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Autore: Dottie93    15/01/2013    4 recensioni
Ecco il mio primo esperimento sulla Sirius/Mary (con qualche spruzzata di James/Lily e riferimenti alla Remus/Ninfadora)
Qualche assaggino:
«Ho incontrato Edward, un po' di tempo fa.» spiegò l'uomo, con un sospiro triste. Sirius si limitò a corrugare la fronte, per dare una faccia a questo tipo. Non riuscì a dargliene una e Remus lo capì all'istante. «Edward Macdonald, Sirius.»
«Oh.» fu tutto quello che disse, prima di chiudersi in un silenzio che per Remus significava molto di più di tutte le risate che avrebbe potuto tirare fuori dalla pancia che gli stava venendo per tutto quell'alcool.
[...]
«Va bene, Mac...» disse lui, allentandosi la cravatta rosso e oro. «giochiamo come vuoi tu, allora.»
Lei corrugò la fronte, spostando lo sguardo dallo spiraglio che aveva lasciato nella porta, a lui. «Sei scemo?» gli chiese, senza troppe cerimonie.
[...]
«Fa male.» ripeté il ragazzo, porgendole la mano col pollice mortalmente ferito. «Un taglio del genere sul collo avrebbe potuto uccidermi.»
«Sai che liberazione.» commentò lei, tirando fuori qualcosa dalla borsa. «Sei peggio di un bambino, Sirius, e hai già quattordici anni.»
Lui si rimise il pollice in bocca, scornato. «L'età è solo un numero!»

Buona lettura!
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Mary MacDonald, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Vorrei iniziare col dire che Sirius è un personaggio che ho iniziato ad apprezzare molto leggendo le fanfiction. Sarà che è un bel po' che non leggo i libri di Harry Potter, ma non aveva mai attirato molto la mia attenzione. Ora, invece, lo adoro, e ancora di più adoro le Sirius/Mary, che ho scoperto proprio qui su EFP, e ho visto che nel resto del mondo – Italia esclusa – non ci sono molti fan oltre me XD, anche se ho letto di recente una splendida fanfiction su questa coppia, e ne ho amato i personaggi quasi che fossero stati parenti miei.

La consiglio a chi mastica un po' di inglese, anzi, anche a chi non lo mastica per niente. Si chiama “The Art of Breathing” di AC_rules, su Google si trova facilmente, è un po' lunga, ma è davvero meravigliosa. Se ho mai pianto leggendo qualunque cosa – libro o fic che fosse – è stato proprio con questa storia.

A proposito di Mary, vorrei dire che non ho idea di quale siano le sue caratteristiche fisiche, ma ho letto delle storie in cui è bionda. Qui non lo sarà, perché bionda proprio non ce la vedo, per qualche ragione.

La fanfiction è collocata nel quinto libro, sperando che Harry abbia davvero passato il Natale a Grimmauld Place XD, e il significato della canzone [Rembember - Disturbed] un bel po' rimaneggiato – e altre parti del tutto ignorate XD –, ma io adoro scrivere queste specie di song-fic, quindi perdonatemi il pasticcio :P

Spiegazioni terminate, buona lettura :)

Shusui_

 

Remember

 

Sirius Black sbadigliò sonoramente, scendendo le scale di Grimmauld Place numero dodici. Il sole era sorto da un bel pezzo, ma lui aveva dormito della grossa per via della bella sbornia della sera prima, e non si aspettava di ricevere visite a quell'ora, sebbene non gli dispiacesse averne. Mancavano ancora un bel po' di settimane a Natale, data in cui avrebbe potuto rivedere Harry, il suo figlioccio, insieme agli Weasley e tutto il resto dell'Ordine. In effetti, aspettava con ansia le vacanze di Natale, per vedere di nuovo quella casa piena di vita, solo che stavolta non ci sarebbe stata gente che odiava.

Comunque non era quello il problema più pressante del momento, alle dodici e venti di un bel venerdì mattina nel quale Sirius non prevedeva – né intendeva – essere disturbato dal suo gratificante sonnellino post-sbronza. Dopotutto che avrebbe dovuto fare, da solo – eccetto l'ingombrante e orribile quadro in cui era raffigurata la sua adoratissima madre –, rinchiuso in quella casa polverosa, da cui, peraltro, era scappato da adolescente?

Andò ad aprire la porta, sembrando quasi seccato, lasciando un Remus di stucco. Di solito era sempre felice di vedere qualcuno, nonostante fosse da poco passato il trentuno di Ottobre, data in cui entrambi preferivano rimanere da soli.

«Moony.» lo salutò, senza particolare enfasi, facendosi da parte per farlo entrare. Si stropicciò un occhio e sbadigliò di nuovo, apparendo al suo migliore amico come ai tempi di Hogwarts, lo stesso ragazzo di allora. In risposta, sorrise stancamente.

La luna piena era passata da poco, e aveva lasciato dei segni recenti sul volto del licantropo, facendolo apparire più vecchio di quanto non fosse, ma non meno di quanto lui stesso si sentisse.

Si sedettero in cucina davanti a una tazza di tè, e Sirius si stiracchiò, facendo scricchiolare il legno vecchio della sedia. «Allora,» richiamò la sua attenzione, dopo aver bevuto una generosa sorsata. «sei forse venuto qui per farmi marcire nel silenzio?»

«No.» rispose l'altro, passandosi una mano sul volto. «Non è stata una buona settimana per me, tutto qui.»

«Lo so.» commentò Sirius, congiungendo le mani in grembo. «Per via del tuo piccolo problema peloso.» poi batté una mano sul tavolo. «A pensarci sei come una femmina.»

«Prego?» chiese Remus, a metà tra l'incuriosito e l'offeso, o forse incuriosito per la curiosa offesa. In effetti, non avrebbe saputo dirlo.

«Beh, loro diventano intrattabili una volta al mese, e... pure tu.» concluse, come se il ragionamento filasse a puntino. «È come se avessi il ciclo!» e scoppiò a ridere, quasi che avesse sentito la migliore battuta del secolo.

Remus sospirò con pazienza: era evidente che la solitudine e l'isolamento dal mondo avessero gravemente peggiorato il suo senso dell'umorismo. «Non sono qui per questo.»

«Certo che non sei qui per questo.» osservò Sirius, in tono ovvio. «Non ci assorbenti in questa casa!» e rise di nuovo, domandandosi allo stesso tempo perché il suo amico non lo trovasse esilarante quanto lui.

Remus Lupin, un bel venerdì mattina, verso le dodici e mezzo, iniziò a domandarsi il motivo per il quale non avesse ancora tirato fuori la bacchetta e pronunciare un incantesimo per farlo stare zitto. Oppure uno per farlo ridere a crepapelle finché Sirius stesso non l'avesse implorato di smetterla. Imputò la sua pietà alla stanchezza. «Ero qui per darti una cosa, ma a quanto sembra ti diverti così tanto da non averne bisogno.»

«Se è la Gazzetta del Profeta, puoi tenerla.» fu la risposta di Sirius, aveva smesso di ridere, anzi, sembrava che il suo umore fosse di molto peggiorato. Aveva passato tredici anni chiuso in una prigione, e adesso chissà quanti ne avrebbe passati chiuso in quell'orribile casa. A pensarci bene, l'unico miglioramento era quella Gazzetta, niente di particolarmente invitante, date specialmente le ultime notizie sull'ancora presunto operato di Voldemort. Oh, ma c'era anche il suo bel materasso di piume, quello non era da dimenticare!

«Non è la Gazzetta.» lo tranquillizzò Remus, ma non diede nessun indizio su cosa potesse mai avere per lui.

Sirius si spazientì un pochino. «Professore, non tenermi sulle spine.» senza contare che amava sfotterlo per aver accettato il posto a Hogwarts, dopo che avevano passato il loro periodo da studenti a farle passare di tutti i colori ai loro. Si sarebbe divertito un sacco a vederlo mentre bacchettava gli studenti per le loro malefatte. Un capolavoro.

«Ho incontrato Edward, un po' di tempo fa.» spiegò l'uomo, con un sospiro triste. Sirius si limitò a corrugare la fronte, per dare una faccia a questo tipo. Non riuscì a dargliene una e Remus lo capì all'istante. «Edward Macdonald, Sirius.»

«Oh.» fu tutto quello che disse, prima di chiudersi in un silenzio che per Remus significava molto di più di tutte le risate che avrebbe potuto tirare fuori dalla pancia che gli stava venendo per tutto quell'alcool. Edward Macdonald... Sirius si ricordò di averlo incontrato solo qualche volta, era il fratellino di Mary Macdonald, e per come se lo ricordava lui era alto poco più di una sedia. «Non credo che avesse qualcosa per me.» nessun'altro sapeva che lui era innocente, a parte i membri dell'Ordine, Harry e i suoi amici, come avrebbe potuto il fratello di Mary mandare Remus a portargli il regalo di Natale? Non era davvero credibile.

«In effetti no.» concordò Remus, chiedendosi perché mai, se aveva davvero tutta quella curiosità, non lo stesse facendo parlare. «Mi ha dato una cosa che penso che dovresti avere tu, tutto qui.» posò sul tavolo un grosso pacco incartato con cura – sicuramente dal suo amico, pensò Sirius – e con un biglietto allegato.

L'ultimo discendente dei Black osservò il pacco quasi avesse dovuto morderlo. «Perché è incartato?» domandò, sospettoso.

«Perché credo che dovresti aprirlo a Natale.» spiegò Remus, nel modo in cui si spiega qualcosa ai bambini.

«Cos'è?» chiese, tastando il contenuto del pacco da sopra la sottile carta da regalo marroncina. Sembrava stesse studiando un nemico, oppure il nuovo giocattolo. Il licantropo sorrise, mentre guardava il suo migliore amico bussare sul pacchetto con un orecchio accanto alla mano, quasi che quello avesse dovuto rispondergli.

«Non vuoi tenerti il piacere della sorpresa?» chiese, allora. Ma Sirius gli rivolse uno sguardo sorpreso e frustrato che sembrava gridare “Ancora, per un mese?”, la qual cosa fece sospirare il suo interlocutore. «Mi ha detto che... per l'anniversario della...» si schiarì la voce. «morte di sua sorella, così...» scosse le spalle, incerto. «è tornato all'appartamento in cui viveva, e ha trovato questo.»

Sirius e Mary avevano vissuto per anni in quell'appartamento, poi lui non aveva più voluto metterci piede, non dopo il funerale. «Questo cosa, Moony?» si impuntò, allora, preferendo che non continuasse a parlare di lei.

«Ha importanza?» gli chiese allora il suo amico, in tono stanco. «Apparteneva a lei, questo dovrebbe bastarti, o no?»

Sirius tacque, mentre continuava a fissare il suo regalo, e il licantropo si stupì di averlo zittito per una volta nella vita. Di solito Sirius aveva sempre qualcosa da dire, pur di ribattere, per quanto stupido potesse sembrare.

«Adesso devo andare.» gli disse, in tono di scuse, dopo qualche secondo di silenzio.

«E dove?» chiese Sirius, suonando più depresso che deluso. «Non hai un lavoro.» non aveva intenzione di ferirlo o offenderlo, e Remus lo sapeva, perciò non la prese male, ma non rispose. «O sì?» chiese poi, stupito.

Lui scosse la testa, alzandosi. «Ho da fare insieme a tua cugina Tonks, pare che oggi sia il suo giorno libero e io fossi l'unico disponibile per il piano.» in realtà era quasi sospetto il modo in cui finiva sempre in turno con lei, ma non ci diede peso più di tanto, quella ragazza era una compagnia più piacevole di quanto gli piacesse ammettere. «Pare che quest'anno dobbiamo organizzare il modo di riportare i ragazzi a scuola, dopo feste. Sai, col problema della Polvere Volante e il resto...»

«Ah...» fu il dispiaciuto commento di Sirius Black che, quel solito venerdì mattina, verso l'una e un quarto, si trovava di nuovo da solo nel suo salotto, con il suo regalo di Natale sulle ginocchia, e un umore molto più tetro di quello con cui si era svegliato neanche un'ora prima.

 

Sensation washes over me
I can't describe it
Pain I felt so long ago
I don't remember
Tear a hole so I can see
My devastation
Feelings from so long ago
I don't remember

 

Sirius Black non era mai stato un sentimentalista, aveva preso molto male la morte di Mary Macdonald, questo c'era da dirlo, ma non si era mai pianto addosso per lei, per quanto quella perdita l'avesse provato molto, per quanto si fosse sentito come se il mondo gli fosse crollato addosso, ma a poco meno di vent'anni era molto più che comprensibile.

Qualunque cosa avesse tra le mani, in quel momento, era un ricordo di lei, e la nostalgia gli invadeva il cuore per il solo motivo che quando pensava a lei, la vedeva ridere e, nonostante il primo istinto fosse di imitarla, la consapevolezza che lei non ci fosse più, che quel sorriso non avrebbe più potuto vederlo se non nei suoi ricordi, lo riempiva di tristezza.

Comunque non c'era molto da pensare: un detto Babbano, se ricordava bene, diceva via il mento via il dolore, e qualunque cosa intendessero dire i Babbani con una frase così stupida, Sirius era ben convinto che se avesse estirpato la fonte del suo dolore, prima o poi sarebbe stato meglio. Perciò era ora di aprire quel pacco, sperando che Remus non se la prendesse troppo per non essere riuscito ad aspettare Natale, ma poi pensò che forse sapeva benissimo cos'avrebbe fatto non appena lui avesse messo piede fuori di casa, perché, d'altra parte, si conoscevano troppo bene perché potesse ignorarlo. Forse, era addirittura il suo scopo.

Sirius non se ne preoccupò, sebbene di solito non gli piacesse agire come la gente si aspettava che facesse: la curiosità ebbe la meglio su tutto, e quando scartò il pacco, la curiosità non poté che moltiplicarsi: un album di fotografie.

Se lo ricordava benissimo quell'album, perché parecchie delle foto che c'erano dentro ce le aveva messe lui. Anzi, a dirla tutta quell'album era suo, poi lo aveva regalato a lei, pochi mesi prima che morisse. Sirius si passò una mano sul viso, sperando che la tristezza sarebbe scivolata via insieme ad essa, ma non successe. Così, decise di aprire l'album e riesplorare un po' quei ricordi che non erano sbiaditi mai col tempo, nonostante la prigionia ad Azkaban.

Non erano mai state messe in ordine, ovviamente. A dirla tutta, Sirius le aveva messe in modo casuale di proposito, perché non voleva che, guardandolo, la sua vita si potesse riassumere attraverso delle tappe stabilite. Non aveva idea del perché, ma la cosa non gli piaceva per niente.

Nella prima foto c'erano lui e James, il primissimo giorno di Hogwarts, si erano visti subito e subito avevano capito che insieme avrebbero fatto faville, per cui la foto che la madre di James, Dorea, aveva scattato come ricordo ritraeva anche lui. Fantastico, tesoro! Gli aveva detto, allora, mentre James la guardava quasi con adorazione. Hai già trovato il tuo primo amico. Molto più veloce di tuo padre, si vede che hai preso da me!

Sirius era stato molto colpito dalla famiglia del suo nuovo amico, perché l'intesa che c'era tra loro era qualcosa di estraneo e totalmente nuovo, ma lo stupì trovarlo piacevole. Nella seconda c'era anche Harry che piangeva – pareva quasi di sentirlo ancora –, proprio fuori dall'ospedale, tra le braccia di sua madre, mentre Mary le appoggiava uno scialle sulle spalle per non farle prendere freddo. Sirius accarezzò distrattamente l'immagine di lei che compiva quel gesto ancora e ancora, mentre la foto si muoveva, accorgendosi che i ricordi belli sono come una lama: più sono felici e più riportarli alla mente fa male, come un orologio che scandisce il tempo, impietoso, dandoti ogni secondo la percezione del tempo che passa e non si ferma soltanto perché lo desideri, né si inverte per farti rivivere i bei momenti. La felicità provata non torna più, come se non fosse mai esistita.

Ricordava ancora la prima volta che aveva parlato davvero con lei: nonostante fosse una delle compagne di stanza di Lily, e una delle sue migliori amiche, non erano mai andati oltre il buongiorno nelle mattine in cui girava bene ad entrambi, o qualche battibecco nato dal fatto che lui stesso le storpiasse il cognome solo per il gusto di farle saltare i nervi, ma niente di più che le solite bravate da Malandrino. Poi lei era diventata tristemente famosa per quell'evento con Mulciber, al terzo anno, ma neanche dopo averle chiesto se stava bene avevano avuto più che le solite conversazioni di cortesia.

Poi, un giorno, era successo e basta.

 

«Scappa!» gli gridò, agitata, mentre correva. Lui si era guardato in giro, cercando di capire da dove potesse provenire il pericolo, ma dietro di lei c'era solo il buio del corridoio, e niente spiegava perché, nel bel mezzo della cena, lei fosse in giro per i corridoi, dato che non era una Malandrina e non aveva uno scherzo da preparare per Gazza.

Ma Mary non era mai stata una ragazza che va molto per il sottile, così l'aveva trascinato per un braccio e si erano ritrovati schiacciati l'uno contro l'altro dentro un armadio delle scope.

«Se volevi che ci ritrovassimo in una situazione del genere,» osservò lui, con un sorriso beffardo e compiaciuto sul bel viso. «non avevi bisogno di quel teatrino, Macdonald.»

«Ma piantala!» sussurrò lei, forte abbastanza per fargli capire che, in un'altra situazione, avrebbe voluto gridare. Gli diede una botta e gli fece cenno di stare zitto. Sirius corrugò la fronte, confuso. Nessuna ragazza si era mai comportata in quel modo! Che fosse un nuovo gioco per rendere la cosa più interessante? Fare finta di essere cercati per farlo in modo più eccitante? Beh... ci poteva anche stare, dopotutto... era una buona settimana che non si chiudeva in qualche bell'armadio con una ragazza... disponibile.

«Va bene, Mac...» disse lui, allentandosi la cravatta rosso e oro. «giochiamo come vuoi tu, allora.»

Lei corrugò la fronte, spostando lo sguardo dallo spiraglio che aveva lasciato nella porta, a lui. «Sei scemo?» gli chiese, senza troppe cerimonie. «Di che cavolo parli? Sei tu che sei sempre in mezzo, Black.»

«Come se ti dispiacesse.» commentò il ragazzo, che riteneva che la ragazza volesse solo fare un po' la preziosa. E poi aveva le sue buone ragioni per pensarlo. «Vai spesso in giro con le ragazze del mio fan club, ho sentito che ti considerano una specie di “Presidentessa”, non c'è bisogno che fingi, siamo solo io e te.» si avvicinò fino a sfiorarle una spalla, nel modo che lui riteneva sensuale.

«Sì, appunto.» fu la risposta di lei, che lo allontanò da sé con una spinta non troppo gentile. «Non ho bisogno di fingere di ritenterti un Dio in terra, finché non c'è nessuna di quelle.» tornò a fissare dallo spiraglio, lasciandolo a cuocere nel suo brodo.

Sirius sbatté le palpebre, confuso. «Non credo di aver capito.» ammise, allora. Che significava quello che stava dicendo?

Mary sospirò, alzando gli occhi al cielo. «Non le capisci le cose alla prima, eh, Black?» l'ironia trasudava dalle sue parole e Sirius Black si sentì offeso e accaldato. «Sarah Smith mi ha pregata di aiutarla ad ottenere un appuntamento con te, la settimana scorsa, visto che sono “amica di Lily che è amica di James il quale è amico tuo”, è evidente che non ha un grande spirito di osservazione, visto che la catena già si spezza a Lily, ma non è questo il punto.» si impose di farla breve, o quell'imbranato non avrebbe capito niente. Sembrava che capisse solo quando le ragazze volevano pomiciare con lui. «Quando le altre lo hanno saputo hanno insistito per avere lo stesso... privilegio, o almeno così lo chiamano loro. Che ci sarà mai di tanto interessante in uno a cui parlare non interessa?»

«Ecco perché non hai un ragazzo, Macdonald.» commentò lui, incapace di trattenersi dopo quei non troppo velati insulti. «Agli adolescenti parlare» lo disse quasi disgustato. «non interessa. C'è tutta la vecchiaia, per farlo.»

Mary si limitò ad alzare gli occhi al cielo. «Ecco perché tutte le ragazze che hai avuto sono solo galline che durano meno di una settimana.» ribatté, con il tono di chi ne sapeva molto più di lui. «Comunque, da quando ho accettato di aiutare Sarah... Jade Parker e Amanda Johnson non mi lasciano in pace nemmeno a colazione.»

«Perché hai accettato, allora?» volle sapere lui, a quel punto. «Se mi odi tanto perché spingere delle innocenti ragazzine tra le mie braccia di orco?»

«Ma io non ti odio per niente.» fece lei, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, e il sorriso compiaciuto tornò sulle labbra di Sirius.

«Lo sapevo che facevi solo la preziosa.» disse, poi, contento di aver avuto ragione per l'ennesima volta, dopotutto non c'era segreto che una ragazza potesse nascondergli a lungo, semplicemente perché lui le donne le conosceva bene come le sue tasche.

«Odiarti significherebbe considerarti.» spiegò poi, lei, sempre stando più attenta che non comparissero Jade o Amanda, piuttosto che a lui, cosa di cui Sirius si risentì più di ciò che aveva detto. Non concepiva come una ragazza potesse non guardarlo, chiusa con lui in un armadio delle scope. «E ho accettato solo in cambio delle loro paghette.»

«Sei una strega.» Sirius era incredulo: come aveva potuto chiedere in cambio di un'uscita con lui dei soldi senza che avesse voce in capitolo?

«Lo so, genio.» rispose Mary, fissandolo come se fosse stato veramente un idiota. «Sai che notizia, studio a Hogwarts.»

«È roba Babbana.» replicò il ragazzo, risentito e lei fu stupita dal fatto che usasse detti Babbani, perciò non l'aveva afferrato la prima volta. «E non puoi vendere la mia faccia in cambio delle paghette.»

«Cos'è... hai un codice dell'onore che lo impedisce?» dubitava seriamente che Sirius Black, il Malandrino per eccellenza avesse di certi problemi. Ma evidentemente, si sbagliava.

«Voglio almeno la metà del ricavato!» la sorprese il ragazzo, alzando inaspettatamente la voce. Mary si mise l'indice davanti al naso, con sguardo supplichevole, pregandogli di fare silenzio. «Insomma, stiamo parlando di me. Mi stai vendendo come succo di zucca, Macdonald! E poi, perché mai vuoi dei soldi?»

«Perché ne ho bisogno per comprare delle cose a Hogsmade, Black! I miei mi hanno messa in punizione e non mi manderanno i soldi questa settimana, non posso aspettare, visto che ci andiamo sabato. E comunque, avere una bella faccia non è un lavoro, sai?» fu quello che disse lei, facendogli di nuovo aggrottare la fronte. «La gente viene pagata perché lavora, e io sto offrendo un servizio. Non credo di doverti nemmeno un centesimo, scusa.»

«Non ci sarebbe servizio senza di me.» osservò lui, piccato.

«Ci sarebbe sempre qualcun altro, al posto tuo.» gli fece notare lei, con leggerezza. «Ragazze di quel tipo vanno dietro al più figo del momento.»

«Stai forse insinuando che io sia il più figo del momento?» chiese, il suo sorriso accattivante di nuovo sulle labbra. Mary scosse la testa, socchiudendo le palpebre in segno di disgusto e poi si voltò di nuovo verso l'apertura dell'armadio. «Tanto è così anche se non lo dici.»

«Chi si loda si imbroda, Black.» rispose lei, e poi uscì in corridoio, lasciandolo a rimuginare un momento sul significato di quelle parole. «Non sembra esserci pericolo per nessuno dei due.» poi si voltò di nuovo verso di lui. «E invece di chiedermi almeno metà del mio giusto compenso, dovresti ringraziarmi di averti tolto dalla strada di quelle due.»

«Ma che fortuna...» borbottò lui, seguendola fuori. Lo stomaco di Mary brontolò rumorosamente e lei disse qualcosa tra i denti che Sirius non afferrò. «Fame?» ghignò il ragazzo, ben sapendo che aveva saltato la cena per sfuggire a quelle due invasate.

«Solo colpa tua.» rispose lei, girando i tacchi verso la direzione opposta a quella del dormitorio.

«La Torre è di là.» la bloccò Sirius, indicando l'altra parte del corridoio. Mary sbuffò e tornò a camminare. «Ehi, dove vai?»

«A pizzicare una certa pera. Come hai detto tu, ho fame.» non si girò per guardarlo e il ragazzo si chiese come facesse lei a sapere qualcosa che lui e James avevano scoperto da poco a loro volta. Si ricordò che, in effetti, anche lui aveva saltato la cena, e... Mary non sembrava affatto una noiosa compagnia.

«Ehi, MacD, aspettami. Ho fame anche io.» ma non seppe mai per quale ragione adorava storpiare il suo cognome.

 

Ma la cosa che Sirius si ricordava anche meglio era il senso di appiccicoso che per giorni non aveva abbandonato i suoi capelli, nonostante vari lavaggi, per via del succo di zucca che lei gli aveva versato in testa, dopo che le aveva chiesto di andare insieme a Hogsmade quel fine settimana.

Alla fine, aveva cominciato a capire perché James fosse così interessato a Lily Evans.

Ma le aveva strappato un assenso per un ballo, anche se al quinto anno, però sospettava che Mary l'avesse detto solo per farlo stare zitto.

 


Holding on, to let them know
What's given to me, given to me
To hide behind
The mask this time
And try to believe

 

Sirius sorrise mestamente, girando la pagina, e si trovò davanti altre quattro foto. Erano loro quattro Malandrini più Lily, davanti all'ufficio di Silente. James aveva insistito fino alla noia per immortalare il momento della loro unione ufficiale all'Ordine della Fenice, quasi che fosse stato un club di scacchi, ma alla fine tutti avevano acconsentito purché smettesse di chiederlo. Neanche a dirlo, Mary aveva scattato quella foto, perché lei non si era unita a loro, anche se il motivo Sirius non l'aveva mai saputo, perché la scusa che aveva addotto lei non l'aveva mai molto convinto. Vi sarei solo d'intralcio, non sono una strega brillante, e non voglio che passiate il vostro tempo a preoccuparvi di me, piuttosto che della vostra vita.

Lui non ci aveva mai creduto semplicemente perché lei era una strega brillante, e per quanto amasse sminuirsi, non poteva credere che non si ritenesse all'altezza di combattere Voldemort, cosa che, infine, aveva finito per fare, e al prezzo più alto immaginabile. Sirius aveva creduto, per un po', che non volesse combattere perché credeva la guerra persa in partenza, ma poi aveva capito che non era così.

Nella foto successiva James si era messo in posa, con la bacchetta puntata quasi avesse avuto un nemico di fronte a sé. Proprio come un soldato impugna la sua arma.

«Per quando creeremo un manifesto dell'Ordine!» aveva detto, subito dopo.

Lily aveva scosso la testa e gli aveva dato qualche pacca consolatoria sulla spalla, come fosse stato un pazzo da assecondare. «James...» l'aveva chiamato, con dolcezza. «L'Ordine è una cosa segreta.»

«E quindi?» aveva chiesto lui, improvvisamente spompato.

«Quindi niente manifesti, Jamie.» li aveva interrotti Sirius, iniziando a ridere. «Se deve restare segreto non credi che nessuno debba saperne niente?»

«Ma quello è il mio profilo migliore!» si lamentò il ragazzo, deluso. «Ho sprecato il mio profilo migliore...»

Lily continuò a consolarlo. «Su, su, tesoro.» gli aveva detto, comprensiva. «L'attaccheremo in salotto. Promesso.» il sorriso tornò velocemente sul viso di James, al suono di quelle parole. A lui bastava che Lily dicesse qualcosa per tornare quello di sempre.

Remus li guardò con dolcezza e Peter commentava qualcosa sul tipo di missioni che avrebbero dovuto affrontare, d'un tratto terrorizzato. Sirius lanciò un'occhiata a Mary e le passò un braccio intorno alla vita, aspettando che appoggiasse la testa sulla sua spalla, come in effetti accadde.

«Noi ce l'avremo mai il nostro salotto?» gli chiese lei, con quel qualcosa nel tono che gli fece intuire che lo desiderava davvero.

«Anche più di uno.» era stata la sua conferma. «Altrimenti dove intendi mettere tutti i miei pargoli? Guarda che noi Black siamo prolifici.»

Mary aveva riso, senza che lui sapesse che davvero ci sperava che sarebbero arrivati a vedere il momento in cui mettere al mondo un figlio sarebbe stata una buona idea, senza che dovessero passare le notti a pregare che non venisse ucciso. Sentirla ridere in un momento di tristezza generale, con la guerra contro Voldemort che incombeva, fu per tutti quanti, in particolare per Sirius, una ragione per essere felici.

Ma Sirius sapeva anche troppo bene di non essere mai riuscito a mantenere quella promessa: non avevano mai avuto una casa loro, e nessun bambino aveva mai scorrazzato da nessuna parte, figurarsi per i corridoi di casa Black.

 

Blind your eyes to what you see
You can't embrace it
Leave it well enough alone
And don't remember
Cut your pride and watch it bleed
You can't deny it
Pain you know you can't ignore
I don't remember

 

Si appoggiò allo schienale della poltrona, e ci affondò dentro, ancora indeciso se continuare a guardare quelli che sembravano stralci di un'altra vita e che, probabilmente, lo erano. Quando girò l'ennesima pagina, c'erano le foto che aveva aggiunto dopo, quelle che aveva staccato dal muro di Mary, anche contro le sue proteste. Le aveva bloccate ricordandole che metterle nell'album avrebbe fatto loro ricordare ciò che erano stati, e che non avrebbero dovuto andare a cercare di qua e di là i ricordi quando sarebbero stati troppo vecchi per ricordarseli e ricordare dove avevano messo le foto. Era un problema improbabile per tutti in quel periodo, ma lui aveva sempre voluto credere che sarebbero sopravvissuti tutti.

Le foto riguardavano Hogwarts, e Merlino solo sapeva quanto Sirius desiderasse riavvolgere il tempo e tornare a quei giorni, per poi mandare avanti a velocità dimezzata, in modo che durasse tutto il doppio, era disposto a sopportare di nuovo anche tutte le punizioni.

La Sala Comune.

Mary aveva voluto farle una foto proprio l'ultimo giorno. “È stata la mia casa da quanto avevo undici anni, e la porterò con me nella mia nuova casa.” aveva detto e così aveva fatto. Quella Sala Comune era stata la scena di molte delle loro bravate, come così tanti dei loro ricordi che fu doloroso anche solo pensarlo.

 

«Black, ti supplico.» disse Mary, roteando gli occhi, con le braccia conserte. Il libro di Trasfigurazione aperto sulle gambe, mentre si riscaldava vicino al camino. «Sembri un cane.»

«Mi sono fatto male.» protestò lui, lamentoso. Passò di nuovo la lingua sulla ferita e Mary fu costretta a distogliere lo sguardo. «Se ti fa tanto schifo perché continui a guardare?»

Mary chiuse il libro con uno scatto che sorprese anche lei stessa. «Spero che tu non stia insinuando che una cosa... del genere possa piacermi.» lo avvisò, suonando minacciosa. «Stavo solo cercando di capire perché non vai a cercarti un cerotto. Non è un il taglio di una motosega, ti sei tagliato con un pezzo di carta.»

«Fa male.» ripeté il ragazzo, porgendole la mano col pollice mortalmente ferito. «Un taglio del genere sul collo avrebbe potuto uccidermi.»

«Sai che liberazione.» commentò lei, tirando fuori qualcosa dalla borsa. «Sei peggio di un bambino, Sirius, e hai già quattordici anni.»

Lui si rimise il pollice in bocca, scornato. «L'età è solo un numero!» quando lei lo guardò quasi preoccupata per la sua sanità mentale, lui scosse le spalle. «L'ho sentito dire a una del primo anno, pensavo fosse una frase ad effetto.»

«Non voglio sapere cosa riguardava.» gli prese gentilmente il braccio, facendogli capire che doveva smetterla di succhiarsi il pollice come un neonato. Lui eseguì. «Dai qua, Black.»

«Mi piace di più Sirius.» fece lui, distogliendo lo sguardo. Lei gli sistemò il cerotto intorno al pollice con gentilezza, anche se la tentazione era premere sulla ferita, solo per il gusto di farlo gridare. «E comunque quella diceva che si era innamorata troppo di uno del quarto anno.»

«Non oso immaginare chi fosse.» ma lo sguardo che gli lanciò avrebbe dovuto dirgli più di quanto tentasse di nascondere.

«Io, ovviamente.» rispose lui, senza notare il tono retorico con cui l'affermazione le era uscita dalle labbra, il che le fece di nuovo alzare gli occhi al cielo, rendendo ufficiale il fatto che Sirius Black era davvero un bambino, e che l'età era veramente solo un numero, nel suo caso. «Cioè, a parte James nessuno degno di nota, qui dentro.»

«Il Capitano di Tassorosso non è niente male.» buttò lì, con tono casuale. Ormai era un anno che battibeccavano di continuo, e Mary doveva ammettere che Sirius Black, l'infantile, malizioso, irritante, pieno di sé, affascinante, molto più che Malandrino Sirius Black iniziava a piacerle. Ma solo un po'.

In ogni caso era insopportabile il fatto che continuasse a parlare del suo essere così maledettamente donnaiolo di fronte a lei, senza mostrare un minimo di tatto. Così, aveva pensato bene di ripagarlo con la stessa moneta.

«Macdonald!» gridò Sirius, scandalizzato. Saltò sulla sedia, facendo quasi spaventare i primini seduti in cerchio che cercavano di studiare pozioni, a qualche metro da loro. «Non si simpatizza con la concorrenza!»

«Ho detto solo che è un bel ragazzo!» osservò lei, sulla difensiva. «Ed è del quarto anno. Come hai detto tu, c'è James, e poi ce n'è qualcuno di Corvonero che non mi dispiacerebbe conoscere. Non sei proprio l'unico.»

«Va bene.» concesse lui, con riluttanza. «Ma non il Capitano di Tassorosso! Non il Quidditch! Mary Macdonald, che razza di giocatrice saresti?» e poi era ben noto quanto John Mayer avesse una stratosferica cotta per lei! Era il battitore di Tassorosso e loro Capitano, ma quando giocavano con i Grifondoro spesso si imbambolava a fissarla, e questo suscitava in Sirius una buona dose di fastidio.

«Non boicotterei di certo le partite della mia Casa!» si mise le mani sui fianchi, offesa. «Sirius Black, ritira subito quello che hai detto con quella boccaccia!»

«La mia bocca è bellissima.» ribatté il ragazzo, piccato. «E anche il resto di me.»

«Già.» commentò Mary, raccogliendo la borsa con rabbia. «Peccato che nella tua testa ci sia solo segatura per criceti.»

«Ehi!» protestò lui, toccandosi istintivamente la testa, quasi avesse dovuto sentire davvero la segatura che si supponeva ci fosse dentro. «Ma che ti prende? Mary...»

«Tu non le capisci mai le cose alla prima, vero Black?» scomparve sulle scale, indignata: quanto intuito ci voleva a capire che voleva solo che si ingelosisse un po'?

Lui la seguì per un breve tratto, prima che mettesse un piede sulla prima scala e queste diventassero uno scivolo, tutte quelle alle spalle della ragazza.

«Ehi, hai per caso le tue cose?» le gridò, con rabbia malcelata, dal fondo delle scale. Non riusciva a capire il motivo di quella sfuriata e di tutti quegli insulti: perché le loro discussioni finivano sempre in quel modo? «Bastava dirlo subito, almeno sapevo che dovevo lasciarti in pace, stupide femmine!»

Mary si girò per dirgliene quattro, pensava di scendere le scale e gridargli in faccia quanto fosse un egocentrico maleducato ma scivolò sulle scale ormai appiattite a causa di Sirius che ancora aveva un piede sopra il primo scalino. Finì addosso a Sirius, neanche a dirlo, che cercò di trattenerla e respingerla in modo da non cadere a terra e dare spettacolo: quasi tutti gli studenti del primo anno erano riuniti vicino al fuoco del camino e i pettegolezzi tra i bambini si diffondono anche meglio.

In qualche modo, riuscì a tenere in piedi se stesso e la sua amica. «Stai bene, MacD?» le chiese, dopo essersi ripreso dallo shock.

«Sei proprio uno stronzo, lo sai?» gli rispose lei, dandogli una botta sulla spalla per farlo allontanare, non era arrabbiata, non più, o almeno non lo sembrava. Sirius ghignò.

«È proprio per questo che sono tutte pazze di me, mia cara.» le lanciò un'occhiata per cui Mary arrossì e lo spinse più lontano. «Ah, andiamo! Scherzavo!» rettificò allora, cercando di tenere ferme le sue braccia. «Comunque devi farti perdonare, Macdonald.»

«E per cosa?» chiese la ragazza, adesso decisamente più combattiva, mentre opponeva resistenza al ragazzo. «Per aver detto la verità? Il criceto si è offeso perché ho chiamato in causa la sua segatura?»

«Devi proprio avere le tue cose, no?» le disse, con un sospiro paziente. Mary distolse lo sguardo dal suo e Sirius capì che era così. «Vieni, andiamo in infermeria.»

«Non ci siamo fatti niente.» gli fece notare, confusa. Lui scosse le spalle.

«Abbiamo una buona scusa per non studiare, non ti pare?» replicò, con un sorriso. «Sono disposto anche a portarti in braccio, se serve.»

«Tu sei un tipo lunatico, Black.» fece lei, scuotendo la testa. Era passato dall'insultare lei, alle ragazze in generale per poi fare il cavalier servente. «E io che pensavo fosse Potter quello con problemi di personalità multipla.»

«Guarda che io sono sempre gentile.» rispose Sirius, fingendosi offeso. «Solo tu non l'hai mai notato.»

Mary si finse stupita. «Credevo che tu piacessi alle ragazze perché sei un po' stronzo.» osservò, mostrandosi curiosa. «Me l'hai detto tu, prima.»

«Ti fissi sempre sui dettagli, MacD.» commentò. «Io ti offro un pomeriggio in compagnia del ragazzo più sexy di Hogwarts e tu ci pensi anche su?»

«Black, devi smetterla di guardarti negli specchi deformanti, anche se capisco che faccia bene all'idea che hai di te stesso.»

 

Sirius ricordava che erano andati in infermeria e poi erano quasi stati cacciati da Madama Chips, dopo essere stati guardati malissimo per averle fatto perdere preziosi minuti di tempo che avrebbe dovuto passare a curare pazienti veri.

 

La foto successiva li ritraeva tutti insieme, probabilmente a qualche ballo di Halloween, Mary aveva un'espressione particolarmente cupa e lui se ne chiese il motivo. Qualche foto più in là aveva lo stesso vestito, ma il sorriso più bello del mondo che le increspava le labbra.

Cercò di ricordarsi gli eventi di quella sera.

 

«Indovina un po', malfidata dei miei stivali!» Sirius aveva esordito così, mentre varcava la soglia delimitata dalla Signora Grassa e faceva il suo trionfale ingresso nella Sala Comune. Mary gli rivolse l'attenzione un secondo, prima di tornare a leggere il paragrafo del libro di pozioni che aveva intenzione di studiare, anche se non ricordava una sola parola, troppo preoccupata per quella cosa, per concentrarsi. «Beh?» fece il ragazzo, deluso. «Non mi chiedi niente?»

«Sirius, sto studiando. Quest'anno abbiamo i G.U.F.O.» gli ricordò, anche se non aveva bisogno di farlo, perché sapeva che lui ne era perfettamente al corrente anche se, forse, dopo solo un mese e poco più di lezioni, ancora non se ne rendeva conto. «Non puoi dirmelo senza troppi protocolli?»

«Va bene, MacD.» acconsentì, come a farle un grosso favore. «Ti ricordi della nostra... scommessucola dell'altro giorno?»

«No.» mentì lei, ricordando ogni secondo di quella pietosa scena: lui che le assicurava che ogni ragazza di Hogwarts – eccetto forse alcune serpeverdi e serpentose parenti – avrebbe ucciso pur di avere l'onore di un solo minuto con lui. Lei l'aveva sfidato a provarglielo e gli aveva imposto di chiederlo a Marlene McKinnon, che sapeva che odiava Sirius Black quanto sua cugina Bellatrix, perché aveva spezzato il cuore della sua migliore amica, Emmeline Vance. «Allora?»

«Ti rinfresco la memoria, Mary.» si sedette al suo fianco, con quell'irritante sorriso soddisfatto stampato in faccia. «Hai detto che non potevo conquistare la McKinnon, e indovina? Ha accettato di uscire con me e verrà con me anche al ballo in maschera di Halloween, e tutto in un solo sabato!»

«Come verrà con te al ballo di Halloween?» chiese, sconvolta. Non poteva crederci, davvero non poteva credere che l'avesse dimenticato. Credeva che Sirius Black non parlasse tanto per parlare, questa era l'unica cosa di cui era rimasta sicura da due anni che lo frequentava un po' più da vicino. «Che... che vuol dire?»

«Che balliamo insieme, che altro dovrei voler dire?» chiese Sirius, costernato. Cosa c'era di difficile da capire in quello che aveva appena detto? «Sai, quando due persone si stringono e vanno a tempo di musica? Quella roba lì.»

«Ma... questo è il quinto anno!» protestò lei, facendosi subito più mogia. Non poteva aver dimenticato di averle promesso un ballo al quinto anno! Era successo in cucina dopo essere stati rinchiusi per più di un quarto d'ora in quel dannato armadio per le scope!

«Già.» concordò lui, alzandosi, gioviale. «E credo proprio che ci riserverà un sacco di sorprese, mia cara.» Mary lo osservò salire le scale del dormitorio maschile fischiettando, e non disse una parola.

Quando Lily la trovò, qualche minuto più tardi, lei fissava ancora in quella direzione. «Che hai?» le chiese, allora, sventolandole una mano davanti al viso. «Sembra che tu abbia visto un fantasma. Nick-quasi-senza-testa era da queste parti?»

Mary distolse lo sguardo e lo riportò sul libro di pozioni. «Lascia stare, Lils. Sirius Black è solo un idiota.»

«Non ho parlato di Sirius, anche se non posso dissentire.» le ricordò Lily, non capendo. «Ma è successo qualcosa che vuoi raccontarmi?»

«Va al ballo con Marlene.» e la bacchetta che stringeva tra le mani emise qualche scintilla rossa, il che fece ben pensare a Lily di togliergliela di mano, prima che il libro di pozioni – ad andar bene, se non tutta la Sala Comune – fosse finito in cenere. Ma tacque, perché sapeva bene quanto lei ci tenesse a quello stupido ballo, ma si ritrovò lei stessa a fissare in direzione delle scale e a insultare in modi coloriti Black nella sua mente.

 

Quando Lily, quel sabato tornò da Hogsmade, notò subito che qualcosa non andava. Erano tornati tutti in tempo per cambiarsi per la festa, ma Mary stava sul suo letto, stesa a pancia all'ingiù, come se stesse male. Non aveva voluto accompagnarla ad Hogsmade, e l'aveva resa facile preda di James Potter, il quale non si era lasciato sfuggire l'occasione di accompagnarla dovunque, e non ce l'aveva con lei solo perché quella parte di pomeriggio, nonostante tutto, si era rivelata straordinariamente piacevole. Questo, però, forse, a James era meglio non dirlo, o si sarebbe messo chissà cosa in testa.

«Mary?» la chiamò, quasi incerta. La ragazza rispose con uno strano grugnito. «Ti senti bene?»

Mary si alzò di scatto e Lily poté chiaramente vedere le scie che le lacrime avevano lasciato sulle sue guance. «No, Lily!» strillò, tirando poi su col naso. «Non ho nessun accompagnatore per il ballo, e... prima ho litigato con Sirius.»

«Tu litighi sempre con Sirius.» preferì ricordarle l'amica, in modo da sminuire quell'evento. Si sedette sul suo letto e le mise una mano sulla spalla, cercado di darle conforto. «Sono due anni buoni che litigate sempre.» e questo spiegava il pessimo umore del ragazzo mentre erano a Hogsmade.

«Stavolta abbiamo litigato di brutto.» chiarì l'amica, buttandosi tra le sue braccia. «Marlene era troppo impegnata a farsi bella per il ballo per uscire, così lui è tornato qui e mi ha detto “Dato che sei sola perché non vieni ad Hogsmade con me? Marlene mi ha dato buca.” quando ho capito che diceva sul serio l'ho mandato al diavolo e lui si è arrabbiato.» come al solito pensò Lily, anche se ritenne saggio non dirlo. «Abbiamo cominciato a dirci cose orribili e abbiamo finito per svuotare la Sala Comune dalla gente che voleva studiare e poi lui se n'è andato, ma era anche più arrabbiato di prima.» Mary si pulì il viso dalle tracce delle lacrime. «Mi aveva promesso il dannato ballo e adesso ci va con Marlene!»

«Sono certa che non ha dimenticato quello che vi siete detti... due anni fa.» Lily mentiva, ma voleva solo far capire a Mary che forse pretendeva troppo da Sirius, non sapeva nemmeno lei se si sarebbe ricordata una cosa simile, ma come poteva pretendere che un quindicenne rispettasse i patti presi a tredici anni?

«Secondo me è un idiota.»

Lily sorrise. «Lo dici troppo spesso per suonare credibile, Mary.»

 

Ovviamente, James aveva scattato la foto. Lily era stata costretta praticamente ad andare al ballo con lui. Misteriosamente, il suo accompagnatore non si era fatto vivo, e lui aveva colto la palla al balzo: “Io sono solo, tu sei sola, dai... andiamoci insieme!”, per qualche oscuro motivo non aveva potuto dire di no.

Mary osservò i suoi amici riuniti davanti alla porta della Sala Comune. Sirius era bello da mozzare il fiato nel suo smoking nero, ed era bellissima soprattutto Marlene, col suo vestito rosa antico, che risaltava il suo fisico snello. Distolse lo sguardo e si nascose di nuovo dietro la parete delle scale. Non aveva il coraggio di farsi vedere.

«Mary!» la chiamò Lily, che doveva averla vista. Dannata migliore amica! La maledì lei, nella sua mente. «Su, vieni a farti una foto con noi.» così, fu costretta a scendere le scale come se l'aspettasse il cappio invece di una macchina fotografica, e la sua smorfia nella foto non fu molto gradita dal fotografo.

«E dai!» protestò infatti, James. «Col bel sorriso che hai proprio questa dovevi far venire fuori?» tutti lo guardarono stupiti, anche Sirius. «Certo non è meraviglioso come quello di Lily, ma...»

«Piantala, Potter!» lo interruppe l'interpellata, che lo prese per un gomito e iniziò a trascinarlo fuori dalla Sala Comune.

Marlene si schiarì la voce. «A-andiamo?» forse aveva fiutato una certa tensione e cercava di svignarsela il prima possibile. Sirius annuì, continuando a fissare Mary e il suo vestito blu, che richiamava alla perfezione il colore dei suoi occhi. Quando le sono cresciuti i capelli così tanto? Si chiese, vedendo che arrivavano sotto al seno, piuttosto mossi.

«Ti.. raggiungo fuori. Solo un secondo.» Marlene annuì a sua volta, e si fece strada attraverso il buco del ritratto, per uscire. Quando furono soli, rimasero in silenzio per qualche secondo, prima che Mary facesse per andarsene. «Aspetta.»

La ragazza si girò a fissarlo, sperando che si decidesse a parlare presto.

«Non ho idea del perché tu ti sia arrabbiata tanto.» iniziò, in tono incerto. Più conosceva Mary più capiva quanto poco di ragazze ci capisse, anzi, quanto poco di lei capisse. Le altre erano piuttosto prevedibili e, a tratti, noiose, ma lei invece faceva sempre qualcosa che lui non capiva. «Ma se ho fatto qualcosa che ti ha offesa... voglio dire, prima degli insulti, mi dispiace.»

Mary si morse il labbro per non lasciar uscire la battuta sarcastica che aveva sulla punta della lingua, dopotutto le stava chiedendo scusa. Ed era una cosa che Sirius Black faceva davvero di rado. «Lascia stare, Sirius.»

«Posso sapere che hai?» le chiese, quando si fu di nuovo avviata verso l'uscita. Aveva il tono di quello che non capisce ed è frustrato per questo.

Mary si girò verso di lui, e lo guardò male. «Ho le mie cose.» e il modo in cui lo disse spinse il ragazzo a non fare più domande a riguardo.

«Sei uno schianto, MacD.» disse solo, prima di riuscire a trattenersi.

Ci fu un attimo in cui Mary ponderò seriamente se saltargli al collo per strozzarlo o per baciarlo. «Non sai niente, Sirius Black.» disse solo, prima di allontanarsi definitivamente.

 

«Sei un cretino.» fu quello che disse Lily a Sirius Black, al tavolo dei cocktail – analcolici – che erano stati messi a disposizione per la serata. James la guardò stranito, forse per via del fatto che, di solito, quell'insulto era rivolto a lui dopo qualche bravata, piuttosto che al suo migliore amico. «Sei il più colossale degli idioti, lo sai?»

«A cosa devo tutta questa gentilezza, Evans?» le domandò, seccato. Era già sufficiente che ci fosse Mary a tormentare i suoi pensieri con i suoi problemi, non aveva tempo anche per quelli della ragazza/amica/qualunque-cosa-fosse di James. «Nel tuo bicchiere avevi per caso un po' di succo di crotalo?»

«Sei anche più idiota di quanto pensassi, allora!» sbottò la ragazza, con le mani sui fianchi. «Sto cercando di parlarti di Mary.» Sirius posò il bicchiere sul tavolo e si mostrò attento, cosa che piacque parecchio a Lily. «Non ti sei posto il problema che ce l'abbia con te per un motivo valido?»

«Non ha le sue cose?» chiese, confuso. Dallo sguardo di Lily, capì che no, non era quello il problema. «Vuoi darmi un indizio, Evans? Magari facciamo prima.»

«Eravate d'accordo per un ballo, al quinto anno. E indovina un po'? Questo è il maledetto quinto anno!» spiegò, con pazienza. «Lei non pensava che tu l'avessi dimenticato, anche se io pensavo di sì, e dalla tua faccia sembra che io abbia ragione.» sospirò, per calmarsi. «Senti, se non sei proprio scemo l'hai già capito che Mary ci tiene parecchio a te. So che anche tu le vuoi molto bene. E dovresti essere un po' più... sensibile riguardo a presentarle le tue nuove conquiste.»

«Adesso snocciola il consiglio utile, Evans.» le fece fretta Sirius, ansioso, forse, di metterlo in atto.

«Dimostrale quanto ci tieni, dannazione.» lo rimproverò, quasi con rabbia. «Comportati da uomo e di' le cose come stanno.»

«Ti amo, Evans.» disse James, dopo aver posato il bicchiere sul tavolo. Lily lo guardò stranita, come se fosse impazzito. «Hai detto tu “comportati da uomo e di' le cose come stanno.”» quando Lily si voltò di nuovo verso Sirius, sperando di dimenticare le parole di James, o sperare di non averle mai sentite, lui non c'era più. «Che cosa hai da dirmi?»

«Potter, sono troppo giovane per una relazione così impegnativa.» lo liquidò Lily, cercando Alice perché la salvasse da quell'invasato.

 

«Mary?» la chiamò Sirius, uscendo in corridoio, dove l'aveva vista uscire poco prima. «Mary, dove sei?» non poteva credere che fosse tornata nella Torre di Grifondoro. Era una ragazza piuttosto festaiola, e non aveva nessuna intenzione di credere che si sarebbe persa una festa perché lui, in qualche modo che ancora non capiva, le aveva rovinato l'umore. «MacD se non rispondi ti do per dispersa.» uscì un po' fuori dal portone, e la vide seduta su un gruppetto di pietre, proprio a pochi metri da lui. «Sei diventata sorda in qualche ora?»

«Hai già scaricato Marlene?» gli chiese lei, fingendo interesse. Strappò un altro quadrifoglio dal prato e ne buttò via una foglia dopo l'altra. «È un record perfino per te.»

«Non l'ho scaricata.» negò lui, sedendosi su una pietra vicino alla sua. «Volevo solo stare un po' con te, non si può più?» Mary non rispose. «Le tue cose hanno un brutto effetto su di te, lasciatelo dire.»

«Non ho le mie cose.» gli rispose lei, con un sospiro. «Ma cos'è successo?»

Sirius inarcò un sopracciglio. «Non dovrei essere io a chiederlo a te?» le chiese, in tono retorico. «Perché sei tu quella schizzata.»

Mary sbuffò, stizzita. «Non sono affatto schizzata, Black.» si lamentò. «Se sei venuto per insultarmi puoi tornartene dalla tua nuova conquista.»

«Non sono venuto per questo. Sono venuto per... com'è che ha detto Lily?» Sirius si grattò la nuca, cercando di ricordare le parole esatte della ragazza.

«Cosa c'entra, ora, Lily?» chiese Mary, pensando che adesso Sirius Black si fosse messo a flirtare anche con la sua migliore amica e – sperato, forse – che lei l'avesse mandato al diavolo.

«Non importa.» concluse poi, ignorando del tutto Mary. «Il succo della cosa è che davvero non ho capito quale sia il problema, quello che so è che mi dispiace. Ma questo già te l'avevo detto. Adesso posso sapere per cosa dovrei dispiacermi?»

«Non sai niente.» ripeté Mary, con un moto di sarcasmo che stupì se stessa. Ci aveva quasi sperato che l'avesse raggiunta fuori perché finalmente aveva scoperto di provare qualcosa per lei, e invece...

«Mary, non mi sono mai sforzato così tanto per una ragazza.» sbottò Sirius, risentito. «Le opzioni sono due: o possiamo smetterla di litigare e comportarci da persone normali, oppure passiamo il resto della nostra vita ad Hogwarts ad ignorarci.»

«Nessuna delle due opzioni mi piace.» ribatté subito lei, costringendo Sirius a deglutire prima di perdere la pazienza.

«Va bene,» concesse, allora. «quindi cosa vuoi?» era frustrante non riuscire a comprenderlo da solo, di solito era facile intuire cosa volesse una ragazza da lui, ma Mary era insondabile, dannatamente insondabile.

Mary lo guardò per un lungo momento, senza dire niente. «E tu?» lo prese in contropiede lei, con calma. «Che cosa vuoi tu?» il cuore le rimbombava nelle orecchie, quasi che ora si trovasse lì dentro, e contemporaneamente nella sua gola, e nel suo stomaco.

Sirius pensò che rispondere “L'ho chiesto prima io” sarebbe suonato troppo infantile, e Lily gli aveva consigliato di tirare fuori gli attributi, anche se in modo un po' più delicato. «Ti va di fare due passi?» le chiese, allora. Stava temporeggiando e lo sapeva, ma ci voleva un po' di tempo. «Ci sono delle cose di cui vorrei parlare.»

«E perché ci dobbiamo alzare?» chiese lei, curiosa.

«Perché il parco di Hogwarts è suggestivo.» Sirius si alzò e le tese una mano, per aiutarla a fare lo stesso. «Qualcuno dice che è anche romantico.»

«Ma tu che ne sai di questa roba?» lo prese in giro lei, strattonandogli il braccio e facendogli perdere l'equilibrio per un attimo. Sirius si mantenne in piedi ugualmente, e Mary maledisse il gran bel portamento dei Black. «Sei romantico come il sedere della McGranitt.»

«Mary!» la rimproverò Sirius, disgustato. «Che immagine orrenda! Non potevi scegliere qualcosa di più affascinante? Almeno quanto me?»

Mary rise. «Quando hai detto che avevi delle cose da dirmi credevo che fossero cose intelligenti, Black.» Sirius inarcò un sopracciglio, tutta quel continuo sfidarsi a comportarsi in un certo modo era intrigante, e lo diventava sempre di più, invece di iniziare ad annoiarlo. Non si era mai preoccupato molto di parlare con le ragazze, specialmente da un paio di mesi a quella parte, aveva scoperto qualcosa di molto più piacevole, da svolgere nella nuovissima scoperta sua e di James: la Stanza delle Necessità. Cominciarono a camminare in silenzio. «Pix ti ha mangiato la lingua mentre non guardavo?»

«Stavo pensando a come mettere due parole in fila!» scherzò il ragazzo, anche se non del tutto. Non riusciva a capire in che modo avesse potuto comunicare delle sensazioni a parole. Non ne aveva mai avuto – e sentito – il bisogno, perciò si trovava un tantino impreparato. «Comunque... per oggi, non le pensavo davvero le cose che ti ho detto.» neanche ricordava gli insulti che si erano lanciati, anzi, quelli di lei li ricordava piuttosto bene.

«Nemmeno io.» e si scusò lanciandogli uno sguardo da cucciolo, per cui Sirius sorrise. «Penso di aver dato fondo a tutte le scorte di insulti che conoscevo. Credo di averti dato anche...»

«Della troia.» concluse per lei, leggermente divertito. «Visto da fuori dev'essere stato esilarante.» Mary assentì con un cenno del capo, e lo guardò un po' rincuorata che non fosse così offeso. «Non mi è piaciuto quando hai insultato i miei capelli, però.» lei scoppiò a ridere, ricordando di averli definiti un groviglio di... no, non ricordava davvero.

«Va bene,» disse allora, arrendendosi. «ritiro tutto quello che ho detto, okay?» Sirius annuì, approvando il tutto.

«Molto bene.» commentò, soddisfatto. «Adesso è tutto come prima, giusto?» lei annuì, pensando che “come prima” non era più sufficiente per lei. «Prima mi hai chiesto cosa voglio.» quando Mary alzò lo sguardo si ritrovò a scrutare nei suoi intensi occhi grigi, e non fu più in grado di distoglierlo. «Forse come prima non va più bene, e io...»

«Sta' zitto, Black.» lo interruppe lei, suonando spazientita, anche se in realtà aveva paura che lui volesse poter dire che si era stufato di essere suo amico. «E concedimi questo stupido ballo. Così siamo pari e tu puoi tornare dalla tua ragazza.» aveva parlato con Lily, quindi lei glielo doveva aver ricordato.

Sirius rimase in silenzio per un momento, un po' deluso dalla piega che aveva preso la discussione. «Mi domando se...» disse, tendendole la mano, per fare come voleva. «le ragazze che ho frequentato si sono sentite come mi sento io ora. Se è così, mi dispiace per loro.»

«Che vuoi dire?» chiese Mary, confusa, posando la mano nella sua. Sirius strinse con gentilezza, passando l'altro braccio intorno alla sua vita.

«Quando hanno cercato di dirmi che... credevano che ci fosse di più tra di noi.» la avvicinò a sé e contemporaneamente fece un passo avanti. «Essere interrotti nella prima confessione seria è deprimente.»

«Sirius... io non capisco una parola di quello che stai dicendo stasera.» perché il significato sembrava troppo bello per essere vero e per esperienza sapeva che quando le cose andavano bene tra loro, che sembrava che potessero inziare quello che lei voleva, arrivava sempre qualcuno a mettersi in mezzo. Non voleva sperare inutilmente. «Sei strano e io...»

Lui le prese le labbra tra l'indice e il pollice e le chiuse per forza. «Tu non le capisci mai le cose alla prima, eh, Macdonald?» ghignò, rivolgendole la frase che gli aveva rivolto tante volte. «Sta' zitta un attimo, per favore.» poi si abbassò su di lei e le coprì con le sue. Si allontanò da lei dopo pochi secondi. «Vedi? Le cose vanno meglio se chiudi il becco, Macdonald.»

«Segui il tuo primo buon consiglio, Black!» lo afferrò per il bavero della camicia e lo baciò di nuovo.

 

Sirius dovette ammettere che quella ragazza l'aveva stupito in parecchie occasioni. Il primo bacio era stata una di quelle: si era aspettato che fosse più timida, ma forse stava aspettando quel momento da molto prima di lui, o forse gli piaceva semplicemente pensare che fosse così, perché dopotutto oltre ai Malandrini, forse Lily e Mary erano state le uniche a nutrire per lui affetto sincero.

 

If I can remember
To know this will
Conquer me
If I can
Just walk alone
And try to escape
Into me

 

La successiva foto riguardava quel Capodanno, proprio di quello stesso anno. L'avevano passato tutti e quattro a casa di James, insieme a Mary e Lily, la quale era stata diffidata dalla sorella a mettere piede in casa durante le vacanze. Così Mary le aveva proposto di passare il Natale a casa sua, con grande disappunto di Sirius, il quale aveva proposto alla sua ragazza lo stesso invito. Alla fine, per mettere tutti d'accordo, con grande goia di James e ancora più grande perplessità di Lily si erano ritrovati tutti dai Potter.

Peter aveva un pezzo di dolce in mano e il resto in bocca. Remus per qualche ragione stava guardando male Sirius e Mary aveva una mano davanti alla bocca per nascondere le risate, mentre Lily cercava ti togliersi dalle spalle il braccio di James.

 

«A me è sufficiente che tenga le mani a posto.» disse Lily, nel viale di casa Potter, proprio mentre si avviavano alla porta, il ventiquattro dicembre, in una mattinata fredda e dal cielo scuro. Probabilmente sarebbe nevicato, e Lily adorava il bianco Natale.

«Su, su.» disse Mary, dandole qualche pacca consolatoria sulla spalla. «James non è un pervertito, certo magari è un po' un tordo, ma... credo, che in fondo sia un bravo ragazzo.» Lily le rivolse un'occhiata storta, non le piaceva per niente l'idea di passare le vacanze in una casa con quattro ragazzi. Se l'avesse saputo sua madre l'avrebbe uccisa ancora di più perché aveva detto che sarebbe rimasta ad Hogwarts, solo qualche giorno prima.

Bussarono alla porta, e dopo aver sentito degli strani rumori preoccupanti provenire dall'interno, un James sorridente aprì loro la porta e le accolse in casa con un: «Benarrivate, signorine.» e con un gesto del braccio indicò loro il salotto. «Prego, accomodatevi.»

Mary si trattenne dal ridere, per via dell'abbigliamento del loro ospite, sembrava si fosse alzato dal letto in quel mometo, e gli occhiali storti sul naso, come anche i capelli troppo spettinati perché si potesse pensare che fosse intenzionale, sembravano confermare quell'ipotesi. «Buongiorno, James.» rispose. «Hai battuto la testa?»

«No, mi sono sfasciato una gamba per le scale.» poi rivolse un'occhiata luminosa a Lily. «Ma non preoccuparti, sto bene.»

Lily inarcò un sopracciglio. «Ma non ti ho chiesto niente.» gli fece notare, ma James scosse semplicemente le spalle. «Vado a rendermi presentabile.»

«Nemmeno con un incantesimo che ti cambi i connotati, saresti presentabile, Jamie.» era la voce di Sirius Black, che proveniva dalla cima delle scale. Mary non riuscì a trattenere un sorriso, e James borbottò qualcosa sui migliori amici traditori, prima di salire le scale e rinchiudersi in camera sua. «Ciao, MacD.»

«Ciao, Black.» rispose semplicemente, lei. Inarcò un sopracciglio alla vista dell'abbigliamento del fidanzato. «Non mi sembra faccia caldo abbastanza per presentarsi in mutande.» Sirius ghignò, e le fece l'occhiolino, cosa che fece arrossire Mary e roteare gli occhi a Lily.

«Quando sono così sexy, come posso privare agli altri la mia vista?» fece lui, facendo un giro su se stesso. Mary avrebbe voluto dire che in canottiera e mutande troppo grandi per lui non era molto sexy, ma si limitò a ridere.

«Sirius Orion Black!» strillò una voce femminile. Entrambe le ragazze si irrigidirono subito, a quel suono. «Porta subito il tuo fondoschiena in camera tua e vestiti! Non è questo il modo di andare in giro davanti a due ragazze! Spero proprio che a Hogwarts non ti comporti così!»

Sirius deglutì. «Volevo solo...» ma poi abbandonò le proteste e si chiuse in camera sua, come un cucciolo appena sgridato dal padrone.

Quando Lily vide sbucare la mamma di James dalle scale, la trovò molto meno giovane di quanto si sarebbe aspettata. Un sorriso si aprì sul volto di Dorea. «Mary!» scese le scale quasi di corsa e la strinse in un abbraccio. «Quanto sei cresciuta!»

«Ehi, Dorea!» la salutò anche lei, felice. «È un bel po' che non ci vediamo!» Lily rimase in silenzio, un po' in disparte, cominciando a chiedersi se fosse stata una buona idea non essere rimasta ad Hogwarts. Non si sentiva molto a suo agio a casa di James. Poi la donna si staccò dalla sua amica e la guardò quasi con occhio critico.

«Lily Evans, mi sbaglio?» il sorriso malandrino che comparve sul suo viso era esattamente uguale a quello di James. Lily annuì, confusa. «James ci ha parlato molto di te. Anzi, ci ha asfissiati su di te. Charlus non vede l'ora di conoscerti.» Lily non stentava affatto a credere che già i suoi genitori non ne potessero più di lei.

«Lily Evans?» gridò, subito dopo, una voce maschile e un uomo molto somigliante a James uscì dalla porta della cucina con un barattolo di biscotti fatti in casa sotto il braccio, e almeno due in bocca. Mandò giù il cibo, posò il barattolo sul mobile più vicino – accompagnato da un'occhiataccia della moglie – e si pulì le mani dalle briciole. «Non posso credere di verderti finalmente dal vivo!» si mise una mano sotto al mento e la studiò per qualche minuto. «Accidenti, James ti ha descritta proprio bene... e io che credevo mi stesse prendendo in giro...»

Lily si voltò disorientata verso Dorea. «Che... che ha detto James di me?» domandò, confusa.

«Non voglio stare qui ad annoiarti con la marea di aggettivi che mio figlio usa per descriverti, cara. Suppongo che tu ne abbia anche abbastanza, di lui. Piuttosto, se Charlus ha avuto il buongusto di lasciarvi qualche biscotto, mi piacerebbe che prendeste un po' di tè. Vi va?»

 

Quando James era sceso dalle scale, vestito in modo che sembrasse che non ci aveva pensato molto – secondo lui – ma che gridava che ci aveva pensato a lungo, specialmente dato il tempo impegato nel farlo, Lily e Mary ridevano a crepapelle insieme a Dorea e Charlus, sfogliando l'album di foto di James da piccolo, quello in cui i suoi genitori avevano messo le foto più imbarazzanti, almeno secondo il loro povero figlio.

«Che state facendo?» gridò, infatti, allarmato. Strappò dalle mani della madre l'album e lo portò a distanza di sicurezza. «Avevi promesso che non le avresti fatte vedere a nessuno!»

«Andiamo, Jamie...» intervenne suo padre, per minimizzare l'accaduto. «Credevo che volessi che Lily sapesse tutto di te.»

«Ci sono cose che non è necessario vedere!» come i primi bagnetti, o le prime prove per camminare, il primo disastroso volo sulla scopa – quando lui andava in giro dicendo di essere nato sulla scopa! – o un sacco di altre cose che non era il caso che Lily vedesse, avrebbero minato seriamente la sua reputazione a scuola.

«Eri adorabile da piccolo!» sghignazzò Mary, indicando l'album con un cenno. James arrossì, e si preoccupò della mancanza di commenti da parte di Lily, la quale lo stava osservando come fosse un fenomeno da baraccone. James si sentì ancora più in imbarazzo.

«Ti trovavamo carino.» disse, poi, lei, che si stava chiedendo il motivo di tutta quella scenata. Il ragazzo sembrò non poter credere alle proprie orecchie. «Era come guardare un altro James.»

Dorea sorrise. «È rimasto sempre lo stesso bambino.» lo guardò con dolcezza, mentre lui alzava gli occhi al cielo. «Ma dov'è finito Sirius?»

James scosse le spalle. «Si starà incipriando il naso.» offrì, con noncuranza, allungando di nuovo l'album di foto a Lily. «Non ridere, se puoi.» Lily gli rivolse un sorriso sincero e lui sprofondò nella poltrona, nel tentativo di nascondere il suo stato d'animo ai genitori, senza successo.

«Chi si starebbe incipriando il naso, cervaccio dei miei stivali?» chiese Sirius, comparendo in quel momento in salotto. «Non sono mica io che sono andato a rubare i profumi di mio padre per avere un odore più gradevole per Lily.»

«Stupido cane traditore!» scattò James, che poi fece scorrere gli occhi verso suo padre. Non appena incrociò il suo sguardo, l'uomo scoppiò a ridere, e James sospirò di sollievo. «Stanotte ti soffoco col cuscino. Perché ci hai messo tanto? Dovevi farti bello per Mary?»

Sirius sorrise. «Io sono bello per natura, Jamie.» si sedette al fianco della sua ragazza, con aria serafica. Non diede alcuna spiegazione per il ritardo. «Quando arrivano gli altri due?»

«Remus per Capodanno, dice che vuole passare il Natale con sua madre. Peter, invece, non mi ha mandato nessun gufo.» rispose James, stiracchiandosi. Non aveva dormito molto quella notte, troppo impensierito dal fatto che Lily Evans, il suo sogno proibito dal primo giorno in cui l'aveva vista, avrebbe passato due settimane in casa sua. «Per me non ha capito.»

«Che ti aspettavi? Lo sai che non è un tipo molto sveglio.» lo rimproverò Sirius, con un sospiro. «Poi tu gli mandi pure gufi difficili.»

«Harold non è un gufo difficile!» era il suo gufo, per la miseria! «Porta sempre i messaggi, come tutti i gufi del mondo.»

«Con la differenza che ha la brutta mania di beccare tutti quelli che cercano di prendere la posta! Per me sta ancora combattendo col tuo gufo e non ha letto la lettera.» James rise e Sirius sorrise all'idea. Gli altri erano ancora impegnati a raccontare aneddoti sulla vita di James, e qualcuno anche sulle bravate estive di Sirius a casa loro.

«No!» strillò Sirius, interrompendo un racconto potenzialmente interessante. «Non quello del lago, Charlus, ti prego, tutto ma non quello! Piuttosto ti lavo le mutande per tutto il tempo che starò qui!» la faccia di James era decisamente disgustata.

Charlus ci pensò su. «Allora affare fatto, figliolo.» anche perché sua moglie, in un momento di profonda stizza, dopo che lui si era lamentato che non erano più morbide come una volta, gli aveva detto che, se le voleva come piacevano a lui, doveva lavarsele da solo, ma questo nessuno poteva saperlo.

E anche la faccia di Sirius, ora, la diceva lunga a riguardo.

 

«Allora,» chiese Lily, dopo aver aiutato la signora Potter a preparare il cenone della Vigilia di Capodanno. «come mai conosci i genitori di James?»

Mary si schiarì la voce. «Mio zio, nel millenovecentosessanta ha tentato di... come dire, imporsi come nuovo Ministro della Magia. Da allora, la mia famiglia è stata un po' tenuta sotto controllo, e così ho passato un bel po' di tempo in mezzo agli Auror. Io e James abbiamo fatto amicizia al Ministero della Magia, avevamo circa cinque anni e lui non voleva assolutamente allontanarsi da sua madre. È sempre stato un mammone.»

«I genitori di Potter sono Auror?» domandò lei, stupita. Mary si limitò a scuotere le spalle.

«Dunque, ragazzi, la cena è pronta.» disse Dorea, sinceramente preoccupata per quei sei ragazzi da soli, specialmente conoscendo James e Sirius. «Ho scovato tutti gli alcolici e li ho buttati, James Potter non fare quella faccia. E,» rivolse un'occhiata significativa al migliore amico di suo figlio. «la prossima volta che trovo una bottiglia di Whiskey Incendiario sotto al tuo letto, Black, ti ci affogherò dentro.» poi tornò a sorridere agli altri, come se niente fosse successo. «Noi andiamo, torniamo tardi, ma tanto non ci aspetterete, giusto?»

«Avanti, cara.» la interruppe il marito, facendo l'occhiolino ai ragazzi. «Basta con le raccomandazioni. Sono tipi responsabili i nostri due ragazzi.» ormai consideravano Sirius un po' come un figlio, visto che passava più tempo a casa loro che nella sua.

«Dove andate?» chiese James, che sapeva che uscivano per Capodanno, ma non sapeva esattamente dove.

«Andiamo a trovare Andromeda. Ho saputo che sua figlia Ninfadora è un'adorabile combinaguai e non vedo l'ora di conoscerla.» spiegò Dorea, prendendo il marito per un braccio. «Noi andiamo. Fate i bravi, o niente uscite a Hogsmade fino alla fine di quest'anno, è tutto chiaro, James?»

Lui si mise quasi sull'attenti, come un soldatino. «Cristallino, mammina. Ti voglio tanto bene, eh!» li salutò con un cenno della mano e riprese a respirare quando la porta si fu chiusa alle loro spalle. «Mia madre è un militare.»

«A me piace.» disse Lily, che aveva trovato davvero piacevole la sua compagnia, per quelle ore in cui erano state insieme. Certo, aveva delle idee un po' retrograde sulla mescolanza di sangue tra maghi e Babbani, e un po' anche sui Nati Babbani, ma in fondo non era così male, dopotutto non aveva – o mostrava – tutto quel disprezzo che avevano i Serpeverde che frequentavano Hogwarts insieme a lei. Si chiese come poteva una Serpeverde aver sposato un Grifondoro come il padre di James. A quanto pareva gli opposti si attraevano veramente, e subito dopo averlo pensato gettò un'occhiata furtiva al suo, di opposto.

James corrugò la fronte. «Ti piace mia madre?» chiese, sconvolto. «Quello è il passo successivo! Prima ti devo piacere io, poi i miei genitori.»

«Piantala con questa storia, Potter. O giuro che ti Schianto.» si lamentò Lily, sbuffando. Mary ridacchiò e si beccò una gomitata in piene costole dalla migliore amica, cosa che la fece gemere di dolore.

«Ehi, non picchiare la mia ragazza, Evans! Ho dei programmi per la fine dell'anno e vorrei che restasse viva.» Sirius l'aiutò a tirarsi su dal divano. «Quante costole rotte?»

«Ventidue!» Mary continuava a ridere. «Sto bene, Black. E che programmi intendi?» lui fece un sorriso sottile, pieno di mille sottintesi che mise Mary un po' in agitazione. Stavano insieme dalla festa di Halloween il che faceva poco più di due mesi, e Mary sapeva bene che Sirius non era mai stato con la stessa ragazza per più di cinque giorni, ed entro quei cinque giorni, specialmente dalla seconda metà dell'anno prima, si chiudeva con loro in qualche armadio per le scope o nella Stanza delle Necessità a fare cose che preferiva non immaginare, Sirius escluso, ovviamente. Certo non poteva negare che fosse troppo bello e dalla personalità troppo magnetica per resistergli, ma non intendeva fidarsi di lui tanto presto, dopotutto il lupo perde il pelo ma non il vizio, e lei preferiva non dover raccogliere i cocci di un cuore infranto. Se proprio doveva finire, preferiva prendere lui a calci, senza troppi rimorsi e pentimenti.

«Mary ti sei imambolata?» domandò Remus, educatamente. Mary distolse lo sguardo dal punto del divano che aveva fissato fino a quel momento e gli sorrise brevemente. «Qualcosa non va con Sir?» lei scosse la testa.

«Stranamente, tutto alla grande. Grazie.» rispose, pensando che in effetti erano ben otto settimane che non litigavano più.

Remus sorrise di nuovo. «Oh, bene. Pete, mi devi due galeoni.» e Mary non poteva credere che i migliori amici del suo ragazzo facessero quel genere di scommesse.

«Malandrini...» borbottò, con disapprovazione, incrociando le braccia al petto.

 

I problemi si manifestarono qualche minuto dopo la famosa foto.

«Tre... due... uno....» contò James, quasi con l'orecchio sopra la radio. «Buon anno!» abbracciò di slancio Lily, la quale lo schiaffeggiò senza troppi complimenti non appena cercò di avere il bacio di Capodanno. «Ahia...»

«Ringrazia che non ho tirato fuori la bacchetta, imbecille!» si allontanò da lui e cercò conforto in una buona discussione con Remus, anche se alle spalle del suo amico c'erano Mary e Sirius che continuavano ad augurarsi buon anno scambiandosi la saliva, e da almeno dieci minuti. Il che, sfortunatamente, non l'aiutava a dimenticare. «Spero che finisca presto.»

«Che cosa?» chiese Remus, mentre guardava Peter raccogliere i rimasugli della torta della signora Potter. «La serata o la storia fra Sirius e Mary?»

«La cotta di Potter.» il poveretto era ancora sul divano, disteso come quando era caduto dopo che Lily l'aveva schiaffeggiato, depresso, e non aveva intenzione di muoversi per paura di scoppiare a piangere come uno stupido. Aveva ancora un orgoglio e una reputazione da difendere e non aveva intenzione di dare una simile soddisfazione a Sirius, che avrebbe sghignazzato almeno per una settimana. «Spero davvero che finisca presto. Non ne posso più.»

«James non è così male, se lo conosci bene.» lo difese Remus, calmo. «I suoi genitori l'hanno avuto da... anziani, e lo hanno sempre viziato al limite del possibile, è abituato ad avere tutto quello che vuole, è ancora un bambino. Prima o poi crescerà anche lui, e sarà una gran bella persona, in parte lo è già ora.»

Lily sospirò, in effetti non poteva dargli torto. «Lo so, Rem.» rispose, guardandolo mentre ancora stava steso come uno stoccafisso. «È che ha il potere di darmi sui nervi.»

«Beh?» chiese Mary, passando un dito sulla spalla della migliore amica per attirarne l'attenzione. «Quando si festeggia il nuovo anno? Millenovecentosettantasei, arriviamo!»

«La mezzanotte è passata da almeno cinque minuti.» le disse Lily, e sperò che non ci restasse troppo male, ma come si interrompevano due persone che pomiciavano? «Credo che ve la siate persa, tu e Sirius.»

Mary, però, scosse le spalle. «Possiamo festeggiare anche adesso, che importa? L'anno è cominciato da poco ed è nudo come il culetto di un neonato, dobbiamo solo scriverci sopra le nostre avventure.»

«Ben detto, Macdonald.» convenne Sirius, con un sorriso sulle labbra, ancora sul divano opposto a quello su cui James stava agonizzando. «Su, Jamie, alzati.» lo fece prima lui e tentò di prenderlo per un braccio. «Andrà bene la prossima volta, vedrai.» James mugolò in risposta, ma non si mosse. «James?» un altro mugolio. «Evans, me l'hai davvero buttato a terra!»

Lily era scandalizzata. «Ha tentato di baciarmi!» lo indicò con fare accusatorio, e non riusciva a capire come facessero gli altri a non percepire la gravità della cosa.

«Scusa, Evans.» disse James, forse veramente dispiaciuto, una volta che riuscì a tirarsi su. «Mi sono lasciato prendere dall'euforia del momento, giuro che non accadrà più.» aveva la testa bassa e Lily si sentì un po' in colpa, ma solo un pochino. «Scusate, ragazzi, vado a dormire. Fate come se foste a casa vostra, ma non rompete niente, ne va della mie prossime uscite a Hogsmade.»

«Non ti preoccupare!» cercò di rassicurarlo il suo migliore amico. «Ci penso io a tenere d'occhio questa banda di pazzi.»

James inarcò un sopracciglio. «Remus, ti prego.» disse, dopo. «Affido a te tutto quanto, trattieni il cagnaccio dal combinare guai.» Sirius borbottò in risposta e tornò imbronciato sul divano, mentre Remus annuiva.

«Oh, ci penso io al... perché cagnaccio?» domandò Mary, curiosa. James sparì su per le scale, contento di non dover restare a dare spiegazioni, mentre gli altri Malandrini gelarono per un attimo sul posto. Sirius si schiarì la voce e sfoderò il sorriso più accattivante del suo repertorio.

«Niente, Macky, è solo un soprannome perché James dice che i miei capelli somigliano al pelo di un cane. Lo dice solo perché li adoro, non perché è vero.» lanciò un'occhiata agli altri due, sperando che afferrassero il concetto. «E poi anche io lo prendo in giro allo stesso modo.»

«D'accordo Blacky.» lo scimmiottò lei, spingendolo contro il divano da cui cercava di nuovo di alzarsi. «Se resti seduto è più facile evitare che tu faccia danni.»

Sirius le passò le braccia intorno ai fianchi. «Solo se mi dai un motivo valido per non alzarmi.» la sfidò, quasi, e Mary non aveva intenzione di tirarsi indietro, così lo spinse più forte contro i cuscini mentre si sedeva sulle sue ginocchia e ricominciava a baciarlo, proprio come poco prima.

«Prendetevi una stanza, cavolo!» si lamentò Remus, che stava preparando la scacchiera magica per fare una partita con Lily, mentre Peter guardava. In un certo senso gli piaceva come gli scacchi si disintegravano tra loro. Lily lo trovava inquietante, ma non rifiutava mai una buona partita a scacchi, e Remus era un avversario di tutto rispetto.

«Smettila, Moony.» lo rimproverò Sirius, mentre stringeva la ragazza a sé e appoggiava la testa sulla sua. «Non stiamo certo dando spettacolo.»

«Sì, invece.» replicò Lily. «E anche i suoni disturbano. Da bravi, salite di sopra, così niente potrà più trattenervi e poi saremo tutti felici.»

«Lily!» la rimproverò Mary, arrossendo. Si chiese cosa le saltasse in mente, certo non le aveva mai parlato dei dubbi riguardo a rendere le cose con Sirius molto più serie, ma si aspettava che lei lo capisse, dopotutto nemmeno Lily aveva mai avuto un ragazzo!

«Le volte che siamo tutti insieme in Sala Comune sembra che vogliate strapparvi i vestiti di dosso e farlo lì.» questo era James, ora in pigiama, e tutti si girarono verso di lui, che aveva svelato un'impressione che nessuno degli altri tre avrebbe voluto dire. «Prima che lo chiediate, sono sceso a bere.»

«E va bene, va bene!» fu Sirius a parlare, prese Mary per mano e la fece alzare dal divano. «Non ho tre amici maschi, ho tre suocere! Più la Evans, che già basterebbe da sola.» Lily gli indirizzò un'occhiata offesa che lui ignorò con classe. «Buonanotte, amici

«Non fate troppo rumore.» li avvisò James, con sguardo supplichevole. «La mia stanza è vicino alla tua. Non vorrei avere gli incubi per il resto della mia vita.»

«Come sei impressionabile, Jamie!» lo prese in giro il suo migliore amico. «Comunque faremo i bravi, niente di cui preoccuparsi.»

Mary sperò che fosse vero. Non aveva voglia di gettarsi nelle discussioni in cui lui vuole farlo, ma lei no e poi ci si dilungava in spiegazioni che nessuno aveva voglia di dare e altrettanto ascoltare. Inoltre, Sirius non era uno che amava parlare, questo già lo sapeva. Così tentò di sorridergli mentre salivano le scale per mano.

«Non fare caso al disordine.» le disse Sirius, prima di aprire la porta della stanza. «Ancora Dorea non ha avuto il coraggio di mettere piede qui dentro... nemmeno per riordinare. Di solito lo fa contro la mia volontà.» Mary rimase stupita dalla quantità di vestiti sparsi per la stanza, tra cui anche biancheria intima.

«Belle le mutande con le paperelle.» commentò, non avendo il coraggio di tirarle su da terra. «Scommetto che ti donano un'aria sexy di tutto rispetto.»

Sirius si appoggiò alla porta e sorrise. «Non ne hai idea. Le ragazze impazziscono per le paperelle.» Mary lo guardò come a sfidarlo ad andare avanti. «Guarda che è vero, più sono brutte meno dispiace liberarsene, no?»

Lei roteò gli occhi. Esibizionsta. Pensò, ma pensò anche che fosse meglio non dirlo, già l'aver visto le paperelle doveva essere stato un brutto colpo per il suo – smisuratissimo – ego. «Non lo so.» ammise poi, continuando a curiosare per la stanza. Non era mai stata nella stanza di Sirius ad Hogwarts, perché la condivideva con gli altri Malandrini e Frank Paciock – il ragazzo che piaceva a una delle sue compagne di stanza, Alice Prewett – e non voleva invadere la loro privacy, col rischio poi di essere presa in giro per il resto della vita scolastica. Se l'avessero trovata in camera con lui sarebbe stata oggetto di battute a non finire, magari in Sala Grande dove tutta la scuola poteva sentirle.

Meglio evitare.

«Che stai cercando?» le chiese, curioso e divertito. Lei scosse le spalle, andando a ficcare il naso fin dentro l'armadio. «Non ci sono scheletri lì.»

«Lo so.» rise, e poi scosse la testa, guardandolo. «Cercavo solo di capire qualcosa di più su Sirius Black, il ragazzo più sexy di Hogwarts da quando fu fondata.» lo stava prendendo in giro, e lui lo sapeva, ma non smise di sorridere. «Dicono che si capisce molto di una persona dalla sua stanza, e tu sei un tipo davvero disordinato, Black.»

«Le persone disordinate sono più intelligenti.» si difese lui, fingendosi offeso. «Ma concordo sul sexy e il resto.» le fece di nuovo l'occhiolino e lei abbassò lo sguardo. «E comunque piantala di chiamarmi per cognome, cioè... se non fosse Black non mi dispiacerebbe, ma sto cercando di smettere di frequentare quella famiglia.»

«Ma è la tua famiglia.» obiettò lei, confusa. Non si poteva alzarsi una mattina e decidere che la propria famiglia non doveva più essere frequentata, c'era qualcosa di più profondo dell'abitudine tra i membri di una famiglia. Doveva esserci per forza, perfino tra i Black, dopotutto anche Dorea lo era, ed aveva una famiglia molto unita.

«James, Dorea e Charlus sono la mia famiglia da quasi cinque anni.» spiegò lui, con calma. «I miei praticamente non mi parlano da quando sono stato smistato a Grifondoro, sono il primo Sirius Black che non è finito a Serpeverde, considerando che uno dei tre è morto prima degli undici anni.» era già tanto se non l'avevano bruciato dall'albero genealogico della famiglia, sul muro della sala da pranzo. Mary aprì la bocca per dire qualcos'altro in proposito, e lui non aveva molta voglia di discutere di quell'argomento. «Possiamo parlare d'altro? Mi piacevano di più le mutande.»

Lei rise. «Scommetto che con le altre non parlavate di mutande.» fece lei, fingendosi messa da parte.

«Certo che no.» confermò lui, sedendosi sul letto. «Non ho mai parlato e basta con loro. E, a dire la verità, non ero il solo a non essere interessato a cos'avessero da dire.»

«Intendi che nemmeno loro volevano sentirti parlare?» in effetti, tutte le ragazze che le avevano chiesto aiuto, non sembravano molto interessate a Sirius in sé, quanto alla popolarità che avrebbero ottenuto grazie a lui, e poi, beh... crescendo, altre ragazze avevano voluto ben altro.

«Per quale motivo una ragazza esce con un tipo con la mia fama?» lui scrollò le spalle. «Si sa bene a cosa si va incontro. È evidente che lo scopo di tutte le mie ragazze era un altro.»

«Ti ringrazio.» disse lei, questa volta offesa per davvero. Lui le accarezzò i capelli, con una certa dolcezza che Mary trovò tranquillizzante e destabilizzante al tempo stesso.

«Non stavo parlando di te, scema.» rettificò, prendendole le mani e attirandola verso di sé. Mary finì a sedere sul materasso vicino a lui e gli sorrise. «A te piace sentirmi parlare solo per il gusto di darmi torto!»

Lei si finse scandalizzata. «Ma non è vero!» replicò, e lui le rivolse un'occhiata obliqua, come per dire che quello dimostrava che aveva ragione.

 

Sirius ricordava che avevano finito per essere interrotti a un passo dal togliersi i vestiti, da Peter, che aveva sbagliato camera, poi erano arrivati James e Lily, poi anche Remus, e l'eccitazione del momento era scemata e non era più tornata, così lei se n'era tornata in camera con Lily e non ne avevano più parlato.

Ma questi erano eventi che preferiva non ricordare.

 

If I can
Remember
To know this will
Conquer me
If I can
Just walk alone
And try to escape
Into me

 

Ebbe la tentazione di richiudere l'album, non appena comparirono le foto del sedicesimo compleanno di Mary. Erano in Sala Grande e lei aveva un cappello per le feste Babbano, fornito da Lily in persona. Guardando quelle foto, si sentì sopraffatto dalla nostalgia, per lo sguardo che James stava rivolgendo di nascosto a Lily, mentre lei scuoteva le spalle di Mary, felice, o di come lui fosse leggermente in disparte, e vide se stesso sbuffare nella foto, aspettando che gli altri si sbrigassero a darle i loro regali. Nella foto, Mary ancora li scartava.

Nessuno di loro c'era più, ad eccezione di Remus e Peter – che fosse pure maledetto, quel traditore – e lui si ritrovava per l'ennesima volta a cercare di sfuggire alla sgradevole sensazione che quella consapevolezza gli provocava. Era come cercare di scappare, per imbattersi, infine, sempre in se stesso.

 

«Ma buongiorno!» gridò Lily scostando le coperte dal letto di Mary. Marzo non era stato clemente con loro, e nonostante la primavera fosse quasi alle porte, faceva ancora troppo freddo la mattina, per essere svegliati così di soprassalto, o essere strappati al calduccio del letto in modo tanto brusco. «Coraggio, alzati! Non è buona norma svegliarsi tardi il giorno del proprio compleanno!»

Mary si coprì la testa col cuscino. «E dove sta scritto?» piagnucolò, infastidita dalla luce che filtrava dalle finestre. «Credevo che nel giorno del compleanno ci dovessero essere dei privilegi, non certo questo

«Non costringermi a farti il solletico, Mary Macdonald!» la minacciò la sua migliore amica, incrociando le braccia al petto. «Oggi è il tuo sedicesimo compleanno!»

Mary si limitò a girarsi dall'altro lato. «Bene.» commentò, seccata. «Che fortuna.» Lily si limitò ad alzare gli occhi al cielo, prima di pizzicarle i fianchi, facendola quasi saltare fino al tetto. «Va bene, va bene!!» strillò, cercando di allontanare le dita di Lily, che erano piccole e spietate. «Lily, hai vinto farò tutto quello che vuoi!»

«Bene. Quindi alzati, Mar.» le ordinò, quasi. «Perché oggi ti arriveranno un sacco di gufi.»

E, detta fatta: nemmeno il tempo di scendere a colazione, che Mary venne quasi sommersa da bigliettini e regali di piccola taglia che i gufi potevano permettersi di portare, da parte di tutti i parenti amici. «Wow,» disse, senza entusiasmo, scartando un buono per una fornitura di Gelatine Tuttigusti+1. «un regalo davvero utile.»

«Su, su...» le disse James, portandolo controluce per leggerlo. «almeno è roba da mangiare!»

Lei scosse la testa. «Solo perché tu hai la pancia più grossa del cervello, Potter.» scherzò lei, facendogli cenno che poteva anche tenerselo, se voleva. «Oh, e guardate!» sventolò sotto al naso degli altri un altro buono. «Uno per l'acconciatura più trendy del momento, in un nuovo negozio a Diagon Alley.»

«Io non ci andrei.» le consigliò Lily, mettendolo in pila insieme ad altri. «I tuoi genitori?»

Mary si liberò di un altro paio di regali depositati dai gufi, senza neanche guardarli. «Dai miei... un biglietto.» disse, strappando la carta. «Dicono che il mio regalo l'avrò a casa, quando tornerò. Ma non vale!»

«Era di sicuro troppo grande per un gufo.» la consolò Remus. «Scommetto che hanno un bella sorpresa per te.»

Mary sorrise, per ringraziarlo. «Lo spero per loro!» commentò, continuando poi a scartare i suoi pacchetti.

«Aspetta, ferma lì! Dobbiamo immortalare il momento!» fece euforico, James. E scattò la foto prima che gli altri potessero accettare o accorgersi di quello che aveva detto.

«Hai un futuro da fotografo.» fu quello che disse Peter, e James gli scompigliò i capelli con affetto, in risposta. «Mary, questo è da parte nostra, di tutti i Malandrini.»

«Eccetto Sirius.» precisò James, arricciando le labbra. Aveva fatto un mucchio di storie, e soprattutto non gli era piaciuto come aveva sottinteso che si era messo d'accordo con la Evans riguardo al suo regalo. Non gli piaceva nemmeno un po', perché alla fine tutte cadevano ai piedi di Sirius. Tutte.

«E piantala!» lo rimbrottò l'interpellato, quasi seccato, ma forse perché non aveva avuto nemmeno l'occasione di farle gli auguri. Prima Lily l'aveva monopolizzata, e poi erano arrivati gli altri Malandrini.

«Su, ragazzi.» cercò di rabbonirli Remus. «Ne abbiamo già parlato di sopra.» e si riferiva a James che aveva dato in escandescenze perché Sirius faceva il misterioso riguardo a cosa si erano detti con Lily in proposito del regalo per Mary.

«Non c'era davvero bisogno.» si schermì Mary, accettando il regalo con gratitudine. «Ma è bellissimo, ragazzi!» tirò su dalla scatola un braccialetto.

«Se dici le parole giuste canta la canzone del buon compleanno!» squittì Peter, tutto contento. Mary si finse molto impressionata, ma l'aveva davvero apprezzato.

«Forte.» commentò, quando al “buon compleanno” di Peter, questo iniziò a cantare con una voce da tenore davvero esilarante. «Grazie, ragazzi.»

«Altrimenti sta' zitto e puoi... portarlo come un braccialetto normale. Se vuoi canta anche nelle altre feste, ma devi dire le parole giuste.» precisò Remus, con un sorriso sottile.

«Alla prossima festa, allora. Così lo suoniamo a fine mese per quella di James, che ne dite?» gli altri annuirono, in effetti, James era nato alla fine di Marzo, e in poco tempo sarebbe stato anche il suo, di compleanno.

«Sarà meglio muoversi, comunque.» intervenne Lily, lanciando un'occhiata alla Sala Grande, ormai qusai vuota. «Prima di arrivare tardi a Erbologia, non vorrei dovermi sorbire una ramanzina della McGranitt proprio oggi, per la prima volta.»

Mary aveva lasciato il regalo che Lily le aveva fatto in camera, perché era il poster di un gruppo Babbano inglese che lei adorava: i Queen, e non aveva molta voglia di spiegare ai ragazzi come funzionano i gruppi musicali Babbani e aveva preferito lasciarlo lì. E, mentre gli altri si avviavano verso la classe, lei si attardava a raccogliere i bigliettini e i regali. «Grazie dell'aiuto, eh...» borbottò, riempiendosi le braccia, con la speranza di non perdere niente per strada. Poco importava del resto, per una volta avrebbe fatto un po' tardi. L'unico sabato in cui avevano lezione perché la professoressa Sprite doveva recuperare le ore perse mentre aveva l'influenza!

«Ti do una mano io.» si offrì Sirius, aiutandola con pacchetti e pacchettini. «A proposito, buon compl...»

«Ti prego, non dirlo.» lo bloccò Mary, sommersa dai biglietti. «O questo braccialetto comincerà a cantare.» si sporse dalle carte e gli sorrise. «Comunque, grazie.»

«Vieni a Hogsmade con me, oggi?» le chiese, dopo, mentre si avviavano verso l'uscita della Sala Grande, diretti nella Torre di Grifondoro. In realtà aveva un sacco di piani per quel pomeriggio, e pochissimi di questi prevedevano Hogsmade. Ma questo lei non era necessario che lo sapesse.

«Perché no?» rispose lei, un po' curiosa di sapere cos'avesse in mente. All'inizio, c'era rimasta un po' male di non aver ricevuto nessun regalo da quello che era il suo ragazzo da sei mesi, ma poi aveva pensato che avesse qualche specialissimo asso nella manica, e prevedeva di non sbagliarsi. «In fondo, che abbiamo da fare?»

«Sembri sorpresa.» commentò lui, con un sorriso sottile. «Che cosa c'è?»

Mary scosse le spalle. «Credevo... non prendertela... che volessi portarmi nella Stanza delle Necessità.» e sapevano bene entrambi a cosa si riferiva, e questo spiegava la timidezza della ragazza a esternare il pensiero.

«Pensi davvero che ti porterei dove ho portato tutte le altre?» le domandò, non sapendo se sentirsi offeso per l'insinuazione oppure vagamente intrigato dalla velata proposta. «Se vuoi, saltiamo Hogsmade e passiamo subito al dessert.»

«No, no!» si affrettò a dire lei, molto velocemente, con le guance rosse. «Non c'è alcun bisogno... mi piacerebbe andare a Hogsmade, oggi, davvero.» si schiarì la voce, per smaltire un po' l'imbarazzo. «In fondo, devo ancora comprarmi il mio regalo di compleanno.»

«Ah, ecco cosa mancava allora, stamattina.» commentò il ragazzo, con ironia. Mary gli fece la linguaggia e, davanti alle scale per il dormitorio femminile, gli rubò un bacio, prima di salire a posare le sue cose.

 

«Quindi, vi aspettiamo lì?» chiese Lily, guardando l'orologio che aveva al polso. Erano quasi le due, e quel giorno avevano avuto il permesso di uscire da Hogwarts subito dopo pranzo, in una specie di pagamento per aver dovuto andare a lezione.

«Sì, dai.» confermò Mary, guardando con ansia le scale del dormitorio maschile. L'aveva proposto poco prima, vedendo che Sirius ne aveva ancora per molto prima di scendere. «Tanto vi raggiungiamo.»

«Sì.» confermò James, ma lo strano luccichio negli occhi era sospetto. «Dai, Evans, andiamo. Io, Rem e Pete non ti mangeremo, promesso.» Lily sospirò, guardando l'amica in cerca di aiuto.

«Ci saranno anche Alice e Frank.» le ricordò allora, sperando che le fosse di conforto. Lily annuì e si diresse, suo malgrado, fuori dalla Sala Comune insieme a tre dei Malandrini. «Forza, Sirius... ma che stai combinando?» giusto il tempo di borbottarlo che il suo ragazzo sbucò dalle scale, in tutto il suo elegante portamento. «Finalmente, gli altri sono già andati!»

«Scusa il ritardo, MacD.» ma non sembrava molto contrito, anzi. Poi si toccò le tasche dei pantaloni. «Aspetta, ho dimenticato su una cosa.»

Lei si avvicinò per trascinarlo via. «E dai, non importa!» cercò di mettergli fretta. «Tanto dopo torniamo.»

Sirius, però, scosse la testa. «No, non posso uscire senza.» assicurò e parve talmente serio che Mary non ebbe cuore di contraddirlo. «Ci metto solo un minuto, promesso.» e scomparve di nuovo. E non per un minuto, ma per svariati minuti.

Si fece un quarto d'ora.

«Black, ti ammazzo.» sibilò Mary, tra i denti, prima di salire le scale. Quinto piano a sinistra, se non ricordava male. Fece attenzione a non farsi vedere dai ragazzi sotto al terzo anno, che probabilmente stavano maledicendo la loro cattiva sorte: stare chiusi in un castello con quel bel tempo, anche se faceva ancora freddo, a studiare, poteva sembrare – a buon ragione – una disgrazia. La ragazza spalancò la porta senza troppe cerimonie. «Black, che stai facendo? Ti colava il mascara?»

«Cos'è un... un che?» domandò poi lui. Mary si girò di scatto, trovandoselo alle spalle, proprio dietro la porta che aveva aperto. Sirius allungò un braccio e la chiuse. «Comunque, ce ne hai messo di tempo, Macky.» lei corrugò la fronte e lui sorrise. «Per capire che dovevi salire.»

Lei sospirò. «Veramente, ero salita a picchiarti. Vogliamo andare?» gli chiese, indicando la porta con un gesto del braccio. «Credo che Lily mi ucciderà se non scendiamo subito. Lasciarla in balia di James non mi sembra una buona idea.»

Sirius le mostrò un'espressione tranquilla, come a farle capire di non doversi preoccupare troppo. «Lily sa badare a se stessa.» le disse, poi, e Mary indietreggiò di un passo, emozionata e un po' messa in soggezione dal modo in cui la stava guardando. Non negava affatto di avere iniziato a desiderarlo seriamente, ma non aveva mai avuto il coraggio di fare quel primo passo che lui sembrava aspettare da lei.

«Che... che c'è?» chiese, quindi, quando non lo vide avvicinarsi oltre, ma il suo sguardo sembrava parlare per lui. «Non fare così... non capisco cosa vuoi...»

Sirius non riuscì a trattenere un sorrisetto malizioso e Mary non ebbe più dubbi su dove volesse andare a parare. Mary si ritrovò improvvisamente contro uno dei sostegni del baldacchino del letto e si accorse in quel momento che aveva continuato ad allontanarsi da lui. «Beh,» fece lui, avvicinandosi. «volevo dirti che mi piace il tuo vestito, ma era solo per farti un complimento a caso.»

«D-davvero?» si schiacciò contro il legno alle sue spalle, quando arrivò a sentire il suo respiro sul viso. «L'ho preso insieme a Lily, giusto qualche settimana fa, per l'occasione... sarebbe carino... sfoggiarlo a Hogsmade...»

«No...» la contraddisse il ragazzo, ma con dolcezza. «Scommetto che non se la prenderà per non essere stato visto in giro.» Mary chiuse istintivamente gli occhi, quando Sirius si avvicinò ancora e si sporse leggermente verso di lui, mentre si aggrappava con le mani al letto di Sirius, quasi avesse dovuto trovare qualche tipo di appoggio non solo fisico, ma anche emozionale. Ma quando non la baciò, Mary riaprì gli occhi, sinceramente delusa.

«Sir...?» non era nemmeno davanti ai suoi occhi.

«Scusa...» fece lui, aprendo la finestra al gufo dei Potter. «ma sembra che qualcuno abbia deciso di rompermi le uova nel paniere...» slacciò la lettera dalla zampa del gufo e la lesse velocemente. «Che palle...»

«Che succede?» domandò, con cautela, allontanandosi leggermente dal suo appoggio per andargli vicino. Non sembravano buone notizie.

«Alphard Black è ufficialmente impazzito.» annunciò, senza mostrare nessuna particolare emozione. «L'unico zio che mi sta simpatico... qui dice che la prossima settimana devo andare alla Gringott a ritirare la mia parte di denaro che mi ha lasciato.» scosse le spalle. Era stato diseredato e cancellato dall'arazzo di famiglia proprio qualche mese prima, dopo il suo sedicesimo compleanno, quando aveva annunciato – con il consenso dei genitori di James – che se ne andava a vivere dai Potter. «Probabilmente sarà bruciato anche lui...»

«Bruciato?» chiese Mary, confusa. Sapeva che non era bene fare domande a Sirius sulla sua famiglia, anzi, l'unica volta che ci aveva provato, il suo umore era molto peggiorato. Questa volta sembrava non fare eccezione.

«Lascia stare...» rispose lui, sbuffando. Buttò la lettera sul letto e poi sospirò: un bel momento rovinato nel punto più sbagliato. La ragazza abbassò lo sguardo.

«Vuoi che ti lasci solo?» chiese, un po' mogia. Sirius alzò lo sguardo e si accorse di averla resa triste, più che nervosa.

Si allontanò dalla finestra e la strinse a sé. «No.» non avrebbe permesso alla sua stupida famiglia di rovinare il compleanno alla sua ragazza. «Ho ancora il mio regalo da darti, e ci sono un sacco di altre cose da fare!»

Mary sorrise, vedendo il sorriso spuntare di nuovo sul viso di lui. «Okay, allora! Fammi vedere, dai!» si lasciò condurre per mano fino al letto e si sedette. Lui le fece cenno di aspettare e poi le presentò un pacco dalla forma decisamente strana. «Che cos'è?»

«Aprilo.» lui e Lily avevano dovuto fare i salti mortali per non essere scoperti, durante le vacanze di Natale, e poi era stato esilarante suscitare in quel modo la gelosia di James, e tutto per una buona causa!

Mary eseguì e trovò un orso di peluche, del tutto Babbano. «Non posso crederci.» ammise, stupita. «Non credevo che anche i maghi regalassero questo genere di cose.»

«I nostri pupazzi parlano.» disse Sirius, scuotendo le spalle. «Però ti ho sentita mentre dicevi che non avevi nessun pupazzo a Hogwarts... così... ho chiesto a Lily una mano. Poi... non volevo che iniziasse a parlare durante la notte, o che lo trovassi strano, così ho pensato che avresti preferito un pupazzo Babbano...»

Lei sorrise e gli gettò le braccia al collo. «Tu. Sei...» non le veniva nemmeno il termine giusto. «Dolcissimo!» gli schioccò un bacio sulle labbra come ringraziamento e poi tornò ad abbracciarlo stretto. «E poi dicono che i maschi non sono attenti ai dettagli!»

«È solo perché io non sono uno qualunque...» si finse modesto, ma in realtà aveva chiesto aiuto alla migliore amica di lei anche per quello: non aveva la minima idea di cosa si regala a una ragazza per il suo compleanno, non aveva mai dovuto preoccuparsi di niente del genere.

«Lo adoro, Sirius!» se lo strinse contro, non era molto grosso, ma neanche piccolo, ed era morbidissimo. Poi lo posò sul comodino del ragazzo e si impegnò nel ringraziarlo con quanto più slancio poté. «E adoro anche te!» ma non le diede il tempo di dire altro che la zittì ancora, e tutto ciò che Mary fu in grado di percepire dopo fu solo la bocca di Sirius, le sue mani che cercavano di insinuarsi sotto il vestito.

Quando rimase incastrata nel vestito, perché lui non aveva slacciato i bottoni e non le si sfilava dalla testa, Mary pensò che quella sarebbe stata la fine della sua penosa quasi prima volta, invece Sirius in qualche modo riuscì a liberarla, ma trattenne a stento le risate. «Oh, sta' zitto!» gli disse lei, imbarazzata fino all'inverosimile.

«Non ho parlato.» si difese lui, in un sussurro che lei trovò maledettamente sexy, e così pensò che sarebbe stato più facile dimenticare l'inconveniente, fare finta che non fosse mai avvenuto e togliergli quella fastidiosa camicia.

Presto, anche gli altri vestiti fecero la stessa fine, e Mary ebbe appena il tempo di sussurrare un incantesimo contro il suo addome, prima che Sirius la baciasse ancora, e gli trattenne la testa passandogli una mano tra i capelli, mentre con l'altra sfiorava le sue spalle e poi la sua schiena, chiudendo gli occhi per la sola sensazione che la vicinanza del suo corpo le suscitava. «Sirius...» lo chiamò, piano. Lui mugolò una specie di assenso, contro il suo collo, e lei pensò che la stesse invitando a continuare a parlare. «cosa...» si schiarì la voce. «se per caso fossi vergine, tu cosa diresti?» lui sembrò bloccarsi, e Mary si pentì di averlo detto, ma poi il ragazzo spostò la testa per incontrare i suoi occhi e, nei suoi, lei poté leggere sorpresa e un po' di confusione, forse non se lo aspettava. Durò un solo istante, prima che un sorrisetto soddisfatto gli comparisse sulle labbra. Mary trovò irritante il modo in cui trovava motivo di orgoglio il fatto di essere il primo.

«Bene,» sogghignò, al suo orecchio. «perché il primo non si scorda mai.»

«E tu sei egocentrico a sufficienza perché questo sia importante.» lo prese in giro lei, chiedendosi perché entrambi stessero sussurrando, quando non c'era nessun altro tranne loro lì. Si sentì sua ancora prima che diventasse fisicamente parte di lei, e in un momento capì che lo amava, lo amava da impazzire. Sirius non rispose alla provocazione, invece si chinò di nuovo per baciarla, e la ragazza gli andò incontro: tutto il suo corpo si mosse in modo complementare a quello di lui, e molto presto fu l'unica cosa di cui le poteva importare, oltre ai suoi occhi.

 

Più tardi si risvegliò tra le braccia di lui, e fu costretta a nascondere il viso contro il suo petto per non fargli vedere di essere arrossita come una stupida. «Ma ben svegliata, bella addormentata!» fece lui, con un certo sarcasmo. «Temevo che il mio braccio sarebbe andato in cancrena.»

Lei sollevò il volto e lo fissò con una smorfia quasi offesa. Si era aspettata qualcosa di carino, e invece era sempre il solito. «Avresti potuto svegliarmi.» gli fece notare, allora.

Sirius, inaspettatamente, sorrise. «No, non potevo.» e le spostò i capelli lontano dagli occhi, con un gesto gentile. «Era mia precisa responsabilità farti recuperare le energie.» e non distolse lo sguardo malizioso dal suo, mentre si portava una delle sue mani alle labbra. Mary si chiese se si fosse comportato così con tutte, e una vaga sensazione di gelosia le attorcigliò lo stomaco, al pensiero.

«Già.» commentò allora, cercando di non lasciarsi impressionare dalle sue belle parole. «Adesso, però è mia responsabilità darmi una bella ripulita.» cercò di alzarsi ma lui non glielo permise. «E il braccio in cancrena?»

«Temo che dovrà resistere ancora un po'.» lui scosse le spalle, con noncuranza. «Hai forse fretta?»

Mary si sistemò in modo più comodo contro il suo petto e sospirò. «Gli altri non ci metteranno molto a tornare, mi sbaglio?» non era che avesse molta voglia di farsi trovare da altri quattro ragazzi senza vestiti.

«I ragazzi rimarranno fuori fino a stasera, quando ci sarà il rientro.» le assicurò Sirius, lasciandole un bacio sulla fronte. «Esattamente come gli ho chiesto di fare stamattina.»

Mary sorrise. «Allora faceva tutto parte del tuo piano, Black.» in un certo senso era sorpresa, non credeva che perfino Lily si sarebbe prestata per una cosa del genere. «Tutto questo per portarmi a letto... ci devi aver pensato a lungo.»

Lui le accarezzò delicatamente la schiena, prima di parlare. «In realtà volevo solo un po' di tempo per stare con te.» suonò sincero, e Mary preferì pensare che fosse davvero così. «Non voglio mentire dicendo che non ci ho pensato, ma...»

«Che importanza ha?» gli chiese lei, allungandosi per baciarlo. «Tanto ormai è fatta. E posso giurare che questo sia il migliore compleanno da quando sono qui ad Hogwarts. E questo solo perché gli altri non li ricordo molto bene.» tornò ad appoggiare la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi, stringendosi un po' di più a lui.

Il ragazzo rispose alla stretta quasi automaticamente. «Non puoi aspettarti niente di diverso da Sirius Black, dovresti saperlo, ormai... MacD.»

«Piantala di chiamarmi così...» si lamentò debolmente lei. «Non potresti chiamarmi Mary per una volta?» in sei mesi, l'aveva chiamata per nome sì e no in un paio di occasioni.

«Se non ricordo male,» il suo tono casuale fu motivo di imbarazzo per lei, per qualche ragione. «l'ho detto parecchie volte... prima.»

Mary mugolò, nascondendo il viso un'altra volta. «Perché devi dire cose che sai mi metteranno a disagio?» domandò, con voce acuta. Sirius rise e si tirò su a sedere, trascinandola con sé.

«Non posso nemmeno prenderti un po' in giro?» le chiese, con calma, costringendola a guardarlo in faccia, e le sue guance rosse gli dissero quanto le costasse non distogliere gli occhi dai suoi, ma non lo faceva per orgoglio.

Mary sorrise. «Adesso posso andare a fare la doccia? O mi stai tenendo qui perché c'è qualche sporco segreto nel vostro bagno dei maschi che io non devo sapere?»

«Nessun segreto, ma forse sporco sì. Non lo so... forse James ha dato una sistemata, sai, il bagno è il suo regno.» la sua espressione fu molto eloquente, su ciò che pensava in proposito, ma non commentò oltre. «Vado a dare un'occhiata, eh?» Mary scoppiò a ridere, quando lo vide portarsi dietro una bacchetta.

«Ma cosa c'è lì dentro?» tirò il lenzuolo fino a coprirsi il collo e lo raggiunse in bagno. Sirius era di nuovo dietro la porta e la prese in braccio, lasciandola sorpresa. «Black, questa è l'ultima volta che mi freghi così.»

Lui inarcò le sopracciglia, mostrandosi dubbioso. «Ma davvero?» la tenne stretta saldamente, un braccio dietro le ginocchia e l'altro dietro la schiena. «Io non ci scommetterei.»

Mary lo guardò storto. «E quindi ora che cos'ha intenzione di farmi il mio principe azzurro? Si trasformerà nel lupo cattivo?»

«Un cane sarebbe più appropriato.» commentò lui, soprappensiero, mentre Mary non capiva. «In ogni caso, tu volevi una doccia, quindi... avrai la tua doccia.» e il sorriso malandrino sulle labbra le fece capire che non sarebbe stata da sola.

 

Dopo essere scesi in lavanderia e aver fatto un po' di conversazione con gli elfi domestici a cui avevano affidato le lenzuola del letto di Sirius, pregandoli di non farne parola con nessuno, rimisero a posto il suo letto e andarono a rilassarsi in Sala Comune.

«Vuoi rilassarti studiando?» chiese Sirius, sinceramente dispiaciuto. «Mi stai prendendo in giro.»

«No.» negò lei, con tono leggero. «Però possiamo prendere in giro gli altri, facendo loro pensare che abbiamo studiato. Immagino già la faccia di James.» dovevano stare per tornare, dopotutto, era quasi ora del rientro – e per la cena.

«Ma dai!» non ci avrebbero creduto nemmeno per un minuto. «È di me che stiamo parlando.»

«Beh, fai come ti pare, io non ho ancora fatto il tema di Trasfigurazione, ed è per domani.» tagliò corto lei, e Sirius si ricordò che neanche lui aveva toccato la piuma per scriverlo. «Lo facciamo insieme, ti va?»

Il ragazzo scosse le spalle. «Mi pare chiaro che non ho altra scelta.» commentò, e si sedette di fronte a lei, quasi rassegnato, con un foglio di pergamena disteso sul tavolino.

E poi accadde il putiferio, dal tranquillo silenzio della Sala Comune mezza vuota, si passò in meno di un minuto al più grande frastuono che il mondo avesse mai sentito.

Lily Evans stava gridando contro James Potter.

Sirus e Mary si lanciarono un'occhiata, e si rivolsero all'entrata della Sala, vedendo sbucare una Lily fuori di sé dalla rabbia, con le lacrime agli occhi, e un James infuocato almeno quanto lei. Gli altri due Malandrini entrarono un secondo dopo di loro, col fiatone, forse per aver corso.

«Che succede?» domandò, allora, Sirius, non sapeva nemmeno lui bene se più curioso o più preoccupato.

«Storia lunga...» tagliò corto Remus, inseguendo James su per le scale del dormitorio, per poi bloccarsi prima di salirle. «Lily...?» si girò verso quelle del dormitorio femminile, e Mary si sentì chiamata in causa.

«Ci penso io.» assicurò, tirandosi su dalla poltrona vicino al camino. «Lasciate fare a me.»

Sirius le lanciò un'occhiata dubbiosa. «Sicura di volerti immischiare?» le domandò, conoscendo la Evans. «Temo per la tua incolumità.»

Mary sorrise e gli schioccò un bacio sulla bocca. «Tranquillo. È la mia migliore amica!» disse, guardandolo con tenerezza. «Ci vediamo per cena, tu pensa a Jamie.»

 

«Ehi, bellezza.» esordì Mary, entrando nel dormitorio. Lily era stesa sul letto e abbracciava il cuscino. Piangeva. «Che è successo? Vi lascio soli per qualche ora e tornare che siete pronti ad azzannarvi.»

«Potter è un idiota.» disse Lily, tirando su col naso. «E anche Severus lo è. Non sai... non sai che cos'ha detto! Mi sono allontanata un attimo da quei tre cretini per raccogliere il cappello che mi era caduto per strada e quando li ho raggiunti stavano facendo i bulli con Severus. Ho cercato di difenderlo e lui... oh! Non riesco nemmeno a dirlo!» Mary l'abbracciò e lei scoppiò di nuovo a piangere.

Mary non credeva che il punto fosse cosa avesse detto, in quel momento, ma come l'aveva presa lei. «Non vorrei mettere il dito nella piaga, Lils.» cominciò, con cautela. «Ma sappiamo bene che tra i Serpeverde, novantanove su cento sono delle teste di cazzo. E l'imbecille che non lo è da subito, presto lo diventerà. Tesi dimostrata.» Lily non sembrò affatto confortata. «Quello che intendo è che non devi prendertela per quello che pensa lui.»

«Era il mio migliore amico...» piagnucolò lei. Una volta le aveva detto che non importava essere figli di maghi o Babbani, e poi la chiamava Sanguesporco?

«Già. Era.» ripeté l'amica, seria. «Le persone cambiano, e non sempre in meglio. Da bambini siamo tutti carini e coccolosi, e poi crescendo ci si rivela per quello che siamo davvero... Lily, non importa cos'abbia detto! Ti ha ferita e un amico non si comporta così. Se anche avesse detto la verità, non c'è scusa che tenga. Non ci si può nascondere dietro la sincerità per poi essere crudeli.» dopodiché, sospirò. «Che mi dici di James? Lui che c'entra?»

«James è un grandissimo immaturo.» fu tutto quello che Lily disse in proposito. «Ma, ti prego, non parliamo più di questo. Dimmi del tuo pomeriggio con Sirius.» si asciugò le lacrime e cercò di mostrarsi più calma.

Mary arrossì. «Non so cosa dire...» ammise, grattandosi una guancia, un po' a disagio. «ma è stato... uhm... interessante.»

Lily si allontanò da lei, stupita. «Non mi dirai che avete fatto il tema di Trasfigurazione per davvero?» chiese, non sapendo se ridere o piangere. La sua migliore amica scosse la testa con un involontario sorriso malizioso sulle labbra, insomma, un'espressione che sembrava gridare: “Abbiamo fatto ben altro”. «Avanti, racconta!» non vedeva l'ora di avere qualcosa su cui concentrarsi che non fosse il suo litigio con Severus e la discussione con Potter.

Mary la spinse di nuovo contro il materasso. «Ma insomma!» si lamentò. «Cosa vuoi sapere?» stava solo temporeggiando, non c'era bisogno che Lily lo dicesse, dato che era molto più che intuibile.

«Mary se fai così la difficile penserò che sei stata veramente nella Stanza delle Necessità insieme a lui.» fece Lily, fingendosi scandalizzata. In realtà, non ci vedeva nulla di male, anzi, era proprio felice per lei.

Mary fece schioccare la lingua. «Non siamo stati per niente lì.» rivelò, mettendo su un'espressione cospiratoria. Lily ci rimase di stucco. «Davvero, non ci siamo nemmeno avvicinati alla Stanza.»

La sua migliore amica rimase a sbattere le palpebre senza parlare per qualche secondo. «E allora che avete fatto?» chiese, chiedendosi il motivo per il quale Sirius li aveva voluti tutti via se non per averla un po' tutta per sé.

«La domanda non è “cosa abbiamo fatto?” ma... “dove siamo stati?”» rise, quando il sorriso malizioso comparve sulle labbra di Lily, che sembrò aver finalmente compreso. «Ha cacciato i suoi amici dal dormitorio proprio perché non voleva che andassimo dove ha portato tutte le altre.»

«Cavolo...» commentò Lily, fissandosi con interesse una ciocca di capelli. «quasi romantico.»

«Quasi.» concordò lei, ridacchiando. «E so anche del regalo, quindi ringrazio pure te. Scommetto che da solo non ce l'avrebbe mai fatta.»

«Abbiamo dovuto fare i salti mortali per non farci scoprire.» disse Lily, con un sospiro. «E sospetto che James non gliel'abbia ancora perdonata, a Sirius, per non averlo coinvolto.» ma questo era un dettaglio senza importanza. «E quindi?»

Mary arrossì. «E quindi... cosa?»

«Oh, avanti! Non fare la misteriosa... com'è... insomma... com'è stato?» Lily non aveva alcuna esperienza in campo di ragazzi, anzi, ancora non aveva dato nemmeno il primo bacio, perché tutte le volte che James ci aveva provato l'aveva schiaffeggiato o era scappata via. E lui era l'unico che ci avesse mai provato. Era decisamente curiosa a riguardo, sebbene non avesse intenzione di sapere i dettagli minuziosamente: quelli erano affari di Mary – e Sirius –, e nemmeno le interessavano.

Mary ci pensò su: in effetti durante, non era stata molto a pensare a qualcosa che non fosse Sirius stesso. «Bello.» decise di dire, allora, non sapendo come meglio esprimere la sensazione. «È stato come capire che... c'è bisogno anche di avere un legame fisico oltre che sentimentale. Non avevo mai provato niente del genere per nessuno. E, Merlino, che occhi che ha! Penso di averli fissati per tutto il tempo.» si buttò anche lei sul materasso, dal lato opposto a quello del cuscino di Lily.

«Accidenti, sei proprio cotta.» commentò la sua amica, con un sorriso. «E lui? Insomma... ne avete parlato o no?» Mary scosse la testa. Ora che ci pensava, dopo essere usciti dalla doccia – che era stata l'ennesima scusa per toccarsi l'un l'altra – erano scoppiati a ridere, forse per imbarazzo o non sapeva cosa. Erano rimasti un po' in silenzio durante il tragitto per la lavanderia, ma dopo essersi liberati delle lenzuola sembrava tornato tutto come prima, ma non ne avevano per niente parlato.

«In effetti non so niente di cos'abbia provato lui.» pensò ad alta voce. «Ma non credo che sia stato importante come lo è stato per me. Insomma, lui era il primo, io di sicuro no.»

«Sono certa che ti sbagli, Mar.» fece Lily, pensierosa. Dopotutto, Sirius era molto cambiato, in sei mesi non era andato a cercare la compagnia di nessuna, e aveva rifiutato un sacco di ragazze, solo per lei. Le veniva da dire che fosse innamorato anche lui.

 

Sirius Black gettò un'occhiata alla porta della Sala Grande: Mary aveva detto che si sarebbero visti per cena, ma aveva finito per scendere coi Malandrini. In sincerità, si sentiva un po' in colpa per averli abbandonati quel sabato, d'altra parte era anche contento di averlo fatto, e una terza parte di lui era un misto tra confusione e altri sentimenti che non comprendeva. Allontanò il piatto da sé: gli era passata la fame.

«Che hai, fratello?» gli chiese James, con tono un po' piatto, mentre ancora ripensava a quello che gli aveva detto la Evans, sul preferire uscire con la piovra gigante, piuttosto che con lui. «Anche tu hai litigato con Mary?»

Sirius scosse la testa. «Ramoso, piantala di pensare alla Evans e guardati un po' intorno, ci sono un sacco di ragazze che cadono ai tuoi piedi! Ce ne sarà una che risponde alle tue richieste, no?»

James si limitò a sospirare sconsolato, rimestando il cucchiaio nella zuppa. «No. Nessuna è come lei.» e questo mise fine alla discussione. «Piuttosto, anche tu sembri non avere fame, che è successo?»

«Già... sei insolitamente silenzioso.» notò Remus, da dietro il suo cucchiaio, mentre Peter li osservava curioso, pendendo dalle labbra di Sirius. «Che hai?»

«Mary.» disse solo, lanciando di nuovo uno sguardo alla porta. «È la prima che non... insomma, non è necessario mettere fine alla relazione, anche se... insomma, siamo arrivati all'ultima base.»

«Metafore Babbane!» commentò Remus, con un sorriso malizioso sulle labbra. «Ancora non ti avevo mai sentito usarle.»

«Non è questo il punto.» fece Siirus, sbuffando.

«Qual è il problema, scusa?» era James, che non aveva assolutamente capito la ragione del cruccio del suo migliore amico. «Se non te la senti di lasciarla, non lo fare e basta, no?»

«Infatti non ne ho intenzione, zuccone.» lo rimproverò Sirius, con una smorfia. «Come ci si comporta con una ragazza dopo?» la porta si aprì e Lily e Mary fecero il loro ingresso in Sala Grande, chiacchierando e ridendo. «Non ho mai dovuto preoccuparmi dei dettagli, o di come si sentissero dopo che le scaricavo, ma lei è complicata e...» e mi importa di come si sente ma questo lo pensò e basta.

«Te la sei scelta tu così.» gli ricordò Peter, e Sirius gli indirizzò un'occhiataccia, senza rispondere, come a dire “Grazie tante del nessun aiuto”.

«L'unica è parlarne.» gli consigliò Remus. «Magari non è nel tuo stile, Sir, ma dovresti spiegarle come ti senti, sono certo che anche lei la pensa allo stesso modo.»

«Piantatela con questi consigli da Rubrica per Streghe Disperate della Gazzetta del Profeta!» fece lui, quasi disgustato. «”Parlale dei tuoi sentimenti, Sir”, cielo, ma vi sentite?»

Remus arricciò le labbra. «Se poi ti pianta, io te l'avevo detto.» e con questo, chiusero l'argomento. Arrivò Lily, che non degnò James nemmeno di uno sguardo; il ragazzo abbassò di nuovo la testa sulla sua zuppa e tentò di non dare a vedere di esserci rimasto molto male.

«Buonasera, ragazzi.» li salutò, gioviale, sedendosi vicino a Remus.

«Come ti senti?» le chiese quest'ultimo, con fare premuroso. Lily gli sorrise, e annuì, facendogli capire che stava bene. «Sicura?»

«Sta bene, mamma.» confermò lei, ridendo. A lui non fece piacere essere chiamato con quell'appellativo, ma tentò comunque di rispondere con un sorriso.

«E Mary?» fu James a chiederlo, ma la voce gli uscì mogia, mogia. Sirius gli avrebbe dato una bella botta in testa, se nelle vicinanze non ci fossero state ragazze impressionabili col sangue.

Lily parve accorgersi solo in quel momento che la sua amica non era più insieme a lei. «Oh, eccola.» disse, accennando con la testa al fondo della tavola. «Sta parlando con Emmeline e Marlene.»

«E per dirsi cosa?» chiese Sirius, curioso, sporgendosi in quella direzione.

«So che siedono insieme a Divinazione, lei e Emmeline.» Lily scrollò le spalle. «Devono fare insieme un tema su Plutone, se non ho capito male.» Lily non seguiva Divinazione, preferiva dedicarsi a materie più interessanti. «Perché tutta questa curiosità? Ogni tanto capita che non ci sediamo insieme.»

«Non se ci sei tu.» intervenne Remus, abbandonando definitivamente il suo cucchiaio nella sua zuppa.

«Io e Marlene non ci piacciamo molto, dalla festa di Halloween.» Lily deglutì, e pensò alla sua porzione di zuppa. Remus le sconsigliò con uno sguardo di assaggiarla, e lei decise per il brodo. «Stranamente, ce l'ha con me e non con lei. Così, ho preferito venire qui.» poi si accigliò. «Perché, vi do fastidio?»

«No, Evans.» la rassicurò Sirius, al posto di James, che preferì tacere. «Una presenza femminile è sempre gradita, al nostro tavolo.» distese le gambe sotto al tavolo, prima di lanciare un'altra occhiata furtiva alla sua ragazza: che lo stesse evitando? «Credevo che lo sapessi.»

«Black, non ti Affatturo solo perché sei il ragazzo della mia migliore amica.» rispose Lily, sincera, senza astio, ma con calma. «Stasera sono nervosa, vorrei prendere tutti i Serpeverde e Schiantarli.»

«Non è da te.» commentò Remus, un po' preoccupato. Lily sapeva che lui aveva ragione, eppure la tentazione rimaneva: erano i corrispondenti dei razzisti invasati dei Babbani, si poteva andare in giro e parlare di Purosangue tra persone? Quasi fossero cavalli da corsa?

«No, è vero.» ammise, infatti, ma poi guardò verso il loro tavolo e la rabbia le salì di nuovo alla testa. «Ma non escludo che potrebbe diventarlo.»

«Se vuoi dare calci nel sedere alle Serpi ci trovi disponibili.» la appoggiò Sirius, dando una pacca sulla schiena a James. «Riprenditi, fratello.» poi si alzò e si diresse verso Mary: magari Remus era un po' troppo romantico per i suoi gusti, ma di sicuro lui e Mary dovevano fare quattro chiacchiere.

«Buonasera, signorine.» salutò le tre Sirius, con tutta la nonchalance che possedeva. Loro alzarono lo sguardo e Mary non poté trattenere un mezzo sorriso, mentre le altre due lo salutavano a loro volta. «Hai finito, Mar? C'è... c'è una cosa che ti devo dire.»

Mary si sforzò di non far scomparire il sorriso dalle labbra, perché quelle parole, di solito, preludevano a qualcosa che le ragazze di rado erano disposte a sentire. Non adesso, Black pensò, ma si alzò. In realtà non aveva nemmeno iniziato a mangiare, ma dubitava che ci sarebbe riuscita prima di sapere che avesse da dire. «D'accordo, andiamo.» lui le prese la mano e cominciò a guidarla verso l'uscita. «Ci vediamo dopo, ragazze.» loro la salutarono con un gesto della mano, e ripresero la loro cena. Una volta fuori, Mary poté percepire chiaramente il battito agitato del proprio cuore. «Allora, cosa c'è?» meglio farla finita in fretta, così magari, se non le fosse piaciuto ciò che aveva da dire, poteva scappare in camera, e non perdere la dignità, magari scoppiandogli a piangere proprio in faccia.

Sirius si accorse di aver avuto molta più risoluzione prima di trovarsi faccia a faccia con lei. «Ecco... io...» no, non era assolutamente il tipo che poteva ammettere i suoi sentimenti in modo diretto come diceva Remus. Non esisteva. E non era facile come sembrava! «lascia stare, non volevo dire niente.»

«Che significa che non volevi dire niente?» chiese lei, confusa. «Mi hai fatto uscire per non dirmi niente?» Sirius Black non faceva mai niente per niente, e se c'era una cosa su cui era vagamente sicura era quella.

Sirius si grattò la nuca, in imbarazzo. Dannato Remus e i suoi consigli. «Mi dispiace...» sussurrò, non sapendo bene cosa dire. «Sono... molto confuso.» e già quella era una grossa confessione.

Lei, partita con dei pregiudizi dalla Sala Grande, male interpretò le sue scuse, pensando che le stesse chiedendo scusa perché voleva chiudere. «Ti dispiace?» chiese, incredula. «Sei confuso?» ripeté, ancora. «Non posso crederci! E io che pensavo veramente di non essere una delle tante.» sentì le lacrime pungerle gli occhi e, senza dire altro, scappò via, verso il portone principale della scuola. Non si fermò nemmeno quando lo sentì chiamarla: di certo non si sarebbe fatta vedere mentre piangeva.

 

«Non è tornata?» chiese, ancora, Sirius. Cinque minuti erano passati dall'ultima volta in cui l'aveva chiesto. James alzò gli occhi al cielo. «Da quanto è via?»

«Da cinque minuti in più di prima.» rispose Remus. «Il che ci porta a... venti minuti.»

«Sappi che è tutta colpa tua.» sbuffò Sirius, diretto al lupo mannaro. «Se solo non avessi seguito il tuo consiglio niente sarebbe successo.»

«Perché...» fece Peter, alzando gli occhi dal libro di Storia della Magia. «che è successo?»

«Le ho detto solo “sono confuso” e lei è scappata via.» spiegò Sirius, ancora più confuso di loro. Perché mai l'aveva presa così male?

«E tu non le sei andato dietro?» fu Lily a chiederlo, nervosa, alle loro spalle, appena scesa dalla loro stanza. «Sentite, io vado a cercarla. Sono preoccupata.»

«Non è meglio lasciare sole le ragazze quando sono tristi o arrabbiate?» chiese Peter, abituale lettore della Rubrica di cui sopra.

«Ma che ne capite voi maschi delle ragazze?» domandò Lily, frustrata. «Se qualcuno ha intenzione di aiutarmi, può venire con me.»

«Sta' buona lì, Evans.» la bloccò Sirius, serio. «È notte, ed è pericoloso uscire per una ragazza. Poi dovremmo cercare pure te. Esco io, così la facciamo finita, tra l'altro non riesco più a starmene qui seduto, mentre voi siete tutti tranquilli come draghi nelle loro Uova!» rivolse un'occhiata a James. «Prestami il tu-sai-cosa.»

Il suo migliore amico si alzò. «Vengo con te, fratello.» promise, salendo le scale verso il dormitorio maschile. Lily pensò che, forse, era meglio non immischiarsi nei loro affari: meno sapeva delle loro bravate meglio era, così si limitò a sedersi vicino a Remus e Peter, pronta a fare finta di non vedere niente, che poi fu tutto quello che vide: niente. E forse fu proprio questo a preoccuparla anche di più.

 

«Porca miseria.» imprecò Mary, girandosi dall'altra parte, zoppicando sulla caviglia sinistra. Con la vita offuscata dalle lacrime, non si era nemmeno accorta della direzione che prendeva, e si era combinata nella Foresta Proibita, che era tutta uguale, solo alberi rinsecchiti, smorti e dall'aria molto più che tetra, e ora non sapeva come tornare indietro. «E il primo premio per la più grande idiota al mondo va a...» schiacciò un rametto per la rabbia e la caviglia pulsò per il dolore. «Mary Macdonald. Che poi ci si può combinare così per un ragazzo così stupido? Ma che mi è saltato in mente?!» si sedette con la schiena contro un albero e se prima piangeva per Sirius, adesso le veniva da piangere perché si sentiva persa e non sapeva come tornare indietro. «Tutta colpa di quel cretino. Accidenti a te, Sirius Black, e quel dannato Halloween.» ripensò all'ironia della sorte per il fatto che quello fosse il giorno del suo compleanno e si sentisse così sola e abbandonata. «Il migliore compleanno di sempre? Ma a che pensavo quando l'ho detto? Uffa!» e aveva paura, e anche parecchia: nella Foresta si annidavano creature di cui non sapeva niente, se non che erano pericolose, il Preside li aveva tanto raccomandati di non andarci di notte e c'era un motivo se ci entravano solo gli studenti in punizione, ma sempre in compagnia di Hagrid, che era grande e grosso e si poteva dire che studiasse per sostituire il loro attuale Guardiacaccia. E non solo si sentiva terrorizzata, ma anche infreddolita: aveva addosso solo la divisa, ma era uscita di corsa per via della foga, e all'inizio non aveva affatto sentito freddo, ma un caldo insopportabile.

Come se non bastasse, adesso si erano messi ad ululare strani lupi e lei aveva il terrore di qualsiasi animale che superasse le dimensioni di un criceto – e forse anche di quelli che erano più piccoli, come gli insetti e altre cose disgustose che a lei proprio non piacevano – anche se gli animali le piacevano. Ne aveva il terrore e basta, e tutto per colpa di quel dannato Serpeverde e del suo agguato, quella volta al terzo anno. Un dannato incantesimo che l'aveva fatta sentire come se decine di zanne la stessero sbranando.

Poco dopo aver finito di pensarlo sentì qualcosa fare uno strano verso, come un fischietto suonato male, e deglutì, tendendo l'orecchio. Una grossa macchia nera sbucò proprio davanti a lei e Mary gridò, più forte che poté nella speranza che qualcuno potesse sentirla.

Il grosso cane nero uggiolò di nuovo, riproducendo quasi lo stesso identico suono di qualche secondo prima. Mary si riparò la testa con le braccia, un gesto inutile e razionalmente lo avrebbe anche saputo, se il cervello avesse funzionato a dovere. Tremava per il freddo e la paura e tra poco sarebbe anche scoppiata a piangere. Il cane si avvicinò e lei si appiattì ancora di più contro l'albero.

«Non avvicinarti!» gridò, quasi avesse potuto capirla. «Per favore! Oh, Merlino, ho paura dei cani. Non. Ti. Avvicinare.» il cane sembrò aver capito, eppure sembrò anche che non gli importasse affatto: l'aveva osservata per un secondo e poi, come se avesse realizzato chi fosse le era saltato addosso per leccarle tutta la faccia. «Ehi!» si lamentò lei, pulendosi dalla bava della bestia con una mano. «Ehi, vacci piano, bello. Che schifo! Tu devi essere il cane di Hagrid, mi sbaglio?» eppure non ricordava di averlo mai visto. Aprì per bene gli occhi e se ne ritrovò un paio grigi che la fissavano.

Mary avrebbe giurato di essere impazzita, perché quelli erano pericolosamente simili agli occhi che aveva fissato quasi tutto il pomeriggio, in un certo letto, in una certa Torre. «Non può essere.» sbatté le palpebre un paio di volte. «Questo è come nei film in cui lei vede lui ovunque e poi si accorge che era solo un'allucinazione.» perché era impossibile che un cane avesse gli stessi occhi del suo ragazzo. Impossibile. Eppure scorgeva una vaga preoccupazione in quello sguardo così... umano. «Non puoi essere Sirius.» gli sollevò il muso e lo fissò attentamente. Il cane sembrò sorridere con soddisfazione, la stessa, maledetta soddisfazione di Sirius Black. «Sei un cane?» questo abbaiò, ma sembrò che ridesse. «Merlino, era questo che volevi dirmi? Che sei un cane?» questo spiegava lo strano nomignolo che gli aveva affidato James e la strana reazione dei Malandrini! Chiuse gli occhi, sperando che fosse tutto un brutto sogno. Non era stata a letto con un cane. Cominciò a ripeterselo nella testa, sperando di svegliarsi, o quantomeno di convincersene.

«Ma certo che no, brutta fessa.» era la voce di Sirius, e sembrava piuttosto seccato. «Sono un dannato Animagus, ho imparato solo quest'anno a diventare un cane. Ma, dimmi un po', Macdonald... come ci sei finita nella Foresta Proibita, eh?»

Mary deglutì. «Non sapevo dove stavo andando e quando mi sono accorta di essermi allontanata troppo, mi sono ritrovata qui. Come hai fatto a trovarmi?» non ci aveva nemmeno messo troppo tempo, considerando quando aveva desiderato di essere trovata.

Sirius fece una smorfia. «Hai un odore intossicante, ecco come.» lei lo guardò stralunata e lui alzò gli occhi al cielo. «Ero un cane, MacD. Fiutavo.»

Mary si annusò il colletto della divisa, giusto per assicurarsi di una cosa. «Stai forse dicendo che puzzo, Sirius Black?» lo accusò, con gli occhi ridotte a due fessure, vagamente offesa. Eppure si era fatta la doccia poche ore prima, certo... insieme a lui, ma alla fine ce l'avevano fatta a lavarsi a vicenda.

«C'era idiozia inalabile, qui, stasera?» chiese lui, prendendola in braccio di sorpresa. «Intendevo dire che ogni altro odore era quasi coperto dal tuo.»

«E di cosa... insomma, che odore è?» chiese Mary, stringendogli le braccia al collo per non sbilanciarsi e cadere. Sirius non rispose per un po'.

«Non lo so.» disse, poi. «Ma è lo stesso che ho sentito oggi pomeriggio, per questo ho capito che eri tu.» e lei arrossì, dopotutto non c'erano molte altre occasioni in cui aveva potuto sentire l'odore della sua pelle. «E tu, invece? Come hai fatto a capire che ero io?»

«Non credo che molti cani abbiano gli occhi di Sirius Black.» spiegò, appoggiando la testa sulla sua spalla, o almeno provandoci, per via del suo braccio che si interponeva tra le due. «Ti ho guardato bene e non ho avuto dubbi.»

«Hai paura dei cani?» le chiese, dopo un po'. Lei cercò, per quanto poté, di scrollare le spalle. Non lo sapeva se aveva ancora molta paura dei cani, anche se il pensiero di qualunque cosa, mentre veniva portata fuori dalla Foresta Proibita nelle sue braccia, sembrava di poca importanza. «Ecco qui.» la mise giù e lei zoppicò sulla gamba dolorante. Dannate radici, pensò, aggrappandosi ad una spalla di lui per non cadere. Quando sollevò lo sguardo per fissarlo sembrava volesse rimproverarla, così lo riabbassò di nuovo a terra. «In venti minuti ho perso anni di vita.» le sollevò il mento con una mano. «Non farlo mai più.»

«Ti sei... preoccupato? Davvero?» gli chiese, sorpresa. Le sembrava improbabilissimo che lui potesse esternare qualunque sentimento, perfino la preoccupazione. Di solito si teneva tutto dentro, a lui piaceva così, o forse era troppo timido per dirlo.

Sirius alzò gli occhi al cielo. «L'ho appena detto, è necessario che lo ripeta?» le chiese, e quando lei annuì, sbuffò. «Ero preoccupato, okay?» Mary zoppicò sulla caviglia e lo strinse forte, lasciando che lui rispondesse alla stretta con la stessa tenerezza. «Perché sei scappata prima?»

«Perché pensavo che volessi piantarmi come hai piantato le altre.» confessò lei, sentendosi d'un tratto molto più stupida di quanto già non si sentisse prima, al pensiero di essersi fidata di lui. Ora che ci pensava bene, non si era fidata molto...

«Grazie della considerazione.» e non c'era bisogno di dire che era ironico. «Non sapevo cosa fare proprio perché non volevo lasciarti. Non ho mai continuato una relazione dopo il sesso.»

«Bene.» commentò lei, ed era sincera. «Adesso siamo in un terreno dove siamo entrambi inesperti, almeno non dovrò aver paura di fare la figura della stupida.» allontanò il viso dalla sua spalla e gli fece cenno di avvicinarsi, perché lei non poteva sollevarsi sulle punte, per baciarlo.

«Mary!» strillò Lily, che arrivò di corsa dal portone di Hogwarts, in compagnia di James. Mary lanciò un'occhiata a Sirius che ghignò.

«Ho pensato di unire l'ultile al dilettevole. Almeno adesso si parlano.» scrollò le spalle, e la aiutò ad avvicinarsi alla sua migliore amica, facendole da sostegno.

«Mary...» ripeté la ragazza, col fiatone. Si posò una mano sul petto mentre riprendeva fiato. «Stai bene? Dove sei stata? Ma lo sai quant'eravamo in pensiero per te?»

Mary sorrise e si strinse a Sirius. «Scusa.» ed era sinceramente dispiaciuta per aver creato tutto quel trambusto. «Non accadrà più.»

Lily le porse un braccio. «Dai, andiamo in infermeria. Ti do una mano, Black.»

«Non c'è bisogno.» disse lui, e la sollevò di nuovo tra le braccia. «E la rapisco anche per la notte, giusto perché tu lo sappia.»

«Sirius...» si lamentò debolmente Mary. «Non puoi cacciare dai loro letti i tuoi amici per tutta la notte!»

Il sorriso di Sirius la fece arrossire. «Ma che intenzioni hai, Macdonald? Io volevo solo dormire!» e l'aria da finto innocente con cui lo disse la fece sentire in imbarazzo anche di più.

 

Sirius pensò che una giornata del genere non sarebbe mai stato in grado di dimenticarla, nonostante fossero anni che cercava di evitare tutti i ricordi legati ad Hogwarts e a lei. Al solo pensiero dell'ansia provata mentre cercava nella Foresta, gli sembrava di poterla provare ancora, e di sentire lo stesso, inebriante odore nelle narici.

 

Sensation washes over me
I can't describe it
Pain I felt so long ago
I don't remember

 

E, sfogliando, di nuovo foto di Harry, e altre del loro sesto anno, alla lezione di Difesa Contro le Arti Oscure del venerdì, perché il professore aveva promesso una foto ricordo al gruppo che si fosse comportato meglio nelle “lotte a squadre”. Loro avevano ancora le loro bacchette in mano, ma le loro espressioni parlavano per loro. Si era saputo solo quella mattina che, dopo un lungo ricovero al San Mungo, Dorea Black in Potter si era spenta giusto la sera prima, e sia lui che James scomparvero presto dalla foto.

 

Sirius sbuffò: non solo suo fratello si era unito ai Mangiamorte e, quando aveva chiesto a lui di fare lo stesso, l'aveva mandato a quel paese, con la conseguenza che si erano messi a fare brutti scherzi a Mary al punto tale che aveva troncato il rapporto con lei, no. Adesso il dannato destino gli aveva portato via l'unica donna che avesse mai potuto considerare sua madre.

«Non dirmi cosa devo fare, James!» sibilò, scontroso, Sirius, mentre usciva dalla Sala Comune di Grifondoro. Era la prima settimana dopo il funerale di Dorea, e Sirius non riusciva a farsene una ragione. La guerra contro Voldemort incombeva, stavano morendo un sacco di Babbani e maghi considerati Traditori del loro Sangue, ma Dorea era morta per una stupida malattia.

James sospirò, sconsolato e si ributtò sul divano al centro della stanza. Aveva bisogno di Sirius più che mai, in quel momento, e l'unico appoggio che riceveva da lui erano strilla e litigate. Erano fratelli dannazione, avrebbero dovuto supportarsi a vicenda, non passare le giornate a litigare. «Testa di merluzzo.» bofonchiò, chiudendo gli occhi, per poi massaggiarsi le tempie. Non era stato in grado nemmeno di metabolizzare la morte di sua madre: tutto il finesettimana, che aveva passato con suo padre e Sirius, era come se si fosse trovato in un brutto sogno. Tornato ad Hogwarts era stato anche più facile pensarlo, poteva quasi convincersi che tra qualche mese – quell'estate – tornato a casa, sua madre sarebbe stata lì ad accoglierlo, esattamente come ogni anno, quando tornava dalla stazione di King's Cross insieme a suo padre. Povero papà, pensò, sconsolato. Tutto solo in una casa enorme e vuota. Sarebbe stata la stessa sgradevole sensazione che avrebbero provato tutta l'estate, ad evitare di parlare di lei. «Mamma...» le lacrime gli salirono agli occhi senza preavviso, dato che non era riuscito a piangere nemmeno il giorno dei funerali.

«James?» era la voce di Lily, e lui cercò di ricomporsi in fretta. Non aveva bisogno di qualcuno che lo commiserasse più di quanto stesse facendo da solo, e specialmente non voleva che lo facesse Lily. James mugolò una risposta e Lily pensò che chiedergli come stava era come prenderlo in giro. «Posso sedermi vicino a te?»

James scosse le spalle: ultimamente aveva sviluppato una sorta d'avversione verso la vicinanza della Evans. «Che cosa vuoi?» le chiese, più brusco di quanto intendesse essere. Lily cercò di non farci caso, attribuendo tutto quello al trauma appena subito.

«Vorrei solo stare un po' con te, James.» confessò, allora. «Sai, non so mai cosa dire in occasioni del genere, ma se fosse capitato a me vorrei che i miei amici mi stessero vicino e mi aiutassero a superare questo brutto momento.» si spostò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio. «So che magari sentire tutto questo ti farà arrabbiare, perché so che... non so cosa si prova (per fortuna, ma lo aggiunse solo mentalmente), ma voglio starti vicino perché sono tua amica.»

James sospirò: era uscito dalla stanza perché Peter e Remus con il loro bisogno di farlo stare meglio stavano diventando soffocanti, e poi c'era Sirius, che aveva lasciato Mary senza neanche una spiegazione valida e adesso era scontroso un po' con tutti i suoi amici. Alle lezioni stava in silenzio e quasi non seguiva, ma se i professori lo rimproveravano, incredibilmente, accettava la punizione senza fiatare, ignorava perfino i Serpeverde, ormai. «Grazie, Evans.» decise di dire, allora, per non ferire i suoi sentimenti. «Apprezzo davvero quello che provi, ma adesso vorrei stare un po' da solo.»

Lily assorbì il concetto con calma. «D'accordo.» rispose, cercando di sorridere. «Ma se hai bisogno di me, sai dove trovarmi.»

Anche James cercò di sorridere. «In biblioteca, ovviamente.» rispose, e lei gli strinse una mano in segno di conforto. «Dove stanno tutti i secchioni che si rispettino.»

«Allora ti aspetto lì, Potter. Abbiamo un patto.» risalì le scale del dormitorio, lanciando uno sguardo alle sue spalle. James fissava il camino spento, con aria sconsolata, ma totalmente comprensibile.

Entrò nel dormitorio e Mary faceva su e giù nella stanza, come un robottino, nervosa. «Cos'hai?» le chiese, ben sapendo che aveva voglia di parlare.

«Sto male per Dorea e, dannazione, sto male per Sirius.» aveva pianto a lungo quando lui le aveva detto che era finita, e Mary detestava piangere per il semplice fatto che mostrava tutte le debolezze delle persone. «Si comporta male con noi, come se gli avessimo fatto qualcosa.» non che si fossero parlati molto, dopo che avevano rotto, Mary cercava sempre di evitarlo, perché era ancora innamorata di lui e preferiva evitare di soffrire: lontano dagli occhi, lontano dal cuore, si dice. Eppure, lui, lontano dai suoi pensieri non ci stava mai per troppo tempo. Che potesse venire il mal di schiena a tutti quegli stupidi che dicevano che l'amore è bellissimo!

«Credo che stia solo male per aver perso l'unica figura materna che abbia mai avuto e non sappia come reagire.» spiegò Lily, che un po' lo compativa. «Poco fa ha litigato con James e se n'è andato.» Lily si sedette sul suo letto e si fece improvvisamente più seria. «Mary.»

«Cosa?» chiese, esasperata. Non sapeva cosa fare, non aveva idea di come poter aiutare i suoi amici e questo la faceva stare malissimo.

«Credo che dovresti parlargli tu.» e Mary capì che non scherzava: ma com'era possibile?

«Sei matta?» le domandò, infatti. «Quasi non ci parliamo da tre mesi, e tu mi vieni a dire che parlare con me gli sarebbe utile?»

Lily prese un bel respiro per calmarsi: la cocciutaggine era una brutta bestia. «Mary, ragiona!» capiva che per lei era difficile affrontarlo dopo così tanto tempo, ma Sirius aveva bisogno di lei. «Sei l'unica altra figura femminile che abbia mai avuto, e l'unica altra donna che abbia mai amato.» Mary abbassò lo sguardo e lei pensò di rincarare la dose. «Si è aperto con te molte volte, vedrai che funzionerà anche questa.»

Lei chiuse gli occhi, e desiderò veramente che fosse così. «Dove posso trovarlo?» chiese, allora, e Lily scosse le spalle, dispiaciuta.

«Tu lo conosci meglio di me. È buio e dubito che sia uscito, ma dove andrebbe se stesse molto male?» Lily non aveva una risposta per questa domanda, e l'aveva posta solo per spingere la sua amica a ragionare.

Mary si incamminò per le scale ancora prima di pensare se potesse saperlo o meno.

 

«Sirius?» domandò, aprendo la porticina in legno. Si affacciò e il cielo era davvero scuro quella notte, per via della luna nuova. «Sirius sei qui?» aveva cercato in ogni altro posto che le aveva confessato lo tranquillizzasse: aveva perfino cercato la Stanza delle Necessità, eppure si era modellata su una sua immagina mentale, quindi nessuno c'era dentro. «Per favore, rispondimi. L'unico altro posto che ho in mente è la Foresta e Merlino solo sa che ho il terrore di quel posto.» fece un passo avanti e nella piccola stanza, quasi affacciato alla finestra che dava a strapiombo sul cortile di Hogwarts stava un grosso cane nero. Accidenti a te, Black e pensarlo le venne spontaneo. «Avresti almeno potuto dare un segno di vita.» gli toccò la schiena, anche se non sapeva esattamente quale punto del vero Sirius stesse toccando in quel momento, non se ne curò.

Il cane voltò la testa verso di lei e ringhiò. Mary ritirò la mano di scatto, spaventata: il terrore per i cani non le era passato, proprio per niente, e adesso ne aveva l'ampia conferma. Gli occhi grigi di Sirius erano pieni di collera, almeno quanto i suoi dovevano essere pieni di paura. Hai scelto la forma animale perché non può piangere? Si chiese, dopo qualche minuto in cui lei non parlò e lui continuò a ignorarla. «Sirius, ti prego.» riprese, e lui ringhiò ancora, ma stavolta si girò verso di lei e mostrò i denti. La ragazza si sforzò di non gridare e scappare via. Ha bisogno di me continuò a ripetersi, per convincere le proprie gambe a non muoversi. «Non fare così.»

Strillò, quando fece per attaccarla, ma si fermò a un balzo da lei, e Mary si sentì stupida, perché per quanto male le avesse fatto, fisicamente era certa che non le avrebbe torto un capello, ma non sapeva quanta rabbia covava dentro e la sua forma animale sembrava... beh, suonerà banale, ma... animale, e la prima sensazione era stata quella che l'avrebbe sbranata. Aveva il respiro affannoso, e quando riaprì gli occhi notò molta frustrazione in quelli del cane. «Sirius,» lo chiamò, le lacrime che lei aveva negli occhi stavano quasi per sfuggirle dalle palpebre. «così mi fai paura.»

Il cane mostrò di nuovo i denti e poi si voltò ancora verso la finestra, quasi che avesse voluto dire “Allora, vattene, tanto non ho bisogno di te.”

Ma Mary non aveva intenzione di rinunciare così facilmente, spaventata per quanto fosse, dentro quel cane c'era la persona che amava, così allungò un braccio e gli sfiorò di nuovo la schiena. La mano la ritirò velocemente, ancora, quando Sirius voltò la testa per guardarla, solo che questa volta non ringhiò, ma adesso che era più calma, Mary poté notare quanto triste fosse. Allora si fece coraggio, e allungò una mano verso il suo muso, sperando che non la mordesse.

Non lo fece.

Incoraggiata da quella specie di permesso, gli sfiorò prima il muso e poi la testa tra le orecchie. «Santo cielo,» sospirò, sollevata. «sei un tipo difficile, Sir.» sorrise e poi si avvicinò per abbracciarlo stretto e, forse per disperazione, o forse perché non poteva più sopportare quel dolore da solo, Sirius, nella sua forma canina, si lasciò andare tra le braccia di lei. «Ascolta, io... non so cosa stai provando, adesso, e non so come aiutarti, ma vederti così mi sta distruggendo e sta distruggendo anche gli altri.» continuò ad accarezzargli il collo, con dolcezza. «Non sto dicendo che devi fare finta che niente sia successo, perché non sarebbe giusto, o che è il momento di andare avanti, perché è ancora troppo presto, ma... Sirius, questo è il momento giusto per parlarne.» si scostò per guardarlo negli occhi, e si asciugò una lacrima. «E anche se non vuoi farlo con me, fallo con Jamie. È molto preoccupato per te, e ha subito la tua stessa perdita. Lui desidera solo starti e averti vicino.» il cane si girò di nuovo verso il cielo stellato. «Non fare così.»

Sirius abbaiò e Mary si coprì le orecchie, perché era come se le stesse gridando di andarsene. «Dannazione!» sbottò lei, piangendo. «Se davvero vuoi mandarmi via perché non passi ad una forma di cui posso comprendere il linguaggio? Abbi almeno il coraggio di farlo da uomo!» era arrabbiata da morire, eppure piangeva. Mary non riusciva a comprendere neanche cosa stesse provando. «Ma tu sei così Sirius Black, giusto? Un sacco di strilla senza dire niente, è così che mi hai lasciato no? Hai detto un sacco di cose e, allo stesso tempo, nulla: tutto e il contrario di tutto. Accidenti, sei davvero un maestro!» Sirius ringhiò. «E non ha avuto importanza quanto ti abbia amato, o quanto ti ami, giusto?» strillò, e poi singhiozzò per un lungo attimo, incapace di parlare. «Io ti amo, Sirius.» tirò su col naso, con le braccia attorno al corpo e il capo rivolto verso il pavimento. «Ti amo nonostante tutto, nonostante tu sia uno scostante, egocentrico, maleducato, pieno di sé, dolce – quando vuole –, quasi sensibile ragazzo. Dannazione, quanto ti amo!» ci fu silenzio. «Ora potresti tornare alla forma umana? Mi sento a disagio a continuare a ripetere “ti amo” a un cane.»

«È un pezzo che sono tornato in me, stupida.» il tono di voce era seccato, eppure Mary capì che non lo era per davvero. La ragazza alzò il viso e incontrò la sua smorfia, e inghiottì il magone. «Piantala di frignare, su...» si piegò sulle ginocchia e le asciugò le scie che le lacrime le avevano lasciato sulle guance.

«Sirius...» sussurrò lei, col naso rosso per il pianto, gli occhi gonfi e la voce impastata dalle lacrime. Lo trasse a sé, e lo costrinse a immergere la testa nella sua felpa. Il ragazzo, sorpreso, non ebbe il tempo o la possibilità di reagire. «Sfogati, con me. Ti prego. Puoi fare quello che vuoi, ora. Piangi, grida, non mi importa, voglio solo stare qui con te.»

Sirius chiuse gli occhi, e le lacrime che aveva tentato disperatamente di trattenere dalla settimana prima sgorgarono tutte in una volta. La strinse forte, mentre impregnava del suo pianto la sua felpa della sua squadra di Quidditch preferita, e lei rispose alla stretta con la stessa forza. «Mary...» sussurrò, piangendo in silenzio. «Era una madre per me...»

«Lo so, Sirius.» mormorò lei, mentre una lacrima si perdeva tra i capelli di lui. Gli accarezzò il viso, e lui si tiro su, fino a stare seduto, di fronte a lei, le loro braccia intrecciate.

«Non piangere...» le disse, ma Mary non lo lasciò parlare oltre, si sporse verso di lui e lo baciò. Sirius fu leggermente colto di sorpresa, e quando lei si allontanò, non aveva avuto modo di rispondere al gesto.

«Scusa...» mugugnò Mary, allora. «È solo che... mi sono lasciata trasportare dal momento.»

«Mary...» la chiamò lui, a voce bassa, e lei si aspettò che le finisse di spezzare il cuore, dopo che gliel'aveva aperto e gli aveva praticamente dato il permesso di farci ciò che voleva, perché ora era suo, e Mary lo sapeva. Una mano di Sirius arrivò a scostarle i capelli dal volto. «ti amo anch'io.»

E fu sul pavimento della Torre di Astronomia, all'ultimo piano, che fecero l'amore per la prima volta dopo mesi.

 

E Merlino solo sapeva quanto faceva male ricordarlo. Sirius richiuse di scatto l'album e pensò di gettarlo nel fuoco. Remus, perché mi hai fatto questo? Si chiese, e si ripropose di porgliela di persona, quella domanda, non appena l'avesse di nuovo rivisto, magari gliel'avrebbe anche lanciato contro, quel dannato album, sperando che si facesse parecchio male.

Eppure non poté resistere alla tentazione di non togliere il dito dal punto in cui era arrivato, per continuare a scavare nella sua memoria e riportare a galla dolori che credeva di aver dimenticato.

 

I'm just holding on, to let them know
What's given to me, given to me
To hide behind
The mask this time
And try to believe

 

Ed era sconcertante il modo in cui desiderasse guardare le foto di ricordi felici, ma che non ne trovasse, James aveva immortalato la prima riunione dell'Ordine a cui Mary aveva partecipato, dopo aver deciso di unirsi a loro a causa sua. E non riusciva a perdonarselo, dopo sedici anni. Dopo sedici maledettissimi anni.

Nessuno sorrideva nella foto, e in paricolar modo Mary che si stava palesemente sforzando di non guardare Sirius, forse solo i fratelli di Molly Weasley avevano ancora il coraggio di fare gli stupidi, dondolando le teste di qua e di là al solo beneficio di chi stava guardando la foto.

 

«Sirius...» era la voce di James, e subito una mano gli si strinse sulla spalla. «Sei ancora qui?»

«E dove altro dovrei essere?» domandò il ragazzo di quasi vent'anni, guardando la persona che aveva più cara al mondo, distesa in un letto al San Mungo, perché era stata attaccata dai Mangiamorte, e ancora non si era risvegliata. Sono passati dieci giorni, pensò, e si coprì gli occhi con una mano, sperando di non far cadere la maschera di impenetrabilità che aveva faticato per ricostruire.

«Torna a casa, fratello.» gli consigliò lui, ma prese posto vicino a Sirius. «Lei non vorrebbe che tu ti trattassi così.»

«Non parlare come se fosse già morta, te ne prego.» Sirius si alzò, nervoso e si appoggiò al vetro, guardando il lento alzarsi e abbassarsi del lenzuolo del letto, sopra l'addome di Mary. Lei è ancora viva.

«Lei starà bene.» cercò di rassicurarlo James. «E tu dovresti essere in grado di portarla in spalla quando vorrà uscire di qui, non essere ricoverato dopo di lei perché non ti nutri e non dormi.» era seriamente preoccupato per la sua salute. «Così non sei d'aiuto a nessuno, Sirius. Né a lei né alla gente che dici di voler proteggere.»

«Jamie, ti scongiuro.» il tono di lui era frustrato. «Non è il momento per farmi la predica.»

James sospirò. «Ti lascio solo.» concluse, poi. «Ma hai bisogno di uscire di qui, amico.» e quella sera, Sirius uscì, ma non nel modo che avrebbe voluto James. Bevve finché non ebbe perso se stesso, bevve per dimenticarsi di lei.

 

E una settimana dopo, un'esatta settimana dopo, Mary si svegliò. E lui non ebbe il coraggio per dirle cos'aveva fatto quella notte, dove si era svegliato, e con chi. Non ebbe il coraggio di rovinare tutto di nuovo, di farle così del male dopo che si era salvata dall'attacco dei Mangiamorte, o forse lo fece solo per egoismo.

Fatto sta che non venne mai a saperlo da lui, e fu sorpreso quando tornò a casa – circa un mese dopo – e lei gli tirò una stoviglia mancandolo di pochi centimetri. Il piatto si infranse contro il muro, in un milione di pezzi, così come lei sentiva che era ridotto il suo cuore.

«Come hai potuto?» piangeva, Mary, come aveva continuato a farla piangere per anni, non volendo. «Come, Sirius?»

«Io...» iniziò lui, ma lei gli tirò qualcos'altro addosso, che per fortuna era qualcosa di morbido, forse la spugnetta per i piatti, perché lei diceva che lavare i piatti, la sera, la rilassava, e a volte lavava i piatti a mano invece di usare la bacchetta. «Mary, io...»

«Con Dorcas, Sirius?» gli chiese poi, suonando isterica. Si pulì il viso dalle lacrime con rabbia. «Mentre io ero priva di sensi in un letto d'ospedale, tu... tu sei stato a letto con lei.» e l'amara verità di quelle parole colpì Sirius come un sasso preso in pieno petto. «E non avevi nemmeno intenzione di dirmelo!» ed era questa la cosa che lei trovava peggiore, l'assenza di sincerità da parte sua. «Che cosa credevi che sarebbe successo, dopo? Avresti continuato a dire che mi amavi, nascondendomi la verità? Avresti continuato a mentirmi finché non avessi ritenuto che era passato fin troppo tempo per prendersela, o non me l'avresti affatto detto? Come hai potuto, in questo mese, guardarmi negli occhi senza sentirti un completo stronzo?»

«Mi sono sentito un completo stronzo.» precisò lui, passandosi una mano tra i capelli, con un sospiro sconsolato. «Ma non sapevo come dirtelo. L'avrei fatto, te lo giuro.»

«E quando?» chiese lei, e la sofferenza fu così visibile sul suo viso che lui non ebbe più il coraggio di fissarla negli occhi. «Quando la scusa del fatto che sono convalescente sarebbe stata sostituita da un'altra? Sirius, credi che io sia stupida?»

«Non l'ho mai creduto.» mormorò lui. «Avevo paura che mi avresti detto di andarmene.»

«Non l'avrei fatto se me l'avessi detto subito.» ed era sincera, gli avrebbe perdonato tutto, se non le avesse mentito. «Ma il fatto che tu me l'abbia tenuto nascosto, mi spinge a non fidarmi di te, lo capisci? Ogni volta che avrò dei dubbi su di te, sarà a me che farò del male, se stiamo insieme. Mi chiederò tutte le volte se quando dici di amarmi dici la verità o no. E io non sono disposta a vivere così.»

«Non mentirò mai sul fatto di amarti, Mary.» Sirius fu preso dal panico, non aveva mai avuto occasione di pensare alla sua vita senza di lei. Mai. Adesso era come se gli stesse togliendo il terreno da sotto ai piedi.

«Sta' zitto!» si coprì le orecchie con le mani e tentò di non piangere ancora. «Vattene, Sirius.»

«Mary...» tentò lui, di nuovo, ma lei gli impedì di parlare con un altro grido.

«Vattene!» si raggomitolò su se stessa. «Non voglio più vederti, va' via.»

 

E poi lei aveva deciso che per andare avanti aveva bisogno di qualcosa di più che l'amore di un uomo, così si era data alla causa di costruire un mondo migliore, senza Voldemort, in modo che sia i maghi che i Babbani potessero vivere vite tranquille, che non dovessero chiedersi, terrorizzati, quand'è che sarebbe arrivato il loro momento, tremando nelle loro case, la notte, proprio come succedeva a loro.

Così era entrata a far parte dell'Ordine, e lì aveva conosciuto Dorcas Meadowes. Non erano mai diventate amiche, perché Mary proprio non poteva perdonarle di essere stata con Sirius, ma era davvero una strega eccezionale.

«Silente, capisco che vuoi che i giovani imparino, ma Macdonald è appena entrata nell'Ordine, e sinceramente non la voglio tra i piedi in missione.» disse lei, incrociando le braccia al petto, parlando con Albus Silente, il fondatore dell'Ordine della Fenice. «Moody sarebbe felicissimo di addestrarla.»

«Oh, suvvia, Dorcas...» fece lui, col tono leggero che solo lui sapeva usare per dire le cose importanti e farle sembrare tali. «sono certo che anche tu saprai fare un buon lavoro. Sei una strega eccezionalmente dotata.»

«Ma...» tentò lei, ma uno sguardo da sopra le lenti del Preside di Hogwarts la ridusse al silenzio.

«Non ci sono altre ragioni per cui me lo stai chiedendo, giusto?»

Dorcas scosse la testa, con un sospiro. «No.» confermò, dopo. «Sarebbe sciocco pensare a dei... battibecchi personali quando in gioco c'è tutto il mondo magico. È solo che non sono una brava insegnante, e non voglio sentirmi responsabile per la sua vita.»

Mary si schiacciò contro il muro, sperando di non essere vista né sentita, anche se aveva il dubbio che Silente sapesse benissimo che si trovava lì, esattamente come sapeva sempre tutto.

«Molto bene.» disse poi, l'uomo. «Vedrò cosa posso fare, se le cose stanno così.»

Poi si dovette Smaterializzare, perché Mary sentì solo un altro sospiro della donna. Sbucò fuori dal suo nascondiglio. «Forse non dovevo ascoltare, ma...» iniziò, incerta. «Non sarei stata un peso per te.»

«Sei nuova, è per questo che mi preoccupo. So che ti sei diplomata ai M.A.G.O. con un risultato eccezionale, pari a Lily e James, ma, lo ripeto, non sono brava a insegnare e stare in battaglia, credimi, è molto diverso delle esercitazioni a scuola, o stare seduti intorno a un tavolo a decidere una strategia.»

«Perché mi parli così?» chiese Mary, un po' risentita. «In tutta onestà, credo di dover essere io quella arrabbiata.»

Dorcas alzò gli occhi al cielo. «Tesoro, eravamo ubriachi, ma sono certa che lo sai. Non ha significato niente per nessuno dei due.» e diceva la verità. Non era stato molto responsabile da parte loro, questo doveva ammetterlo, ma era successo solo per caso. «Mary...»

Lei abbassò lo sguardo, al passaggio di Sirius davanti alla porta della stanza in cui stavano parlando. «Scusate...» disse il ragazzo, prima di ritirarsi e allontanarsi di lì.

«Come sapevi il mio nome prima di conoscermi? Non credo che tra i membri dell'Ordine si faccia del gossip o ci sia tempo per farlo.» era una curiosità che aveva avuto dal primo momento, quando le avevano presentate e lei aveva chiesto “Mary, giusto?” «Sirius ti ha parlato di me?»

«No.» replicò Dorcas, apparendo pensierosa. «Ma le donne tendono a ricordarsi il nome della persona che chiama l'uomo con cui sono a letto. È una cosa abbastanza fastidiosa.» e detto ciò, si Smaterializzò anche lei, lasciando una Mary confusa a trarre le sue conclusioni.

 

E poi tutto era precipitato ancora, in poche settimane, Mary si era ritrovata dal soffrire per Sirius a soffrire per la morte di suo padre, ucciso dai Mangiamorte in pieno centro di Londra, insieme ad un'altra ventina di Babbani, solo per catturare due tra gli Auror più famosi e stimati e dimostrare così al Ministro della Magia che era Voldemort a comandare. Lily aveva cercato di starle vicino, ma la sua gravidanza era parecchio travagliata, e aveva continue minacce d'aborto, forse a causa dello stress di non sapere mai quale fosse la sorte di James.

Così, l'aveva mandata a casa a riposarsi, dicendole di stare tranquilla. «Starò bene.» le aveva promesso. «Tu pensa a te e al tuo bambino.»

E quando bussarono alla porta, credette che Lily fosse tornata per aver dimenticato qualcosa, e invece rimase impalata per qualche minuto sulla soglia. Sirius Black stava appoggiato allo stipite, aveva qualcosa di voluminoso tra le mani e degli occhi che avrebbero fatto sciogliere chiunque.

Ma non Mary.

La ragazza sospirò e si fece da parte. «Cosa fai qui?» gli chiese, stancamente. Non aveva nessuna voglia di litigare o discutere, soprattutto con lui, e soprattutto perché ancora non sapeva che farne di quel senso di colpa e di quei sentimenti che aveva per lui.

«Sono venuto a farti compagnia.» spiegò il ragazzo, un po' imbarazzato. Erano in piedi entrambi davanti alla porta, ora chiusa.

Lei sbuffò una risata sarcastica. «Non c'è davvero bisogno.» assicurò, facendogli comunque strada verso il divano per non fare la figura della maleducata.

«Tu sei stata... mi sei stata vicina quando Dorea se n'è andata.» disse lui, senza sedersi. «Se non vuoi pensare che lo faccio perché... insomma, pensa che lo faccio per saldare il debito.»

«Nessun debito.» precisò lei, piccata. «L'ho fatto perché ti amavo.» e usare il passato era del tutto sbagliato, in quel caso. «E nessuno dovrebbe sentirsi in debito per questo.»

Sirius rimase in silenzio per qualche minuto. «Voglio solo stare con te, posso?» chiese, sconsolato, poi. Mary scrollò le spalle: in effetti, se fosse rimasta sola avrebbe avuto modo di pensare molto, e in un momento del genere, era più deleterio che altro. Finché c'era spazio per la rabbia, non c'era posto per la disperazione.

E allora andava bene.

«Mary!» la chiamò il fratellino, comparendo dal corridoio. Dopo aver litigato con lui, Mary aveva deciso di tornare a vivere con sua madre, così lui non avrebbe dovuto essere costretto a stare da James o peggio, da Charlus. Poi si fermò a guardare Sirius. «E tu chi sei?»

Il ragazzo si abbassò sulle ginocchia per fronteggiare il piccoletto. «Sirius, e tu?» gli domandò, con un sorriso sottile sulle labbra.

«Edward.» rispose il bimbo, suonando orgoglioso. «Come il mio papà.»

Mary sorrise intenerita. «Dai, Eddie... non dargli il tormento.» lo pregò, ma con gentilezza. Suo fratello non aveva capito cos'era capitato al loro padre, ma aveva solo cinque anni, ed era comprensibile che non sapesse come interpretarlo.

«Sirius, tu sai dov'è il mio papà?» gli chiese, e Sirius non se la sentì di mentire a quegli occhioni innocenti e colmi d'aspettativa.

«Sicuro.» rispose, a quel punto, guadagnandosi la peggiore delle occhiate da Mary. Sirius spinse in un punto a sinistra del centro del petto del bimbo. «Proprio qui.»

«Ma lì c'è il cuore, me l'ha detto la mamma...» protestò, suonando deluso.

«Infatti.» continuò Sirius, e il tono era maledettamente serio, sebbene fosse chiaro che stesse parlando ad un bambino. «È a questo che serve, sai? Quando le persone che amiamo non ci sono, o...» indirizzò un'occhiata a Mary. «ci mancano, è lì che possiamo ritrovarli.»

«Nel cuore?» domandò di nuovo Edward, confuso.

«I loro ricordi ci saranno sempre ben chiari, piccolo.» gli scompigliò leggermente i capelli, con affetto. Non l'aveva mai visto, prima, eppure sentiva di volergli bene. «Quindi, tutte le volte che il tuo papà non c'è e non sai dove altro cercarlo, ricordati di lui, e sarà come averlo vicino. D'accordo?»

Lui annuì. «Ho capito.» disse, con convinzione. «Adesso vado a dirlo alla mamma! Lei è tanto triste!» Mary distolse lo sguardo, con le lacrime agli occhi.

«Non me l'aspettavo...» confessò, passandosi una mano sotto a un occhio. «È stato bello quello che hai detto.»

Sirius scrollò le spalle. «Va bene solo quando hai cinque anni.» minimizzò. «Agli adulti non basta ricordare. L'assenza la sentiamo e basta, e pesa tutti i giorni.»

«Sir, davvero, cosa fai qui?» gli chiese, ben sapendo che l'argomento non poteva essere evitato per sempre.

«L'intenzione era tirarti su di morale.» rispose, allora, e le porse quello che gli aveva visto sotto al braccio prima che entrasse. «È per te.» lei guardò il suo regalo con un certo sospetto, e anche curiosità: Sirius non era un tipo che donava qualcosa senza una ragione, e qualunque cosa fosse, la incuriosiva. Lo scartò con cura.

Un album di fotografie.

Quando lo aprì, lo sfogliò velocemente, e poté notare anche le foto che aveva staccato dal muro, proprio in quel salotto, per aggiungerle alla sua collezione. Perché le foto Babbane non si muovevano e per lui era una cosa stranissima. “Ne vorrei conservare un po'” aveva detto. “Per capire questa strana usanza Babbana di bloccare le foto, ma perché?” lei aveva riso, e non aveva mai risposto.

«Guarda...» sussurrò, allora, riferendosi alle foto del giorno del diploma. «i nostri ultimi esami ad Hogwarts... quanto mi manca...»

Sirius si schiarì la voce. «Manca anche a me.» si sedettero tutti e due sul divano a sfogliare le pagine. «Guarda lì... il compleanno di James. Il diciassettesimo, che baldoria abbiamo fatto! E il matrimonio di lui e Lily!»

«Già, quando sono inciampata nel vestito per guardare te e non i miei piedi.» rise, e lo guardò in modo strano, ricordando quel giorno. «Il testimone più sexy di sempre, era così che hai detto, no?» lui non potè che confermare con un cenno del capo. «E ho fatto rotolare le fedi sul tappeto rosso...»

Sirius ridacchiò. «Raccattare te è stata la fatica più grande, con tutti quei pizzi.» ricordò lui, che si era anche incastrato uno dei gemelli nel pizzo sulla scollatura del suo vestito. O forse l'aveva fatto di proposito? Proprio non se lo ricordava.

«Colpa di Lily.» precisò lei, sentendosi in dovere di farlo. «Lei ha scelto il vestito della damigella d'onore.» però era stata molto felice di indossarlo. «Comunque, era davvero un bell'abito.»

«Terribile da togliere, però.» commentò Sirius, riferendosi a quando gliel'aveva praticamente strappato di dosso, quella stessa sera, e non senza una certa difficoltà, tanto che aveva dovuto usare la bacchetta.

«Già, ricordo...» ma non aggiunse altro, temendo che, altrimenti, si sarebbe lasciata trasportare troppo dalle emozioni. Così girò un'altra pagina, cercando qualcos'altro a cui pensare. Ma ce n'erano parecchie di foto del matrimonio che li ritraevano insieme. In una in particolare sembravano davvero due piccioncini innamorati. «Ma guarda tu...» mai si sarebbe aspettata di vedere Sirius Black ridotto in quello stato. Rise.

«Vedi che ha funzionato?» la punzecchiò, con un po' di soddisfazione, pizzicandole un fianco. Mary sobbalzò sul posto: era molto sensibile al solletico e lui lo sapeva maledettamente bene. «Un punto per Sirius.»

«Piantala.» gli disse, però non poteva nascondere di apprezzare quel gesto. «Guarda...» indicò poi, scuotendogli una spalla, per attirare la sua attenzione. «Questa l'hai scattata tu, quando abbiamo scoperto che James e Lily stavano insieme! È favolosa!»

Sirius sorrise, e le strinse la mano sopra al suo braccio. «Già...» disse, solo, ma non guardava l'album.

Mary sollevò lo sguardo su di lui e sospirò. «Sirius...» cominciò lei, incerta.

«Dobbiamo parlare.» la interruppe, in un sussurro. Aveva un dannato bisogno di spiegarsi, di farsi perdonare, perché tutte le volte che varcava la maledetta porta di casa, non riusciva a fare altro che pensare a lei.

«Adesso vuoi parlare?» gli chiese, abbassando la testa, forse esasperata. «E poi non mi sembra ci sia molto da dire.»

«Io, invece, penso di sì.» la contraddisse, cercando di conquistarsi una possibilità con tutto ciò che poteva. «Ascoltami questa volta e, se non riesco a farti cambiare idea, non ci proverò più, te lo giuro. Ma non posso permettermi di lasciar perdere, capiscimi.» Mary non parlò, però lo guardò confusa. «Siamo in guerra, Mary, quante occasioni credi che ci rimangano per essere felici?»

«Mary...» la voce di sua madre interruppe il discorso accorato di Sirius e la ragazza ci mise qualche secondo a rivolgere lo sguardo a sua madre, che guardava curiosa il bel ragazzo seduto sul suo divano. Cercò di sorridere nel modo più sincero che le riuscisse. «Tu devi essere Sirius, giusto?» Mary non le aveva detto niente del perché fosse tornata a casa, ma le fece piacere vederlo lì. Sirius si alzò e andò a stringerle la mano, dandole le condoglianze, lei gli rivolse l'ennesimo sorriso di circostanza. «Sei qui per Mary?»

Lui annuì, un po' a disagio. «Sì, io... ho un po' di cose da farmi perdonare.» era davvero imbarazzante dover trattare di certi argomenti con la madre di Mary.

«Falla uscire un po', Sirius.» fu un sussurro sentito. «Ne ha bisogno, sono giorni che resta chiusa qui.»

«Ne avevo tutta l'intenzione.» ammise, lanciandole un'occhiata, mentre lei li guardava sospettosa.

«Che avete da guardare voi due? Che state tramando?» chiese loro, alzandosi quasi arrabbiata. Sirius l'afferrò per un braccio e in un secondo si erano Smaterializzati nel loro vecchio appartamento. «Sirius, che intenzioni hai?»

«Tua madre ha detto di portarti fuori e, tecnicamente, ho mantenuto la parola.» sorrise quasi divertito, alla sua espressione incredula. «Posso offrirti qualcosa?»

«Le spiegazioni che hai detto di dovermi.» tagliò corto lei, incrociando le braccia al petto. «Beh?» aggiunse, dopo un momento di silenzio.

«Non posso darti spiegazioni, perché non ne ho, né ho mai detto di averne. Ho detto di voler parlare.» precisò lui, appoggiandosi al muro. «Mary, lo so che ti ho deluso, e che non c'è giustificazione che tenga, stavo male, ho bevuto e ho fatto una cazzata e mi dispiace dire che sia tutto qui.» si passò una mano tra i capelli, frustrato. «Non posso tornare indietro nel tempo e cambiare le cose, anche se vorrei.»

Mary alzò gli occhi al cielo. «E quindi?» chiese, non aspettandosi delle patetiche scuse, e restando, irrimediabilmente, delusa.

«E quindi ti amo.» disse lui, con una semplicità disarmante.

«E basta?» chiese lei, cercando di ignorare il battito furioso del suo cuore.

«Sì.» ammise lui, avvicinandosi. «Ti amo e basta.» Mary indietreggiò fino a essere bloccata dal muro del corridoio.

«A volte non è sufficiente.» alzò lo sguardo verso il suo, e non stava scherzando. «Ci vuole qualcosa di più. Ci vuole fiducia.»

«E allora concedimela.» appoggiò un braccio al muro, al lato della sua testa. «Perché mi manchi, e non posso vivere in questa casa senza di te. Anzi, nessun posto andrà bene senza di te.»

Lei abbassò lo sguardo. «Come cazzo fai a sapere sempre cosa devi dire per rendere quello che penso sia giusto un puro esercizio di dialettica?» era esasperata, ma non in senso negativo. Anzi, non sapeva nemmeno lei se lo trovava dolce o solo patetico.

«Significa che sono perdonato?» chiese, avvicinando la bocca al suo orecchio, e Mary mandò al diavolo tutto il Mondo Magico, per quanto suonava sensuale. Ma se da una parte desiderava solo cedergli, perché era mancato da morire anche a lei, l'orgoglio le diceva di spingerlo via, prima che fosse troppo tardi.

«Ancora non lo so.» ammise, perché in effetti ancora era divisa tra quelle due scelte. «Non so cosa fare con te.» lo guardò negli occhi e capì di aver commesso il più grosso errore. «Anche io ti amo e basta.» le sfuggì dalle labbra, senza che ne avesse il minimo controllo.

E quando la bocca di Sirius si posò sulla sua, si permisero entrambi di dimenticarsi di tutto: di Voldemort, della guerra, Mary si dimenticò perfino di suo padre, di ogni cosa, tranne che di lui.

 

E lui ricordava che le cose, di lì in poi erano andate bene, per quanto il periodo in cui vivevano avesse potuto permetterlo. Poi era nato Harry, e non solo James e Lily erano impazziti per lui, ma anche lui e Mary.

 

If I can
Remember
To know this will
Conquer me
If I can
Just walk alone
And try to escape
Into me
into me
into me

 

Mary aveva assistito Lily tutto il tempo che James non aveva potuto, e anche se Petunia non si era mai fatta viva, Lily non aveva mai sentito la mancanza di una sorella, perché Sirius si ricordava bene quanto fossero legate l'una all'altra. Lo testimoniava proprio la foto che si trovava sotto al naso, Lily era ancora stesa sul letto del San Mungo, e Mary aveva in braccio il bambino e lo mostrava alla macchina fotografica, stava dicendo qualcosa, ma non si capiva cosa, probabilmente erano un sacco di raccomandazioni per far vedere bene il bambino.

Poi, una foto quasi gli strappò il cuore: dapprima era vuota, poi erano comparsi lui e Mary, sorridenti come due stupidi, e lei aveva mostrato le mani, in modo che tutti potessero vederle, mentre Sirius le baciava una guancia. Lily doveva aver scattato quella foto, mentre James giocava con suo figlio.

 

«È davvero adorabile!» questo era stato il commento di Mary, dopo aver varcato la soglia del loro appartamento, con un sospiro sognante. «Non ho mai visto un bambino più bello di lui.» incredibile a dirlo, Harry aveva reso più uniti loro anche più dei suoi stessi genitori, che forse erano già sufficientemente pazzi l'uno dell'altra.

Sirius sorrise. Harry non aveva nemmeno un mese, però sembrava che fosse lì con loro da molto di più. «Già.» concordò, mentre gli tornava in mente di come era stato insicuro la prima volta che l'aveva tenuto in braccio. «Credevo che i bambini fossero fatti solo per fare chiasso, e invece...»

«Lo spupazzerei tutto il giorno!» confessò, andando in cucina a prendersi un bicchiere d'acqua. «Mi chiedo ancora come Lily e James non l'abbiano consumato dai baci.»

Sirius si appoggiò allo stipite della porta della cucina e si limitò ad osservarla. Mary si voltò e sorridere le venne spontaneo. «Che c'è?» domandò, curiosa e divertita. Lui scosse la testa, un po' ci aveva pensato a dirglielo, ma perché non sembrava mai il momento giusto? La ragazza inarcò un sopracciglio, dubbiosa. «Su, Sir... piantala di fissarmi in quel modo senza dire niente...» la metteva un po' in soggezione, come se si aspettasse qualcosa da lei, che però non capiva.

Sirius sorrise. «Pensavo che anche se non posso consumare Harry di baci...» si avvicinò e le passò un braccio intorno alla vita. «posso sempre farlo con te. E io sono ben disposto a lasciare che tu lo faccia con me, credimi: non è un problema.»

«Caspita...» commentò lei, prima di stringergli le braccia al collo. «sembri davvero un valido sostituto...» e poi si sollevò un po' per arrivare a baciarlo.

 

Mary si rigirò nel letto, dopo che un raggio di sole l'aveva presa proprio in faccia. La sveglia ancora non era suonata, e quell'estate c'era un'afa quasi insopportabile. Si mosse di nuovo, cercando di trovare un po' refrigerio, per quanto il braccio straordinariamente caldo di Sirius lo permettesse. Sbuffò.

«Macdonald, sembri un'anguilla unita a una ciminiera.» le fece notare lui, come buongiorno. «Che hai?» si spostò anche lui, per ritrovare la stessa posizione comoda di qualche attimo prima.

«Ho caldo.» si lamentò lei, scostando le coperte. «Sto morendo dal caldo, per essere precisi.»

Sirius, per dispetto, la strinse di più a sé, con un ghigno malefico stampato sul volto. «Già così nervose di prima mattina, eh, Macky?» la prese in giro, abbassando la testa per sussurrarglielo all'orecchio. Mary cercò di divincolarsi, ma dopo un po' smise: più si muoveva, più aveva caldo, e poi non le dispiaceva più di tanto che la stringesse in quel modo. Lei non rispose alla provocazione, con un sospiro: il caldo non era la sola ragione che non l'aveva fatta dormire granché, Sirius a parte. Si rigirò tra le sue braccia e appoggiò la testa al suo petto. «Cosa c'è, piccola?» anche lui sembrò tornare improvvisamente serio.

«Pensavo.» ammise lei, prima di baciargli una spalla nuda. «Lo so che non sei abituato a questo termine.» lui inarcò un sopracciglio, rispondendo al sorrisetto di lei. «E non sono riuscita quasi a chiudere occhio.»

«Su, avanti.» la spronò, interessato. «Dimmi cosa ti preoccupa.»

«Tutto.» confessò lei, e lo strinse forte, come se quel gesto avesse dovuto liberarla da tutti i suoi problemi. «Mi sento come se i nostri giorni fossero contati e... Sirus, sono pazza di Harry.»

«Questo lo so.» disse lui, lentamente, chiedendosi se dovesse cominciare a preoccuparsi. «Dov'è il problema?»

«Tu cosa diresti se dovessi trovarti nella stessa situazione di James?» gli chiese, all'improvviso. Quella era una delle tante domande che le ronzavano in testa da giorni. Sirius corrugò la fronte e la guardò, in cerca di spiegazioni. «Se fossi padre.»

«Sarei... non lo so. Forse disperato, al pensiero che Voldemort possa uccidere mio figlio da un momento all'altro. Ma perché me lo chiedi?»

«Senti, non lo so che è successo quel giorno in ospedale, ma è come se... insomma, appena ho preso in braccio il figlio di Lily, si è impossessato di me un desiderio irrefrenabile di averne uno.»

Sirius si spostò per guardarla dritta negli occhi. «Perché cavolo non me ne hai parlato prima?» le chiese, stupito. Lei appoggiò di nuovo la testa su di lui, con l'orecchio proprio lì dove batteva il suo cuore.

«Perché credevo che non fossi d'accordo. Come in effetti... non sei.» rispose, mogia. Non ce l'aveva con lui, perché capiva alla perfezione il motivo per cui non voleva mettere al mondo dei figli, in mezzo alla guerra, col rischio che non arrivassero mai a fare i primi passi. «Quando ho visto Lily e James guardare Harry mi sono detta che forse non avrò mai l'occasione per guardare qualcuno allo stesso modo. Amare il mio bambino solo per il fatto che è tutto nostro, la prima parolina, prenderlo in braccio e coccolarlo per ore, accompagnarlo al primo Espresso per Hogwarts della sua vita, essere lì con lui quando prenderà i M.A.G.O... ho pensato che io non avrei mai avuto occasione di trasmettere niente a nessuno, di non lasciare niente di me, quando tutto questo sarà finito.»

«Potrebbe sempre esserci tempo dopo aver sconfitto Voldemort.» propose Sirius, che proprio non voleva credere al fatto che qualcuna delle persone che amava l'avrebbe abbandonato in quella guerra. «Per avere dei figli da crescere in un mondo migliore.»

«Ho paura che noi non avremo la fortuna di vedere quel giorno, Sir.» mugolò, un po' depressa. Chiuse gli occhi e prese un bel respiro. «Vorrei solo che quello stronzo non fosse mai esistito.»

Sirius le lasciò un bacio tra i capelli. «Lo vorremmo tutti, Mar.» sospirò, un po' sconsolato. Anche lui, se doveva dire la verità, non aveva molte speranze per quella guerra. «Credi che, se avessimo un figlio, sopravviverebbe a tutto questo?»

Un sorriso nacque spontaneo sulle labbra di lei. «Perché no?» chiese, scherzando. «Sarebbe il figlio di Sirius Black, troppo sexy perché perfino Voldemort in persona possa pensare di fargli troppo male.»

Anche lui sorrise. «Allora non c'è ragione di aspettare.» commentò, eppure era serio. Mary aprì gli occhi e lo guardò, cercando di capire se fosse sicuro di quello che diceva. «Non guardarmi come se fossi pazzo, l'hai proposto tu, dannata donna.»

«Scusa...» borbottò lei, ma poi riprese il tono scherzoso. «È che non finisci mai di sorprendermi.»

«Sì...» sussurrò lui, quasi con tono lamentoso. «Ma adesso piantala di parlare.»

 

«Buongiorno di nuovo.» la salutò, con un bacio sulla guancia, mentre lei cercava di fare il caffè Non che con la bacchetta non venisse sufficientemente bene, ma a volte preferiva fare le cose “alla Babbana” come diceva lui.

«Anche a te, Black.» rispose, versando il liquido scuro in una tazzina che gli porse con uno sguardo carico di aspettativa. Sirius bevve senza fare una piega. «Dunque?»

«Meglio di ieri, ma fa comunque schifo. Perché ti ostini a usare quell'affare?» le domandò, posando la tazzina nel lavello.

Mary si offese. «Perché usare la bacchetta è freddo, mentre se lo faccio con le mie mani, ha tutto un altro significato.»

«Già...» commentò lui, con evidente ironia. «E tutt'altro sapore.»

«Sei un insensibile, Sirius Black.» assottigliò gli occhi fino a ridurli a due fessure, e mise le mani sui fianchi, perché capisse la gravità del suo commento. «La prossima volta te lo fai da solo, e tanti saluti.»

«Va bene, scusami.» si arrese, dopo qualche minuto di silenzio, prima che scoppiassero a ridere tutti e due. «Mi farò perdonare, in qualche modo.»

Lei sorrise, soddisfatta. «Lo spero proprio.» e quando lui l'abbracciò, Mary non poté fare altro che ricambiare il gesto, perché quando lui si comportava in quel modo, lei si sentiva protetta e non aveva più molti momenti da passare in tranquillità, così che li apprezzava fin troppo. Schiacciò il viso contro la sua spalla. «Ti amo.»

E, in risposta, le arrivò un bacio che quasi le bloccò il respiro. «Anche io.» e fu sul punto di dire qualcosa, prima di bloccarsi, per l'ennesima volta. «Guarda che ore sono!» fece, invece. «Dobbiamo sbrigarci o faremo tardi.» la lasciò andare e si avviò di nuovo verso la camera.

«Sir!» lo chiamò lei, quasi esasperata. Lui si fermò un passo prima di imboccare il corridoio, in attesa. «Che ti succede?»

«Niente...» rispose lui, come se non avesse idea di cosa lei stesse parlando.

«Sirius, non prendermi in giro.» ed era abbastanza seria perché lui non considerasse l'idea. «È più di una settimana che sembri avere qualcosa sulla punta della lingua e poi non dici niente, ignorando del tutto la cosa.»

Lui sospirò. «Tu mi conosci troppo bene.» le fece un cenno con la testa verso la camera da letto. «Vieni, c'è qualcosa che... devi sapere.»

Lei lo seguì in silenzio, col cuore che cominciava a battere furioso per la paura. «Cosa c'è?» chiese, una volta varcata la soglia. Lui non disse nulla, ma le fece cenno di sedersi, ma lei gli andò di fronte e basta. «N-non voglio sedermi, dimmelo e basta.»

Sirius la prese per le spalle e la costrinse a sedersi sul letto, mentre lui finiva con le ginocchia sul pavimento. «È difficile per me, okay?» fece questa premessa e Mary annuì. «Perciò se sbaglio qualcosa, abbi pazienza.» la ragazza corrugò la fronte, ma non mostrò nessun'altra emozione. «Stiamo insieme... più o meno da...» contò sulle dita, pensieroso. «quattro anni, tra alti e bassi.» la fissò e lei annuì, come ad invitarlo ad andare avanti. «Devo ammettere che è stato difficile per tutti e due stare l'uno dietro all'altra, perché abbiamo due caratteri piuttosto... combattivi.»

«Sirius...» cominciò lei, non capendo a cosa volesse andare a parare.

«Non mi interrompere, altrimenti dimentico quello che ho da dire.» la pregò, mettendole un indice sulla bocca. «Certo, ho fatto le mie cazzate, però... adoro stare con te.» Mary tacque, e aspettò che arrivasse al punto. «Penso che potrei adorarlo per tutta la vita, perciò... che ne pensi di sposarmi?» tolse dalla tasca una scatolina e la aprì, mostrando il più bell'anello che Mary avesse mai visto.

Lei, con tutta la buona volontà, non riuscì a trattenere le risate. Sirius non sapeva molto di proposte di matrimonio, ma aveva un certo intuito per capire che quella non era esattamente la reazione “normale” che ci si aspetterebbe da una ragazza a cui è stata appena fatta una dichiarazione. «Sirius...» si portò una mano davanti alla bocca, sperando di smettere. «sei davvero unico!»

«Beh, sì... l'avevo intuito fin da bambino.» scherzò lui, però un po' teso. «Adesso vuoi dirmi di sì o di no?»

Mary rise di nuovo. «Per favore, chiedimelo di nuovo.» prese un bel respiro, per ritrovare la calma perduta al “che ne pensi”, era possibile ricevere una proposta di matrimonio con quel tono del tutto casuale, come se avesse voluto chiederle cosa mangiare per colazione?

Sirius alzò gli occhi al cielo: donne! «Mary Macdonald, vuoi sposarmi?» le porse l'anello, sperando ardentemente in una risposta positiva.

«Ma certo che voglio sposarti!» gli gettò le braccia al collo e gli ricoprì il volto di baci, senza riuscire a smettere. «Sì un milione di volte, scemo che non sei altro! Tutta quest'ansia e volevi sposarmi! Ti adoro!»

«Bene, adesso che ci siamo capiti, puoi mettere questo.» le prese la mano sinistra e, all'anulare, mise l'anello che le aveva comprato insieme a James, il quale era andato con lui senza essere invitato, dicendo che Sirius aveva bisogno del suo consiglio, perché l'esperto di donne era lui. Sirius non gli aveva detto che l'aveva comprato per chiederle di sposarlo, e James non aveva capito niente, forse perché anche lui credeva impossibile che da parte sua arrivasse quel genere di proposta.

Perfino Mary sembrava non crederci, mentre guardava l'anello che aveva al dito. «È davvero bellissimo, tesoro!» lo abbracciò ancora, e risero tutti e due. «Questo è il giorno più bello della mia vita!»

Sirius le baciò le labbra, delicatamente. «È anche il mio.»

 

«Guarda Lily!!» Mary corse incontro alla sua migliore amica, lasciando Sirius un po' più indietro di lei. Quasi le piantò in faccia la mano sinistra, muovendo l'anulare alla velocità della luce. «Guarda!!!» era entusiasta e quasi isterica. Quasi.

Lily le prese la mano e la tenne ferma, giusto per essere sicura di aver visto bene. «Oh, per Merlino!» esclamò, sconcertata. «Ti ha... chiesto di sposarlo?» Mary annuì, mentre il sorriso sembrava che volesse avvolgerle tutta la testa. Lily l'abbracciò di slancio. «Ma è bellissimo!»

«Che succede qui?» chiese James, arrivando con una carrozzina tutta foderata di blu scuro. Harry aveva in mano una specie di palla di plastica, che si allontanava magicamente, se il bambino cercava di infilarsela in bocca. «Che festa è?»

«Nessuna.» rispose Sirius per loro, prima di passare un braccio intorno alla vita della fidanzata. «Ci sposiamo.»

Gli occhi di James si allargarono per lo stupore. «Stai scherzando.» ed era un'affermazione. Quando Mary scosse la testa, James capì che dicevano sul serio. «E dov'è finito quello che aveva giurato che non si sarebbe mai fatto ingabbiare

Sirius scrollò le spalle. «Temo che sia cresciuto, Jamie.» replicò, suonando ovvio. «Dovresti provare anche tu, di tanto in tanto.» risero tutti e quattro, e Mary si aggrappò a Sirius, felice come non era mai stata in tutta la vita. Lui voleva sposarla e, per un po', fu l'unica cosa a cui riuscì a pensare.

«A quando il grande giorno?» volle sapere Lily, eccitata, prendendo Harry dalla carrozzina per cullarlo un po', dato che si era messo a piangere. Anche Mary alzò il viso verso Sirius, curiosa.

Lui le restituì lo sguardo. «Quanto prima.» ora che gliel'aveva chiesto, non stava più nella pelle.

«Posso tenerlo?» chiese Mary, con gli occhi da cucciolo, rivolta verso quello che considerava come un nipotino. Lily glielo passò con estrema cautela, tenendolo per qualche secondo anche dopo che Mary se lo fu sistemato tra le braccia. «Sei sempre più bello, Harry.»

«Per forza.» fece James, orgoglioso. «È tutto suo padre.»

Lily gli lanciò un'occhiata storta. «Stai dicendo che sarebbe brutto se somigliasse a me?» lo accusò, e James mise su un'espressione impaurita. «Ebbene, Potter?»

«Lo sai che sei bellissima, amore... stavo solo... manifestando il mio orgoglio maschile per il fatto che nostro figlio sia uguale a me, ma abbia i tuoi splendidi occhi. Tutto qui. Lo giuro...» Lily scoppiò a ridere e James capì che scherzava. Così, tirò un sospiro di sollievo. «Mi hai fatto prendere un colpo!»

«Povero caro...» commentò lei, con sarcasmo. James si finse offeso, ma bastò che lei gli stringesse una mano e gli sorridesse dolcemente che lui non poté più tenere il broncio.

«Guarda, Harry... i tuoi genitori saranno così anche da vecchi. Ci scommetto.» fece Mary, suonando esasperata, anche se non lo era davvero. «E toccherà a te tenerli a bada...»

«E a tutti i suoi fratelli!» precisò James, prima che quello potesse essere messo in discussione. «Ne vogliamo almeno dieci.»

«James...» fece Lily, alzando gli occhi al cielo. Non cambiava mai.

«Dici che sono pochi?»

«James...»

«Dai, una squadra di calcio Babbano...»

«James!»

Mary rise, mentre Sirius scuoteva la testa. «Spero che tu prenda dallo zio, Harry, perché tuo padre è fuori come l'esterno delle torri di Hogwarts.» disse il ragazzo, mentre il piccolo era intento a fissare il cielo luminoso, attirato dalla luce del sole.

«Pensa se avessimo una femminuccia e si sposassero.» fece Mary, pensierosa.

«Santo cielo!» Sirius allargò le braccia, a metà tra il terrorizzato e l'esasperato. «È un neonato ed è già accasato!»

«Era solo un'ipotesi...» mormorò lei, allontanando il bambino dalle sue mani, per ripicca. «E stavo solo pensando che sarebbe carino che fosse femmina.»

«Non lo so...» rispose lui, pensandoci su. «Credo che la vizierei un casino. Se fosse maschio, pensa, lui e Harry potrebbero scorrazzare per Hogwarts ed essere il nuovo terrore della McGranitt. Black e Potter due, la vendetta.»

Lily e Mary si guardarono e scoppiarono a ridere. «Povera donna...» commentò Lily. «Scommetto che ancora oggi è perseguitata nei suoi incubi. Quanti punti ci ha tolto per colpa di voi quattro, nemmeno si potrebbero contare.»

«Cos'è, la Caposcuola che parla?» chiese Sirius, prendendola in giro.

«Ehi, anche io ero Caposcuola!» fece James, risentito. «Ed è stata una gran bella cosa.»

«Il disonore sempiterno dei Malandrini. Da combinaguai ad agnellini.» ghignò Sirius, mentre James ribatteva che era stata solo una copertura per le loro malefatte, ed in effetti non era del tutto falso.

«Oh, avanti, smettetela!» li bloccò Mary, sfiorando il nasino di Harry. «Altrimenti il bambino si innervosisce e piange. Dov'è che andiamo?»

«Avevo pensato a...»

Vennero interrotti da un rumore sordo e da delle grida quasi disumane. James e Lily si lanciarono un'occhiata preoccupata, mentre Mary restituiva il bambino a sua madre, agitata almeno quanto loro. Sirius si voltò verso la sorgente del frastuono, che sembrava provenire proprio dal fondo della strada. «Lily.» la chiamò James, ormai calato nel suo ruolo di membro dell'Ordine. «Porta Harry al sicuro.»

«Ma James... non...» lui la zittì con un'occhiata.

«Non importa cosa succederà a me, oggi.» la interruppe, con uno sguardo frustrato. «Harry avrà bisogno di uno dei due. Resta con lui, qualcuno deve pensare a proteggerlo.»

«Mary, vai con Lily e avverti il resto dell'Ordine, sento puzza di guai, e... di Mangiamorte.» fu invece ciò che disse Sirius.

«Col cavolo, Black, non lascerò il mio promesso sposo in balia dei Mangiamorte, con la sola compagnia del suo migliore amico.» mise in chiaro lei, decisa a non mollare.

«Mary, per favore.» tirò fuori il miglior sguardo supplichevole che poté. «Posso farlo solo se so che sei al sicuro.»

«Ma io...» lui la zittì con un bacio.

«Ci vediamo dopo. Fidati di me, Macky.» e con questo raggiunse James, ma anche i Mangiamorte erano arrivati molto più avanti, tanto da essere già in vista. E poi fu un trambusto di incantesimi, Mary cercò di scorgere Sirius tra la folla, e lo vide tenere testa a tre Mangiamorte finché uno non lo colpì con uno Schiantesimo.

«Sirius!» gridò, indecisa se intervenire oppure seguire il suo volere. Se non faccio niente, morirà... «Lily tu vai avanti, ti raggiungo subito.»

Sirius Black svenne poco dopo, con ancora il grido di Mary nelle orecchie.

 

Aveva perso i sensi in un mondo in cui Mary esisteva, ma quando li riaprì, lei non c'era più. Si svegliò in un letto al San Mungo, con James al suo fianco, decisamente preoccupato. Sirius si accorse di avere la gola secca e un braccio gli faceva male da morire, doveva esserselo rotto. «Dov'è lei?» chiese, ancora prima di aver ripreso totalmente coscienza. «Dov'è?»

«Sta' tranquillo, fratello. Se ti agiti peggiori la ferita.» lo avvisò James, tenendolo premuto gentilmente contro il letto. James sta bene. Pensò lui, con un po' di sollievo.

«Jamie, dov'è Mary?» ripeté, perché era l'ultima cosa che aveva avuto davanti agli occhi, e sperava ardentemente che fosse stato frutto dello stordimento, perché se lei non era lì era successo qualcosa. James non disse nulla. «Fratello, dimmi dov'è.»

«Non è qui.» decise di dire, allora. Sirius sentì la rabbia montargli nel petto e si alzò a sedere, posando una mano sulle costole per la fitta atroce.

«Non prendermi per il culo, James. Dov'è Mary?» ed era un tono che non ammetteva repliche, e James chiuse gli occhi per nascondere la tristezza.

«Sirius...» Lily irruppe nella stanza, in lacrime. «Lils...» cercò di bloccarla James, ma lei non aveva nemmeno visto che Sirius era seduto nel letto.

«Oh, Merlino... sei sveglio.» si asciugò le guance, ma ormai sapeva che era tardi per nasconderglielo. «Credevo stessi ancora dormendo, il dottore...»

«Non me ne frega niente del dottore.» si staccò i tubi che aveva attaccati alle braccia e si alzò dal letto. «Voglio sapere dov'è Mary, ora.»

Lily annuì. «Mary...» fece pressione sulle sue spalle per metterlo a sedere. «Quando siete andati ad affrontare i Mangiamorte, lei ti ha seguito perché uno di loro... ti aveva colpito. Mi ha detto di andare avanti, e io credevo veramente che mi avrebbe raggiunta poco dopo, ma... quando ho mandato a chiamare il resto dell'Ordine lei non c'era e... quando sono arrivata qui sentendo che James era ferito ho saputo che...» trattenne un singhiozzo, mentre Sirius sentiva che lo strisciante presentimento che aveva avuto fin da quando James non rispondeva si stava trasformando dolorosamente in certezza. Non può essere. «Mary, lei... è...»

«Morta.» concluse lui per Lily, la quale annuì, nascondendo il viso tra le mani e scoppiando in singhiozzi dilanianti. Anche la voce di Sirius lo era, mentre lo diceva. «È... morta?»

«Mi dispiace, fratello...» sussurrò James, dandogli una pacca sulla spalla. Non aveva idea di come confortarlo: cosa avrebbe potuto dirgli?

«Voglio vederla.» disse subito, disorientato. Sembrava un brutto sogno, solo quella mattina avevano spergiurato che fosse il giorno più bello di tutta la vita, e adesso... «Voglio vederla.»

Lily annuì. «Vieni, ti accompagno.» veniva proprio dall'obitorio dell'ospedale, in lacrime, poco prima, ma non aveva potuto rifiutarsi, sapeva che James non vedeva l'ora di andare a vedere come stava suo padre, che era malato ed era stato anche ferito. Gli lasciò Harry, di modo che suo nonno potesse distrarsi e giocare un po' con lui.

Entrarono da una porticina bianca, e una dozzina di letti erano disposti contro il muro, sei da una parte e dall'altra. In uno Sirius poté vedere anche Dorcas Meadowes, ma non riuscì a registrare nel cervello niente, l'unico letto che vide fu quello in fondo, dove giaceva la donna che meno di dieci ore prima aveva chiesto in moglie.

Lily si sedette al suo fianco. «Vorrei stare solo con lei.» ammise Sirius, prendendo la mano di Mary, ormai fredda. «È bellissima.»

«James...» Lily deglutì. «James ha fatto un incantesimo in modo che rimanga così per un... per un po'. In modo da dare occasioni ai parenti anche lontani di rivederla, per il...» si schiarì la voce. «per il funerale.»

Sirius la guardò senza quasi vederla. «Puoi lasciarmi solo?» le chiese, ancora. Lily scosse la testa e gli strinse un braccio intorno alle spalle.

«Mary era una sorella per me, Sirius.» spiegò, quando lo vide sul punto di chiederle di nuovo di andare via. «E non mi perdonerebbe mai se ti lasciassi solo, adesso. Tu non sei mai stato bravo a digerire il dolore.»

«Di solito era lei che me lo faceva accettare. Non dico che riuscisse a farmelo passare, ma per un po' riuscivo a dimenticare tutto quanto, e a lungo andare imparavo a conviverci.» Sirius non sapeva perché lo stava dicendo, sembrava che il suo cervello continuasse a rimanere spento, quasi che non avesse alcun controllo sui propri pensieri.

Gli occhi di Lily si riempirono di lacrime e fu costretta a smettere di fissare il ragazzo. «Sarà tutto molto diverso, da oggi in poi.» tirò su col naso, mentre le labbra tremavano per lo sforzo di trattenersi dal piangere. «Le avevo promesso che...» non continuò, sapendo che se avesse menzionato il matrimonio, per Sirius sarebbe stato anche peggio, e non poté non singhiozzare.

«Non voglio che la sua memoria sia distorta da qualche idiota che la renda una martire della guerra senza pensare a chi fosse veramente.» si lasciò sfuggire Sirius, accarezzando la mano di Mary.

«Probabilmente al funerale succederà, o sui giornali.» Lily pensò che forse, non avrebbe dovuto dirlo, ma era meglio che lo sapesse, e che fosse preparato, prima di dare in escandescenze il giorno dei funerali di Mary. «Sarà sufficiente che noi la ricordiamo per com'era, Sirius.»

Sirius guardò la donna che amava stesa su un letto di obitorio e si accorse che non sapeva come. «E com'era?» le chiese, allora.

«Era testarda,» fece Lily, lentamente. «tremendamente cocciuta, in effetti. Andava in visibilio ogni volta che vedeva qualcosa di nuovo, e impazziva per i pupazzi.» più continuava a parlarne, più sembrava che Mary fosse ancora lì con lei. «Aveva una viscerale, carnale passione per i cantanti Babbani inglesi e... per Sirius Black.» lui si concesse un sorriso amaro. «A volte era davvero insopportabile, specialmente quando era in quel periodo del mese, ma... capita a tutte le ragazze, e adorava Harry in un modo che io posso solo immaginare, nonostante sia mio figlio.» gli strinse una mano sulla spalla. «E adorava la cioccolata fondente, anche se non avrebbe mai ammesso che era perché gli ricordava te, in qualche modo, ah... e... sì, aveva una smodata passione per i tuoi occhi, sarebbe potuta rimanere a descriverli per ore. Avrà anche avuto tutti i difetti del mondo, ma era davvero eccezionale.» una lacrima le sfuggì dagli occhi. «Ed è stata più di una sorella, ad Hogwarts. Quando la mia mi ha rifiutata, lei c'era.»

«Non c'è altro di lei?» chiese Sirius, con la testa vuota come un robottino.

«Certo che sì.» disse Lily con dolcezza. «Mary era quel tipo di persona che non abbandona gli amici mai. È stata lei che mi ha insegnato che, sotto la scorza di molte persone, si nasconde qualcosa che è nascosto ai più, ma che se si guarda bene è ben visibile. Lei mi ha insegnato come amare James, e non c'è modo in cui io possa ripagare tutto questo. Mi ha insegnato che gli amici sono la famiglia che ti scegli, e che non serve armarsi di grandi parole o grandi intenti per dimostrare di amarli, ma soltanto tanto, tanto affetto, perché le parole non sempre sono necessarie. Avrebbe sacrificato tutto per ciascuno di noi.» e Sirius seppe che quella descrizione non avrebbe potuto essere più calzante. «Ed è questo che voglio insegnare a mio figlio, Sirius, ad amare gli amici come se stessi, perché non c'è ricchezza più grande, al giorno d'oggi. Non esiste niente come un buon amico, e voglio anche che impari ad andare oltre le apparenze, perché è l'unico modo in cui posso rendere giustizia alla memoria di Mary. Tramandare ciò che mi ha insegnato, perché ogni persona che incontriamo nel nostro cammino ci insegna qualcosa, e lei è stata una grande maestra, per me. Mi ha aiutato a diventare la persona che sono oggi, e io sono orgogliosa di ciò che era lei.»

«È tutta colpa mia.» sussurrò Sirius, immergendo il viso tra le mani, senza riuscire a versare una lacrima. «Dovevo stare più attento, mi sono fatto Schiantare come un idiota, e lei... lei...» digrignò i denti e non continuò.

«Non è vero, Sirius.» era la voce di James, commosso dal discorso di Lily. Aveva Harry in braccio, però dormiva. «È stato quel bastardo di Voldemort a ucciderla, e se vuoi davvero rendere giustizia alla sua memoria, cerchiamo vendetta.»

«Non so se ho la forza di cercare vendetta.» rispose lui, con gli occhi coperti dalle mani. «Non credo che lei avrebbe voluto.»

James gli mise una mano sulla spalla. «Forse no.» ammise, guardando il corpo della sua amica, che giaceva come se fosse addormentata. «Ma è l'unico modo che conosco per andare avanti. Un motivo per non mollare tutto, sapendo che prima o poi toccherà anche a noi fare la stessa fine.»

«E allora per cosa combatti?» gli chiese Sirius, sempre più confuso e stanco.

«Per Harry.» rispose James, serio. «Perché voglio che viva la vita che vuole, senza preoccuparsi di poter morire da un giorno ad un altro. Voglio che la sua infanzia non sia come la nostra. Voglio che possa essere felice nel modo che ritiene giusto.»

 

Sirius chiuse, un'altra volta, l'album, ma stavolta lo gettò sulla poltrona davanti alla sua, quasi con rabbia. Non aveva pensato a Mary per anni, per quasi dieci anni aveva fatto finta che lei non fosse mai esistita, qualche anno dopo essere entrato ad Azkaban, aveva potuto dimenticarsi di lei, dimenticarsi di stare facendo finta di scontare quella pena per non essere stato in grado di fare niente per lei.

Il pacco di Remus stava ancora sulle sue ginocchia, e dentro c'era anche qualcos'altro.

I vestiti che aveva messo al funerale di Mary.

Per qualche ragione che non comprese, li tolse dalla scatola e qualcosa tintinnò sul pavimento. Capì cos'era ancora prima di poterlo vedere, e non si arrischiò a guardare per un bel po' di tempo. Meglio che lo raccolga, prima che lo trovi Kreacher. Così lo prese in mano e lo soppesò per un po', guardarlo fu doloroso come l'ultima volta e lo chiuse nel pugno, chiudendo anche gli occhi, per un attimo desiderò non riaprirli mai più.

«Sir, ma che cavolo pensi?» era la voce di Mary, e suonava reale come se davvero si trovasse lì con lui. Non ebbe il coraggio di riaprire gli occhi, temendo che la sua illusione sarebbe svanita. «Devi continuare a prenderti cura di Harry.»

«Non sono mai stato in grado di prendermi cura di lui.» ammise Sirius, con un po' d'amarezza. «E non credo che abbia bisogno di me. È un ragazzo davvero forte.»

«Harry è solo un bambino, Sirius.» replicò lei, e la sua presenza si fece d'un tratto così... palpabile, che Sirius credette che fosse proprio davanti a lui. Una mano sulla spalla lo fece sobbalzare, ma ancora non aprì gli occhi. «Sei il suo padrino, l'unico legame concreto che ha con suo padre. Certo che ha bisogno di te.»

«A volte mi ricorda così tanto James...» confessò, appoggiando la testa alla sommità della poltrona. Ma ancora non la guardò. «Così tanto che... a volte mi illudo che non sia mai morto.»

«Credo che ti sbagli, Sirius.» disse lei, invece. «Certamente una parte di James vive in Harry, ma secondo me lui è più come Lily. Caratterialmente, intendo.»

«Forse hai ragione.» ma non sapeva più cosa pensare, ormai. Sono impazzito. «Mi dispiace, Mary.»

«E di cosa?» gli chiese, passando leggermente una mano sul suo volto. Sirius si sentì come quand'era ragazzo, quasi che avesse avuto di nuovo la divisa di Grifondoro addosso, e che il suo salotto fosse la Sala Comune.

«Per non essere mai stato in grado di mantenere le mie promesse.» la sentì sorridere, e la sua mano corse a stringere quella di lei, trovandola... solida.

«Non fa niente, Sirius.» assicurò lei, con dolcezza. «Niente di tutto quello che è accaduto è stata colpa tua.»

«Se fossi davvero Mary, mi diresti qualcosa di sarcastico.» commentò lui, quasi deluso.

«Forse Mary ha perso il senso dell'umorismo, te lo concedo.» rispose lei, ridendo. «Ma sappi che sei invecchiato, ragazzo più sexy di Hogwarts. Quasi non ti riconoscevo.» sorrise anche lui. «Dai, apri gli occhi.»

«Non voglio.» disse lui, subito. «Perché se apro gli occhi, tu non ci sarai.»

«Non ci sono stata per sedici anni, Sirius.» gli fece notare lei, come se non stesse parlando della sua morte, ma solo di un viaggio di piacere. «Ed è frustrante vedere in quanti guai tu ti sia cacciato, senza di me.»

Sirius sospirò. «Lo so. Mi dispiace.»

«Se davvero fossi Sirius non ti scuseresti così tanto.» lo scimmiottò lei, ma poi gli baciò la fronte. «Adesso apri gli occhi Sirius.» ci fu un attimo di silenzio, in cui Sirius ci pensò davvero, se era meglio aprirli o no. «Aspetta un secondo... salutami Remus. E digli che... che tratti bene quella povera ragazza!»

«Quale ragazza?» le chiese lui, ma prima che potesse anche concludere la frase venne interrotto da un leggero bacio sulla bocca. Per riflesso aprì gli occhi, ma lei già non c'era più.

Era rimasta solo l'impressione delle sue labbra sulle sue.

 

Quando il campanello lo colse di sorpresa, Sirius sobbalzò. Era rimasto a guardare il vuoto con l'anello di fidanzamento stretto nel pugno, chiedendosi che cosa fosse successo. Si alzò quasi come un automa e andò ad aprire, ritrovandosi davanti Remus e sua cugina, che entrò in casa col suo passo felpato, finendo per inciampare nel portaombrelli. Sirius la afferrò prima che cadesse, e Remus bloccò il portaombrelli prima che si infrangesse sul pavimento e svegliasse Walburga Black.

«Ciao, Tonks.» la salutò, chiedendosi se fosse proprio lei la ragazza di cui Mary gli aveva parlato. Sempre ammesso che fosse stata lei e non il suo subconscio da post-sbronza, forse i suoi neuroni erano a smaltire la sbornia in un'ala del cervello che gli faceva vivere esperienze strane. «Come mai qui?»

«La riunione, Sirius, possibile che tu dimentichi sempre tutto?» gli ricordò lei. Senti chi parla, avrebbe voluto rispondere lui, ma scosse semplicemente le spalle. «C'è qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame.»

«Vai a vedere in cucina, non so che combina il mio simpaticissimo elfo domestico.» e non gli interessava più di tanto, dopotutto. «Rem, già che rimaniamo soli soletti, che ne pensi di fare quattro chiacchiere? C'è giusto un bel librone con cui ti devo malmenare.»

«Allora l'hai scartato.» Remus sorrise soddisfatto, alla smorfia di Sirius. «Ne ero sicuro.»

«Certo che ne eri sicuro!» gli fece il verso l'altro, incrociando le braccia al petto. «Sono maledettamente curioso e tu mi hai impedito di lasciar perdere con tutte quelle chiacchiere sul fatto che era suo

«Sono felice che tu l'abbia fatto.» ammise il licantropo e Sirius sbuffò.

«Perché l'hai fatto?» gli domandò, con grande risentimento. «Guardare quelle foto è stato come essere ucciso infinite volte.»

«Perché ci sono cose che non dobbiamo dimenticare, Sirius.» spiegò il suo amico, serio. «Perché ci sono persone che non possono essere passate nella nostra vita senza averci lasciato nulla.» erano quasi le stesse parole che Lily aveva detto quel giorno, meno di sedici anni prima.

«Avevo cercato di dimenticare per evitare di soffrire!» ribatté Sirius, seccato. «Ma con te come amico non si può, evidentemente.»

«Volevo solo che ricordassi... una buona ragione per andare avanti e combattere.» Remus scosse le spalle. «A volte sembra che tu l'abbia dimenticato.»

«E quale sarebbe questa buona ragione?»

«Harry.» rispose Remus, subito. «Mary. Lily, James. Alice e Frank. Dorcas. Devo andare avanti?»

Sirius scosse la testa. «Credo di no.» ammise, poi, sentendosi un po' stupido per essersi comportato come un bambino.

«Bene.» commentò Remus, quasi soddisfatto. «Ci sono cose che non dobbiamo mai dimenticarci di proteggere, Sirius, anche se si trovano solo nei nostri ricordi.»

«Ho capito, ho capito. Piantala di fare il sentimentalista!» lo interruppe Sirius, scrollando le mani in aria. «Piuttosto, Moony...» ghignò, ripensando a ciò che gli era stato rivelato. «da quant'è che vai a letto con mia cugina?»

Tutto ciò che gli arrivò in risposta, fu il leggero rossore sulle sue guance, e seppe che Mary – o chi per lei – aveva avuto ragione.

 

****

 

Beh, ecco qui... è finita U.U

Giusto perché ne siate al corrente, l'impaginazione è un po' strana perché la shot è lunga più di cinquanta pagine (per l'esattezza 51 tonde tonde - con questo font e con Word :P) e non avevo tempo (che, in gergo, si traduce in voglia) di mettere il codice. Quindi scusate per la presentazione un po' "staccata" (vi avviso, poi, che non ho riletto l'ultima parte perché l'ho appena scritta e per la storia della voglia... insomma, si sa com'è ;)).

Per chi l'avesse notato – ma anche no – il discorso di Lily può essere un richiamo a quello di James in “The Art of Surviving” sempre della stessa autrice di cui parlavo all'inizio (questo è il sequel della storia di cui sopra), ma è solo perché mi ha fatto molto riflettere. Cioè, in generale tutta la storia mi ha fatto riflettere, ed era una cosa che volevo riproporre. Tutto qui.

Grazie per aver dato un'occhiata :)

  
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