PROLOGO
Odiami
[Yuki]
Lo guardai, annegai in
quegli occhi cremisi per un tempo che mi parve interminabile. Lo
volevo, tanto quanto lui voleva me. Ma non potevano; imbrigliati in un
amore maledetto che non avrebbe mai visto la luce del sole, un amore
destinato a morire ancor prima di nascere, maledetto da quel giorno, il
giorno in cui avevamo deciso di peccare, insieme, di macchiarci della
colpa più grave. Io ero sua, lo ero da quando le sue labbra
si erano posate sul mio collo al tempo ancora umano, da quando i suoi
denti erano affondati nella mia carne pallida. Noi ci appartenevamo.
Negli sguardi, nelle carezze mai svelate, nei sussurri. Eravamo nostri;
anche il suo odio, anche quello, lo legava ancor di più a me.
Odiami
Perche anche io mi odio. Avrei voluto incontrarti in un'altra
vita, come due umani, come gli umani che eravamo. Liberi da vincoli di
sangue, da questa sete che ci affligge, che ci condanna. Ti avrei
sorriso, ti avrei baciato, mi sarei beffata del tuo carattere
scontroso, e tu mi avresti stretta a te...
Odiami
Perché ti desidero, perchè il sangue di
quell’uomo che chiamo fratello non mi soddisfa, mi lascia
incompleta, e odiami ancora, perché ogni volta che i miei
denti affondano nel suo bel collo perfetto io penso a te, penso alla
tua pelle, penso a quel tuo collo, ferito dal nero indelebile del
marchio che ti porti addosso.
Avrei voluto urlarlo, urlare tutto quello che celavo dentro di me. Ma
non potevo, ogni volta le parole mi morivano in bocca.
Abbassai lo sguardo. Mi sentivo sconfitta ancor prima di parlare,
sconfitta dai miei stessi pensieri. Lo sentivo, mi stava fissando, mi
trafiggeva, leggeva i miei segreti.
Mi feci coraggio e tornai a sostenere i suoi occhi. Erano crudeli, di
una bellezza tale da straziarmi l’anima, ben lontani dai miei
ricordi, lontani dalla dolcezza che mi riservavano. Ma andava bene
così...doveva odiarmi, per tutto quello che gli avevo fatto,
per quello che ci eravamo fatti.
Il tempo sembrava essersi fermato, in una notte senza luna, due nemici,
uno di fronte all’altra, muti, immobili attendevano
l’inevitabile, la preda e il suo cacciatore. Due nemici
naturali, sporcati dallo stesso veleno, dallo stesso odio millenario.
Senza dire una parola mi avventurai in quella che era stata la sua
stanza ai tempi del collegio Cross, mi seguì con i suoi
passi lenti, calibrati.
Chiuse la porta alle sue spalle.
Gli occhi cremisi ardevano anche nella penombra di quella stanza
abbandonata da tempo.
“Zero” Pronunciai il suo nome con estrema cura,
come se ogni lettera fosse preziosa. Allungai una mano per carezzargli
la guancia pallida, ma le sue dita bloccarono il mio esile polso ancor
prima che potessi avvicinarmi al suo bel viso tormentato. Era freddo
come l’inverno.
“Non toccarmi...” Intimò con rabbia.
Mi si sgretolava il cuore,ma era questo che desideravo, volevo che mi
facesse male, che mi odiasse...Volevo che si sentisse disgustato da me,
da una giovane donna tanto codarda da non saper decidere, da non saper
rischiare, così codarda da preferire una vita al fianco di
un uomo ormai lontano dal suo cuore, da un uomo che la tiene stretta a
sé come se fosse la fanciulla per lui più
preziosa al mondo, che sempre e per sempre la riempirà di
attenzioni, di affetto, di venerazione, che nelle notti più
buie le offrirà le sue vene, pur consapevole che il suo
sangue non riuscirà mai a placare del tutto la sua sete...
“Perché sei qui?” Mi domandò
grave, senza mai mollare la presa sul mio polso.
“Avevo bisogno di vederti...” Sussurrai
infliggendogli altro dolore. Avanzai un'altra carezza con la mano
libera, i miei polpastrelli bruciavano all’idea di toccarlo,
di sfiorare i suoi capelli lisci, candidi... Questa volta
sembrò esitare prima di bloccarmi, ma poi le sue dita
raggiunsero le mie, dividendomi dal suo viso.
“Ti ho detto di non toccarmi, con le stesse mani che hanno
toccato lui...” Sputò le
parole con dolore, e il suo sguardo, mi ricordò tanto quello
che mi rifilava da bambino, quando dopo le visite di Kaname si
rifiutava di toccarmi, o di farsi solo sfiorare da me.
Eravamo tanto vicini da poter sentire i nostri respiri contro la pelle.
L’odore di Zero mi costrinse ad avvicinarmi ancora, a
desiderare di posare dapprima le labbra, poi la lingua, e poi i denti
affilati contro la sua pelle diafana, contro il collo perfetto...volevo
il suo sangue...ero li per quello, ero li per farmi odiare ancora di
più, per odiarlo ancora di
più...perchè era lui, erano i suoi occhi a farmi
macchiare delle colpe più imperdonabili, a farmi tradire chi
avrei dovuto amare.
“Zero...” Sussurrai ancora il suo nome, prima di
posare un bacio sulla sua pelle integra, immacolata. Sentii un brivido
corromperla, macchiarla del mio stesso peccato.
“Perché...” Lo sentii sospirare, mentre
le sue mani allentavano la presa sui miei polsi, fino a portarli in
basso, fino a stringerli in un altro modo, un modo che ricordavo
lontano, dolce.
“Yuki...perchè tra noi...deve essere sempre
cosi...” Si arrese.
“Noi siamo condannati Zero, la nostra natura di vampiro
è di per sé già una condanna. Schiavi
di una sete che solo il sangue di chi amiamo riesce a placare,
destinati ad una vita quasi eterna...ma noi, Zero, io e te...Noi
abbiamo scelto la nostra condanna da soli, quell’ormai
lontano giorno, in cui decidemmo di compiere
l’imperdonabile”
...Facciamo insieme la cosa più imperdonabile...
le parole che pronunciai quel giorno mi risuonarono nella mente, mentre i miei denti affondavano nella carne tenera, mentre il sapore del suo sangue mi riempiva la bocca facendomi perdere la testa. Poi arrivarono le sue mani, le intrecciò ai mie capelli, con foga, spinse la mia testa contro di sé, lasciando che bevessi ogni suo ricordo, ogni suo sentimento, che me ne riempissi il cuore, lo stomaco, le vene.
Scivolammo pian piano a
terra, in ginocchio, la schiena contro il muro, la mano che mi
sosteneva la testa, le mie lacrime che piano rigavano il mio volto...mi
sentivo completa...
Mi staccai da lui con dolcezza, due rivoli rossi scesero dai segni del
mio morso macchiandogli la camicia chiara, deturpando il disegno
geometrico del tatuaggio...
Poi arrivarono le sue labbra, bramose sulle mie. La sua lingua
lavò via il sapore del sangue e ne portò un
altro, quello di un desiderio più vorace.
“Perché?”
Questa volta la domanda la posi io...mentre il cuore sembrava
scoppiarmi in petto, mentre la colpa, il tradimento crescevano...
“Perché ti odio...” Mi
sussurrò in un orecchio, piano, crudele, tanto da darmi i
brividi.
“Allora odiami di più” Dissi in un
sospiro, cercando ancora le sue labbra, questa volta con foga. Ma Zero
interruppe il nostro bacio, per posare la sua bocca sulla mia guancia,
e poi lì, dove Kaname affondava i canini quasi ogni sera,
lì, sul mio collo candido posò il suo bacio
più dolce, umido, paziente.
Sentii il desiderio crescere ed esplodere in tormento. Avvinghiai le
mie dita alle sue ciocche morbide e arruffate e in un respiro dichiarai
la mia condanna: “Odiami di più...prenditi quello
che ti appartiene”
Zero mi esaudì,
affondò i denti e mi bevve, assetato come mai era stato,
bevve il mio sangue, gli occhi cremisi nascosti dalle palpebre
abbassate. Non ricordavo così tanta foga, neppure nei morsi
che mi aveva riservato quand’ero ancora umana.
“Che sapore ha il mio sangue?” Gli chiesi.
Si staccò riluttante e mi rispose, le iridi incandescenti,
inappagate.
“Sa di te...e sa
di lui...”
Una nuova lacrima mi rigò il viso.
“Ancora...” Mormorai guidandolo di nuovo verso la
ferita appena aperta.
Chiusi gli occhi, rimandando la mente a tutti i ricordi più
dolorosi, che di rado mi concedevo di riportare a galla. In ognuno di
questi c’erano il suo viso, le sue mani, la sua voce...
Rimanemmo così per molti minuti, ondeggiando in un oblio fatto di sangue, fino a quando ebbra di ricordi e di desiderio non riaprii gli occhi. Non sentivo più la sua bocca sulla pelle.
Lo sguardo fisso su di me,
le iridi ormai viola, sazie.
“Di cosa sa il mio sangue?” Ripetei.
“Sa di me...sa di noi” Rispose stupito.
Annuii
“Perché?”
Mi pose ancora quella
domanda, alla quale non risposi, se non con i gesti. La mia sete si era
placata, ma il mio cuore palpitava, così come il mio corpo,
mi sentivo ubriaca di lui, ubriaca di noi, del nostro peccato, del
nostro sporco e vile segreto...volevo amarlo...volevo macchiarmi di
colpe ancor più grandi. lo baciai con disperazione, le sue
mani cercarono le mie, poi la mia schiena poi le gambe. Ci trascinammo
verso il vecchio letto.
“Cosa stiamo facendo?” Domandò con il
fiato corto, gli occhi allucinati, spalancati.
“L’imperdonabile...l’imperdonabile...”
Ripetei ancora. Sbottonandogli la camicia e portandolo sopra di me.
“Yuki” Mi chiamò più volte,
mentre le sue mani divenivano avide sulla mia pelle, ora
così sensibile, mentre mi spogliavano del vestito che“l’altro”
mi aveva regalato. Sussurrò il mio nome anche quando le sue
dita mi esplorarono con dolcezza.
Odiami
Pregai dentro di me,
piangendo, spogliandolo degli ultimi indumenti, portando quel corpo
snello e perfetto sopra il mio.
Mi baciò, come se ogni tocco delle sue labbra sulla mia
pelle potesse guarire le ferite che portavamo nel cuore. Ed io mi
lasciavo baciare, mi lasciavo fare cose che mai avrei voluto lasciar
fare ad altri.
Ma volevo di più, bramavo la sua anima, volevo il suo odio
dentro, volevo bruciare con lui...lo afferrai per le spalle,
avvinghiando le gambe alla sua schiena.
Mi guardò intensamente, affondammo l’uno negli
occhi dell’altra, per così tanti minuti che mi
parvero ore, mentre i nostri corpi nudi e accaldati si stringevano in
un abbraccio sempre più impaziente. Mi carezzò la
fronte con dolcezza, ed anche il suo sguardo divenne più
rassicurante.
Chiusi gli occhi, i capelli sparsi sul cuscino, il cuore che impaziente
mi martellava nel petto, carico del mio e del suo sangue...
“Ti odio Zero...ti odio...per tutto
questo...Odiami...odiami” Piansi sommessamente, mentre le mie
dita si stringevano alle sue, mentre il mio seno premeva contro il suo
petto.
“Anche io ti amo Yuki” Rispose, mentre piano i nostri corpi si fondevano, mentre lo stupore per le sue parole mi riempiva la mente e un nuovo piacere risanava il mio corpo.
“Ti amo...Anche
se non devo...” Continuò a ripetermi, mentre i
suoi movimenti, così lenti, dolci, carichi d’amore
mi riempivano.
Lo strinsi forte a me, nascondendo il viso nell’incavo della
sua spalla, bagnandogli la pelle pallida, morbida, ora sudata, con le
mie lacrime... ed i suoi movimenti si fecero più forti, le
sue labbra premettero sulle mie, la lingua cercò la gemella,
le sue mani, le dita, le mie gambe strette attorno alla sua schiena
forte; ed in un attimo non c’eravamo più...
eravamo altrove, lontani, nostri.
Le mie, quelle gocce salate che non cessavano di rigarmi le guance
accaldate, erano lacrime di gioia...eravamo liberi e imperdonabili,
lì in quel letto spoglio, coperti da un vecchio lenzuolo,
imperdonabili mentre ci amavamo, mentre sospiravamo di piacere, mentre
i nostri corpi allacciati si muovevano in sincrono, ondeggiando verso
la condanna eterna.
“Ti amo Zero...” Gli dissi in un sospiro
più grande, mente un nuovo piacere mai provato mi costrinse
a baciarlo con più foga...ancora, e ancora e ancora....
Finche avessimo potuto odiarci così sarei stata
felice...perchè il suo odio più grande scaturiva
dalla colpa di cui si era macchiato, quella di amarmi, anche se non
poteva, anche se non avrebbe dovuto farlo...ma io volevo...volevo io
suo odio, perché l’amavo, nello stesso tremendo
imperdonabile modo.
Era
giusto così, che questo prologo finisse tra i capitoli di
questa fic...XD
spero che anche i capitoli successivi siano di vostro gradimento!!!
un saluto affettuoso
Allyn