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Autore: giustino pavesino    18/01/2013    2 recensioni
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«Tu, alza il culo da quella fottuta sedia, ora»
Non aspettavo altro.
Iniziai a canticchiare qualcosa nell'attesa della prossima mossa e non fui affatto sorpresa nel scoprire che, il ragazzo che poco prima mi aveva minacciato era proprio uno dei giocatori di basket.
«Sai, a me non piace aspettare» mi si piazzò davanti e incrociò le braccia.
Abbastanza alto, magro, biondo e con un bel fisico, cosa che mi fece divertire ancora di più.
«Sei qui da un solo giorno, fossi in te non rischierei»
Lo guardai inarcando un sopracciglio e mi venne istintivamente da ridere poiché non sapeva che a rischiare fosse lui.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.

«Allora, ti trovi bene qui?» chiusi il libro ingiallito e ci legai attorno il cordoncino, poggiandolo sulla pelle bianca e ruvida del divano.
«Si, è tranquilla, e poi la gente è simpatica»
Ah, no. Non sono ancora uscita di casa.
«Jenny» ridacchiò mia zia, le feci una smorfia e mi alzai prendendo la tazza bollente dal bancone.
«Okay, scherzavo, ma non posso cambiare scuola cinque volte all'anno»
Picchiettai l'unghia dell'indice smaltata di nero contro la ceramica rossiccia della tazza e bevvi parte del tè caldo contenuto in essa.
«Lo so, credevo di aiutarti. Lauren ha sempre voluto questo» la guardai inarcando un sopracciglio e sputacchiai del tè.
«Zia, sono venuta qui per ricominciare. Non sarò la ragazza con la madre dall'altra parte del mondo e cresciuta senza padre, sarò Jenny e basta» afferrai lo zaino imbrattato di scritte dall'angolo della stanza e lo poggiai sulla spalla destra, raccogliendo i capelli biondi e lisci in un'unica parte facendoli aderire proprio dove poco prima avevo messo la cartella.
Mentre stavo per uscire di casa, però, fui fermata.
«Aspetta, ti ci accompagno io a scuola» sgranai gli occhi e la guardai in cagnesco.
«Ho diciassette.fottuti.anni» tesi una mano verso di lei come per fermarla.
«Stop. Non muoverti, vado da sola»
Tentai invano, poiché insistette a tal punto che mi arresi e le permisi di accompagnarmi.
Durante il tragitto nessuna delle due spicciò parola e fu meglio, d'altronde non c'era nulla di importante di cui parlare, e se c'era una cosa che odiavo era quella di rivolgermi a qualcuno, indipendentemente se fosse mia zia o un semplice amico.
Le feci fermare l'auto prima che entrasse nel cortile della scuola e dopo averla salutata mi avviai alla segreteria.
«Lei è?» domandò annoiata la signora – probabilmente sulla sessantina d'anni se non di più – staccando un fogliettino bianco dal blocco posto sulla scrivania.
«Jenny, Jenny Davies» sussurrai flebile.
«Tenga» mi porse il fogliettino dopo averci scritto della roba su, probabilmente classe, combinazione dell'armadietto e cazzate varie e mi diede l'indicazione per la classe.
«Svolti il corridoio sulla destra, l'ultima porta in fondo»
«La ringrazio» mi aggiustai meglio la cartella sulla spalla e feci come mi disse.
Le pareti erano bianche così come gli armadietti, le porte ed ogni minimo particolare, tant'è che inizialmente pensai di essermi sbagliata e di esser entrata in un ospedale.
Sorvolai e attraversai il corridoio strisciando gli stivali neri e di pelle sul pavimento emettendo un rumore stridulo, e accartocciai il foglietto buttandolo nel cestino di acciaio che si trovava a pochi metri dall'armadietto.
Senza servirmi della combinazione feci forza e tirai l'anta aprendola senza ostacoli, ci posai alcuni libri e la richiusi avviandomi verso la classe in cui avrei – purtroppo – passato il resto della mia vita a meno che non mi sarei trasferita l'ennesima volta, cosa molto probabile seppur contro la mia volontà.
Feci pressione sulla maniglia dorata e aprii lentamente la porta.
La professoressa che precedentemente spiegava la lezione si fermò di colpo e mi rivolse uno sguardo interrogativo.
«La segretaria mi ha detto che è questa la classe» affermai, incurvando le labbra verso sinistra e accennando un sorriso.
«Ah, giusto. Benvenuta cara» poggiò una mano sulla mia schiena e mi piazzò al centro della classe.
«Presentati, avanti» mi incitò, feci una smorfia e schioccai la lingua.
«Uhm, ciao?» le rivolsi uno sguardo di sfida e mi girai nuovamente verso la classe.
«Può bastare» sospirò, mi diede una leggera spinta e a quel punto feci un colpetto di tosse e presi la sua mano togliendola dalla mia spalla.
Mi maledissi per la mia tanta insistenza a voler rimanere in quella stupida cittadina nonostante ci fossi da solo due giorni e occupai un posto in prima fila.
Tuttavia gli occhi puntati su di me per tutta la durata della lezione non mi infastidirono, e quando alle 11:30 precise ero già in mensa pronta ad occupare uno dei tavoli usati dalle cheerleader e dai giocatori di basket nemmeno un briciolo di timore attraversò il mio corpo.
Strisciai una delle sedie giallo senape sul pavimento bianco e dalle mattonelle lucide e mi ci sedetti sopra poggiando i piedi sul tavolo interamente libero, facendo passare alcuni minuti.
«Tu, alza il culo da quella fottuta sedia, ora»
Non aspettavo altro.
Iniziai a canticchiare qualcosa nell'attesa della prossima mossa e non fui affatto sorpresa nel scoprire che, il ragazzo che poco prima mi aveva minacciato era proprio uno dei giocatori di basket.
«Sai, a me non piace aspettare» mi si piazzò davanti e incrociò le braccia.
Abbastanza alto, magro, biondo e con un bel fisico, cosa che mi fece divertire ancora di più.
«Sei qui da un solo giorno, fossi in te non rischierei»
Lo guardai inarcando un sopracciglio e mi venne istintivamente da ridere poiché non sapeva che a rischiare fosse lui.

 

Aloha!
salve salvino ragazze (?)
ho iniziato a scrivere questo capitolo un paio di giorni fa ed ero sempre nel dubbio se pubblicarlo o meno ma alla fine mi son decisa quindi eccomi qui :)
non so se continuarla perchè onestamente non so nemmeno se potrebbe interessare a qualcuno, quindi vi chiedo di lasciarmi una recensione anche piccola e farmi sapere
e niente, alla prossima spero!
Jade

  
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