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Autore: Eridani    14/01/2013    2 recensioni
Non so bene, non so come, ma ecco che mi viene in mente la storia di "Cenerentola". E allora ho pensato: perchè non... ispirarmi? Quindi, storia che prende molto spunto da quella fiaba, anche se, come noterete, molte cose sono diverse.
Avvertimento: universo alternativo e personaggi un pò (tanto) sfasati, anche se ho cercato di mantenerli abbastanza IC. Altrimenti non riuscivo a far andare avanti la storia!
[partecipante alla challenge "D'infiniti mondi e AU" indetta da AleDic sul forum di EFP]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Amanda, James T. Kirk, Sarek, Sorpresa, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Spock si ritrovò all'improvviso nella sua stanza, con addosso la solita tunica, sdraiato sul letto. Tutto era come doveva essere, tanto che poteva sembrare fosse stato tutto un sogno. Ma no, non lo era stato.
Era stato reale. E Spock sentiva ancora quella leggera freschezza sulla guancia, il ricordo di un tocco che troppo a lungo aveva invano cercato di raggiungere; e il suo occhio, che per ore era stato tenuto al sicuro e al riposo sotto la benda, ora gli dava fastidio, colto tutto d'un tratto dalla fioca luce delle candele poste sul comodino.
Ora sapeva. Sapeva chi era che lo chiamava, sapeva chi era che lui stesso cercava. Sapeva.
«Ehilà. Allora, com'è andata la serata?» gli chiese Trelane, dopo essergli apparso dal nulla seduto sul bordo alla fine del letto, con le gambe incrociate e reggendo tra le mani una coppa contenente un liquido rossastro, probabilmente qualche strana varietà di vino.
«Tu sapevi...»
«Certo. Altrimenti perché ti avrei portato lì?» disse sorridendo.
«In che modo tutto ciò può risultare a tuo vantaggio?»
«Vantaggio? Nessun vantaggio. Solo puro piacere personale.»
«Mi hai usato. Era questo il tuo piano. Ed hai fatto leva sulle mie debolezze per raggiungere il tuo scopo: mi congratulo per il tuo successo.» disse Spock, in parte onorando seriamente la caparbietà dell'alieno, in parte accusandolo.
«Suvvia, ci abbiamo guadagnato entrambi, o sbaglio? Io, inguaribile romantico,» continuò dopo aver bevuto un sorso dal bicchiere «ho fatto in modo che due anime gemelle come voi si incontrassero. Potrei fare a gara con Cupido!» si elogiò, balzando in piedi e facendo comparire un arco ed una faretra ricca di frecce; dopo averne scoccata qualcuna le fece sparire e finì il suo discorso «Anzi, direi che sono anche meglio di lui. E poi, pensala così: tra qualche giorno io mi sarò già stufato di osservare le vostre miserabili vite; in cambio voi due piccioncini potrete continuare con le vostre scaramucce amorose. Che ne dici?»
«Dico che non ci saranno, come le chiami tu, “scaramucce amorose”.»
«E perché mai?» chiese sorpreso Trelane.
«Perché mio padre mi impedirà di vederlo...» si alzò in piedi e si diresse verso la porta della sua stanza «ora che è a conoscenza della mia disubbidienza.»
Spock aprì la porta e si trovò di fronte il padre, rigido e con lo sguardo severo.
«Spock, come hai osato disubbidirmi?» parlò, aumentando leggermente il volume della voce.
«Ne subirò le conseguenze.» rispose Spock, che dopo aver incontrato James non riusciva a sentirsi in colpa per l'atto commesso.
«Oh, non me ne ero minimamente accorto.» commentò Trelane, con tono ironico «Quanto mi dispiace!» aggiunse con tono ancor più melodrammatico.
E da lì sparì.
«Spock, mi devi una spiegazione. Subito.» ordinò il padre, dopo aver visto lo sconosciuto dissolversi.
Dopo aver spiegato l'intero accaduto al padre, questi dovette utilizzare fino all'ultima goccia di sangue vulcaniano per trattenersi; Amanda invano cercava di mediare tra i suoi due uomini, prima dando ragione all'uno, poi schierandosi dalla parte dell'altro, facendo notare come entrambi avessero commesso i propri errori e di come il comportamento di entrambi avesse oltrepassato il limite. Quando la situazione divenne ingestibile, Amanda alzò la voce e zittì i famigliari.
«Ora ascoltatemi bene, voi due. Siete padre e figlio, e vi volete bene, per quanto possiate o vogliate ammetterlo. Quindi, finitela con la vostra “logica” e smettetela di litigare! Ora decido io. Spock, torna in camera tua; marito mio, andiamo a letto. E domani mattina potremo chiarire la faccenda. Intesi?»
I due uomini si guardarono.
«Emotiva.» affermò Spock.
«Sì, lo è sempre stata.» concordò Sarek.
«Oh, adesso vi alleate contro di me? Via, tutti a letto. E non voglio sentir ragioni!» ordinò a voce alta, indicando con le braccia in direzione delle due camere.
E immediatamente i due uomini obbedirono.



Kirk rimase immobile, in piedi per qualche secondo; gli occhi erano puntati verso la postazione dell'Ufficiale Scientifico, direzione verso la quale, pochi istanti prima, si trovava quel misterioso uomo. E quell'entusiasmo, quell'atmosfera privata e rassicurante che poco prima avvolgeva l'intero ponte e che lo aveva fatto sentire completo, che aveva per quei pochi attimi saziato la sua sete di curiosità e di bisogno era svanita con lui. E si chiedeva se tutto ciò potesse essere stato solo un sogno. Ma il suo animo negava tale possibilità.
Kirk si sedette sulla poltrona del capitano, tenendo stretta nel pugno la benda. La rigirò fra le dita sentendone la morbidezza, quella sensazione che provoca il tessuto mentre sfrega contro la pelle; con i polpastrelli riusciva ancora a sentirne il calore.
Ma tutto ciò era niente in confronto a quello che aveva potuto toccare pochi istanti prima: perché prima era riuscito a sfiorare colui che gli apparteneva, colui a cui egli stesso doveva e voleva donarsi; perché mai prima di allora aveva avuto sotto le sue mani una creatura dai lineamenti così decisi ed eleganti, dagli occhi così scuri da potervisi perdere dentro, ma con quella luce pronta a guidarlo nuovamente in superficie; e nella sua mente non balenò alcun pensiero sul fatto che quella voce, che da molto, troppo tempo, lo aveva fatto infatuare, possedesse un timbro maschile, perché ciò che cercava e di cui aveva bisogno andava oltre tali barriere, e perché ciò che gli si era presentato d'innanzi si era rivelato così unico e inimitabile che egli stesso dovette meravigliarsi del fatto che una tale creatura avesse scelto proprio lui.
E rimase a riflettere su quell'immenso regalo che gli era stato fatto, fra il silenzio della plancia e i flebili suoni che ogni tanto, giusto per ricordagli che la nave era ora in funzione e pronta a partire, venivano emessi dalle console che lo circondavano.
Non mise piede nella sala ricreazione 1 per tutta la serata; non era il momento di immergersi nelle festività e sorridere a quella massa di gente ormai completamente corrotta dall'alcol. La sua mente era impegnata in altri ragionamenti, piani che non lasciavano spazio ad altri pensieri: avrebbe ritrovato quell'uomo; lo avrebbe riportato a bordo dell'Enterprise perché serviva alla nave, serviva alla missione... e serviva a lui.
E mentre cercava una via per raggiungere il suo scopo, le porte del turboascensore si aprirono ed entrò in plancia un ufficiale addetto alla sicurezza, per informarlo della fine del ballo e del conseguente teletrasporto di tutti gli ufficiali direttamente all'Accademia.
«L'Ammiraglio Komack mi ha chiesto di riferirle la seguente domanda: è riuscito a trovare un Ufficiale Scientifico?» concluse l'uomo dalla maglia rossa.
«Gli risponderò di persona, grazie. Avvisi l'Ammiraglio che intendo raggiungerlo immediatamente per discutere di tale faccenda. E avvisi anche il teletrasporto che sarò da loro entro pochi minuti e che preparino le coordinate per il mio atterraggio.» ordinò Kirk, prima di uscire dalla plancia e dirigersi verso il suo nuovo alloggio per un veloce cambio d'abito ed un veloce sguardo alla banca dati del suo computer.
«Sissignore.»



«Ammiraglio.» salutò il biondo con un lieve cenno del capo.
«Capitano Kirk, non ho voluto negarle questo incontro, ma non le sembra un tantino tardi?» chiese Komack, seduto composto dietro la scrivania.
«Sì, me ne rendo conto. Ma ho una questione fondamentale a cui porre rimedio. Riguarda il mio Ufficiale Scientifico.»
«Si sieda, Kirk, si sieda. E mi spieghi meglio.» lo invitò.
Il nuovo capitano dell'Enterprise si accomodò, quindi, di fronte all'Ammiraglio e cominciò a parlare, mantenendo costantemente il contatto visivo per sottolineare quanto la questione fosse per lui delicata e importante.
«Ho trovato la persona perfetta per questo incarico.» disse; fece una piccola pausa, per mettere in ordine i pensieri e le parole, e poi continuò «Ma non so chi sia.»
Komack rimase stupito da tale dichiarazione.
«Lei non sa... chi sia? Capisco fosse un ballo in maschera e che, perciò, il loro aspetto potesse venirle nascosto, ma il suo compito era quello di testare i nostri allievi: era sottinteso che dovesse chiedere loro il nome!» lo rimproverò alzando la voce.
«È la prima cosa che ho voluto sapere, Signore. Il fatto è che il suo nome non figura nell'elenco degli studenti partecipanti all'evento.»
«Questo non è possibile.»
«Ne sono al corrente. Gli inviti sono stati spediti solamente agli aspiranti ufficiali dell'Accademia, e nessuno avrebbe potuto intercettarne uno. In questo modo solo noi potevamo essere informati della festa appena avvenuta e nessuno avrebbe potuto infiltrarsi a bordo della nave. Eppure...»
«Qual era il suo nome?»
«Spock.»
«Spock? Ma che razza di nome assurdo è mai questo? Nessun “Spock” è mai stato accettato alla nostra Accademia.»
«Eppure le sto dicendo la verità.» disse Kirk, che odiava essere preso per bugiardo.
«Senta, Kirk, la sua nave parte fra tre giorni. E l'equipaggio deve essere al completo. Se lei non è stato capace di trovare un Ufficiale Scientifico, allora lo sceglieremo noi per lei.»
«Ma io ho trovato il mio Ufficiale!» controbatté Kirk, alzandosi in piedi e puntando le mani contro la scrivania.
«La prego, Capitano, si sieda e si calmi.» lo apostrofò Komack, rimanendo il più possibile composto «Mi dica, come ha intenzione di trovare questo fantomatico Ufficiale? Mi proponga una soluzione, e io le darò tre giorni di tempo per riportarlo a bordo della sua nave.» gli offrì, incrociando le dita e appoggiando le mani sul petto.
«Ragionando sull'accaduto, l'unica possibilità è che “Spock” sia un nome falso. E, prima che me lo chieda, no, non so nemmeno io perché mai un aspirante ufficiale avrebbe dovuto nascondersi dietro a tale espediente. Ma posso scommetterci la vita che lui è l'uomo che fa al caso nostro; perciò intendo riportarlo qui. E, poiché, come abbiamo già constatato, nessuno oltre agli allievi dell'Accademia possono aver messo piede a bordo della mia nave, mi sembra ovvio cercare proprio fra di loro.»
«E come pensa di fare?» chiese Komack, scettico.
«Li convocherò uno per uno. E quando ce l'avrò davanti, saprò riconoscerlo.» rispose Kirk, convinto come non era stato mai.
«Devo confidarle che non nutro molta speranza nel suo piano e che mi sembra una ricerca vana, la sua. Ma le avevo promesso che le avrei dato una chance, e quindi l'avrà.»
«La ringrazio, Signore.» disse Kirk, alzandosi e dirigendosi verso la porta per cominciare il prima possibile la sua ricerca.
«E... Capitano.» lo chiamò l'Ammiraglio.
Kirk fermò i suoi passi e si voltò.
«Capitano, noto il suo enorme entusiasmo, ma la prego... ora vada a letto. Può cominciare ad incontrare i nostri cadetti da domani mattina. Penso che ora non sia l'ora adatta.»
Kirk non disse nulla, ma fece solo un cenno d'assenso con il capo ed uscì dalla stanza. Si diresse velocemente verso il suo giaciglio e si coricò, sperando che durante il sonno il tempo passasse più velocemente e convinto che il suo piano avrebbe funzionato.



«James... James...» lo chiamò la voce, quella voce a cui ora aveva potute dare un volto «James... vieni da me. Vieni a prendermi...» lo invocava da lontano.
«Dove sei?» gli chiede il biondo, che intorno a sé non riusciva a vedere altro che buio.
«Seguimi... vieni da me...» continuava ad incitarlo.
E ad un tratto una luce verde, quella stessa luce che per molte notti lo aveva guidato lungo i suoi sogni, riapparve. E come molte volte aveva già fatto, lo portò ai piedi di un monte. E Kirk si arrampicò, aiutandosi con le mani e con i piedi, spingendo con forza verso l'alto e non permettendo alla stanchezza di fermarlo, né tanto meno di rallentarlo; e quando, finalmente, giunse sulla cima, la luce era lì, in tutto il suo splendore. Kirk le si avvicinò lentamente, per la paura di farla in qualche modo spaventare. Protese la mano destra in avanti. Passo dopo passo il suo corpo veniva avvolto da quella luminescenza e Kirk si sentì come abbracciato; e le sue dita sfiorarono qualcosa, qualcosa di caldo e vellutato. E lo riconobbe. E sforzando la vista riuscì ad intravedere di nuovo quel volto, impassibile ma ricco di dolcezza. E la sua mano era ora interamente a contatto con quella sua guancia tesa.



Il giorno seguente Kirk si alzò presto la mattina e subito cominciò a scorrere la lista dei nomi degli invitati. Uno ad uno li incontrò, ci parlò e scherzò, ma nessuno di loro era Lui. Dopo essere arrivato a metà dell'elenco, cominciò a dubitare di poterlo trovare. Ma subito gli tornò alla mente il sogno fatto quella stessa notte, e la fiamma del suo entusiasmo ricominciò ad ardere, con ancora più forza.
La sua mente era così presa dalla ricerca, che nemmeno la fame, la sete o la semplice stanchezza riuscirono a scalfire la sua determinazione.
E quando, verso l'ora di cena, aveva ormai terminato di ispezionare ogni ufficiale e non aveva trovato in nessuno di loro la minima somiglianza con il suo Spock, nemmeno ciò riuscì ad atterrarlo. Convinto delle sue azioni, tornò nel suo alloggio e si rimise al computer, controllando eventuali errori nella trascrizione dei dati ed eventuali file nascosti.



«Ammiraglio Komack,» parlò Kirk appena entrato nell'ufficio e senza nemmeno aspettare che il suo superiore lo facesse accomodare «il mio piano non ha prodotto alcun esito positivo: ho interrogato tutti gli ufficiali presenti all'Accademia. Ma non c'è stato nulla da fare. Lui non è qui.»
«Si arrende, quindi?» domandò Komack, alzando lo sguardo dalla pila di carte a cui stava lavorando.
«No.» rispose Kirk, con gli occhi pieni di convinzione.
«No? E cosa intende fare, ancora?»
«Vedo che non ha prestato ascolto attentamente alle mie parole. Io ho affermato di aver incontrato gli ufficiali presenti all'interno dell'Accademia. Non tutti quelli che ad essa sono iscritti.»
Komack rimase a guardarlo con un espressione perplessa.
«Essere Capitano offre i suoi privilegi, come ben saprà; ed io so come sfruttarli. Ed ho scoperto che vi è ancora un uomo che non ho avuto il privilegio di incontrare.»
«Ho capito a chi si riferisce: il figlio dell'Ambasciatore Sarek, ho indovinato?»
«Esattamente.» rispose Kirk, compiaciuto di se stesso.
«Mi dispiace deluderla, Capitano, ma lui non era qui ieri sera: suo padre aveva espressamente proibito a suo figlio di prendere parte alla sua celebrazione. E i vulcaniani non sono soliti disubbidire ai propri genitori.» affermò Komack, rimettendosi a lavorare sulle sue carte.
«I vulcaniani forse no. Ma lui è per metà umano.»
«Senta Kirk, venga al dunque. Dove vuole arrivare?» gli chiese l'Ammiraglio, che non aveva tempo da perdere in inutili chiacchiere.
«Le chiedo il permesso di andare su Vulcano.»
«Permesso negato.» rispose Komack, senza nemmeno alzare gli occhi dal foglio.
«E perché mai?»
«Perché sarebbe un viaggio inutile.»
«Ho ancora due giorni di tempo a mia disposizione e sono sufficienti per andare fino a lì e ritornare con il mio Ufficiale Scientifico pronto a partire per la missione.» ribatté Kirk, ostinato.
«Cosa le fa credere che quel vulcaniano sia il suo “Spock”?» chiese Komack, ora fissando negli occhi Kirk e aspettando da lui una risposta convincente.
«Non sono in grado di spiegarglielo. Ma ne sono certo.» rispose il Capitano, che per la prima volta era a corto di parole.
«Non mi sembra una motivazione sufficiente.» disse incrociando le braccia.
«Non posso dirle di più. Lei deve fidarsi di me.»
«Sà, Capitano Kirk, in molti scommettono su di lei. La reputano la giovane promessa della Flotta...»
«Ne sono al corrente e sono fiero della loro fiducia.»
«...ammirano la sua perspicacia e il suo talento innato per il comando, la sua intelligenza strategica ed il suo costante impegno, il suo coraggio ed il suo comportamento di fronte al pericolo. Ma più di ogni altra cosa, ciò che li ha colpiti è stato il suo istinto. Non mi sembra corretto mettere un freno proprio alla sua qualità più grande. Perciò... le do il permesso d'imbarcarsi. Ma le ricordo un'ultima volta: due giorni, non di più.»
«La ringrazio. Quarantotto ore saranno più che sufficienti.»

   
 
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