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Autore: ChibiNekoChan    15/01/2013    1 recensioni
Potrebbe essere banale forse, la storia.
Eppure credo debba essere letta, soltanto... per non dimenticare.
"Delle risate di bambini attraversavano quei vasti campi verdi irradiati dal sole che ora segnava mezzogiorno, ma quegli schiamazzi infantili ed allegri erano soltanto lo specchio di una delle peggiori stragi, tragedie che siano mai avvenute."
Genere: Malinconico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole sorgeva progressivamente con andamento pigro rischiarando parzialmente la collina su cui aveva intenzione di sorgere, i contadini erano già alzati e con la loro zappa lavoravano la terra mentre il sudore sgorgava dalla loro pelle e sinuosamente percorreva i loro lineamenti sfregiati dallo scorrere del tempo.
Delle risate di bambini attraversavano quei vasti campi verdi irradiati dal sole che ora segnava mezzogiorno, ma quegli schiamazzi infantili ed allegri erano soltanto lo specchio di una delle peggiori stragi, tragedie che siano mai avvenute.
A pochi metri di distanza regnava incontrastato, tra due colline, alla fine di un piccolo sentiero, un luogo di morte, di lacrime e di grida. Un luogo che ha mietuto più vittime di quanto avrebbe mai potuto fare il peggiore e più spietato degli assassini.
Grate di filo spinato, muri invaricabili, ciminiere che sputano fumo nero nel cielo con disprezzo, quasi ad ignorare il contenuto sconvolgente di quelle nuvole.
Cenere, soltanto questo. Cenere di persone, persone come tutti, persone come noi.
Cenere che volava via leggiadramente per disperdersi con la brezza estiva, o di qualunque altra stagione oltre quella che c'era in quel momento, che rendeva liberi e dispersi i ricordi di tutta quella gente che ora giaceva magari su un prato, magari su un fiore. Imbrattando quei petali che ancora sembravano trasmettere speranza.
Quell'edificio grigio, contenitore di atrocità, un campo di concentramento.
Non si sa quale, non si sa quando, ma lì dentro la gente entrava, per non uscirne mai.
Ancora quelle ciminiere avrebbero sbuffato fumo, ancora per molto tempo, beffarde della vita. Ancora per troppo tempo quel campo sarebbe stato luogo di morte e di sofferenza in silenzio. Per davvero troppo tempo ancora i carnefici si sarebbero appropriati della vita altrui. Questo accadeva, lì.
Silenziosamente, mimetizzandosi tra la paura di reagire della gente ed i vasti campi verdi e gialli, coltivati o lasciati per il pascolo.
Non si sarebbe fermato ancora per tanto, quello sterminio, mentre mille ed anche più di quei soli passavano e ripassavano per quelle terre accompagnati dalle mille ed anche più lune, che avrebbero continuato a vegliare su quella povera gente, soggetto di crudeltà gratuita, burattino di burattinai sadici.
Altri fiori sarebbero sbocciati, altri contadini avrebbero poi lavorato, mentre ancora il cielo terso veniva riempito di quella coltre nera ed angosciante.
  
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