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Autore: BlueMagic_96    18/01/2013    2 recensioni
Scommetto che anche voi, amanti dei licantropi, avete immaginato almeno una volta cosa potesse significare sentirsi come loro! Beh, in ogni caso io ci ho pensato spesso e ho immaginato anche come potrei sentirmi se dovessi provarlo sul serio ... così ho pensato di fare questa one-shot, DECISAMENTE DA TAGLIARSI LE VENE, per cercare di dedicare maggior spazio agli effetti collaterali della trasformazione! La maggior parte di noi pensa sempre agli aspetti positivi dell'essere licantropo, ma ci si sofferma poco su quelli negativi, così ho pensato di gettarmi e .... boh, BUONA LETTURA! :DD
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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‘Non puoi sapere com’è una cosa finchè non l’hai provata veramente!’
Chi non se l’è mai sentito dire?
Quelle parole mi rimbombavano nella testa come un mantra, turbando i miei pensieri.
Mamma …
Sì, era mia madre a ripetermelo in continuazione! Ricordavo bene il suo volto, la sua voce …

Erano passati solo tre giorni da quando ero stata morsa, eppure i ricordi che affioravano sembravano appartenere ad un’altra epoca, ad un’altra vita!
Erano così … umani.

La mia vita aveva preso una piega completamente inaspettata: non avevo mai pensato che potesse accadere sul serio!
Certo, mi ero sempre immaginata come potesse essere e spesso avevo desiderato provarlo sulla mia pelle, ma non ci avevo mai creduto fino in fondo.
Con la mia amica Jess, anche lei affascinata dal mondo soprannaturale, ci dicevamo spesso cose del tipo:
“Se mai dovessi essere morsa, ricordati di trasformarmi, mi raccomando!”
Ne ridevamo, facevamo finta di crederci , ma sapevamo entrambe che si trattava solo di leggende.
Spesso mi ero immaginata una realtà dove mutazioni e fenomeni paranormali fossero all’ordine del giorno e dove i personaggi dei libri e dei film prendessero vita.

Quando ne parlavo a mio fratello lui mi rispondeva  sempre:
“Tutti quei libri su licantropi e vampiri ti danno alla testa! Insomma, a me fanno solo pena:deve essere uno schifo non potersi più fidare di se stessi e doversi allontanare dalla propria vita! E per cosa, poi?! Per trasformarsi in una sbavante bestia pelosa o in un allampanato succhiasangue? No grazie!”

Nonostante le sue parole, spesso la mia mente era attraversata da altri pensieri:
“Quanto darei per poter essere una di loro, anche solo per un giorno! Quanto darei per sapere che esistono sul serio!” spesso mi ero addormentata con questi desideri,
guardando le stelle dalla finestra della mia camera, come a cercare conferma nel silenzio della notte.

Ora  quelle stesse stelle potevo vederle sotto una luce diversa, tra le fronde degli alberi che mi circondavano.
Ora riuscivo a distinguerle tutte e a percepire l’intensità della loro luce, così come percepivo il pungente profumo della resina di pino, che colava dai tronchi scuri.
Ora era tutto diverso: le mie preghiere erano state esaudite.

Per quasi due giorni ero rimasta nel bosco, in preda agli spasmi: le mie ossa si spezzavano e si ricomponevano senza sosta, emettendo suoni agghiaccianti che riecheggiavano fra la trama di rami spogli.
Ero quasi impazzita: nei film era molto più semplice e meno doloroso!
Non avevo mai pensato alla trasformazione sotto quel punto di vista.
Avevo passato due giorni di pura agonia e terrore, pensando di morire, sperando che accadesse!
Alla fine, però, il lupo aveva avuto la meglio.

Domande su domande mi avevano assalito sin da subito e ancora mi assalivano: cosa avrei fatto, quanto sarei rimasta lupo, cosa significava per me tutto quello …?
 Avevo cominciato a camminare senza meta, sperando che qualche risposta mi si presentasse davanti, ma ben presto avevo dovuto abbandonare le angosce per dedicarmi a qualcosa di più importante: sopravvivere.
Mi era bastato poco per capire cosa fare: seguire l’istinto, cacciare.
La fame me lo imponeva, la libertà, la vita.

Ora l’unico rumore della foresta era prodotto delle mie zampe sul sentiero innevato: la neve ammortizzava il mio passo, rendendolo ancora più leggero di quanto non fosse naturalmente.
Il vento accompagnava la mia corsa, spingendomi a correre più veloce, come a gareggiare contro di lui.
E’ mio amico.
Potevo sentirlo farsi strada fra i morbidi peli del mio manto e fischiarmi tra le orecchie.
Tutto quello che fino a tre giorni prima era stato solo un sogno, tutto quello che avevo solo potuto immaginare, lo stavo vivendo sulla mia pelle..

Ricordo che in quarta elementare la scuola ci portò allo zoo e quando passammo davanti al recinto dei lupi rimasi lì davanti, come ipnotizzata, perdendo il resto della comitiva; ero troppo assorta a cercare macchie di pelliccia fra le fronde dei cespugli per accorgermi di essere rimasta indietro, e non ebbi paura neanche un secondo.
 La maestra mi ritrovò lì, due ore dopo, attaccata al vetro nella speranza di vedere una di quelle affascinanti creature. E la vidi.

Mi ricordo che proprio mentre mi trascinavano via uno di loro, dal pelo bianco e grigio, uscì fuori da un cespuglio e mi fissò con i suoi grandi occhi ambrati.
Da quel giorno erano diventati la mia passione: avevo cominciato a leggere libri su di loro, a guardare documentari e ad appassionarmi al loro stile di vita; creature bellissime, forti ed equilibrate in grado di convivere in pace, senza necessariamente uccidersi, a differenza dell’uomo.

Chi avrebbe mai pensato che in futuro mi sarei ritrovata in quegli occhi gialli e ferini?
Avevo sempre pensato che essere lupi dovesse essere un’esperienza indimenticabile, e in un certo senso lo era!
Purtroppo, però, non era come immaginavo: smarrimento, solitudine, disperazione, rabbia … tutto  provocava in me una malsana sensazione di estraneità e inadeguatezza.
Avevo paura e volevo tornare a casa dalla mia famiglia, spiegare loro quel che era successo e trovare insieme a loro una soluzione.
Non potevo immaginare di separarmi da loro!
Sì, sarei tornata e avremo risolto quella cosa insieme, ma prima dovevo sfamare i miei istinti animali: qualcosa mi diceva che era l’unico modo per riacquistare il controllo del mio corpo!

Quella nuova convinzione mi diede la forza di abbandonare l’angoscia definitivamente e dedicarmi a ciò che era necessario.
Non importava più nulla se non l’istinto del mio nuovo spirito.
Perché sto correndo? Ah, giusto. La caccia.

Correvo, l’ebbrezza della caccia mi dava  la forza di non pensare, di limitarmi a correre e saggiare il terreno sotto il soffice manto di neve.
Percepivo la paura della mia preda, me ne nutrivo, facendone il mio carburante: il battito accelerato del suo cuore, il respiro affannato che si condensava davanti ai miei occhi, lo scricchiolio delle articolazioni sotto eccessivo sforzo.
Avevo scelto bene la mia preda: vecchia e malata. Sarebbe stato facile abbatterla.

Riuscivo già a sentire le mie possenti mandibole stringere la presa intorno alla sua gola, le mie zanne raggiungere la giugulare e macchiarsi del sangue caldo e scuro che sgorgava lento fra le mie fauci.

Un balzo. Un balzo che durò un’eternità.
Un balzo che mi rubò l’eternità.
Caddi pesantemente a terra con un guaito sommesso.
Sono stata io ad uggiolare? Perché …?

Cercai di rialzarmi ma la neve si era fatta appiccicosa e l’aria più fredda del solito.
Abbassai gli occhi d’ambra e con uno sforzo mi tirai in piedi: fra le mie zampe la neve era diventata scura, come un piccolo specchio di notte.
Il mio olfatto mi disse che si trattava di sangue: Quindi l’ho preso? Ho abbattuto la mia preda!
Ma della cerbiatta che stavo rincorrendo fino ad un attimo prima erano rimaste solo le impronte sul manto nevoso, misto ad aghi di pino.
La vista si appannò, e i sensi persero la loro efficacia : non capivo.
Ricaddi a terra, priva di forze, senza capirne il motivo.

La paura si impossessò di me: ora era il mio cuore ad accelerare il battito, il mio respiro a farsi affannoso.
Il mio udito ovattato percepì delle urla concitate alle mie spalle: urla umane ed incomprensibili.
Il tempo perse il suo ritmo e avanzò imperfetto in quegli istanti di gelo, finchè un volto, un volto pulito e segnato dal dolore, si frappose fra i miei occhi e le stelle: Sam.

Fratellino.

Era venuto per riportarmi a casa! Mi aveva trovata! Volevo corrergli incontro e abbracciarlo, dirgli quanto gli volevo bene:nel suo sguardo, però, c’era qualcosa di sbagliato
Rabbia, furore, disprezzo e soprattutto morte.

“Sam! Sam, perché mi guardi così?! So che sei arrabbiato, ti prometto che non ti abbandonerò più! Ho capito quello che intendevi: essere lupi è stato bellissimo, e non dimenticherò mai queste sensazioni, ma il mio posto non è il bosco! Il mio posto è a casa! Non posso vivere lontana dalla mia famiglia, dai miei amici, abbandonando tutto quello per cui ho vissuto fino adesso! Portami a casa, Sam, ho freddo! ”

Mio fratello continuava a guardarmi come se non avessi detto nulla e solo allora capii che non poteva capire ciò che gli dicevo.
Lo vidi puntarmi contro qualcosa di scuro e metallico: mi ci volle qualche secondo per capire che si trattava della canna di un fucile.
“Metti giù quella cosa! Sai che non puoi usarlo, è pericoloso, mamma si arrabbierà!”

Lo vidi muovere le labbra scandendo le parole con una determinazione spaventosa: quelle parole, però, non riuscii mai a capirle. Non capii le sue intenzioni finchè non lo vidi premere il grilletto, senza alcuna remora.

Aveva visto un lupo mordermi e trascinarmi nel bosco. Non poteva sapere che ora ero un lupo anche io e che presto  sarei tornata a casa da lui.
Non poteva sapere che ero viva ed ero ancora io sotto quella candida pelliccia.
Nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo.

Volevo solo saziare la mia curiosità e nutrire i miei sogni di speranza.
Tutto quello in cui avevo creduto era vero: i licantropi esistevano e forse anche i vampiri e i fantasmi e tutti i personaggi dei libri che avevo letto; pensavo di desiderare questo per la mia vita, ma avevo capito che era un desiderio sbagliato.

I miei sogni mi avevano portato alla morte, ma ne era davvero valsa la pena?
Forse sì, forse no.

‘Non puoi sapere com’è una cosa finchè non l’hai provata veramente!’
Ho provato, mamma, e ho capito. Ma è troppo tardi.

Questi furono i miei ultimi pensieri, prima di spalancare gli occhi su quelle fiammelle bianche nel cielo e raggiungerle sospinta da ululati lontani.




Scusate ancora la melodrammaticità della cosa: quando ho cominciato a scrivere avevo in mente un'altra cosa e all'ultimo momento la malinconia mi ha fatto trasfornare tutto in un 'dramma familiare' XD
Spero che in ogni caso vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!

Ciao a tuttiiiiiiii,

Ilaria;)
  
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