Fanfic su attori > Johnny Depp
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Autore: Princess of Dark    15/01/2013    5 recensioni
Incontrare Johnny Depp è il sogno di tutte noi donne, o almeno era il sogno di Denise.
E lei credeva di stare veramente sognando quando lo incontrò.
Denise ha un lavoro noioso, una migliore amica un po' pazzerella, una vocina maligna nel suo cervello, un "fidanzato" e un sogno nel cassetto. Johnny sarà lì per renderlo vero.
ATTENZIONE:Johnny Depp dovrebbe essere illegale, ma visto che non lo è, va preso come minimo preso a piccole dosi. E' veramente rischioso per la vostra salute una meraviglia così!
Se anche voi lo amate, questa è la ff giusta per voi...aspetto le vostre recensioni!!
Booktrailer: https://www.youtube.com/watch?v=rLHOJc3yhPM
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Denise aveva di nuovo lasciato aperto il rubinetto della doccia sicuramente. Sentivo dal letto lo scrosciare dell’acqua già da un bel po’ e sapevo che lei era già uscita di casa da un’oretta. Mi aveva detto frettolosamente cosa doveva comprare uscendo di casa mentre ero ancora mezzo addormentato e mi accorsi di non aver prestato attenzione alle sue parole perché non ricordavo cosa aveva detto. E aveva lasciato l’acqua scorrere. Mi alzai di scatto dal suo letto, che era diventato ormai il nostro e mi precipitai verso il bagno.
«Shit», borbottai, chiudendo il rubinetto prima che l’acqua uscisse fuori dall’acqua riempita fino all’orlo. Per fortuna non era arrivata ancora a bagnare il pavimento! Tolsi il tappo e il gorgoglio dell’acqua che veniva risucchiata mi fece pensare un po’ al brontolare di uno stomaco vuoto. Denise era la solita svampita!
Appena conosciuta, mi era parsa l’idea che fosse una ragazza fin troppo precisina, una di quelle con le quali non sarei mai andato d’accordo ma mi ero sbagliato di brutto: la nostra convivenza mi aveva dato modo di capire quanto Denise vivesse spesso con la testa fra le nuvole. E mi piaceva. Certo, forse era un po’ colpa mia perché la distraevo spesso da quello che faceva: mi piaceva guardarla alle prese con i fornelli e lei puntualmente si accorgeva della mia presenza, si voltava e iniziava a parlarmi mezza arrossita fino a quando non le facevo notare che dietro di lei stava bruciando tutto. Mi lavai la faccia con acqua fredda, l’unica che potesse svegliarmi completamente dopo Denise, e andai in cucina. Sorrisi all’istante, trovando un angolo di tavolo già apparecchiato per la colazione e un bigliettino che diceva “I love you!” anche se –a giudicare dalla grafia- era stato scritto di fretta. Immaginavo Denise che, mentre infilava velocemente il suo cappotto, si preoccupava di quella piccola dolcezza: non potevo lamentarmi, trovava sempre il tempo per ogni cosa che mi riguardasse. Immerso nei miei pensieri su cosa regalare a Denise per il Natale, masticavo lentamente. Il cellulare squillò, facendomi sobbalzare e risposi, senza badare al numero sul display.
«Hello?»
«Amore sei sveglio?», allontanai leggermente il cellulare dall’orecchio facendo una smorfia, prima di sorridere e appoggiarlo di nuovo, ascoltando le parole confuse di Denise che stava camminando piuttosto velocemente –visto il fiatone che aveva-. «Ah, menomale, mi sarebbe dispiaciuto se avresti trovato la colazione fredda!»
«Grazie»
«Perdonami, sono scappata come una ladra dal letto ma avevo fatto tardi!», esclamò, facendomi ridere.
«Eh già, dovrai farti perdonare»
«In realtà speravo che la colazione servisse a quello…», farfugliò, facendomi ridere di nuovo.
«Sì, ma il mio risveglio non è stato dei migliori: se arrivavo venti secondi più tardi a quest’ora il bagno sarebbe allagato…»
«Perc… oddio la vasca!», esclamò all’improvviso, facendomi allontanare di nuovo il cellulare dall’orecchio per il suo tono di voce troppo alto. Tra trent’anni oltre ad essere un vecchio pazzo sarei diventato anche sordo!
«Sei una smemorata», la accusai dolcemente.
«Oh ma non preoccuparti, non mi dimentico mai le cose importanti», sussurrò abbassando la voce. Aggrottai la fronte.
«Mmh… elencami tutti i tatuaggi che ho», al presi in giro, quasi a volerla sfidare. Di certo non mi sarei mai aspettato che non mi lasciasse neanche finire la frase che attaccasse con le parole.
«Sul braccio destro la scritta “wino forever” e la testa di un nativo americano, hai tre rettangoli sull’indice e un numero 3, un punto interrogativo sulla caviglia, un cuore con il nome di tua madre, un triangolo rovesciato, il nome di tua figlia sul petto, quello di Jack con un uccello che vola, tre cuori rossi, un marinaio e una donna vestita da cameriera, un corvo, un cranio, tre puntini che per me sono insignificanti ma tanto non mi ascolterai mai, una serie di “linee” che non capirò mai cosa significhino, una chiave-scheletro, un piccolo chitarrista, una z capovolta e… mi pare di averli detti tutti! Johnny? Ci sei?», scoppiò a ridere.
«Sì», farfugliai confuso. Non che credessi che Denise fosse superficiale, solo che sinceramente non mi aspettavo che notasse ogni dettaglio di me, perfino tre piccoli puntini!
«Ne ho mancato qualcuno?», mormorò.
«Uno dei più importanti direi»
«E quando hai fatto un nuovo tatuaggio?!?»
«Un po’ di tempo fa… insieme a te». Ci furono diversi secondi di silenzio.
«Oh… il mio nome», sussurrò dolcemente. Immaginai di vederla arrossire adorabilmente.
«Lo dici come se ne fossi dispiaciuta»
«Non l’avevo dimenticato, l’avevo soltanto scartato»
«Questo è l’errore che ti costerà caro stasera», mormorai, prima che scoppiassimo a ridere.
«Devo staccare, non riuscirò a pagare con tre buste in una mano e il cellulare nell’altra. Tu esci?»
«Mmh non ne ho idea. Ti richiamo io». Sentii il suo schioccare di un bacio dall’altra parte del telefono e poi staccò. Con un mezzo sorriso da ebete sulle labbra posai il cellulare. Tornò a squillare dopo meno di cinque minuti.
«Amore?»
«Tesoro!», la voce di Tim mi fece scoppiare a ridere.
«Vecchia volpe!»
«Porca miseria è un’ora che hai il telefono occupato!»
«Perdonami», dissi scherzosamente, prendendolo in giro. «Cosa ti serve?»
«Spero che tu conosca un buon autista…»
«Ne ho uno in gamba», sorrisi, cercando tra le cartacce di Denise il numero di Charlie.  «Spero che Denis… ah eccolo! Segnati questo numero». Lo sentii afferrare un foglio di carta e gli dettai il numero.
«Sei la mia salvezza, Joh, grazie!»
«Di nulla», risi, staccando la chiamata.
 

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«E così ci voleva un’offerta di lavoro da Tim Burton per fare una telefonata… non ci vediamo dalla premiere, da quando sei diventata “Miss Depp” sei scomparsa!», la presi in giro anche se Denise sapeva che scherzando dicevo quasi sempre quello che pensavo. Afferrai cuscino che avevo sul divano accanto a me, portandomelo al grembo per appoggiarci il braccio sinistro.
«Lo so, Mary, sono un disastro! È stato tutto così confusionale in quest’ultimo periodo! Senti… perché non ci vediamo? Mi fa male l’orecchio sono tre ore e mezza che parliamo». Scoppiai a ridere del suo entusiasmo, in fondo ero felicissima per lei.
«Va bene. Ci vediamo al solito posto tra un paio d’ore»
«Un paio d’ore? Cos’hai da fare?»
«Devo aspettare che torni Charlie dal lavoro»
«Ah ho capito! E con lui come va?»
«Ne parliamo da vicino», sussurrai a testa bassa, portandomi le mani al ventre con un sorriso. Sentii lo schiocco di un bacio e Denise staccò la chiamata.
«Amore sono a casa!». La voce di Charlie mi fece sobbalzare e lui comparve sull’uscio del salone.
«Ehi», sorrisi, scostando il cuscino arancione e alzandomi dal divano. Mi afferrò per i fianchi, stampandomi un grosso bacio.
«Ho una magnifica notizia», sorrise entusiasta, staccandosi da me. «Indovina un po’ chi è il mio prossimo cliente?»
«Mmh?»
«Helena Bonham Carter»,  esclamò. Sgranai gli occhi e gli gettai le mani al collo.
«Ma è bellissimo!», gli risposi con voce strozzata. «Oh Dio devi farmela conoscere!». Lui rise, allontanandosi per potermi vedere meglio.
«Ah, ti ho portato quello che mi avevi chiesto», farfugliò cercando qualcosa nella tasca destra del suo giubbotto. Charlie sorrise della mia espressione da bambina quando vidi la cioccolata.
«Oh ti adoro!», squittii, strappandogli letteralmente dalle mani una tavoletta di cioccolato alle nocciole, il mio preferito. Lui scoppiò a ridere.
«Sai, credo che inizierai a sfruttarmi con la scusa delle tue voglie da donna incinta», sorrise, scostandomi un ciuffo di capelli dal volto e sfiorandomi il ventre mentre addentavo la cioccolata.
«Ehi, io dovrò portare il fagotto qui dentro per nove mesi! Devo mettermi in forze», farfugliai a bocca piena. Lui mi diede un bacio sul naso.
«Abbiamo ancora un albero di Natale da montare», sorrise.
«Devo vedermi con Denise: lo faremo domani, promesso!»
«Tanto non la passi liscia! Ah, lei sa già qualcosa? Del matrimonio… e del bambino…»
«Daremo l’annuncio al momento giusto. Si vede che sono incinta?». Mi allontanai e mi misi di profilo per farmi vedere da Charlie. «Siamo solo a due settimane, per fortuna non si vede ancora nulla. Spero che Den non se ne accorga», sorrisi ancora.
«Ti accompagno?»
«Non preoccuparti, ho un appuntamento al bar dietro l’angolo: ci metterò due minuti», gli dissi, mentre mettevo un cappellino di lana in testa per proteggermi dal freddo e il mio cappottino nero. «Non starò via molto»
«Ti aspetto per cena. E salutami Denise!». Feci l’occhiolino al mio futuro marito ed afferrai il cellulare, uscendo di casa.
Nel giro di un paio di mesi, la mia vita era radicalmente cambiata: avevo partecipato ad un film che mi permetteva di poter vivere agiatamente senza dover lavorare per un bel po’ di tempo, avevo conosciuto Charlie per caso ed ora aspettavo da lui un figlio: la settimana scorsa avevo scoperto di essere rimasta incinta e sentivo ancora i brividi già per la schiena, timorosa che si trattasse soltanto di un bel sogno. Tra qualche mese –noi stavamo pensando verso marzo- sarei diventata la moglie dell’uomo che amavo e la mia vita sarebbe stata finalmente perfetta. Potevo dare il merito a Denise, che mi aveva fatto conoscere Charlie, o alla fortuna che aveva deciso di bussare alla mia porta o a chissà quale santo in Paradiso che aveva pensato di farmi un regalo!
Denise, splendida come sempre anche se oggi lo era particolarmente, era ferma davanti alla cornetteria, camuffata con un capello e uno sciarpone di lana grigia e un cappottino beige come gli stivali firmati. Guess sicuramente, Denise adorava quella marca. Se ne stava dritta sul marciapiede, con le mani nelle tasche del cappotto e qualche busta appesa al polso ed emetteva il piccolo vapore a causa dell’aria gelida contro il suo alito caldo: quando eravamo piccole fingevamo che stessimo fumando, era una cosa che tutti i bambini fanno! Appena mi vide sorrise e iniziò a correre fino a raggiungermi, abbracciandomi forte fino a farmi mancare il respiro.
«Da quanto tempo!»
«Mi sei mancata»
«Ti trovo benissimo»
«Anche tu sei sempre più bella!»
«Prendiamo qualcosa?»
«Ho ancora tra le mani la cioccolata di Charlie, però ok». Ridemmo ed entrammo nel piccolo bar specializzato in cioccolate calde e goloserie varie. Ci sedemmo ad un tavolo, tra i più appartati, e ci scambiammo degli sguardi per qualche secondo, restando in silenzio. Era chiaro che tutte e due stavamo guardando l’altra e i cambiamenti che aveva avuto. Anche Denise era cambiata parecchio, c’era da ammetterlo: prima era una femminuccia pelle e ossa –mia nonna credeva ancora che fosse anoressica- mentre adesso era più “piena”, sembrava che le siano cresciute perfino le tette! Aveva dei fianchi degni di una donna e finalmente un po’ di carne da toccare per la felicità di Johnny! Ma mi soffermai di più sul suo volto: sorrideva, con gli occhi e con la bocca. Aveva le guance rosate e il naso lievemente arrossato per il freddo che la rendevano adorabile e un paio di occhi che spruzzavano salute, allegria e felicità da ogni poro. Stare con Johnny le faceva bene: quando era con Fred sebbene dicesse di essere felice vedevo sempre un paio di occhi spenti e un’aria stanca, per non parlare di quando le metteva le mani addosso… adesso invece era bella come un bocciolo di rosa, sapevo che Johnny la trattava come una regina e non c’era bisogno di chiederle “stai bene?” perché lo si leggeva negli occhi che era tra le persone più felici del mondo.
«Allora… avrei così tante cose da dirti… anche se te l’ho già dette quasi tutte per telefono», rise lei, affondando nella tazza di cioccolata calda e panna che avevamo ordinato. Presi anch’io la mia.
«Dette è un eufemismo, Den… non mi hai fatto capire nulla!», esclamai ridendo. Lo sapevo cosa mi sarebbe spettato e ben presto arrivò: iniziò a sparare una serie di parole a raffica iniziando a parlare di Tim Burton, della sua proposta di lavoro, di Fred e del loro ultimo incontro, per poi spostarsi su Vanessa, i suoi figli, su Johnny… quasi stavo per dirle tutto sul mio matrimonio e sul mio bambino, ma decisi che dovevo farlo in un altro momento, quando c’era anche Charlie con me.
«Ti trovo messa bene, Mary. Hai messo su qualche chilo!», notò. Trasalii, guardandola smarrita per un secondo.
«O-oh sì… sai, la nullafacenza», sorrisi imbarazzata: a mentire ero sempre stata una frana e soprattutto non riuscivo a dire bugie a lei che mi conosceva da una vita.
«Che ne dici di fare un giro? Hanno già messo tutte le luci di Natale è stupendo!»
«Ottima idea». Ci ritrovammo a camminare a braccetto per le strade di quel piccolo paesino. Il Natale era una di quei periodi dell’anno che mi piacevano di più: sarà che avevo vissuto queste settimane sempre con l’idea dell’essere più “buoni” ma mi piaceva quell’atmosfera natalizia. Per le strade tanta gente che svaligiava i negozi per i regali e i supermercati per il grande cenone, i signori vestiti da babbo natale che scampanellavano un campanaccio, musichette natalizie dagli impianti stereo, luci e addobbi ovunque: passeggiare in questi luoghi magici metteva allegria, il cuore pareva alleggerirsi.
«Erano mesi che non facevamo una cosa “normale” come questa…»
«Hai proprio ragione, Marylin. Mi mancava chiacchierare con te, vedere film insieme, mangiare popcorn, vedersi tutti i giorni e…»
«Ehi, perché dici così?! Possiamo ancora farlo!», esclamai sorridendo. Denise mi guardò e i suoi occhi brillarono, forse perché erano lucidi.
«Chiedimi se sono felice», sussurrò.
«Sei felice?», mormorai perplessa. Lei mi abbracciò di scatto e sospirò, stretta a me.
«Sì. Felicissima»
«Anche io, tesoro», sussurrai, stringendola con un sorriso sulle labbra.
«Sai, è che… sento di non meritare tutta questa felicità! Il lavoro va a meraviglia e mi si aprono sempre nuove porte, ho l’amica migliore del mondo, Johnny mi fa sentire una principessa e vuole avere un figlio da me». Sgranai gli occhi e in quel momento vidi un altro bagliore nei suoi.
«Un figlio?!». Denise scoppiò a ridere.
«Sì… beh… dopo che Lily e Jack sono venuti quel giorno da me… Johnny mi ha detto che vorrebbe che io fossi la madre dei suoi figli. Vuole condividere un figlio con me. E ci abbiamo provato», dissi a testa bassa.
«…e?»
«Ah, non facevamo veramente sul serio. Abbiamo fatto sesso e basta», concluse.
«Ti ricordi quando ti lamentavi perché Johnny non voleva farlo?», dissi all’improvviso scoppiando a ridere. Lei mi fece una linguaccia.
«Non era per niente divertente. Anche perché mi sono persa un Johnny nudo che ce l’ha-»
«Non m’interessa!», la interruppi. «Quello di Charlie mi basta», aggiunsi maliziosa. Denise rise ancora.
«Non te l’avrei detto comunque», farfugliò orgogliosa. «E Keira? L’hai più rivista?»
«L’ultima volta che l’hai vista anche tu…»
«Caspita, chi lo sa che ha combinato con Orlando!»
«Ah quei due si sposeranno»
«Non credo proprio», rise Denise. «Ce li vedo più per la convivenza»
«Mmh a meno che non aspettano un bambino», azzardai, curiosa di vedere la risposta di Denise. Lei mi guardò perplessa.
«Sì, ma quello è un caso particolare», farfugliò alzando le spalle.
«Mmh potremo puntare su una bella tutina come regalo di natale allora», scherzai.
«Keira ci ucciderebbe!», esclamò, stringendosi sotto il mio braccio. «Oh accompagnami un secondo in libreria!», aggiunse due secondi dopo trascinandomi in un negozietto piccolo zeppo di libri. Mi distrassi un secondo, allontanandomi per cercare il reparto dei libri gialli tenendo a mente che Denise si era fermata al reparto opposto e vagai con lo sguardo tra i veri testi. Ero decisamente nella sezione sbagliata, ma di sicuro una nella quale mi ci sarei ritrovata molto spesso: i bambini. Afferrai un libro spesso un paio di dita con un pancione di donna incinta sulla copertina che non avevo potuto fare a meno di sfogliare. Passarono diversi minuti, mentre leggevo qualche riga presa a caso dalla pagina numero 107.
«Cosa stai facendo con quel libro?!», squittì Denise, spuntando con la sua chioma bionda alle mie spalle. Sobbalzai e chiusi di scatto il libro, guardandomi attorno spaesata. Incontrai lo sguardo perplesso di Denise.
«Oh ehm… io… se comprassimo questo a Keira?», la buttai sullo scherzo e Denise rise, afferrando poi la copertina tra le mani. Parve incantarsi su quell’immagine che aveva stregato già me, conservava un sorriso affascinato sulle labbra e sospirava, sfiorando quel pancione sulla carta. Avrei pagato qualsiasi cosa per sapere a cosa stesse pensando, quasi mi venne il dubbio che fosse incinta anche lei. Ma non era da Denise nascondermi le cose, lei non ci riusciva a tenersi dentro questi segreti grossi quanto una casa. A tre piani, con piscina, giardino e vista panoramica aggiungerei!
«Secondo te com’è sentirsi un bambino dentro?», sussurrò, continuando ad analizzare l’immagine. La guardai smarrita per qualche secondo, prima di sorridere a disagio. In realtà, io non sentivo un granché, erano solo due settimane e il bambino doveva essere grande quanto un fagiolo immagino. Ed è difficile sentirsi un fagiolo dentro!
«Appena sarò incinta te lo dirò», risi e lei mi guardò scettica.
«E chi te l’ha detto che non diventerò mamma prima io?!»
«Ah, fidati, credo che farò prima di te», sorrisi maliziosa, come chi sta per fare una scommessa sapendo già che la vittoria è nel suo pugno. Denise posò distrattamente il libro e, dopo aver pagato quello che aveva scelto, uscimmo dal negozio.
«Cos’hai pensato di fare per natale e capodanno?»
«In realtà volevo proporvi di festeggiare l’ultimo dell’anno assieme: è il nostro primo anno da “vip” e dico che dobbiamo ASSOLUTAMENTE festeggiarlo! A casa mia: tu e Charlie, Keira e Orlando e sarebbe magnifico anche se venisse Tim! Ho già in mente cosa cucinare!», esclamò felice.
«Sembri entusiasta», risi. «Mi sembra un’ottima idea».
«Per Natale invece… è da un po’ che ci penso su e… voglio far visita a mia madre», sussurrò a testa bassa. La guardai negli occhi mentre si sedeva per riprendere fiato su una panchina, leggendovi tanta malinconia. Denise non amava parlare della sua famiglia, io stessa conoscevo poco di loro: a volte avevo l’impressione che si vergognasse di loro, altre volte che semplicemente non la ritenesse una famiglia e non voleva parlarne. Ero a conoscenza del fatto che i suoi si separarono quando aveva quattordici anni, ricordo a malapena il volto di suo padre: il classico bastardo.
«Sono due anni che non vedo mia madre. E ho perso il conto degli anni senza un padre. Mi mancano, Mary. Vorrei solo sapere se stanno bene, se hanno bisogno di qualcosa, insomma… ho bisogno di loro! Mi sono promessa che per l’anno nuovo non avrei avuto più vecchi rancori: voglio sbarazzarmi di questa inutile situazione», sospirò, facendo grosse pause tra una frase e l’altra. Le poggiai la mia mano sulla sua e le sorrisi per confortarla quando incrociò il mio sguardo. «Ah, avrò tempo per piagnucolare», sorrise un secondo dopo alzandosi dalla panchina e sistemandosi il cappotto. Denise faceva spesso così: cercava di sdrammatizzare con qualche battutina o con un sorriso finto di apparente leggerezza.
«Si sta facendo tardi… ho lasciato Johnny tutta la giornata da solo!»
«A chi lo dici! Charlie mi aspetta per la cena»
«Allora ci dobbiamo salutare qui»
«Ci sentiamo!». La vidi sparire dietro l’angolo, dopo avermi fatto un occhiolino e uno di quei suoi bei sorrisi.
 
 

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«Che ne dici di questo?». La voce di Keira mi distrasse, facendomi sollevare lo sguardo dalla rivista che sfogliavo distrattamente per ingannare il tempo. Scrutai l’abito blu elettrico che fasciava il corpo sensazionale di lei che volteggiava su se stessa per farsi ammirare da ogni angolo. La sua schiena era scoperta e il contorno merlettato attirava l’attenzione tra i suoi seni. Alzai un sopracciglio, scettico, ancora con la gamba destra su quella sinistra, seduto sulla poltroncina di quel negozietto nel quale Keira mi aveva costretto a passare mezza giornata. “Solo dieci minuti”, mi aveva detto, ed io inconsapevolmente avevo accettato…
«Troppo scollato», farfugliai annoiato, tornando alla mia “accurata” lettura della rivista. Keira me la strappò dalle mani e incrociò le braccia, con un’espressione corrucciata sul volto.
«Che c’è?», farfugliai confuso.
«Puoi smettere di guardare queste troie sulle riviste e starmi un attimo a sentire?!», esclamò ed io ringraziai il cielo perché non c’era nessun cliente al momento. Scoppiai a ridere.
«Uno: non c’è neanche l’ombra di una donna su quella rivista. Due: ti ho già prestato attenzione e ti ho dato il mio parere, anche se a quanto pare è inutile visto che hai comunque comprato gli altri due che avevo scartato»
«Infatti», sorrise malvagia. «Lo compro», aggiunse, rivolto all’uomo dietro alla casa che era già pronto a battere i numeri sulla cassa nera.
«Ma Kei-». Rietrò nello spogliatoio, richiudendo la tendina e provocando un suono metallico, prima che potessi replicare.
«Le donne… sono tutte uguali», rise quello, osservandoci divertito. Sospirai avvicinandomi a lui, mettendo mano al portafoglio che tra poco avrebbe cominciato a piangere. «Vuole un caffè?»
«Ristretto per favore», borbottai esausto. Rise ancora, porgendomi un bicchierino di plastica. «Ha anche un po’ di camomilla? Sa, per quando uscirà dallo spogliatoio…», sussurrai ironico.
«Ti ho sentito!», esclamò Keira dallo spogliatoio, facendomi trasalire. Di nuovo scoppiò a ridere.
«Non so se vorrei essere in lei con una furia simile nel letto…», sussurrò l’uomo al mio orecchio per non farsi sentire, mentre la osservavamo uscire dal camerino.
«Mmh graffia come una tigre», mormorai compiaciuto, prima che si avvicinasse.
«Avete finito di confabulare?!», borbottò, dandomi un buffetto dietro la testa. Risi, afferrando le due grosse buste e uscendo, dopo aver salutato e ringraziato l’uomo.
Cosa negativa: Keira era mezza incazzata.
Cosa positiva: almeno eravamo usciti da là dentro!
«Sul serio non ti piacciono i vestiti che ho preso?», mormorò lei qualche minuto dopo, mentre aspettavamo l’ascensore.
«Amore, ti sta bene anche uno straccio addosso, mi concedi di essere geloso che gli altri ti guardino?!». Scoppiò a ridere e il campanello ci avvertì che l’ascensore era libero. Entrammo e prememmo il pulsante del codice.
«E poi… a me piaci senza vestiti», aggiunsi, sfiorandole le braccia con le mani mentre baciavo il suo collo nudo che sapeva ancora di Chanel n°5. Ridacchiò, ritraendosi quando soffiai sulla sua pelle per farle il solletico. L’ascensore bussò di nuovo e le porte di aprirono dinanzi al nostro appartamento.
«Che ne dici di un bel bagno caldo?», sussurrò Keira al mio orecchio, mentre tentavo distrattamente di infilare le chiavi nella serratura.
«Dico che dobbiamo aspettare troppo tempo», farfugliai sulle sue labbra, afferrandola per la vita e richiudendo la porta alle mie spalle con un calcio. Mi baciò, con tutta quella furia che avevo descritto all’uomo di quel negozio, lasciando cadere distrattamente le buste mentre la portavo al nostro angolo di paradiso.
Prossima destinazione: letto!
 



Ciao! Avevo voglia di pubblicare un nuovo capitolo e così eccomi di nuovo qui... ebbene sì, questo è il classico "capitolo di passaggio che non serve a un ciufolo e probabilmente fa schifo" non me ne vogliate, ma ogni tanto ci devono sta xD L'idea era quella di farvi avere un po' una panoramica delle vite che stanno passando le nostre coppiette innamorate e come Cupido stia lavorando bene u.u
Aishia mi sta rompendo le scatole perché vuole un bambino, non so che reazione avrà quando saprà che è Marylin ad aspettare e non Denise ù.ù Non so, ma io per ora ce lo vedo meglio così!! Insomma...non è ancora il momento giusto per i passi importanti di Johnny e Denise >.<"
Mi è mancata un po' anche Ginevra, prometto che ce ne sarà tantiiiissima nel prossimo "episodio" D:
Spero di non avervi annoiate!! Ah un'ultima cosa: non ce la facevo a non dare un volto a Charlie e così per lui ho scelto.... Will Smith *-* Ok, lo so, tutti quelli boni scelgo ma che ci posso fare se me li immagino così?! A me Will piace un casino *O* e con la sua foto, vi lascio! Alla prossima!! <3


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