. – rispose Pitch, freddo. Non aveva ancora idea del perché si
trovava lì, ma era certo di una cosa: era nei guai. Doveva trovare un modo di
andarsene da lì, e in fretta. Tuttavia, la confusione e la sensazione di avere
il cervello che lavorava al rallentatore gli impediva di pensare lucidamente e
in fretta come sperava.
Doveva
temporeggiare, distrarre i cinque.
- …Cos’è
questo, un comitato di benvenuto? – chiese, sospettoso, con lo sguardo che
saettava da un viso all’altro. Nei pochi secondi in cui si era concentrato
soltanto su North, Calmoniglio aveva cambiato espressione, passando da cupo e
minaccioso a qualcosa di indecifrabile. Sembrava congestionato, poi un angolo
della sua bocca salì leggermente verso l’alto, a formare uno strano ghigno
storto che mise l’Uomo Nero sul chi vive.
Anche
Sandman e Dentolina avevano cambiato espressione. Il primo si era limitato a
sorridere con espressione saputa, la seconda aveva leggermente strabuzzato gli
occhi. Anche Jack non era da meno: aveva corrugato le sopracciglia, con la
bocca leggermente aperta in un espressione di incredula sorpresa.
- Oh,
diciamo di si. Anche se, in verità, oltre a quello siamo qui perché vorremmo
farti qualche domandina, a cui
speriamo tu risponda... – l’omone intrecciò distrattamente le dita delle mani,
come a sottolineare la sua intenzione – E speriamo tutti che non ci negherai la
tua collaborazione, visto che ti abbiamo aiutato.
E poi, in caso contrario ricorreremo a modi meno gentili… -
- Aiutato…?
- nonostante la minaccia ben più che evidente di North, Pitch non riuscì a
prestargli la dovuta attenzione.
A
distrarlo erano le espressioni facciali degli altri Guardiani.
Lo
fissavano come un fenomeno da baraccone.
- Si può
sapere cosa avete da guardare? –
Pitch fece appena in tempo a completare la frase che Calmoniglio, con un
grugnito che aveva ben poco di serio, scoppiò fragorosamente a ridere,
piegandosi in due e aggrappandosi al maglione di North per non cadere.
- Cosa
accidenti… - Pitch lo guardò scivolare lentamente verso terra, sconcertato,
mentre il coniglio continuava sguaiatamente a ridere senza riuscire a
riprendere fiato. North sembrava imbarazzato.
- Hai
parlato di metodi estremi… - ansimò Calmoniglio, asciugandosi gli occhi, senza
riuscire a smettere - …però questo supera tutte
le mie aspettative! –
Babbo
Natale si passò una mano sulla nuca, lanciando una strana occhiata all’Uomo
Nero: - Beh , non è di quello che parlavo… - Si interruppe, rivolto al coniglio
- E poi non c’entra niente! Ci sarà anche un buon riscaldamento a casa mia, ma,
ehm… -
Pitch
lanciò un occhiata anche a Sandy, Jack e Dentolina. La fata si era coperta la
bocca soffocando una risatina, mentre il sorriso del Custode dei Sogni si era
allargato ulteriormente, assumendo una vaga espressione di compassione. Solo
Jack non aveva cambiato espressione, anche se il suo sconcerto era più evidente
che mai.
Guidato
da un’orribile presentimento, abbassò lo sguardo su di sé.
Non
indossava più la sua tunica nera.
Al suo
posto c’era un vecchio, largo maglione di lana spelacchiata, di un rosso
acceso, decorato da bianche renne stilizzate.
Inoltre,
indossava un paio di pantaloni larghi, dello stesso tessuto e colore.
Fuori
dalla sua visuale Calmoniglio scoppiò nuovamente a ridere accompagnato da
Dentolina, che nonostante gli sforzi non riuscì a trattenere una risatina
leggermente isterica.
Pitch non
osò rialzare lo sguardo, mentre sentiva il volto scaldarsi in maniera molto
fastidiosa.
- Beh,
mi dispiace, Pitch. – disse North, cercando di limitare i danni accampando
quella che alle orecchie dell’Uomo Nero suonò come una scusa ben poco credibile
– E’ che, nelle condizioni in cui sei, se non ti metti qualcosa di pesante
rischi di prenderti un bel malanno. E sarebbe molto peggio. –
Pitch
preferì non rispondere, lo sguardo ancora fisso sull’orrore di lana che stava
indossando.
Non
poteva esserci niente di peggiore di quello.
Assolutamente
niente.
-+-
Oh, mi arrendo *FLIPTABLE*
Confuso Jack è confuso.
Gli altri sono
semplicemente molto arrabbiati. E credo
che North abbia trovato un modo veramente subdolo e malvagio per vendicarsi(??)
COS’HO CHE NON VA ARGH.
Comunque, se qualcuno
ha da obiettare riguardo al periodo di tempo sorprendentemente breve che Pitch
ha impiegato per riprendersi, sappiate che ho la mia scusa. Voglio dire, stiamo
parlando dei Guardiani, no? Gente che può far uso di magia, o comunque metodi
di guarigione davvero efficaci. Solo che le ferite di Pitch si riveleranno una
vera rogna in futuro, questo posso già dirlo. In fondo, gliele ha fatte Crysis.
Ho. Ho.
Okkei, forse è meglio che sparisca ora. GHEH. SCUSATEMI!
UGGGHHHH
*AJASDJSAJCBASLCB* *delira*
*scappa*