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Autore: Cracked Actress    17/01/2013    3 recensioni
"Tutti hanno un prezzo."
Tony Stark è "semplicemente" il ricchissimo ed insopportabile proprietario delle Stark Industries, non certo un supereroe. Cosa succederebbe se incontrasse un ragazzino presuntuoso dal nome strano intenzionato a rendergli la vita impossibile?
[IronFrost]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Tony Stark/Iron Man
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.


“...Ed è quindi con spirito di carità – e ovviamente immenso piacere – che ospiterò per un mese intero alla Stark Tower il beneficiario della borsa di studio da 100.000 dollari, ovvero...rullo di tamburi, signori...” disse Tony Stark scuotendo a mezz'aria il foglio col nome del vincitore del concorso mentre l'intera platea tratteneva il fiato, “Loki Laufeyson, che da ragazzino disagiato si è improvvisamente trasformato nel ventenne più invidiato di tutta New York!”
Un boato ed un applauso, e gli occhi di tutti i presenti saettarono in lungo e in largo per l'ampia sala tentando di individuare il fortunato che corrispondesse a quello strano nome.
“Fatti avanti senza vergognarti, sei il vincitore!” lo incoraggiò Tony Stark dal palco con la voce più gentile e calorosa che riuscì a trovare nel suo repertorio.
La testolina nera di un ragazzino allampanato fece capolino dall'estrema destra dell'auditorium; il suo proprietario si mosse quasi strisciando tra la folla raggiungendo il palco tra gli sguardi curiosi degli astanti.
Tony non si prese nemmeno la briga di guardare quell'insignificante scricciolo mentre gli consegnava l'enorme assegno falso di cartone, gli stringeva la mano ossuta e cadaverica e sorrideva fintamente davanti al fotografo per un paio di scatti che – ne era più che certo – sarebbero finiti su tutti i giornali. Tony Stark, il solito, adorabile, miliardario filantropo. “Ah, musica per le mie orecchie!”
Neanche il tempo di stringere la mano alle tre o quattro mummie in smoking che sedevano al tavolo delle autorità e sfrecciava già per la Lexington sulla sua lucente limousine nera. In compagnia dello scricciolo, ovviamente. Dettaglio trascurabile.
Il suddetto scricciolo, palesemente a disagio sul morbido sedile di pelle con un bicchiere d'acqua stretto in una mano, lo guardava in modo fastidiosamente insistente. Tony allora, quasi raccogliendo la sfida, si decise ad osservarlo con attenzione per la prima volta e trattenne a stento una risata.
Loki Laufeyson era un'accozzaglia vivente di tratti somatici, colori ed abiti decisamente ridicola: smilzo e sottile, aveva due occhi di un verde improbabile in un essere umano – smeraldo con una sfumatura turchese,” si disse Tony, stupendosi per la propria finezza cromatica – lunghi capelli corvini impiastricciati con un gel da quattro soldi ed una pelle bianchissima che contribuiva in modo massiccio all'aspetto poco sano e trascurato di cui era spaventosamente permeato. Dulcis in fundo, era vestito in modo disastroso: un paio di jeans chiarissimi quasi a zampa di elefante – “non vanno più di moda da quanto, da prima che nascesse?” – corredati da un'inguardabile camicia a quadri verdi e neri abbottonata per metà sopra qualcosa di lontanamente simile ad una t-shirt rossa con qualche strana stampa, e un paio di scarponcini da trekking neri. Un abbigliamento del genere poteva forse non risultare del tutto ridicolo addosso ad un taglialegna hippy del Wyoming una trentina di anni fa, ma su un giovane genietto dell'informatica del ventunesimo secolo l'effetto era a dir poco straziante. Specialmente se l'osservatore era un uomo che stipendiava ben tre consulenti di immagine contemporaneamente e non possedeva un abito che non fosse stato cucito su misura per lui in sartoria. “Dio, perfino con venti dollari alle bancarelle di un mercatino dell'usato potrei fare di meglio!”
Vedendo che non distoglieva gli occhi da lui nemmeno se sottoposto al suo sfrontato sguardo indagatore, Tony si decise a parlare, sinceramente curioso di scoprire che suono avesse la voce di quella buffa creatura con cui, per puro caso, si trovava a dover dividere l'abitacolo.
“I tuoi genitori ti hanno mai insegnato che è maleducazione fissare le persone, marmocchio?” chiese retoricamente Tony, ben sicuro di offenderlo a dovere: tutti i partecipanti al concorso avevano alle spalle stomachevoli storie strappalacrime e nella migliore delle ipotesi erano orfani.
Loki non rispose, si limitò ad alzare gli occhi dando una sbirciata al soffitto stellato della limo e a storcere le labbra sottili in un sorrisetto che infastidì notevolmente Tony. Cos'era quella dipinta sul suo volto, aria di superiorità? Arroganza? “Hai una vaga idea di chi sia Tony Stark?”
“Non sopporto che non mi si risponda quando faccio una domanda,” sibilò il miliardario piegando leggermente in avanti il busto per sembrare più minaccioso.
“E allora ponga domande più intelligenti, Stark,” rispose sprezzante Loki con una voce profonda, ferma e leggermente strascicata che stonava con il resto della sua persona e sembrava non appartenergli.
La risposta e il tono di voce con cui gli fu data spiazzarono completamente Tony. Dalla breve analisi che aveva compiuto pochi minuti prima pensava di trovarsi davanti ad un ragazzino nervoso, complessato, una specie di sfortunato nerd non occhialuto che balbettasse cose del tipo: “La ammiro moltissimo, signor Stark, lei è il mio modello!”. Di sicuro non si aspettava di sentirsi chiamare per cognome e di essere trattato come un idiota. Quell'insolente gli avrebbe creato più di un problema.
“Con chi credi di avere a che fare, ragazzino?” ringhiò.
Loki non rispose nuovamente ed alzò ancora gli occhi al cielo, esasperato.
“Fa' come vuoi, stupido” gli disse Tony avvicinandosi al minibar e versandosi un bicchiere di scotch. “Non pensare che mi diverta ad averti tra i piedi,” aggiunse.
Dopo soltanto un paio di minuti – trascorsi nel silenzio più totale – la limousine entrò finalmente nel gigantesco garage della Stark Tower e si arrestò davanti all'ascensore che portava ai piani superiori. Tony vi si diresse dopo aver aspettato che l'autista aprisse la portiera, senza degnare di uno sguardo il ragazzino che arrancava alle sue spalle ed entrava insieme a lui.
Dopo un breve viaggio, l'ascensore si fermò e Tony fece cenno a Loki di scendere. Si trovavano in un ampio salone di ingresso arredato in modo minimale che ospitava tutti i comfort e gli svaghi che un uomo potesse desiderare: un'enorme tv al plasma, due console, un lettore blu-ray, un'ampia scrivania con un Mac Pro dotato di innumerevoli accessori.
“Questa sarà casa tua per un mese,” disse Tony con un falso sorriso, “questa e basta. Se provi a mettere piede nel laboratorio o nel mio attico – cosa alquanto improbabile, visto il sistema di sbarramento delle porte – ti ammazzo” aggiunse con semplicità.
“Non avevi promesso al vincitore di vivere a stretto contatto con te, assistendoti nel tuo lavoro?” chiese Loki, decidendosi finalmente ad interrompere il suo ostinato silenzio.
“Ragazzino, sei completamente fuori di testa se pensi che permetta ad un pidocchio come te di aggirarti per la Tower.” rise Tony guardandolo con disprezzo.
“Perchè il concorso, allora?”
“Immagine, reputazione. Ne hai mai sentito parlare nell'ignoto mondo da cui provieni?” rispose Tony, “E' tutto organizzato dai miei pr. Come la pubblicità delle merendine-killer industriali che ti dicono quanto siano genuine e nutrienti, capisci?”
“Perfettamente,” rispose Loki, “ma non capisco allora cosa ci faccio qui”.
“Puoi vivere per un mese in questo lusso, non ti basta?” disse Tony allargando le braccia.
“No.”
“Beh, non sono problemi miei, ne parlerai col personale di servizio” concluse il miliardario con una scrollata di spalle, voltandosi per tornare nell'ascensore.
“E chi ti dice che appena uscito da qui non vada a spifferare tutto ai giornali?” gli fece notare Loki, con una – nemmeno tanto – velata minaccia nella voce.
“Perchè ti coprirò di soldi, moccioso!” rispose Tony mentre la porta trasparente si chiudeva davanti alla sua faccia. “Tutti hanno un prezzo”.
Loki e Tony rimasero ad osservarsi reciprocamente con curiosità mista ad avversione, finché l'ascensore di vetro, salendo, celò all'uno il volto dell'altro.

 


   
 
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