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Autore: Ryo13    16/01/2013    2 recensioni
Storia della follia a cui può spingere l'amore, narrata nella forma di un racconto. Adam e Amelia non possono vivere l'uno senza l'altro, ma questo li spingerà ad intraprendere un cammino oscuro, che rompe i limiti della vita, della morte, della morale.
 
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Your mind plays on you'
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Capitolo 09! Ragazzuoli e ragazzuole... vi avviso sin da ora che è in questo capitolo che Adam raggiunge le vette più inquietanti e indiscusse di tutta la storia xD dopodiché non dovrete più preoccuparvi che non si scoprirà nullaltro di tanto raccapricciante come accade qui ù.ù Con questo capitolo si svelano finalmente un sacco di punti oscuri di questa seconda parte di racconto e soprattutto si collega il "ponte mancante" con la prima
Spero vivamente che vi piaccia! Non aggiungo altro ma aspetto di leggere che cosa ne pensate voi! :heart: Buona lettura! :star:

Capitolo09_zpsf0ca47a3

 

Amelia riprese lentamente coscienza. Un cerchio alla testa le rendeva i movimenti pesanti e impacciati. Aprì lentamente gli occhi, abbagliati persino da quella luce soffusa che filtrava dalle tende della stanza. In un primo momento rimase sospesa, senza ricordare nulla e senza neppure farsi delle domande: era ancora più addormentata che sveglia, dunque non realizzò né dove si trovava né perché. Dopo un momento, iniziò a capire che non era nella sua stanza, allora si prese un minuto per osservare per bene dove si trovasse. Dovette fare uno sforzo per ricordarsi che quella era la camera di Adam.
Adam…
All’improvviso, il campanello di allarme si mise a suonare e ciò non fece altro che peggiorarle il già tremendo mal di testa che aveva. Tuttavia non si fece scoraggiare da quel male, ma balzò a sedere tanto repentinamente che quasi perse di nuovo l’equilibrio e ricadde. Si assicurò con delle rapide occhiate di essere da sola e una volta appuratolo, si lasciò andare a un pesante sospiro e a un gemito di dolore.
Già strani ricordi le si affacciavano nella mente, di un genere che non solo la preoccupava ma la disgustava quasi!
Erano tutti pensieri su Adam
Adam, Adam, Adam ovunque! Lo vedeva con una nitidezza sorprendente, quasi lo avesse appena incontrato e quella memoria fosse ancora fresca. Ma la cosa peggiore non era questa, quanto piuttosto la natura di quei ricordi: lo osservava con attenzione, in ogni particolare, quasi che un suo solo gesto potesse rivelare chissà quale verità segreta o stupefacente su di sé o sul mondo. Ogni più piccolo gesto era carico di attesa, di aspettativa. Vedeva una mano sfiorare un foglio e sentiva il desiderio ghermirla: quanto sarebbe stato bello essere accarezzata da quella mano calda e grande! Sentiva il bisogno pulsare e diventare quasi proprio in un modo strano che non aveva mai provato con nessuno… figurarsi provarlo per colui il quale l’aveva cresciuta come un padre!
Ora un tenero sorriso, la felicità che nasceva da una così piccola cosa… giornate di sole, giornate nuvolose, giornate che nel loro susseguirsi collezionavano attimi rubati, sempre più intimi, sempre più speciali. Un tocco, una parola, uno sguardo, una carezza… la memoria era satura di episodi di una dolcezza infinita che le straziava il cuore dalla pena perché a dispetto della persona che li suscitava, sentiva di aver perso irrimediabilmente qualcosa. Aveva infatti notato, sin quasi da subito, una profonda e fondamentale differenza tra il suo Adam e quello dei nuovi ricordi: un atteggiamento, un modo di fare, una profondità di sentimento che, sebbene non all’apparenza, lo rendevano del tutto diverso dalla persona che lei conosceva. Fu questa constatazione, anzitutto, a renderle possibile ad Amelia di sopportare il primo attacco di quella memoria in eccesso: la consolazione che ci fosse qualche differenza, che tutto sommato poteva ancora discernere tra l’uno e l’altro degli uomini che ora amava, sebbene in maniera così differente.
Nonostante la terribile colpa di cui si era macchiato, infatti, Adam rimaneva pur sempre, agli occhi di Amelia, il genitore amorevole che si era preso cura di lei, che l’aveva cresciuta, ascoltata e appoggiata in tutti quegli anni; l’unico parente in vita, l’unica persona sulla quale poter contare, e il fatto che ora avesse scoperto che non c’era, tra loro, alcun vero legame di sangue non poteva cambiare il suo modo di percepire il loro rapporto. Per quanto avesse provato a fargliene una colpa, a odiarlo persino, si rendeva conto di non poter cambiare così facilmente i suoi sentimenti verso chi era sempre stato buono con lei.
Eppure ora il suo cuore era pieno di sentimenti per un’altra persona che non conosceva e che non sapeva se esistesse. La mente, aveva fatto proprie quelle esperienze artificialmente trasmesse e aveva infettato il cuore, in maniera oltremodo imprevedibile, rendendolo percettivo all’affetto e alla gioia della persona cui appartenevano quelle memorie. E poco importava che ricordava di avere avuto un carattere talmente diverso dal proprio, così chiuso, così impenetrabile, sentiva con pari impeto la forza di quella tempesta sentimentale che era tutta concentrata e indirizzata a un’unica persona: Adam.
Ma chi era Adam?, c’era da chiedersi… Possibile che fosse la stessa persona che conosceva lei? Lo stesso padre logico e “preciso” che era sempre stato ai suoi occhi? Era vero, moltissimi atteggiamenti dell’Adam dei suoi ricordi erano sorprendentemente simili a quelli che alle volte ripeteva suo padre, tuttavia non riusciva a togliersi dalla mente la sensazione che ci fosse qualcosa di sostanzialmente differente: una sorta di spontaneità, l’avrebbe definita, che prima aveva e che adesso pareva mancare del tutto. Che fosse cambiato così nel tempo? Era possibile… tuttavia sembrava improbabile.
Un rumore della porta la fece sussultare e la distolse dai suoi cupi pensieri e dalla sua disperazione. Purtroppo, la persona che si presentò non migliorò affatto la situazione, anzi, non fece altro che acuire e peggiorare la confusione che sentiva Amelia.
«Come ti senti?» le chiese per prima cosa Adam.
La ragazza singhiozzò e si lasciò sfuggire alcune lacrime.
«Ti prego… dimmi che si possono togliere… Dimmi che posso disfarmi di queste memorie…»
«No, non è possibile. Non senza danneggiare il resto della tua memoria, Amelia.»
«Aah…» sospirò prendendosi la testa tra le mani. «Spiegami perché lo hai fatto. E questa volta voglio tutta la storia!»
Adam non ebbe problemi a riferire i fatti e rivelò tutto quello che aveva taciuto per anni.
Raccontò di Amelia, del rapporto che li legava e della sua impossibilità di concepire un mondo senza di lei. Le disse di come non aveva compreso, in passato, il significato della morte e di come non fosse riuscito a impedire alla sua Amelia il suicidio. Della sua volontà di ridarle vita così come lei aveva fatto con lui…
«Aspetta un momento! Che cosa vuoi dire? “Darti vita”? Come se fossi qualcosa di… di artificiale?»
«Lo sono.»
«Tutto questo non ha senso!» protestò la ragazza.
«Ce l’ha, se solo analizzassi meglio i ricordi che ti ho fornito.»
Amelia allora tornò a rivederli e si rese conto che, oltre ad Adam, sullo sfondo c’era sempre una ricerca scientifica. In breve capì di che cosa si trattava e collegò tutte le parole, tutti gli avvenimenti…
«Adam… tu… non sarai… tu non sei mica… un robot!»
«Esatto. Sono stato creato per dar vita all’Adam che era morto. Amelia sapeva che questo era l’unico modo per farlo ritornare. Quando l’ho scoperto e ho capito anche io, ho pensato di fare lo stesso per dare di nuovo vita alla mia Amelia. E ci sono riuscito perché ora tu sei qui e sei completa. Sei la mia Amelia e nessuno meglio di te mi conosce.»
«Adam! Ma tutto questo è folle, è assurdo! Non ti rendi conto di quello che dici!»
«Io invece lo so benissimo. Sono stato tanti anni a raccogliere informazioni nella mia memoria per poter studiare e comprendere il lavoro di Amelia e poterlo riprodurre. Ma per quanti sforzi facessi, alla fine, mi mancava sempre la cosa fondamentale. Non avevo una parte di lei conservata da nessuna parte, se non nei miei ricordi, ma quelli non andavano bene perché se li avessi usati avrei dato vita a un altro me stesso e di Adam ci devo essere solo io e nessun altro. Così era essenziale avere una parte di lei in modo da rendere “Amelia” chi l’avrebbe ereditata. Dopo tanti anni, quando ormai gli scienziati della INC avevano esaurito le ricerche su di me, ho avuto la possibilità di accedere a zone del laboratorio che prima mi erano precluse. Ed è stato in una di queste volte che mi sono capitati tra le mani alcuni vecchi file registrati e archiviati senza un criterio adeguato e che quindi erano quasi andati perduti, poiché non risultavano in nessun archivio ufficiale.»
«Mi sono reso conto che appartenevano ad Amelia perché conoscevo bene la sua grafia e tra i suoi effetti ho trovato delle registrazioni di prova che aveva fatto durante le sue ricerche, contemporaneamente a quelle sugli impulsi neurologici dell’essere umano Adam. Ciò che mi ha sorpreso e che in definitiva è stato decisivo per il mio progetto, è stato il rendermi conto che gli impulsi memorizzati appartenevano proprio a lei.»
Da quel momento, continuò nella sua narrazione degli eventi, Adam aveva provato a trasferire nella mente di alcune persone scelte i ricordi della sua creatrice. I primi tentativi su soggetti adulti ebbero risultati disastrosi: erano più difficile da “trattare”, meno “adattabili” e in definitiva, pronti a dar battaglia. Serviva qualcuno che si prestasse più facilmente e senza troppe storie. Tuttavia, anche gli esperimenti su delle bambine di età compresa tra tre e dieci anni, risultarono catastrofici: la maggior parte di esse morì a causa del trauma di dover sopportare un bagaglio di memoria che era troppo pesante ed estraneo per la mente tenera di una bambina; altre, una volta impiantati i ricordi, impazzirono. Errore dopo errore, caso dopo caso, Adam arrivò a studiare una nuova soluzione: prendere una bambina che avesse le giuste caratteristiche fisiche – che somigliasse, cioè, ad Amelia –, crescerla per guadagnarne la fiducia, e sottoporla la test una volta raggiunta un’età che consentisse di sopportare il peso delle informazioni artificialmente trasmesse.
Inutile dire che quella bambina, risultò essere proprio lei: Amelia.
La ragazza, sedeva ancora muta, spaventata e pallida in viso. Ascoltava con strazio e rassegnazione, costringendosi a convincersi che quella che stava udendo era proprio la verità. Di colpo, l’immagine del genitore premuroso fu sostituita da un essere freddo e calcolatore, impossibilitato a provare qualsiasi vero sentimento; un essere che l’aveva strappata alla sua vera famiglia, rapendola chissà da dove, cancellandole la memoria, e che le aveva regalato in cambio un’esistenza che non le sarebbe mai davvero appartenuta poiché ella doveva soddisfare il ricordo di una defunta.
Non poteva nemmeno pensare al crudele destino di quelle povere bambine, vittime innocenti di un angelo nero che credeva di fare del bene nell’agire allo scopo di soddisfare un principio fittizio installato nei suoi circuiti morti. Quanto sangue… quanto sangue e sofferenze macchiavano quelle mani e pesavano su quelle spalle che da piccola l’avevano accudita e sollevata su di esse.
Quasi si sentiva in colpa per essere stata l’unica a sopravvivere nonostante il suo non si potesse dire un destino migliore.
Quando finì di raccontare, Adam le si avvicinò apparentemente sereno, come se non le avesse appena rivelato la verità più orrenda che potesse esistere al mondo. Le sorrise con calore e le disse:
«Bene, ora sai tutto. Come ti senti Amelia? Desideri mangiare o bere qualcosa? Se vuoi ti leggo un libro.»
Tese una mano ad accarezzare la guancia, ma Amelia si ritirò con uno scatto che soprese lei per prima.
«Non toccarmi! Non mi toccare!» gridò terrorizzata. Sentiva ogni terminazione nervosa come in procinto di prendere fuoco e non sopportava il pensiero di essere anche solo sfiorata da lui in quel momento.
«Perché non posso? Hai male?»
«Non voglio e basta! Non lo devi fare! Vattene via! Vattene! Esci da qui!»
Contrariamente a quanto ci si aspettasse, Adam sorrise.
«Riconosco questo schema. Allora ha funzionato! Sei tornata davvero, Amelia! Eccoti, dici proprio le stesse cose di un tempo…»
Amelia non si soffermò ad analizzare ciò che egli diceva. Per quel giorno ne aveva avuto abbastanza di ascoltare cose assurde e ormai non capiva quasi più nulla di quello che dicesse in ogni caso.
Solo quando riuscì a farlo uscire dalla camera, si abbandonò tra le lenzuola e si arrese a un pianto disperato e liberatorio.

 

[Continua...]

   
 
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