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Autore: Rilletta_    15/01/2013    4 recensioni
“Funny how the heart can be deceiving more than just a couple times. Why do we fall in love so easy, even when it’s not right?” [P!nk – Try]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Boh Larry

Ma che cos’è questa cosa pesantissima che ho scritto?!
Madre, mi spavento da sola!

Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaallora, innanzitutto voglio dire alla mia piccola Cuppycake dolciosissima che la adoro e che è una Cuppycake dolciosissima e che la adoro perché è una Cuppycake dolciosissima #Miao ^_^
Poi voglio dire a Sissì che è stupenda e che se potessi la abbraccerei ogni istante della mia vita, perché di persone così stupende ce ne sono veramente poche al mondo!

Detto questo, vorrei precisare il fatto che bisogna usare sempre le precauzioni quando si fa sesso, a meno che non si voglia fare un bambino, in quel caso è un altro discorso, e nel caso in cui siate donnine, prendere la pillola va bene, ma non protegge da varie ed eventuali malattie.
Insomma, per dirla alla Mean Girls (Se non l’avete mai visto, SHAME ON YOU!):
“DON’T HAVE SEX, ‘CAUSE YOU’LL GET PREGNANT AND DIE!”
Bene, l’angolo dell’educazione sessuale è finito! Spero che vi piaccia e se vorrete insultarmi perché vi fa schifo, vi capirò!

Quindi, vi lascio a questa sottospecie di One Shot che ho scritto, e….Niente…
Tanti cari saluti e tanto amore (:

 

 

 


 

Louis Tomlinson, 21 anni di occhi azzurri e di mura costruite per ripararsi dall’amaro della sua esistenza, era arrivato ad un punto di non ritorno.

Viste le esperienze di sua madre, credeva di aver capito che nella vita o si ama, o non si ama. E gli sembrava una cosa tristemente buffa, dato che non faceva altro che “amare” una ragazza, e “non amare” il suo migliore amico. Ormai, però, aveva imparato a memoria il rumore che faceva il suo cuore quando incontrava lo sguardo del riccio. Era il rumore della bugia più grande che avesse mai potuto raccontare e vivere.

Più andava avanti, e più quel rumore diventava assordante.

Faceva finta di nulla, cercava di convincere tutti, ma chi lo conosceva bene non poteva far a meno di accorgersi che i sorrisi che dispensava non arrivavano mai agli occhi. Chi lo conosceva bene sapeva che quei cristalli azzurri non mentivano mai. Chi lo conosceva bene, conosceva bene anche il suo dolore.

 

Zayn Malik, 20 anni di sguardi profondi, aveva osservato per molto tempo il ragazzo di Doncaster, e aveva imparato a memoria la sua malinconia.

Per questo, in quella fredda giornata di Gennaio, aveva deciso di farlo sfogare un po’.

“Ehi Bro! Che ne dici di farci quattro chiacchiere?”, gli aveva detto, mentre si rilassavano un attimo su uno dei divani della sala prove, lontani (o almeno, così gli pareva) dagli altri tre.

Il castano sospirò, regalandogli poi uno dei suoi sorrisi finti: “Cosa vuoi che ti dica, Zay? Sto male.”

 

Harry Styles, quasi 19 anni di eccessivo senso del dovere, aveva passato gli ultimi cinque minuti nascosto dietro la porta di una sala prove, a spiare due dei suoi migliori amici, o presunti tali. E ci aveva provato a non intromettersi, combattendo l’istinto di uscirsene con una risata e dire a Zayn che non conosceva Louis, non quanto lui. Ci aveva davvero provato a dar retta alla sua coscienza, quella che stava urlando nel suo cervello di andare via, di non ascoltare niente, che quella conversazione avrebbe provocato solo altre ferite al suo cuore, già stracciato da quel buon senso che lo distingueva dagli altri ragazzi della sua età. Ci aveva provato sul serio, ma quando le ultime due parole gli arrivarono alle orecchie, i suoi piedi si azionarono da soli, così come le sue corde vocali, facendolo uscire allo scoperto e dire: “E allora parlami!”.

 

Il ventunenne sbarrò gli occhi e il riccio chiese al moro di lasciarli soli, che gli altri erano usciti per andare a pranzo, che li avrebbe trovati al Nando’s dietro l’angolo e che le prove del pomeriggio erano state annullate, rassicurandolo del fatto che aveva le chiavi e che avrebbe chiuso tutto lui.

 

Non appena il loro amico fu uscito, Harry posò di nuovo le sue pozze verdi su Louis, chiedendogli di nuovo di parlare.

Non ricevendo risposta, si avvicinò ulteriormente, alzando il viso del più grande, tenendogli il mento tra l’indice e il pollice della mano destra.

“Devi parlare con me. Io ho bisogno di sentirti parlare, di sapere come stai. Rivoglio il mio…migliore amico…Dimmi quello che senti, come ai vecchi tempi. Parlami!”.

Sfuggì alla presa del più alto, riuscendo finalmente a trovare il coraggio di guardarlo.

“Come? Come posso parlare con te? Come faccio a parlarti, a dirti come sto, a dirti cosa sento?”.

 

Louis e Harry, due anni e poco più di conoscenza, avevano passato i primi nove mesi vivendo in simbiosi.

Si erano conosciuti ad X-Factor, e già dal primo incontro nei bagni avevano capito che qualcosa di incredibilmente profondo li legava. Si erano ritrovati nello stesso gruppo, avevano iniziato a conoscersi e avevano scoperto che, qualche tempo prima, erano addirittura stati allo stesso identico concerto. E proprio la sera di quella scoperta incredibile, si erano dati il primo bacio. Erano arrivati terzi, ma a loro non importava, perché uno aveva l’altro, e non c’era bisogno di ulteriori cose. Erano persino andati a vivere insieme!

Però le fans avevano iniziato a capire, e i Managers a lamentarsi, e così era saltata fuori l’idea di Eleanor.

Louis, pur di non perderlo, avrebbe accettato qualsiasi condizione: avrebbe finto di amare una ragazza, avrebbe mentito al mondo, avrebbe fatto carte false pur di stare con il suo uomo.

Harry, invece, non sarebbe mai riuscito a sopportare le bugie e il nascondersi. Era intelligente, era maturo, ma quel mondo, fatto di soldi e fama, non lo conosceva affatto. Non come ora almeno. Adesso aveva capito perfettamente che tutto quello sbrillucicare non era oro, ma solo un modo colorato di nascondere infinite menzogne. E, purtroppo, l’aveva provato sulla sua pelle.

 

Tutti li vedevano semplicemente come cinque ragazzi fortunati, partiti da un talent show e arrivati in cima al mondo. Cinque ragazzi tranquilli e felici del loro lavoro, ognuno con un’etichetta stampata in fronte: Liam il più maturo, Zayn il riflessivo vanitoso, Niall l’Irlandese confusionario.

E poi c’erano loro due.

Louis, a volte scontroso, saccente ed eterno bambino.

Harry, il puttaniere senza cuore.

Nessuno cercava di più. Al mondo, ai Managers, bastava questo. Poco importava se qualcuno stava male. Poco importava se le vite di due ragazzi stavano cadendo a pezzi.

 

In quei novi mesi, Louis, aveva capito che la vita senza Harry faceva schifo.

 

In quei nove mesi, Harry, aveva capito che senza Louis la sua vita non avrebbe avuto più senso.

 

Eppure con l’arrivo della copertura, il piccolo non aveva retto e l’aveva lasciato, dicendogli che lo amava ma che lo faceva per il loro bene, che era giusto così, perché due persone non dovrebbero mai nascondersi e che forse, come per il loro incontro, il destino stava giocando le sue carte.

Gli aveva chiesto di rimanere amici, non solo per l’integrità della band, ma anche perché sperava seriamente di potergli stare vicino, almeno in quel modo.

 

Continuava a cercarlo, provava a parlargli, ma le uniche volte che Louis lo assecondava, era davanti alle telecamere e durante le uscite in pubblico, perché doveva fingere che tutto fosse al suo posto, che la loro amicizia fosse stabile.

 

E poi c’era stata la volta in cui avevano vinto il Brit, e il compleanno di Harry, e i VMAs, e la notizia della finta relazione con Taylor Swift, l’esibizione al Madison Square Garden e la festa per i 21 anni di Louis che il riccio aveva organizzato in anticipo perché sapeva che avrebbe passato il Natale negli States.

E ci erano ricascati.

Si erano ritrovati nudi, abbracciati ed ansanti, promettendosi che quella sarebbe stata l’ultima volta, che poi basta, che non era giusto, che non potevano fare così.

 

Harry si era ripromesso di non farlo più, che avrebbe resistito a qualsiasi costo, ma poi la sera della festa l’aveva visto così felice per quello che aveva fatto per lui e aveva calato totalmente le difese, regalandogli e regalandosi una delle notti più belle della sua vita.

Quando però, la mattina dopo, se ne stava per andare, lasciandolo solo nel letto, Louis si era voltato e gli aveva detto: “Se te ne vai adesso, non ti sforzare di parlarmi per il resto dei tuoi giorni.”. E lui si era chiuso la porta alle spalle, sperando di fare la cosa giusta, credendo di poterlo far stare meglio.

Non era stupido, sapeva che nell’immediato sarebbero stati male entrambi, ma con il tempo era certo che la cosa sarebbe migliorata: il ragazzo di Doncaster sarebbe andato avanti, avrebbe trovato qualcun altro e lui l’avrebbe visto finalmente felice.

E quell’idea era ciò che l’aveva mandato avanti per tutto il tempo.

 

Non aveva più risposto alle sue chiamate, né ai messaggi che gli lasciava in segreteria. Non lo guardava neanche più negli occhi. Gli aveva scritto gli auguri ovunque, senza ricevere nient’altro che il nulla.

Era riuscito ad andare avanti, a non crollare.

Quel giorno, invece, la conversazione che aveva origliato, l’aveva letteralmente distrutto.

Si era definitivamente reso conto di quanto lo avesse ferito,  di quanto gli mancasse e di quanto avesse bisogno di lui.

 

“Lou…”, cercò di dirgli, ma fu interrotto.

“Louis. Mi chiamo Louis. Hai perso la possibilità di dimostrarmi affetto la mattina in cui mi hai lasciato da solo in quella camera.”

Lo sguardo che gli riservò era così carico di dolore che non riuscì a far altro che scoppiare a piangere, buttandosi tra le sue braccia, implorando di perdonarlo.

Il più grande lo lasciò sfogare, senza però riuscire a toccarlo. Quando percepì, dopo qualche minuto, che i singhiozzi si erano calmati, cercò di allontanarsi, senza alcun risultato.

“Non ce la faccio più a stare senza di te! Mi manca l’aria! È come se dovessi vivere con le braccia e le gambe attaccate al corpo ma senza poterle usare! Sento il sangue scorrere nelle vene senza riuscire ad avvertire il battito del mio cuore! Mi sento vuoto, senza senso! Prima riuscivo a combinare qualcosa perché di tanto in tanto mi parlavi, o ti scoprivo a guardarmi di nascosto! Ora non mi consideri, neanche per un secondo! E mi manchi, Louis! Mi manchi e sto impazzendo senza di te!”. Sciolse la morsa in cui l’aveva stretto solo per poterlo guardare negli occhi, per poi riprendere a parlare. “Io ti amo! Ti amo così tanto che sarei pronto a lasciare tutto se solo tu me lo chiedessi! Scappiamo, lo urliamo al mondo, o ce lo teniamo per noi. Facciamo tutto quello che preferisci tu, ma non lasciarmi di nuovo, ti prego!”, cercò di continuare, ma le labbra sottili del ventunenne glielo impedirono. Rimase stupito per una frazione secondo, rispondendo però istintivamente al bacio.

Lo accarezzò con la lingua, cercando la sua, trovandola pronta alla sua volontà. Gli prese la mano, facendo intrecciare le loro dita, e gli sembrò di tornare a respirare dopo essere stato per un’infinità di tempo sott’acqua, senza ossigeno.

Quando gli si sedette sopra, credette di impazzire.

Lo guardò mentre gli sbottonava la camicia, sfiorando le due rondini che aveva sul petto, quelle che si era tatuato pensando alla loro storia. Erano il simbolo di un amore eterno, di due entità che si ritrovano, sempre e comunque. E quando se le era fatte disegnare sulla pelle, lo aveva fatto perché sentiva che, nonostante la situazione, il suo cuore sarebbe appartenuto a Louis fino alla fine dei suoi giorni.

La dolcezza e l’attenzione con cui stava compiendo quei gesti lo fecero sentire ancora più in colpa, non solo nei suoi confronti, ma anche verso sé stesso. Si era privato di una felicità immensa, di un amore indescrivibile. Aveva fatto del male ad entrambi e tutto per paura di rovinare un qualcosa che, in quel momento preciso lo vedeva, poteva essere solo perfetto.

Ritornò al presente quando avvertì le cosce del più grande stringersi intorno al suo bacino, creando una frizione che lo fece tremare dal piacere.

Tirò indietro la testa, lasciando scoperto il collo che fu subito attaccato dal castano. Sentiva le sue labbra poggiarsi sulla pelle, e ogni bacio bruciava come fuoco: partiva dall’epidermide e arrivava al cuore. E Harry lo sentì chiaramente che stava tornando a percepire i suoi battiti, perché erano sempre più accelerati e si rincorrevano come in una gara di velocità.

E sorrise.

Louis era tra le sue braccia, lo stava facendo sentire bene e quello era l’importante.

Basta Management, basta fans, basta stronzate, basta solitudine, basta finzione, basta dolore.

 

Felicità.

 

Gioia.

 

Amore.

 

Accarezzò il viso del suo ragazzo, baciandolo subito dopo e togliendogli la maglietta, facendo poi toccare i loro petti nudi, ansimando pesantemente per il calore improvviso.

Quando la mano del ragazzo di Doncaster arrivò al cavallo dei suoi pantaloni, temette seriamente di poter morire.

 

Louis prese a massaggiarlo piano, con delicatezza, per poi togliergli anche i boxer e riprendendo il lavoro che aveva iniziato, ma pelle contro pelle.

Quando si rese conto che era quasi al limite, si fermò, sentendo un sospiro di protesta levarsi dalle labbra della meraviglia che aveva sotto. Lo baciò per poi alzarsi e finire di spogliarsi.

Per quante volte Harry l’avesse visto nudo, mai e poi mai si sarebbe rassegnato alla sua bellezza.

La pelle ambrata, i bicipiti scolpiti, la pancia leggermente accennata, il sedere sodo e perfetto. Quel corpo per lui era meglio di qualsiasi opera d’arte.

Quando gli si sedette di nuovo sopra, lo fece prendendogli una mano e portandola alla bocca. Iniziò a far strusciare le loro erezioni già formate, mentre leccava e inumidiva ripetutamente le sue dita. Nel momento in cui si ritenne soddisfatto di ciò che stava facendo, portò la mano del più piccolo a prepararlo.

 

Non riuscì a nascondere il fastidio che provò, così il riccio si fermò a guardarlo, spaventato dal gemito di dolore che si era lasciato sfuggire.

“Scusa”, gli disse, ma il più grande si spinse verso la sua mano e, mordendosi le labbra per non urlare, lo lasciò fare. Poco dopo il piacere iniziò a farsi strada. Harry conosceva a memoria anche il suo corpo, tanto che, poco dopo, Louis sentì i polpastrelli delle due dita che aveva dentro arrivare a toccare la sua prostata.

Sussurrò il suo nome e il piccolo avrebbe potuto giurare di non aver mai sentito niente di così sensuale in tutta la sua vita. E quando, avvicinandosi al suo orecchio, lo pregò di farlo suo, un lungo brivido gli attraversò la spina dorsale.

Tolse le dita e lo guardò negli occhi, rendendosi conto di un dettaglio non poco importante.

“Lou…”, lo richiamò. Il ragazzo riprese a torturargli il collo, lasciandogli piccoli morsi qua e la. “Lou, non ho un preservativo!”, lo avvertì.

E allora, nonostante il dolore che gli aveva causato, nonostante il tempo passato separati, nonostante tutto, lo stupì per l’ennesima volta.

Prese l’erezione in mano e la spinse verso la sua apertura, lasciando il riccio a bocca aperta. Quando le sue natiche arrivarono a poggiarsi sui testicoli dell’altro, lo guardò.

“Non ho bisogno di protezioni. Voglio sentirti.”, si avvicinò all’orecchio destro, mordendogli il lobo ed iniziando a muoversi.

 

“Mi fido di te.”, e Styles non riuscì a fermare le lacrime che ripresero a scorrere sulle sue gote e che Louis asciugò con baci leggeri come farfalle.

 

Continuò a prenderlo per qualche migliaio di battiti ancora e quando l’intimità del piccolo toccò il suo punto, venne copiosamente tra i loro petti. La contrazione dell’anello di muscoli non fece resistere l’altro, che si svuotò dentro la ragione della sua esistenza, riempiendolo.

 

Fu allora che si abbracciarono, ancora incastrati e sudati, stringendosi più forte che mai.

 

Ed Harry nascose il suo viso tra la spalla ed il mento del castano, poggiandogli le labbra sul collo ed inspirando il suo profumo.

 

Quell’odore di dolcezza, di casa, di sicurezza, di tutto, gli fece ricordare quanto non avesse bisogno di credere in Dio.

Le porte del Paradiso per lui si erano aperte quando, per la prima volta, aveva incontrato l’azzurro degli occhi di Tomlinson.

 

Aveva Louis.

 

Aveva tutto.

 

January 13th, 2013

@Harry_Styles

Today was the most amazing day I've had so far.. In my life ever.

  
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