Non
so dopo quanto tempo io e Kurt abbiamo trovato la forza di alzarci da
quel pavimento sporco e lasciare quella stanza intrisa di tristezza e
morte dove Finn era ridotto ormai all'ombra di se stesso. Mi fa
tantissima pena e davvero, darei qualsiasi cosa per aiutarlo, ma
ormai è andato. Non posso farci niente. Devo concentrarmi su
Kurt,
perché lui può ancora essere portato via da
questa maledetta
voragine. So che è ancora in tempo per tornare una persona
normale.
So anche che mi sto illudendo nel più patetico dei modi.
Risaliamo
in casa, spuntando direttamente nella sua camera da letto. Kurt si
stacca da me e si mette in ginocchio al centro del materasso. Chiude
gli occhi e rimane lì, immobile, i vestiti scuri a contrasto
con la
pelle bianca, mentre le lenzuola attorno a lui sono blu marino. E'
come se fosse circondato dal mare in tempesta, dalle onde impetuose
pronte a sommergerlo e affogarlo.
Quella visione mi fa tanta
impressione che non riesco a trattenermi dal raggiungerlo, camminando
goffamente sulle ginocchia sul letto, fino a cingerlo tra le mie
braccia più forte che posso. Lui affonda il volto
nell'incavo del
mio collo.
« Per cosa vivo? »
« Kurt, no... »
«
Blaine. Davvero. Cosa mi resta? Ho perso mia madre, ho perso mio
padre, Brian, e ora pure Finn. Non riuscirà più a
riprendersi, lo
sai? Il suo cervello è andato. Forse non è mai
stato molto sano, se
ha acconsentito a questa follia. » Fa una pausa, poi
riprende, una
traccia di ironia nella sua voce. « In realtà, se
la mettiamo in
questi termini, neanche io lo sono poi tanto. Dopotutto ero io che
gli procuravo i corpi. »
« Non è troppo tardi, Kurt ». Mi
allontano un po' in modo da guardarlo, ma lui scivola dalle mie
braccia e si siede sul letto a gambe incrociate. « Possiamo
uscire
da questa situazione, io e te. Puoi... puoi vedere uno specialista, e
poi potremmo ricominciare una nuova vita. »
« Mi stai dicendo
di andare da uno psichiatra? »
« Perché no? Non c'è niente
di male, Kurt. Ne hai passate così tante... è una
fortuna che tu
sia ancora qui. Una volta mi hai detto che ti piaceva cantare;
ricordi? Magari potresti ricominciare. Potremmo ricominciare insieme.
Potrai aver perso molto, ma io sono qui. »
Lo guardo più
intensamente possibile, cercando di fargli arrivare un minimo dei
miei sentimenti.
« Hai ancora me. » sussurro, e in questo
momento gli sto dicendo molto più di questo. Lo sto pregando
di non
andare, di non lasciarmi. Di continuare a combattere, anche se
è
stanco di farlo. Per me.
Kurt
sembra capirlo e mi bacia all'altezza dell'ombelico, dolcemente.
« Cosa ho fatto per meritarmi qualcuno come te? »
Non rispondo,
ma abbasso la testa e affondo il viso nei suoi capelli soffici.
Rimaniamo così per un po', finché Kurt non stacca
la testa e mi
slaccia la cintura, piano. Sospiro, aspetto che finisca, poi gli
prendo il mento per alzargli il volto e le nostre labbra si
incontrano. Le sue sono salate e gonfie di sangue, e in qualche
maniera più irresistibili che mai. Kurt si sdraia sulla
schiena e
nel frattempo mi abbassa i pantaloni, mentre io faccio scivolare le
mani sul suo petto sollevandogli la maglietta e lasciando una scia di
baci lungo la linea degli addominali. Kurt inarca la schiena e si
lascia sfuggire un gemito. Ha gli occhi chiusi e il volto
indecifrabile; non ho idea di cosa stia pensando. Cosa può
passare
per la testa a un uomo che si è visto portare via
così tanto? Forse
sono un egoista a pensare che la mia sola presenza riesca a
rischiarare tutte le tenebre che si porta dentro.
Continuo
a dedicarmi al suo corpo, senza fretta, assaporandolo interamente.
Voglio che si senta amato, che si senta voluto, che si senta giusto,
almeno per poco.
« Sei bellissimo » sussurro, guardando
l'uomo finalmente nudo sotto di me.
Kurt apre gli occhi e fa un
sorriso triste. « Non è vero, ma apprezzo.
»
« Beh, lo sei
per me. ». Sono a cavalcioni sopra di lui e gli prendo il
viso tra
le mani. « Ti amo. »
« Ti amo anche io. Per quello che vale.
»
Sbatto le palpebre, confuso.
« Non sono sicuro di essere
la persona giusta per te, Blaine. »
Mi metto eretto, guardandolo
addolorato. « Cosa? »
« Per favore, Blaine. Non farmelo
ripetere. »
« Perché non possiamo darci una
possibilità,
Kurt? »
« Perché io non ce la faccio più!
» singhiozza, per
poi coprirsi il volto con le mani. « Come pensi che possa
continuare a vivere come se niente fosse dopo tutto quello che ho
fatto? Dopo tutte le vite che ho contribuito a togliere? Non posso
far finta che non sia mai successo, Blaine. Tutto questo mi sta
distruggendo. Non mi sento più io. Non sento niente. Sono
come una
conchiglia vuota. »
Alza il suo sguardo da cerbiatto su di me,
guardandomi attraverso le fessure tra le dita. « Rimangono
solo due
sensazioni: l'odio verso di me è la prima, quella che mi sta
schiacciando. Ma l'amore verso di te è quella che mi da la
speranza
che forse qualcosa di umano c'è ancora in me. E questo
mi
basta. Non posso chiedere nient'altro, capisci? »
Non ci riesco.
Gli strappo le dita dal viso e mi getto su di lui, cercandolo
disperatamente, provando ad annullarmi dentro di lui. Spingo
più a
fondo, pregando con tutte le mie forze di riuscire a fondermi con
lui, cosicché non potremmo mai più essere
separati. Sento che sto
per perderlo, e non voglio.
Kurt mi circonda la schiena con le
braccia mentre io mi muovo dentro di lui con una violenza che ha
tutto della disperazione e niente dell'amore che volevo dargli
all'inizio. Mi culla finché non mi calmo e non mi consumo in
singhiozzi contro il suo petto. Lui mi accarezza i capelli,
affondandoci le dita.
« Sai cosa fare, domani mattina. Non è
vero, Blaine? »
« No... Kurt, ti prego... »
« No,
Blaine, io ti prego. Se mi ami, fallo per me. Ho
bisogno di
aiuto. Ho bisogno di scontare la mia pena. Ne ho bisogno, se voglio
continuare a vivere con me stesso. »
Un altro singhiozzo ancora
più forte mi scuote tutto, e Kurt mi abbraccia ancora
più forte.
« Lo farai, Blaine? Per me? »
Mi prendo il mio tempo, infine
annuisco contro la sua pelle calda. « Per noi. »
« Grazie. »
« Ti amo. »
« Anche io. Per quello che vale. »
«
Vale eccome. Il tuo amore è tutto quello che mi serve, ora.
»
Rimaniamo così, stretti l'uno contro l'altro, a fare l'amore
abbracciati. Senza più fretta, senza bramosia, semplicemente
due
pezzi perfettamente incastrati e completi.
Quando mi sveglio è
mattino presto e mi ritrovo Kurt tra le braccia. Non ho idea di
quando le nostre posizioni si siano invertite, fatto sta che ora sono
io che lo cullo mentre lui è disteso su un fianco,
raggomitolato su
di me., le nostre gambe intrecciate. Sembra quasi sereno. Vorrei
vederlo sempre così.
Sospiro. Per un attimo mi ero davvero illuso
che potessimo ricominciare insieme come se niente fosse. Ovviamente
sono stato di nuovo l'egoista di sempre. Ho pensato alla mia
felicità, ma non mi è importato di come lui
avrebbe potuto sentirsi
senza pagare per quello che ha contribuito a fare.
E' così bello
e sincero anche nel torto, e tutta questa perfezione mi fa stare
male. Il fatto che capisca che ha bisogno di aiuto è un
gigantesco
passo avanti. Ma non riuscirà mai a varcare la soglia da
solo. Per
questo ha chiesto a me di farlo.
Mi ci vogliono altre due ore per
prendere una decisione. In realtà sono convinto che non
basterebbe
una vita intera, ma dopo aver guardato Kurt nel sonno, con
quell'espressione quasi felice sul suo bellissimo viso, mi
decido.
Sveglierò Kurt, gli preparerò la colazione e
gliela
porterò a letto. Faremo insieme la doccia, lo
aiuterò a scegliere
cosa mettersi. Prenderò la sua macchina e guiderò
con una mano sul
volante e l'altra nella sua. Parcheggerò, scenderemo
insieme, e
infine ci avvieremo verso il commissariato, mano nella mano, ad
affrontare quello che il destino ha in serbo per noi.
Insieme.
Gli
esseri umani sono così terribilmente fragili, non trovate?
Crediamo
di essere forti, di essere i più evoluti, i migliori, ma la
verità
è che siamo immensamente deboli. Basta così poco
per farci perdere
la nostra razionalità. Essere forti significa sapere
affrontare le
avversità. Quando perdiamo il controllo e commettiamo azioni
terribili ci mostriamo al mondo per quello che siamo davvero; non
più
forti, ma deboli.
E io sono stato debole.
Sono
sempre stato convinto di non meritare niente di quello che mi era
capitato e niente di quello che mi sarebbe potuto capitare ancora.
Non la perdita di mio padre, non quella di Brian, non quella di Finn,
non quella della mia umanità. Non meritavo di perdere me
stesso, e
non meritavo di diventare il mostro che sono stato. Ma dopo tutto
questo, quando rimanevo sdraiato sul mio letto ad ascoltare i lamenti
di Finn nel sonno, avevo capito che non meritavo neanche di avere una
seconda possibilità. Con quale coraggio avrei potuto
chiedere una
nuova vita dopo tutto quello che avevamo, che avevo
fatto? Ero
arrivato a bramare, più di ogni altra cosa, l'annullamento
di tutte
le mie sensazioni: così non avrei sofferto, non avrei
pianto, non
avrei provato lo struggente rimorso che minacciava di soffocarmi
quando portavo a casa una nuova povera vittima. Certo, in questo modo
non avrei più provato sentimenti come l'amore, l'amicizia,
ma cosa
importava? Non mi meritavo nessuna di queste cose. Le cose belle sono
per le persone buone. Non per me.
Quando ho incontrato Blaine la
seconda volta, e poi la terza, e tutte quelle successive, sapevo di
non meritarmi quel breve barlume di felicità, di
normalità che
mi stavo concedendo. Quando ho capito che stavo cominciando a tenere
a lui più di quanto avessi programmato, ero consapevole di
non
meritarmi il fatto di essere ricambiato. Quando lui ha scoperto
quello che ero e non mi ha abbandonato, sapevo di non meritare che
una persona meravigliosa come lui rimanesse al mio fianco. Finn, il
mio caro e ingenuo fratello, neanche lui meritava quello che ha
ricevuto. Non la sua condanna, definitiva e improrogabile, per le
mutilazioni e le uccisioni. Non di morire in quel modo, in una cella
della prigione dopo pochi giorni dall'incarcerazione, prima che
potessero decidere se rinchiuderlo a vita o giustiziarlo; la sua
testa, già malata da tempo, lo aveva portato al gesto
estremo e le
guardie avevano trovato il suo corpo senza vita nella cella.
Indiscrezioni dicono che avesse un'espressione serena in volto, come
se finalmente fosse riuscito a liberarsi dai fantasmi che lo
tormentavano, e dalle crudeltà che la vita lo aveva portato
a
commettere.
E io, io non meritavo affatto i miei dodici anni, poi quasi dimezzati, passati in carcere per complicità in omicidio e occultamento di cadavere. Ne meritavo molti di più. Meritavo di non uscire più, di pagare per sempre le mie colpe. Inutile dire che non mi è stato concesso neanche questo.
Ma
ormai è finita. Sono qui, avvolto nelle tenebre, e sono
arrivato al
capolinea. Sembra che mi sia stato dato qualcosa, dopotutto; la
scomparsa dell'orribile persona che sono stata, finalmente.
Però,
di nuovo, sembro aver diritto a qualcosa che non merito; una nuova
vita. Quando esco, dopo tutto questo tempo, è come se
vedessi il
sole per la prima volta. Il vecchio me è stato lasciato
indietro; è
nella cella, morto, risucchiato dall'oscurità che ha preso
il
sopravvento su di lui. Io invece voglio essere un'altra persona; sono
ancora convinto di non meritarmi la possibilità che mi
è stata
data, ma di sicuro non ho intenzione di buttarla al vento.
Ed
è qui, all'uscita, che lo vedo.
Blaine. Il suo bel volto non ha
più il sorriso spensierato di quando l'ho conosciuto, i suoi
lineamenti sono più duri e adulti, ma è comunque
raggiante.
Splendente. Senza quasi rendermene conto gli corro incontro e prima
di riuscire a fermarmi gli sono addosso, soffocandolo in abbraccio
stretto mentre affondo il naso nei suoi capelli profumati e caldi di
sole.
« Non pensavo di trovarti » sussurro.
« Sono venuto
tutte le volte che potevo a farti visita mentre eri là
dentro.
Perché non sarei dovuto venire ora? »
« Non lo so. Forse non
osavo sperarci. Sei una delle tante cose che non merito, la
più
grande. »
Blaine si allontana un po' per riuscire a guardarmi
negli occhi. I suoi sono così grandi e sinceri che ho ancora
qualche difficoltà a fissarli senza sentirmi un orrore.
« Ho
pensato molto prima di venire qui. » dice Blaine, senza
smettere di
guardarmi.
Sospiro. « Lo so. Lo immaginavo, ed è giusto.
Blaine, non sei legato a me. Puoi andare, non... non verrò a
cercarti per fartela pagare, te lo prometto. » Cerco di
allentare la
tensione ridacchiando, ma quello che ne esce fuori è un
patetico
singhiozzo.
« Kurt. Smettila di credere al fatto che io pensi a
te come uno squilibrato. Pensavo l'avessimo chiarito. »
«
Allora cosa vuoi dirmi? »
« Voglio solo che tu sappia che se
sono qui non è perché stamattina mi sono
svegliato e ho deciso di
venirti a prendere. Ci ho pensato. Ho passato questi anni a farmi una
vita, a cercare di fare il mio lavoro nel miglior modo possibile. Ti
ricordi quella volta in cui sono venuto a farti visita, e tu mi hai
detto che ero libero di cominciare una nuova relazione? L'ho fatto.
Ho cercato di mettere su famiglia. »
Non voglio davvero sentire
di quanto la vita di Blaine sia stata migliore senza di me,
perché
non è affatto una novità. Era ovvio. Ma sarebbe
egoistico non
lasciarlo parlare, no?
« E come... insomma, state bene? Non
abbiamo mai parlato di questo, nelle tue visite. »
Blaine mi
fissa e la sua bocca si piega in un sorriso. « Non hai
capito? Non
ha funzionato. Non poteva funzionare, perché non riuscivo ad
amarlo
completamente nel modo che si meritava. Ho provato a rimanere da solo
perché, sai, magari lui non era quello giusto. Ma ogni volta
che mi
svegliavo sentivo un vuoto dentro e penso di sapere il
perché. »
Sento le guance bagnate e mi affretto ad asciugarle. Non devo
iniziare la mia nuova vita con un pianto. O forse sì?
Dopotutto,
qual'è la prima cosa che i neonati fanno appena nati?
Piangono.
E' il loro saluto alla vita, il primo suono che emettono, l'urlo che
significa “ehi mondo, ci sono anch'io”.
E così anch'io piango
come un bambino, le braccia di Blaine che subito mi tengono stretto,
cullandomi come una madre. E in effetti è lui che mi ha dato
la
vita. Senza di lui, non sarei in questo mondo.
« Staremo bene. »
mi sussurra, dolcemente.
Camminiamo vicini,
le
nostre mani intrecciate, fino a dove una volta era situato il vecchio
appartamento mio e di Finn. Pensare a lui non fa più male
come una
volta. Lo ricordo con affetto e un po' di compassione, come un nonno
ormai andato via poiché vecchio e un po' rimbambito.
« Ecco qua
». Blaine interrompe i miei pensieri. Siamo nel posto giusto,
ne
sono certo, ma ora non c'è niente. Tutto il grande palazzo
è stato
completamente abbattuto, e ora nuove impalcature sono posizionate
come uno scheletro di qualcosa ancora più grande. Operai
lavorano di
gran lena, grandi macchinari pronti a scavare e posizionare il
materiale.
« Cosa stanno costruendo? » chiedo, senza fiato. Il
fatto che quell'orribile posto sia stato demolito è solo un
altro
simbolo della mia rinascita.
« Un ospedale » risponde Blaine,
sorridendomi, « sarà pronto per il nuovo anno.
»
« Un po'
macabro, cercare di salvare persone nello stesso posto dove ne sono
morte tante. »
« Io lo trovo splendido » ribatte Blaine,
lasciandomi la mano. Sento subito la mancanza del suo contatto, ma
lui si avvicina e mi cinge il busto con un braccio. « E' un
nuovo
inizio. »
Non posso fare a meno di sorridere. Il sole splende,
Blaine è accanto a me, e io sono in pace con me stesso. Non
mi
voglio ancora bene, è presto, ma almeno non mi odio.
« Sai,
voglio imparare a conoscermi di nuovo. Riscoprire le mie vecchie
passioni, coltivarne di nuove. »
Blaine è radioso. Credo che
il fatto che io riesca a pensare al futuro lo colmi di gioia, e sono
contento di potergli dare almeno questo piacere.
« Sarebbe
meraviglioso » dice. « Mi permetterai di
accompagnarti nel
viaggio? »
Mi stringo a lui. « Non posso andare da nessuna
parte senza di te. »
Rimaniamo in silenzio per un po', a
osservare i lavori. « Hai una vaga idea di cosa vuoi fare
ora? Io
posso mantenerci entrambi, per un po', ma... »
Rimango a
guardare la struttura che prende forma davanti a me. Anche
quest'edificio sarà un luogo di rinascita.
« Mi piacerebbe
continuare gli studi » dico. « Non ho ancora
trent'anni,
dopotutto. »
« E' un'ottima idea. Cosa ti piacerebbe studiare?
»
Una pausa. Blaine mi guarda, aspettando.
« Medicina. Mi
piacerebbe riuscire a laurearmi. E poi... »
Blaine mi invita ad
andare avanti. Io sorrido, ed è un sorriso vero, che riesce
a
contagiare anche Blaine.
« Sarebbe fantastico poter lavorare in
quest'ospedale. »
Blaine mi abbraccia stretto e sento che sta
piangendo. Ci vuole tutta la mia forza di volontà per non
imitarlo,
ma sono troppo felice per piangere. Alzo lo sguardo verso il cielo e
penso che, sì, è davvero una nuova vita.