15/01/2013
3 recensioniDall’altro capo del telefono ci fu un silenzio pesante, uno che è peggio di mille rivelazioni.
Non ha più tempo per te, ora lo vogliono tutti e suo figlio ha bisogno di lui.
Tu non gli servi più, e il tuo orgoglio combatte battaglie epiche per non crollare ogni volta che ti chiedono di lui durante un’intervista.
Gli sussurrò la sua coscienza mentre dallo stipite della porta osservava Robert, steso sul letto, che teneva in braccio Exton e gli bisbigliava qualcosa nel piccolo orecchio.
-Te lo ricordi com’è quando sono così piccoli, Jude?- gli chiese il moro, brillando di felicità, senza staccare gli occhi dal suo bambino.
Jude ripercorse mentalmente il periodo infernale che aveva passato quando i suoi tre figli non erano grandi abbastanza per arrangiarsi, e lui doveva fare la spola da un lettino all’altro, cullando uno, rassicurando l’altra che non c’erano mostri sotto al letto, raccontando la stessa favola per tutti e tre.
Ma non voleva intaccare la gioia di Robert con i suoi pensieri negativi e il suo pessimismo.
-Sì, era meraviglioso- si costrinse quindi a dire, non troppo convinto, sospirando mentre spostava lo sguardo su qualcos’altro nella stanza.
Solo qualche mese fa Robert si sarebbe accorto immediatamente dal suo tono di voce che stava mentendo, ma ora sembrava non badare più ai cambiamenti improvvisi di umore del biondo.
Jude si sentiva egoista, ma gli mancava il vecchio Robert, quello che lo chiamava –o rispondeva alle sue chiamate- alle due del mattino solo per sentire la sua voce, o posticipava tutti gli impegni per incontrarlo in un hotel alla periferia di Los Angeles, e che quando erano finalmente insieme non gli toglieva gli occhi di dosso e faceva di tutto per tenerlo nudo nel letto il più possibile.
Ma Robert era maturato, e nel suo futuro non c’era posto per nessuna scappatella, nessuna bugia, nessun Jude.
Fu allora che l’inglese, prendendo una decisione sofferta, decise che non lo avrebbe più chiamato.
-Quando tornerà Susan?- chiese Jude.
-Alla fine del weekend, abbiamo ancora un po’ di tempo per noi- Robert sorrise, non si era mai girato a guardare l’espressione triste del biondo, e Jude si illuse per un momento che quel “noi” si riferisse a lui e all’americano, ma mentre Robert parlava non aveva staccato per un momento gli occhi da Exton, che, contento per tutte quelle attenzioni, si accoccolò sempre più stretto al petto del padre.
Sorprendentemente Jude riuscì a mantenere la promessa fatta a se stesso.
Si era concentrato sulle sue nuove riprese e aveva trovato qualcuno. Neanche lui ci credeva perché dopo tutto quel tempo passato solo in compagnia di Robert non pensava che sarebbe riuscito ad interessarsi a qualcun'altra.
-Capisco,- ci fu una lunga pausa – ti auguro ogni bene Jude- e poi un’altra.
Robert aveva capito che per non soffrire in modo eccessivo avrebbe dovuto riattaccare il telefono, ma non ne fu capace. Restò con l’orecchio incollato alla cornetta fino a che non sentì quell’orribile e fastidioso tu…tuuu rimbombargli nel cervello. Non riuscì nemmeno a trattenere un flusso di pianto frustrato, che lo tenne sveglio per due notti consecutive, le prime di molte altre notti passate ad aspettare di sentire una qualche parola da Jude.
“There were days
when each hour
was a war I
fought to survive”
[Note]
Più veloce della luce. Pubblicando questa fanfic non penso che la storia tra loro si concluderà (o si è già conclusa), c'è sempre Sherlock Holmes 3 che ci attende, no?
Il titolo e l'ultima strofa sono prese da "Embers" - Owl City, che comunque a che fare poco con la storia, e che io non possiedo in alcuna maniera (disclamer, perchè mi è stato detto che ne faccio troppo pochi)
Vi saluto e non vi abbraccio perchè sono malata,
Scaramouche