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Autore: Iwantasmile    16/01/2013    20 recensioni
Fu in quel momento che l'anima mi vibrò.
Non ero altro che la sua serva, una semplice ed inutile serva.. e lui, era il mio padrone e il padrone di queste terre: il conte Justin Bieber, d'Inghilterra.
Era appena diciottenne, eppure il padre aveva messo nelle sue mani il potere di quel vastissimo territorio.
Ed io?.. Io ero solo uno dei suoi accessori. Eppure quando il suo sguardo si posò su di me, capii che non avrei fatto altro che stargli accanto per il resto della mia vita.
"Caroline.." Si affrettò a chiamarmi, risvegliandomi dai miei pensieri.
Mi voltai verso di lui e lo guardai aspettando che mi desse qualche compito da svolgere.
"Resta quì con me per oggi." Disse.
Farfugliai qualcosa, dopo di che aggiunse: "è un ordine.E tu, devi eseguire i miei ordini."
Cosa stava succedendo? .. Il mio cuore stava per esplodere.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1789, Providence, Inghilterra


Non ebbi nemmeno il tempo di focalizzare la scena, che sentii lo sportello della carrozza sbattere e vidi Justin correre in strada.
Velocemente lo raggiunsi, esaminando la situazione.
Un plotone di uomini armati in divisa circondavano il soppalco, e puntavano le loro armi verso le povere donne che si buttavano in ginocchio di fronte i mariti.
“Cosa sta succedendo qui?” Chiese Justin allarmato ad un soldato.
Io intanto mi spostai in modo da poter riconoscere le persone che mi circondavano.
Sul soppalco pronti a morire, c’erano in fila, il fabbro, il panettiere, e due uomini che si aggiravano spesso per il paese. Li conoscevo tutti, avevo passato con tutti loro una parte della mia vita e vedendoli così vicini alla morte mi venne un vuoto allo stomaco.
“Stiamo rispettando gli ordini del generale signore.” Rispose il soldato.
Nel frattempo un’altra carrozza si avvicinò, accompagnando il conte Bekilin a destinazione.
Scese allarmato e raggiunse subito me e Justin.
“Quali ordini? Quale generale? Qui comando io.” Disse Justin.
“Il generale Parker, da Londra ci ha ordinato di occuparci di Providence signore, vista la morte del Conte Bie..” Il soldato non fece in tempo a finire la frase che Justin gli strillò contro.
“Io sono il figlio del Conte Bieber e ad occuparmi di Providence ci sono io. Quindi siete pregati di prendere tutte le vostre armi e di tornarvene a casa.”
Le sue parole trasudavano rabbia e frustrazione.
“Noi rispettiamo solo gli ordini signore.” Disse il soldato impallidendo di fronte la rabbia di Justin.
“E ora l’ordine è quello di scomparire chiaro? Se il vostro generale ha qualche problema, che venga a parlarne con me.” Disse.
“E fate scendere immediatamente i miei cittadini da quel soppalco, dopo di che lo smontate e ve ne andate. Non voglio ripetermi.” Aggiunse poi.
“Ma signore.” Cerco di protestare il soldato.
“Ho detto di muovervi.” Strillò per l’ennesima volta Justin.
“Dobbiamo portare a termine l’esecuzione prima.” Azzardò un altro soldato.
“Esecuzione? Cos’ha fatto questa brava gente?” Chiesi con rabbia, entrando nella conversazione.
Justin mi guardò dopo di che mi fece cenno di restare buona.
“Hanno disonorato la legge d’Inghilterra rubando dai boschi e tenendo armi in casa.” Disse il soldato.
“Devono tenere le armi, per cacciare e nutrirsi. Senza morirebbero.” Risposi, mentre Justin mi guardò malamente.
“Soldati.” Sentimmo dire ad un tratto da una grossa voce maschile allo nostre spalle.
Ci voltammo trovandoci di fronte quello che dalle medaglie supposi fosse il generale.
La tensione salì alle stelle.
Quell’uomo scortato da un altro plotone di soldati si avvicinò a noi con un sorriso di sfida.
“E così.. lei è il nuovo Conte di Providence.” Disse rivolto a Justin.
“Esatto. E lei chi è?” Chiese poi, lui senza scomporsi.
“Sono il generale Parker. Faccio in modo che la legge venda rispettata in tutta l’Inghilterra.” Disse sorridendo.
“Queste non sono le sue terre è pregato di andarsen..” Non feci in tempo a finire la frase che il conte Bekilin mi mise la mani sulla bocca, impedendomi di parlare.
“Permetterà che io porti a termine il mio dovere Conte? ..Poi lascerò le vostre terre lasciando qui un gruppo dei miei uomini per vigilare.” Disse il generale fissandomi.
Il suo sguardo era avido, prepotente e subdolo.. mi fece rabbrividire sentirlo sul mio corpo.
“Non può giustiziare il mio popolo.” Disse Justin.
“Caroline, ti prego.” Sentii piagnucolare ai miei piedi.
Abbassai lo sguardo e vidi la moglie del panettiere in lacrime insieme a due bambini. Il cuore mi si frantumò nel petto.
“Arianne, Arianne.. andrà tutto bene.” Dissi facendola alzare.
Il suo sguardo era disperato, vuoto e rabbioso.. Cercai di immedesimarmi in lei. Immaginai me, di fronte all’impiccagione di Justin.
Non so perché scelsi lui nella mia mente, ma tutto questo mi bastò a rabbrividire.
Mi guardai intorno alla ricerca della mia famiglia, che però non vidi da nessuna parte.
Da un lato mi tranquillizzai, pensando che sarebbe stato meglio se i miei fratelli non avessero visto un tale orrore.. però dall’altro mi preoccupai. Dov’erano?
Justin era solo un ragazzo, non poteva ancora amministrare certe cose. Al posto suo mi sarei sentita persa.
Immaginando che potesse sentirsi perso anche lui, mi avvicinai e gli accarezzai la mano.
“Signorina..” Disse il generale poggiando le labbra sulla mia mano libera.
Lo guardai con odio, e lui di tutta risposta sorrise.
“Le dispiacerebbe dirmi il suo nome?” Chiese ancora rivolto a me.
“Non gli riguarda. Si occupi dei suoi uomini invece.” Ringhiò Justin stringendo la mia mano.
“Signor Bieber, non si immischi. Parlavo con la signorina..?” Chiese per sapere il mio nome.
“Caroline.” Dissi con tono di sfida.
“Caroline. Diminutivo di Carola, che significa “donna libera”. Mi sbaglio?” Disse il generale avvicinandosi ancora di più a me.
Aumentai la presa sulla mano di Justin ed annuii.
Quell’uomo mi inquietava parecchio.
“Lascerò andare quegli uomini. A patto che la signorina Caroline, voglia prendere un the nella mia umile dimora, pomeriggio.” Disse sorridendo.
Rabbrividii e Justin se ne accorse.
“Lei non si deve nemmeno..” Non feci finire Justin di parlare.
“E sia. Ora si muova.” Dissi ignorando i battiti del mio cuore.
Justin mi mollò la mano di scatto e mi fissò qualche istante dopo di che andò dal conte Bekilin.
“Prendiamo il grano e andiamo via.” Lo sentii dire.
Poco dopo sparirono fra la folla.
“Caroline.. non sappiamo come ringraziare te e il conte Justin. Vi siete schierati dalla nostra parte, e tu ti stai sacrificando per noi. Grazie davvero.” Disse Arianne continuando a piangere.
“La aspetto pomeriggio.” Disse il generale intromettendosi e baciandomi le nocche della mano.
Annuii tremando, dopo di che si voltò e scomparve con il suo plotone, che nel frattempo aveva liberato quegli uomini.
Arianne fece per correre verso suo marito, ma purtroppo dovetti bloccarla.
“Arianne, scusami. I miei genitori?” Chiesi.
Mi guardò senza capire, dopo di che fece un’espressione sorpresa.
“Pensavo lo sapessi. Sono andati via, in Italia. Dove i Francesi hanno invaso il Piemonte.” Disse bisbigliando.
“Cosa? E perché?” Chiesi senza crederci.
“Nessuno sa niente..” Rispose, dopo di che corse da suo marito.
Erano andati via? Mi avevano lasciata li. E nemmeno mi avevano avvertita.
Sentii le lacrime salire prepotenti e dovetti reprimerle, quando Justin mi passò accanto come una furia.
Mi voltai e lo seguii in carrozza, sentendo di non aver più nessun legame con quel popolo.
I miei genitori erano andati via, senza sapere se ero riuscita a costruirmi una vita.. erano andati semplicemente via, portando con loro le mie radici. Ora l’unica cosa che mi restava era il castello, e Justin.
Asciugai una lacrima velocemente e salii in carrozza, dove Justin mi aspettava furioso.
“Partiamo.” Strillò al cocchiere quando salii anche io.
“Justin..” Cercai di iniziare, ma mi bloccò subito.
“Caroline, non ne voglio parlare ora. Lasciami in pace.” Strillò.
Intimorita dal suo tono di voce non dissi una parola per tutto il tragitto.
Quando arrivammo mi lavai, mi misi i miei soliti abiti e andai a finire di mettere in ordine la sua stanza.
Mentre finii di mettere l’ultimo abito nell’armadio lui arrivò alle mie spalle.
“Caroline.. per prima, mi dispiace, ero nervoso.” Disse assumendo un’aria amareggiata.
Come potevo arrabbiarmi? Era così tenero.
“Non fa nulla.” Risposi, però, mantenendo una certa distanza.
“Non voglio che tu vada a casa sua.” Disse poi scontroso.
“Nemmeno io lo voglio.” Risposi.
“Inizialmente mi ero arrabbiato perché ho pensato che tu volessi andare a casa sua per.. ecco.. cercare di crearti un futuro con lui.” Disse abbassando il capo.
“Cosa? Io l’ho fatto perché lasciasse liberi quegli uomini Justin.. Come hai potuto pensarlo?” Chiesi quasi strillando.
“Mi dispiace.” Sussurrò sedendosi di fronte il camino.
“Io ero li per te. E sono qui per lo stesso motivo.” Dissi raggiungendolo.
“Non andare te ne prego.” Disse quasi esasperato.
Perché non voleva che ci andassi? Mi chiesi fra me e me.
“Non voglio andarci. Quell’uomo non mi ha fatto per niente una buona impressione. Ma tu perché non vuoi che ci vada?” Chiesi curiosa.
Mi guardò qualche istante, poi abbassò lo sguardo e portò le mani di fronte il focolare che avevo acceso poco prima.
Poi sorrise.
“Perché sei mia.” Disse scherzando.
Ebbi un tuffo al cuore.
Ero sua.
Sorrisi.
“Tu.. ecco, potresti impormi di non andarci. Eppure, mi lasci scegliere.” Dissi imbarazzata.
“Mi fido di te. So che sapresti fare la scelta giusta.” Disse avvicinandosi a me.
Sorrisi e lasciai che le sue braccia mi circondassero.
“Non credo di andarci.” Dissi.
“E comunque non ti avrei lasciata andare.” Aggiunse lui.
Gli diedi un leggero buffetto sulla fronte, e lui mi baciò una guancia.
In quel momento mi resi conto, che qualcosa fra di noi si stava creando. Qualcosa di diverso dal solito.
“E comunque questa mattina sei stato bravissimo. Te l’avevo detto che ce l’avresti fatta.” Dissi alzando la testa e incrociando i suoi occhi.
Mi liberò dal suo abbraccio e sorrise.
“Quando ho visto quegli uomini ho pensato di non farcela.” Disse abbracciandomi poi da dietro.
“Invece..” Dissi poggiando le mie mani sulle sue, che a sua volta erano poggiate ai miei fianchi.
“Potrei abituarmi a tutte queste effusioni.” Disse poi staccandosi.
Era lo stesso per me. Sospirai a malincuore.
Nel pomeriggio mandammo un uomo di Justin a dire al generale che io stavo poco bene, così evitai quell’orrido incontro.
Quella sera dopo aver spento la luce della camera di Justin andai in camera mia.
Mi misi dentro le coperte e inspirai profondamente, ripensando alle sue carezze.
Quando ad un tratto sentii urlare.

VISTO CHE QUALCUNO MI HA CHIESTO COME IMMAGINO CAROLINE.. ECCO A VOI, COME IO LA IMMAGINO.
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fatemi vedere come la immaginate voi invece!!


Weila :33
Ciao fanciulle? Tutto bene?
Come vi avevo promesso ho scritto un capitolo più lungo per farmi perdonare per quello precedente.
Spero vi piaccia.
Ahhh ecco! Purtroppo non trovo il tempo di rispondere alle recensioni, oppure lo trovo ma è poco e non ce la farei a rispondere a tutti.. quindi non voglio scegliere a chi rispondere. O tutti o nessuno.
Comunque sia sappiate che vi ringrazio e che vi adoro tutte. Siete meravigliose.
Spero continuerete a recensire.
Un bacione
Erika
@I_amawolf

SCUSATE GLI ERRORI!!
  
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