Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: DadaOttantotto    14/01/2013    3 recensioni
Jake e Marie... due persone così diverse, si sopportano a malapena. Lei è vittima degli scherzi organizzati da lui e i suoi amici. Ma uno scherzo più pesante del solito cambierà le cose tra i due...
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
love is not a joke cap 28 Marie

- Cosa hai fatto al mio fidanzato? - chiesi perentoria a mio fratello, puntandogli il dito contro.
Jake era sparito da quasi ventiquattro ore, cosa non proprio normale. Se prima ero solo allarmata, in quel momento ero al limite della preoccupazione. Con Zackary in giro non c'era da star tranquilli.
- Perché dovrei avergli fatto qualcosa? - rispose Tim, placido.
Sinceramente, a seguito della scomparsa di Jake, mi ero immaginata diversi scenari, molti dei quali comprendevano un Timothy che rinchiudeva il mio ragazzo da qualche parte, dopo averlo pestato a dovere. Per non parlare di quelli riguardanti Zack, ancora più spaventosi.
- Allora dov'è?
Tim abbassò il giornale, lanciandomi un'occhiataccia.
- Non lo so, e tantomeno mi interessa - ribattè. - E' te che devo tenere d'occhio, non lui.
Borbottai qualcosa che sperai somigliasse a un rimprovero mentre mio fratello tornava a leggere il quotidiano.
Sam mi strinse leggermente il braccio.
- Vedrai che si farà sentire tra poco - disse.
Le credetti perché volevo farlo, perché volevo disperatamente che fosse così.
- Dici che dovrei chiamarlo? - chiesi.
- Intendi chiamarlo un'altra volta?
Ok, forse stavo esagerando. Forse ero davvero troppo preoccupata. Jake era grande e vaccinato, capacissimo di badare a sé stesso. Sì, la mia preoccpazione non aveva alcun motivo di esistere.
Non lo avrei più chiamato, non lo avrei più cercato. Una volta finito quello che aveva da fare, sarebbe stato lui a farsi vivo, ne ero certa.
Jake stava bene. Dovevo solo convincermene.

Jake

- Ciao, Jacob.
Il mio cuore non si fermò, ma sicuramente mancò un battito. In teoria, casa avrebbe dovuto essere vuota. L'ultima cosa che mi sarei aspettato era di trovare qualcuno seduto nel buio della cucina.
Mi presi qualche secondo per calmarmi prima di rispondere.
- Ciao, papà.
Improvvisamente, mi ricordai del mio aspetto e afferrai di corsa il cappuccio della felpa.
- Oh, non c'è alcun bisogno che tu ti copra, Jacob - disse mio padre sogghignando. - So già tutto quello che è successo.
Mentre lasciavo la presa sul cappuccio, pensai che tutta quella situazione era sbagliata. Tutta, dal principio, dalla prima volta che mi ero accorto di provare qualcosa per Marie. Da quando la conoscevo mi ero infilato in più guai di quanti non ne avessi conosciuti in tutta la mia vita. Ero persino riuscito a perdere la borsa di studio che mi avrebbe assicurato un futuro universitario. Ero stato preso a pugni. E ora mio padre, l'uomo che a malapena riconoscevo come genitore, veniva a girare il coltello nella ferita ben aperta, facendomi una delle sue sarcastiche paternali.
- Sai già tutto cosa?
- Quello che hai combinato.
- Ne sono felice - borbottai, aprendo il frigo e prendendo una bottiglietta d'acqua.
Ma Paul Anderson non era il tipo da mollare il colpo così facilmente.
- Quindi adesso è così che risolvi i tuoi problemi? Facendo a botte con chi ti sta antipatico?
- Sai una cosa, papà? Non penso siano affari che ti riguardano.
- Purtroppo lo sono - sbottò lui, - dato che sei mio figlio.
- Credimi, è una tortura che affligge entrambi, questa.
Presi un lungo sorso di acqua e mi sentii subito meglio. Il freddo del liquido sembrò calmare l'incendio che avevo dentro.
- E' una fortuna che tua madre non ci sia. Le avresti fatto venire un colpo.
E no, non poteva tirare in ballo mamma. Non glielo avrei consentito.
Sbattei la bottiglietta sul bancone di formica, con tanta forza che per un attimo temetti che sarebbe scoppiata, e mi voltai a fissarlo negli occhi, cercando di trasmettere in quello sguardo tutta la rabbia che provavo.
- E tu sei sempre attento a non far soffrire mia madre, non è vero? - sibilai.
- Non ti permetto di parlarmi così.
- Tu non mi permetti? E chi sei tu per permettermi di fare qualcosa?
- Sono tuo padre, ragazzino.
- Davvero? Perché io non ti vedo più come tale da quasi dieci anni.
A quel punto si alzò, incombendo su di me come un'ombra minacciosa.
- Cosa c'è che non va in te, Jacob?
- Tu! - esclamai. - Tu non vai in me! Tu, papà. Non ci sei mai, non ti preoccupi di quello che mi succede, ma sei sempre pronto a criticarmi se faccio qualcosa di sbagliato. Il mondo non ruota intorno a te e al tuo essere un politico famoso, sai? Non ci sei solo tu, non puoi fare sempre e solo quello che ti pare.
Non mi controllavo più. Ero un vulcano in piena eruzione che non riusciva a limitare la colata di lava.
- Non ti chiedi perché io abbia fatto a pugni, ti interessa solo che l'abbia fatto e che qualcuno avrebbe potuto vedermi. Perché questo lederebbe la tua immagine, vero? Distruggerebbe il finto scenario della famiglia felice e perfetta che hai creato per farti eleggere. Beh, mi dispiace deluderti, papà, ma non siamo perfetti, né tantomeno felici.
Per la prima volta nella sua vita, Paul Anderson sembrava a corto di parole. Forse avevo detto tutto io, e ora lui non aveva niente da aggiungere. Il che era un bene, perché, ne ero certo, se avesse risposto qualsiasi cosa sarei esploso di nuovo.
Ma non disse niente, limitandosi a guardarmi, ed io decisi che la questione poteva considerarsi chiusa.
Mi voltai, afferrai la bottiglietta e feci per incamminarmi.
- Ho risolto il tuo problema.
Quell'esclamazione, uscita tutto ad un tratto dalla bocca mi spiazzò, bloccandomi sul posto.
Mi girai di nuovo e tornai a guardarlo. Teneva la testa bassa, lo sguardo puntato sul pavimento.
- Quale problema?
- Zackary Simmons.
Quel nome bastò a farmi gelare il sangue nelle vene.
- E come lo avresti risolto? - domandai titubante.
- Davvero un pessimo elemento, quel Simmons, lo sapevi? E' agli arresti domiciliari, in attesa di processo, per rapina a mano armata. Non poteva lasciare nemmeno la sua città, figuriamoci lo stato. Ho fatto un paio di telefonate. A quest'ora sarà in viaggio per il North Carolina, scortato da qualche agente.
Poi mio padre se ne andò, uscendo dalla porta sul retro, lasciandomi solo a ragionare. Con il suo comportamento era riuscito a farmi sentire in colpa per aver giustamente esternato anni e anni di rabbia repressa.

Marie

Quando fece buio pensai seriamente di chiamare la polizia. Jake non si era ancora fatto sentire, e io iniziavo a credere che sarei dovuta uscire e andare a cercarlo, invece di starmene chiusa in casa aspettando una sua telefonata. Stavo toccando nuovi picchi di preoccupazione.
Per questo, quando sentii suonare il campanello, mi precipitai giù per le scale, rischiando di rompermi l'osso del collo e passando quasi addosso a mia madre. Aprii la porta e saltai, abbracciando di slancio chiunque fosse. Non ero sicura che fosse Jake, ma in un certo senso sapevo che era lui. Quando fui tra le sue braccia e potei inspirare il suo profumo capii di non aver sbagliato.
- Ehi, con calma - esclamò divertito.
- Sarei calma - risposi, staccandomi da lui - se non avessi passato le ultime ventiquattro ore cercando di capire dove fossi fin... Jake, cos'è successo?
La sua faccia era gonfia dalla parte destra, con un livido a contonargli l'occhio e un taglio al labbro. Quando sfiorai la ferita con un dito, Jake si ritrasse.
- Che diavolo hai combinato?
- No, niente...
- Ha fatto a botte con Zack - intervenne mio fratello.
- Grazie mille, Timothy - sbottò Jacob.
Allora facevo bene a preoccuparmi! Lo sapevo! Sentivo che qualcosa non andava.
Piantai i piedi a terra e le mani sui fianchi, regalando al mio fidanzato una delle mie peggiori occhiate.
- Jacob Anderson, si può sapere cosa ti è saltato in mente?
Lui iniziò a raccontare tutto quello che gli era successo durante la giornata, dall'arrivo di Jason all'incontro/scontro con suo padre, passando per Zack e la ragazza di Timothy.
- Stai dicendo che è tutto risolto? - chiese Tim, ignorando la parte del discorso relativa alla misteriosa Sharon.
Jake si strinse nelle spalle.
- Sembra di sì.
- Quanto ci possiamo fidare di tuo padre?
- Generalmente poco, ma stavolta credo che abbia fatto qualcosa di buono. Ho controllato, ha davvero mobilitato la polizia del North Carolina.
- Wow - fu il commento di Sam, fino ad allora ignorata.
Mi ci volle qualche secondo per capire appieno la situazione. Non riuscivo a credere che Zack fosse definitivamente fuori dai piedi, lontano da me e dalle persone a cui tenevo. Mi sembrava impossibile poter riprendere la mia solita vita e non dover più rimanere chiusa in casa costantemente sorvegliata.
- Beh, grazie - esclamò Timothy tendendo la mano a Jake.
Il mio ragazzo guardò prima Tim e poi la sua mano, indeciso sul da farsi. Poi, dopo quella che sembrò una riflessione davvero accurata, decise di accettare l'offerta di pace.
- A dire la verità, io non ho fatto praticamente niente, a parte farmi prendere a pugni.
- A questo proposito... - dissi, avvicinandomi maggiormente a lui - vorrei ringraziarti, ma dato che sei ferito...
Jake sorrise, poi mi afferrò e mi fece finire dritta tra le sue braccia.
- Non preoccuparti, certe cose mi riescono ancora piuttosto bene - replicò, prima di darmi un bacio che mi fece dimenticare persino dei brontolii di mio fratello.

Ed è arrivato anche il penultimo capitolo. Vuol dire che il prossimo è l'ultimo *afferra un fazzoletto*
Ok, cerchiamo di mantenere un po' di contegno.
Ringrazio di cuore Flox_29, silvia_1992 e rekla992 per le recensioni allo scorso capitolo.
Sono un po' di fretta, quindi vi lascio augurandovi buona lettura :)
Alla prossima!!
Baci8
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: DadaOttantotto