Film > Le 5 Leggende
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Autore: AngelsOnMyHeart    15/01/2013    5 recensioni
[FANFICTION IN REVISIONE DAL 15/11/2015]
[Capitoli revisionati: 11/15]
Gli anni sono trascorsi dalla vittoria dei Guardiani e la conseguente sconfitta di Pitch, l'Uomo Nero.
Dieci anni, ad essere precisi.
Tutte le attività delle Leggende sono tornate alla normalità e di quei difficili giorni, non è rimasto altro che un lontano ricordo.
Ma non tutto è esattamente tornato come prima, poiché, da quella notte, una luce sul Globo ha smesso di brillare.
Scarlett è una studentessa di diciotto anni, una semplice ragazza la cui vita non ha nulla che possa ritenersi degno di nota ma che cela nel proprio petto un peso oscuro, il quale sta lentamente trascinando la sua mente nell'oblio.
Incubi.
Da che la ragazza riesca a ricordare, la sua mente è sempre stata tempestata da neri, asfissianti ed orribili incubi e non è mai stata in grado di capire il motivo per cui questi infestassero il suo sonno. Sapeva solamente che erano sempre presenti e che, qualunque cosa facesse, sarebbero tornati notte dopo notte.
Ma il tempo inizia a stringere e, con questo, molte verità verranno a galla, portandosi dietro altre domande le cui risposte non sempre saranno un sollievo per l'anima.
Genere: Avventura, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo I 
Frammenti di un incubo senza fine 

Da qualche giorno era ormai percepibile una certa elettricità nell'aria, al Polo Nord. Sebbene all'infuori della grande Fabbrica di Giocattoli di Babbo Natale, nonché quartier generale dei Guardiani, sembrasse tutto avvolto nella più totale calma e quiete, la situazione all'interno era di ben altro avviso: ossia il panico generale! 
Di lavoro già ce ne era abbastanza per tutto l'anno, figuriamoci quando si era praticamente agli sgoccioli. Solo 42 giorni ed il Natale sarebbe arrivato. 
Non c'era Yeti che non si trovasse indaffarato in qualche mansione. Tra i regali da assemblare, i dettagli da rifinire e la Slitta da sistemare c'era un gran bel da fare per tutti, anche per gli elfi, convinti a modo loro di star contribuendo alla realizzazione dei doni per i bimbi di tutto il mondo. 
North osservava con attenzione la sua equipe, dall'alto del suo studio che si affacciava su tutta la Fabbrica, dinanzi a lui splendeva il Globo. La grande sfera ruotava lentamente, mostrandogli le luci di ogni continente, le luci di tutti i bambini che avevano ancora bisogno di credere a quelle fiabe della buonanotte, narrate con voce ovattata nella penombra di una cameretta. 
Sì, poteva dirsi senza dubbio soddisfatto di come si stesse svolgendo la situazione. 
«Siamo indaffarati eh?» Disse una voce maschile proveniente dalla sua destra. 
Girò lo sguardo in quella direzione, trovandovi così Jack Frost. Il ridente Spirito dell'inverno se ne stava accovacciato sul parapetto, intento nell'osservare, con particolare entusiasmo, i magici operai al lavoro. Quante volte lo aveva implorato affinché gli concedesse il permesso di lavorare con gli Yeti nella realizzazione dei giocattoli, ma lui glielo aveva sempre gentilmente negato. Chissà perché poi, si chiedeva Jack, forse si era legato al dito quella volta in cui aveva fatto esplodere tutti quei barattoli di vernice? Ma erano passati anni, ormai, e molti elfi erano tornati del loro colore naturale -escluso Bob- e comunque si era trattato di un piccolo incidente, nulla di così grave. No? 
Santa Clause esplose in una sonora e calorosa risata «Beh? Cosa ti aspettavi a mese prima di Natale?» 
Ed allargò quindi le grandi braccia tatuate, stringendo l'amico guardiano in un caloroso abbraccio «Quanto tempo amico mio! Qual buon vento porta te qui?» 
Lo Spirito del freddo ricambiò la stretta per poi allontanarsi con un balzo, lasciandosi penzoloni al suo immancabile ed inseparabile bastone ricurvo. 
«Credo si trattasse di un Maestrale» Scherzò lui, o forse no. 
L'omone rise di nuovo «E cosa hai fatto tu per tutto questo tempo? Se non sbaglio ultima volta che ti ho visto tu e Calmoniglio vi stavate azzuffando in vostri soliti litigi, dopo aver alzato gomito con mio eggnog» Lo canzonò. 
Jack si grattò la nuca, coperta da candidi capelli bianchi, imbarazzato. Si ricordava perfettamente di quella volta «Non ti sfugge niente eh?» ridacchiò «Comunque nulla di nuovo, sono andato un po' qua, un po' là. Dove mi spinge il vento, come al solito» 
North volse un'occhiataccia ad un gruppo di Yeti che si stavano abbandonando ad una gara di chitarre giocattolo ma quando intimò loro di fargli ridipingere tutti i camioncini daccapo, questi tornarono immediatamente al loro lavoro. 
«Dentolina sarà felice di rivederti Jack» Gli fece l'occhiolino, tornando a rivolgersi a lui. 
Nel sentir pronunciare il nome della fata, Guardiana dei Ricordi, il ragazzo si lasciò ancor più dondolare al suo bastone per alcuni istanti, con sguardo sognante, ma volle riprendersi subito. 
C'era un argomento che non avevano ancora toccato, per quanto venisse affrontato da tutti a malincuore. 
Assunse quindi un'espressione seria, con un cenno del capo verso il Globo «E Sandy?» 
La gioiosa espressione sul viso di North si rabbuiò a quella domanda, incrociò le braccia intorno allo sterno e guardò anche lui l'enorme sfera dorata che ruotava lentamente dinanzi a loro. 
Erano ormai trascorsi diversi anni dalla notte in cui North e gli altri Guardiani avevano arrestato la pericolosa avanzata di Pitch Black, l'Uomo Nero
Dieci anni ad esser precisi.
Le loro attività di Leggende erano fin da subito tornate ad essere quelle di sempre e tutti i bambini del mondo erano nuovamente tornati a credere in loro. Ma quella notte non tutto era esattamente tornato alla normalità, poiché sul Globo una luce non era più tornata a splendere. Di solito questo voleva significare che un bambino aveva smesso di credere in loro. Non che fosse un'evenienza a loro sconosciuta, capitava e purtroppo molto spesso, anche senza lo zampino di Pitch, che la luce di un bambino si spegnesse per i motivi più disparati. 
In questo caso però la luce non si era solamente spenta. Qualcosa di molto simile ad una densa ombra l'aveva avvolta e, da allora, ne era stata soffocata. 
In principio, tra la confusione di tutte le altre migliaia di luci, la cosa era loro sfuggita ma una volta notata l'anomalia, avevano subito rintracciato quella luce intrappolata nelle tenebre. 
All'inizio, ingenuamente, avevano creduto di poter fare totale affidamento sulla Sabbia di Sandman. Constatando ben presto che la bimba vittima di questo oscuro sortilegio, non solo non era più in grado di credere in loro ma aveva perso completamente la capacità di sognare, perseguitata ogni notte da orribili incubi. Talmente oscuri, talmente potenti, che nemmeno il caro vecchio Sandy sembrava essere in grado di contrastarli. 
Gli anni, come già detto in precedenza, erano trascorsi ma per quella ragazza, che ora aveva compiuto 18 anni, la situazione non era in alcun modo migliorata, anzi, forse era riuscita addirittura a peggiorare. 
Certo ormai non era più una bambina, e avrebbero anche potuto non immischiarsi più in quegli affari, ma la pena per lei ed il mistero che aleggiava attorno alla sua condizione li faceva sentire responsabili nei suoi confronti, impedendogli di voltarle le spalle. E come avrebbero potuto loro fare una cosa del genere, dopotutto? 

* * * * 


Una tenue luce illuminò lievemente la stanza, altrimenti immersa nel buio della notte, ed una bassa figura dorata e tondeggiante fece il suo ingresso dalla finestra. Si trattava di Sandman, il Guardiano dei Sogni. 
Non era di certo la prima volta che entrava in quella camera per far visita alla sua proprietaria, anzi, ne aveva visto e vissuto in prima persona i più piccoli cambiamenti: dalle rosate pareti ed i peluche che regnavano indiscussi i primi anni, ai cd ed i poster di attori e band musicali che tappezzavano tutte le pareti, sino a quando non si erano lentamente spogliate. Ora non vi era altro che un muro grigio e spoglio su cui non era affisso alcun sogno o desiderio. 
La ragazza stava dormendo nel suo letto, coperta sino alla testa da un piumone blu scuro, alcuni ciuffi biondi riuscivano a fare capolino al di sotto delle coperte. 
Sandman levitò al suo fianco e la osservò. Sul volto della giovane vi era sempre stata la stessa espressione ogni notte negli ultimi dieci anni: le sopracciglia corrugate, gli occhi strizzati e le sottili labbra e la mandibola erano contratte, mostrando i denti stretti. Era la paura. 
Sandman scosse il capo con sguardo afflitto, allungando poi il piccolo braccio per lasciar cadere della Sabbia tra le ciocche bionde della ragazza. Purtroppo sapeva che non sarebbe servito a niente ma in cuor suo continuava a sperare che ogni volta potesse essere quella buona. 
Ed un Guardiano, quale lui era, non poteva di certo perdere la Speranza. 
Glielo aveva promesso, come lo aveva promesso a se stesso e a tutti gli altri: sarebbe tornata a sognare. 
Posò ancora un po' lo sguardo su quel viso tormentato ed infine si allungò, posandole un piccolo bacio sulla fronte prima di andare via, svanendo su di una nuvola dorata. 

* * * * 


Il suo corpo si girò e rigirò, scalciando sotto le coperte. 
Alberi. Alti e fitti svettavano verso il cielo oscurandolo completamente, così da confondere la notte con il giorno. 
Correva. Stava correndo da tanto tempo oramai e non ce la faceva più ma non poteva fermarsi, non doveva o l'avrebbe raggiunta.
Perché lo udiva, dietro di se, quel fiato feroce e pesante che non riusciva in alcun modo a seminare. 
Era così stanca di fuggire a quel nemico mai visto. 
Scarlett.....Scarlett... Chiamava, ansimando più volte il suo nome. 
Rabbrividì. Quella cosa la conosceva, sapeva il suo nome e non solo questo: era conscia di tutte le sue paure, sapeva i suoi timori e sfruttava le sue debolezze. 
Ed era per questo che non poteva fermarsi, non voleva finire tra i suoi artigli ed assaggiarne il terrore un'altra notte ancora. 
Non puoi andare da nessuna parte. 
Dal terreno crebbe improvvisamente un'alta parete di rovi a sbarrarle la strada, finendo così con lo sbatterci contro. Le mani ed il viso si graffiarono urtando contro le spine ma non aveva tempo per concentrarsi sul dolore. Si guardò intorno velocemente, cercando di trovare una via fuga alla sua destra o sinistra ma, anche quelle vie, erano ora bloccate. 
Lo sai, Scarlett. L'aveva raggiunta. 
Cominciò a tremare, conscia di cosa sarebbe accaduto di lì a poco. 
Era il Buio. 
Dapprima si aggrappò saldamente alle sue gambe, risalendole ed avvolgendosi ad esse come colloso catrame, raggiungendole la vita e paralizzandola, così che non sarebbe più potuta scappare da nessuna parte. Come se avesse potuto, in ogni caso. 
Tu sei parte di tutto questo. 
Singhiozzò, senza fare alcuna opposizione, cercando di prepararsi a quel che sarebbe successo. 
Ma non vi era modo di rendere più confortevole un incubo. 
L'oscurità ormai era giunta ad avvolgerle la testa, togliendole il respiro ed inghiottendola completamente. 
Urlò. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.” 

Scarlett scattò a sedere nel proprio letto, trattenendo a stento un grido di terrore. 
Tutte le notti la stessa storia. Nonostante facesse freddo, si era risvegliata di nuovo completamente sudata. 
La sua mano scattò automaticamente sul comodino alla ricerca di qualcosa e, quando la trovò, percepì un lieve sollievo. Respirando a fondo pigiò velocemente l'interruttore. 
CLICK! 
La stanza si illuminò alla luce dell'abat-jour, rintanando le tenebre in un angolo sulla destra, vicino alla porta che affacciava sul corridoio. 
La ragazza si passò una mano tra i capelli spettinati mentre si guardava attorno, spingendosi con la schiena contro la spalliera del letto. Il suo sguardo, contornato da profonde occhiaie, si concentrò in un angolo ben preciso della stanza: quello che la piccola luce non riusciva a raggiungere. 
Lo fissò a lungo, tenendo i grandi occhi neri sbarrati, osservando quelle tenebre ammassate e in attesa, convinta che qualcosa, qualunque cosa, sarebbe potuta strisciar fuori da quel groviglio in qualsiasi momento. 
Quando si convinse che nulla sarebbe uscito da quel piccolo angoletto, prese le coperte e le tirò a se, contro il suo petto, sperando di trovare una protezione che non era mai stata in grado di provare. 
«Dannazione» Mormorò stanca. 
Era tutto iniziato da quella notte in cui si era svegliata urlando a squarciagola, completamente terrorizzata. Ricordava ancora che sua madre era accorsa da lei con una mazza da baseball in mano, convinta che fosse entrato qualcuno in casa. Non l'aveva mai sentita urlare a quel modo, le aveva detto. 
Ne erano passati di anni da allora ma gli incubi non avevano mai accennato ad andarsene, crescendo con lei. Oramai non aveva nemmeno più il minimo ricordo di un sogno. C'era solo il nero e la paura. 
«Perché a me?» Fu la domanda che fuoriuscì dalle sue sottili labbra, in un sussurro debole e disperato. 
Sospirò sconsolata e si distese nuovamente, poggiando la testa sui morbidi cuscini, senza perdere d'occhio quell'oscuro angoletto, nemmeno per un secondo. 
Infine i suoi occhi si arresero alla stanchezza ma la sua mente non avrebbe trovato alcun ristoro in quel sonno tormentato.

 
   
 
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