Errori
occasionali: Zeno, mago errante
Il
brillio giallastro delle lampade pendenti non riusciva a balenare in
quel posto, il posto in cui Zeno era ritto, in attesa, con un
bicchiere di rosso in mano. Niente brezza disequilibrava la sua
criniera azzurrina, né alcun bagliore era riflesso sulla sua
bautta dorata.
Solo nel cupo fuio rabbuiato, udiva i suoni di
sguazzi e tintinni distanti.
Non unirsi agli astanti e ai
discussori, ma linfatismo.
Perché
non ci riesco, a dimenticarmi di quel guaio?
.
Sorseggiò
altro romania, sperando in un leteo disuso.
Inutile, inutile
misconoscere il proprio passato: quelle parole, più fonemi che
parole nella sua bocca di bimbo, enunciate con ardore.
“Cresciuto,
sarò un celebre stregone!”
Zeno
udì una voce interiore consigliargli di obbedirle per il suo
proprio benessere.
La
finestra: serrala, come se stessi assopendoti... Non pensare...
Lascia l'aria traspirare anaciclicamente in te...
Gli
occhi di Zeno, come mossi da una forza esterna, conclusero, e Zeno,
per quanto consistesse, niente poteva concretare. Il fiato sempre più
frequente e cadenzato al contacio bizantino.
Vide, udì,
sentì niente. Aperti gli occhi, realizzò di trovarsi
nel nulla assoluto.
La voce accodomatizia una volta ancora
udibile.
Sempre in sogno, come un
fanciullo...
Il vuoto, lentamente, s'incolo e Zeno vide un fanciullo leggere un tomo. Realizzò d'aver desiderato di divenire quel ch'era per molto tempo. Apprendendo da temari quanti più sortilegi e elaborati alchemici, sin dall'infanzia, l'avrebbe agevolato. Qualunque tipo di trucco del mestiere, pur di intrannere ed intrattenersi.
La
legge attrattiva è nel vero: prima o poi qualcosa ne
risulterà.
Zeno rammentò il giorno più
felice della propria vita: era un cherubino, e fu iscritto dai suoi
grandiosi alla Gilda Maga, nella quale, spinto dalla curiosità,
proseguì brillantemente i suoi studi.
Giorno e notte, senza
tregua, ignorando spesso i ritrovi socievoli.
In soli tre anni, i
risultati erano evidenti: fu encomiato con l'appellativo di “Astro
Nascente” dati i suoi risultati.
La vita è
un'ingranaggio, nevvero? Delle volte ci sei sopra, delle volte ci sei
abbasso.
Zeno vide se stesso percorrere una vasta landa. Si
fermava in cittadine e paesi, cacciando carte e spade da una scatola
oscura in cui avrebbe rinchiuso l'audace volontario, vittima dei suoi
incantesimi:
L'uomo più gaudente al mondo, durante la
diffusione della voce secondo cui v'era un incredibile mago vagabondo
nelle terre locali... se non fosse stato per un solo errore. Uno
soltanto, fatale, scarnificante a vita, impossibile da cauterizzare,
tanto fatale da obbligarlo a celarsi.
Quando tutto prosegue
incontaminato, non ci si attende, in genere, un fallo?
Zeno
voltò il proprio capo e trovò innanzi a se un
arcobaleno e, piano piano, ecco un palcoscenico in una piazza, e lui
lì, richiedente un bravo volonteroso.
Il proprio puntello
dalla manica del camiciotto e lo scuotimento ordinario, più la
comparsa di anelli infuocati intorno la fanciulla.
La folla
esultante per il trucco eccellente e plausibile.
Come ci si
sente quando si commette un errore tanto imponente?
“Svanisci!”
Le
parole echeggiarono nella mente di Zeno: le ultime parole pronunciate
durante lo spettacolo.
Momenti dopo, l'esplosione focosa,
raccerchiante tutto il campo visivo con il risultato fumo
grigiastro.
Quando il fumo sbiadì, il suo io esteriore
osservò la folla. Erano sbalorditi, e il suo riflesso mentale
pensò ch'essi fossero in procinto di esultare, se non che i
loro volti mutarono in visucci. Tremolò, neache si trovasse
tra gli algidi ghiacci polari. Non volle pensare al peggio, ma si
voltò, e scorse la dotta prima per un maliardo: la fanciulla,
la volontaria, atterrato e carbonizzato.
Un solo problema,
ed ora, tanti disturbi vitali?
Repentino. Innanzi a lui,
come se tutto fosse materializzatosi in vero.
Verso di lui
avanzavano, denti digrignati e pugni chiusi.
Zeno ebbe capito
istantaneamente dell'uccisione di una volontaria, ma come avrebbe
potuto spiegare loro si trattasse d'un incidente?
Nessuno
l'avrebbe creduto ed infatti l'avrebbero sentenziato.
Ebbe un
sussulto energetico nell'istante in cui coloro cominciarono ad
avanzare e si voltò e saltò, volando verso i cieli
impolverati per mai tornare – si ricordi che costui pur sempre
è un mago.
Sarebbe stato meglio rimanere e considerare
l'accaduto?
Zero vide se stesso vorticare nell'aria e
combattere una tempesta comparsa d'immediato. Continuava a fluttuare,
sebbene i costanti fischi e soffi violenti.
Quasi un giorno di
volo per sfuggire dalle terre dell'arcipelago, ed i suoi avversari
naturali non lo postergavano per un solo istante.
Finalmente,
l'acquazzone mutò in acquavento e, potendosi addiacciare,
scoprì d'esser privo d'energia, e collassò,
impossibilitato al rialzo. Il suo completo eburneo inzaccherato,
foglioline appiccicate alle zacchere melmose e lui, morente, degente,
sottano.
Niente gli era possibile, se non attendere nella grazia
delle entità superiori. Per un assassino come lui,
probabilmente, di grazia non ne sarebbe stata elargita.
Come
ti sentisti dopo quella fuga? Fosti trovato da uomini appartenenti al
gruppo di facinorosi vendicatori?
Zeno sapeva di rischiare
la morte ogni minuto passato, quando vide, distanti, un uomo ed una
donna avvicinarglisi. Poteva finalmente esser tratto in salvo. Ma il
terrore sempre ostacolava la sua mente.
Sarebbe morto, se coloro
fossero appartenuti alla folla inferocita, sebbene fosse improbabile,
data la distanza volata.
Come si comportarono nei tuoi
riguardi?
Zeno
vide l'uomo caricarlo su di una bagnarola, sulla quale fu assiedato
su una delle assi legnose e coperto con un vasto panno lanoso. La
visione oscurata una volta ancora.
Ed
in seguito?
Quando
si svegliò, indossava un pigiama e giaceva in un letto.
Il
soffitto, le mura, il pavimento: lignei. Giacque lì,
attendente, ma poi udì. Riuscì ad alzarsi,
incuriositosi, ma non poteva, indebolito, reggersi troppo in piedi.
Si resse grazia ad un batacchio legnoso e vide l'uomo e la
donna: l'uomo abbassò il capo un poco.
Ricordi
di che discussero?
Improvvisa
fu la comprensione delle loro parole.
“Già
ritornato tra noi, Dottore? Cos'è successo?” - la voce
di donna s'esprimette.
“Una mia paziente è morta per
via di uno choc anafilattico...” - la voce rattristata, virile,
rispose.
“Come? E' la prima volta che da lei odo una simile
notizia...”
“E' colpa mia; non avrei dovuto
prescrivere della penicillina per lei”
“Seriamente,
dottore, come poteva sapere lei della sua allergia per
l'antibiotico?”
Le loro voci svanirono e l'oscurità
inghiottì tutto nuovamente e la voce muliebre atticizzò
lui una volta ancora.
Anni fa accadde; ora hai visto di tutto
e di più. Comprendi, finalmente, l'importanza della
rimembranza?
Zeno scosse il capo.
“Qualche
chiarimento?”
Nessuno
è perfetto.
“Prego?”
Gli uomini sono
esseri viventi imperfetti e non importa quanto possenti essi siano:
commetteranno un errore prima o poi.
Silenzio.
Sei
umano, non puoi sfuggire dagli errori. Un giorno fosti ricoverato e
richiedesti una bautta per celarti, nevvero?
“Sicuro”
Non
riuscisti a perdonarti. L'unico sistema efficiente per convivere con
il ricordo di gravi errori e amare te stesso. Zeno: se commetti
errori fatali, non incolparti del tutto.
Una
pausa.
Momenti dopo, Zeno chiuse nuovamente gli occhi.
“Credo
dia comprendere”
Eccellente.
Svegliati ed adopera quanto appreso. In pochi istanti, non sarai più
ipnotizzato.... Il vuoto svanirà... la realtà presto si
materializzerà...
La
voce svanì, sempre più fievole, finché scomparve
del tutto.
Zeno udì la salva del legno misero sempre più
ampio. Effluvi di vino e birra intensificati. Aperti gli occhi,
constatò la presenza di numerosi tavoli, ed altrettanti ospiti
della taverna, in continuo fermento.
Realizzando d'aver ancora
in mano il miolo avvinazzato, s'appropinquò al bancone, sul
quale ebbe poggiatovi il bicchiere.
“Hai finito di
centellinare, Zeno? Eppure, il bicchiere è ancora mezzo pieno”
- la voce di donna espresse e Zeno si voltò verso la
fonte.
Una delle numerose, giovani ed avvenenti cameriere l'ebbe
appellato.
“Esatto” - replicò –
“preferirei desistere dal bere, per il momento...”
“Inusuale,
per un bevitore come te...” - ed ella afferrò il
bicchiere mezzo pieno.
Durante l'agguantamento del bicchiere, ella
perse l'equilibrio, come smossa da una natura estranea, e, nonostante
la salda presa del bicchiere, rischiante di cascare a terra e
frantumarsi in cocci, parte del vino fu versata sugli stivali
pregiati di Zeno.
“Chiedo venia, Zeno!” - sussultò
la donna giovane.
“Nessuno è perfetto, gli errori
capitano...”