COKE,
MILK, COFFEE AND LIME.
“OVERTURE”
Ero in macchina. Da solo. Con mio padre. A quel tempo che ci fosse
stato mio padre con me non avrebbe cambiato tanto le cose. Diciamo che ero
solo. Avrò avuto sui 16 anni. Stava guidando sulla tangenziale di Milano per
raggiungere chissà quale ristorante dove ci sarebbe stata una riunione di
parenti. Non ho mai parlato tanto di me con mio padre. Ho sempre avuto la
sensazione che lui continuasse a considerarmi il suo
bambino di anni 6. Un bambino di 6 anni non parla col papà di sé stesso.
Comunque…
Non so perché. Non so se dipendesse dal
giorno: una grigia giornata settembrina. Non so se dipendesse
dal fatto che eravamo soli. O dal fatto che la sera prima si fosse preparato il
discorso da farmi. Veramente, non mi importa. La cosa importante è che mio
padre incominciò a parlare delle “ragazze”. All’inizio di quel discorso alzai
un sopraciglio. Mio padre non osò mai prima di quel momento iniziare un
discorso per lui così “spinoso”. Non mi fece domande. Si limitò a raccontarmi
la sua esperienza. Della ragazza con cui la prima volta fece “all’amore”,
espressione usata con un poco di rossore sulle guance e con quel tono da innocente
e sobria vergogna. Non ricordo molto bene come continuò il discorso, ma durò
una buona oretta. Una cosa sola ricordo. Stampata per l’eternità nella mia
mente:
“Le ragazze e i ragazzi… Sono un
po’ come la coca cola, il latte, il caffè e il limone. La coca cola col limone
è buona, ma con il latte è cattiva. Ugualmente il caffè col limone non è buono mentre il latte sta molto bene con il caffè. Allo
stesso molto non sempre tutti i ragazzi stanno bene con tutte le ragazze. Può
capitare che due persone non stiano bene insieme… Mi piace questo esempio,
rende bene l’idea!”
Cosa? Cioè… Tu mi stai venendo a dire che racconti a tuo figlio
sedicenne che non tutte le ragazze la danno a tutti i
ragazzi che gliela chiedono? E… davvero non ti è mai passato per la mente che
tuo figlio sedicenne se ne fosse già accorto? E vai
anche fiero del tuo esempio?! Forse complice di questa
ingenua malattia è il fatto che mio padre è separato da mia madre da quando ero piccolo, e che non vivo con lui. Ma di sicuro
non giustifica una cosa del genere.
Eppure, che lo crediate o no, una cosa così banale ti fa pensare.
Perché, nonostante sia una cosa ingenua, tratta un argomento profondo, forse il
più profondo, incasinato e difficoltoso che un essere vivente possa incontrare.
L’Amore. Può sembrare un cliché, ma è proprio così: L’Amore è una cosa grande.
Più grande di noi. Almeno il doppio di noi. Una parte di noi non vorrebbe mai
averlo incontrato, l’altra non vorrebbe mai che le cose fossero andate in modo
diverso. Una parte di noi si domanda “Perché mi sono innamorato proprio di
quella persona?”, mentre l’altra si domanda “Come avrei
potuto innamorarmi di una persona diversa?”. Non si può amare qualcuno
veramente se non si impara anche ad odiare quel
qualcuno. Forse è una cosa così negativa che distingue la mera lussuria dall’amore
puro. Ciò che distingue il solo amore del corpo dall’amore della persona che lo
possiede. Sono convinto che la frase “mi sono innamorato di lei” sia stata
usata fin troppe volte impropriamente. Sono poche le persone che la possono
usare per descrivere ciò che provano. Dopo tutto
essere veramente innamorati non è cosa da molti. È una cosa che solo poche
persone sanno sopportare.
Forse con presunzione affermo di essere una di quelle persone che
possono tranquillamente usare la frase “mi sono innamorato di te” in modo
proprio. Ho conosciuto solo un’altra persona che lo potesse
giustamente affermare. Una mia amica. Noi ci capivamo. Ci consolavamo a
vicenda. Pensavamo l’uno ai problemi dell’altra per non pensare ai propri.
Notavamo molte cose che facevamo in modo speculare senza saperlo. E ci
chiedevamo tutti e due la stessa cosa:
“Perchè la coca cola doveva
innamorarsi del latte e il caffè del limone?”.